rivista anarchica
anno 38 n. 339
novembre 2008


fascismo?

Impressionanti analogie
di Antonio Cardella

 

Tra il fascismo e l’attuale situazione politico-sociale c’è in comune molto di più di quanto in genere si riconosce. Per esempio…

 

L’uomo sedeva sui gradini della chiesa con gli avambracci poggiati sulle ginocchia leggermente divaricate. Non era vecchio: diciamo che portava male i suoi anni. Aveva un’aria smarrita come di chi non avesse ancora realizzato dove si trovasse e perché. Mi avvicinai e, con un tono il più possibile pacato, gli chiesi se si sentisse bene, se potevo essergli d’aiuto in qualche modo. L’uomo scosse la testa e poi, dopo una pausa che mi parve essere lunga, alzò verso di me il capo e con la voce placida di chi è veramente disperato, ripeté più volte: “Me lo hanno portato via, me lo hanno portato via stanotte, saranno state le tre. Sei uomini hanno sfondato la porta, lo hanno prelevato dal letto con il sonno ancora stracciato sugli occhi e via, giù per le scale prima che potessi far qualcosa per fermarli”. Mi narrava una sequenza di fatti consueti nella Spagna del franchismo agonizzante. “Era un bravo ragazzo, si occupava poco di politica, anche se frequentava qualche comunità di ragazzi della sua età, forse per non sentirsi solo, per condividere con altri il peso di una gioventù oppressa. Adesso non so dove cercarlo. Ho bussato a molte porte ma nessuno sa niente”.
Non so perché questo ricordo affiori nella mia memoria di frequente in questi ultimi tempi, senza che avessi la minima voglia di evocarlo.
Sarà l’aria che tira e l’indifferenza della gente. Sarà il clima opaco di una politica sorda e cieca e di un popolo cloroformizzato, oppresso dalle difficoltà della vita, certamente, ma incapace di fiutare il pericolo che incombe su tutti.
Credo, per carità di patria, che si sia diffuso l’esercizio della rimozione in funzione liberatoria, una rimozione che sarebbe reversibile ove non fosse associata ad una diffusa propensione all’indifferenza rassegnata: una vera e propria narcosi, diffusa in tutti gli strati della società civile e che pare non affranchi nessuno, neppure gli anarchici.
È, per quel che ci riguarda, un fenomeno assolutamente inedito, che non ha precedenti nella storia del Movimento anarchico, per il quale qualunque tentativo da parte del potere di condizionare la volontà popolare e di ridurne i diritti di libertà e di giustizia era motivo di immediata mobilitazione e di decisa reazione.
Intendiamoci: non dico affatto che nel quotidiano impegno dei gruppi e delle individualità non siano vive istanze antifasciste. Dico soltanto che il pericolo non è avvertito nella dimensione complessiva di fenomeno nazionale, ma nel suo frammentarsi nelle singole realtà territoriali. Credo, in sostanza, che manchi la necessaria sensibilità per commisurarne la reale portata.
Molti obietteranno che questo fascismo dell’ultima ora è un fascismo cialtrone, che non tenta neppure di ricostruirsi un tessuto storico-ideologico di una certa credibilità e, quindi, ha un respiro corto. Al contrario, questa osservazione rivela una realtà se possibile più drammatica: rivela cioè che, nella convinzione dei Berlusconi, dei Cicchitto, dei La Russa, dei Calderoli, dei Gasparri, per citare le maschere più laide della politica in Italia, per il livello culturale e politico della società italiana nel suo complesso non occorrano legittimazioni di alcun genere per governare senza regole, senza il minimo rispetto della morale corrente in Europa e, soprattutto, in dispregio aperto e dichiarato verso una Costituzione, quella italiana e vigente, che avrà certamente i suoi limiti, ma che pur rappresenta un tentativo dignitoso di disegnare il tessuto connettivo di una società civile.
Scriveva Malatesta il 3 dicembre 1922 (Umanità Nova n. 196): “Mussolini continua a troneggiare ed il parlamento striscia più che mai ai suoi piedi. I pieni poteri sono stati accordati colla premura di servi che gareggiano in bassezza. Mussolini aveva detto: datemeli o me li prendo e nessuno ha avuto la dignità di rispondere: Pigliateveli; ma non ci costringete a far la parte in commedia di padroni, quando noi siam servi e ci compiacciamo di esserlo... La dittatura trionfa: dittatura di avventurieri senza scrupoli e senza ideali, che è arrivata al potere e vi resta per la disorientazione delle masse proletarie e per la trepida avarizia della classe borghese in cerca di un salvatore.”
Silvio Berlusconi

Motivi abbietti

Le analogie con la situazione attuale sono impressionanti, con la sostanziale differenza che Mussolini aveva costruito il suo percorso vincente sulla scorta di una frustrazione persistente e diffusa di una guerra disastrosa e in una situazione di disagio sociale avvertito in ogni angolo del Paese. Così il richiamo operettistico ai fasti della Roma imperiale poté suggestionare le masse, insieme alla promessa di una rivincita contro le potenze che avevano imposto condizioni inique al tavolo delle trattative (il mito della vittoria mutilata).
Oggi, a favorire il trionfo di Berlusconi e del berlusconismo, sono motivi abietti: la scalata sociale a poco prezzo, l’arricchimento facile e truffaldino, l’imprenditoria di rapina che calpesta i diritti dei lavoratori, il sentimento religioso strumentalizzato per conculcare i diritti della donna e la mortificazione dell’istanza dei cittadini tutti di usufruire delle conquiste della scienza. Soprattutto di quella biologica.
Ma il disegno del potere è molto più sottile ed insidioso di quello che portò al governo Mussolini.

Benito Mussolini

L’ombra di Gelli

Abbiamo più volte avvertito la presenza occulta della P2 di Licio Gelli negli affari italiani e adesso il suo progetto di dittatura cilena si manifesta nei fatti e misfatti della politica di governo. Il disegno di Gelli e degli apparati che lo sostenevano prevedeva la corrosione prima e l’assoggettamento poi alla sfera politica delle principali istituzioni dello Stato. In prima istanza quelli dei così detti poteri separati, il legislativo, l’esecutivo ed il giudiziario. Per quel che riguarda il primo, è sotto gli occhi di tutti che il Parlamento è ormai chiamato a legiferare sotto le esigenze quotidiane della maggioranza bulgara che lo costituisce. Nessun progetto che abbia il respiro dei reali bisogni della popolazione ma solo leggi e leggine per vietare e reprimere o per togliere dai guai giudiziari la casta nel suo complesso e la sua manifesta incapacità di controllare nel rispetto delle regole i processi economici e sociali che si presentano. L’esecutivo è nelle mani di burattinai che lo indirizzano verso la riduzione dei diritti dei cittadini che sono costantemente depredati di risorse economiche e di spazi di socializzazione, sicché la resistenza ai soprusi e le rivendicazioni di ogni tipo sono nei fatti criminalizzati. Infine, il potere giudiziario.
Sull’assalto agli apparati giudiziari si è propensi a minimizzare: è per salvare Berlusconi dai suoi guai giudiziari – si sostiene – che si promulgano leggi ad personam, ed invece non è così. Le acrobazie giuridiche compiute dai legali del premier servono soprattutto a sondare la debolezza del sistema per poterlo meglio ricondurre al potere politico. La riforma ventilata del Consiglio Superiore della Magistratura (Csm) con la drastica riduzione dei giudici togati e la moltiplicazione dei membri di elezione parlamentare; il progetto di rendere elettivo il ruolo del Pubblico Ministero, l’abolizione della obbligatorietà dell’azione penale (con la conseguenza che a decidere quali reati perseguire sarebbe il governo e non più il magistrato), il lodo Consolo che, dopo quello Schifani a favore delle quattro più alte cariche dello Stato, adesso tende a mettere al riparo dalla legge ordinaria i ministri in carica, prevedendo per loro addirittura un tribunale speciale: tutto questo che abbiamo forzatamente sintetizzato, non è altro che il cuore della strategia gelliana e della sua P2, di cui Berlusconi, e non soltanto lui, era massone eccellente.
Occorrerebbe aggiungere le operazioni in corso per imbavagliare la stampa e gli altri mezzi d’informazione ed il progressivo sgretolamento del ruolo dei sindacati, con il costringerli negli spazi annichilenti del “così o niente.”
Quindi, compagni, altro che fascismo mascherato! Stiamo assistendo allo stravolgimento dello Stato di diritto (sul quale, come è ovvio, noi anarchici abbiamo molto da ridire) e alla sua trasformazione in uno Stato-caserma nel quale il ruolo dei cittadini è quello di assentire e basta.
Certo, noi possiamo voltare il capo per non vedere tutto quello che succede ed occuparci d’altro, ma non potremo eludere il giudizio di coloro che verranno dopo di noi e quello impietoso della storia.
Come era prevedibile, non rividi più l’uomo seduto, con la sua disperazione, sulla gradinata della chiesa, anche se l’espressione smarrita del suo sguardo mi seguì per lungo tempo come un viatico infausto. Ne parlai dopo anni ad Alfonso Failla, una sera che sostavamo al bar che esponeva i suoi tavolini proprio accanto alla sede della Federazione Anarchica Italiana (Fai) di Carrara. “Noi siamo nomadi – mi disse, a conclusione evidente di un suo discorso inespresso – e, come a tutti i nomadi, i ricordi riaffiorano quando servono a ritrovare l’orientamento.”
Appunto.

Antonio Cardella