rivista anarchica
anno 39 n. 344
maggio 2009


Trentasette
anni fa


 

a cura della redazione

 

 

“Morte di un anarchico”. “Morte di un poliziotto”. A pag. 3 del n. 13 (giugno 1972) campeggiano solo questi due titoli: una solo foto, quella del volto di Franco Serantini, il giovane anarchico sardo pestato selvaggiamente dalla polizia nel corso di una manifestazione antifascista a Pisa e poi lasciato morire senza assistenza nel carcere Don Bosco. E alla sua vicenda si riferisce appunto lo scritto, di cui riportiamo il paragrafo finale:


Una sola cosa ci consola.
Ai funerali del compagno Serantini non abbiamo ricevuto l’offesa di corone inviate dal Presidente della Repubblica né di corazzieri in alta uniforme, né di mafie tricolori che si contendessero la bara come nei film di Al Capone. Quando la bara è apparsa uscendo da una fredda sala d’obitorio, nessuna folla di borghesi e piccolo-borghesi, accecati dalla disinformazione televisiva,si è istericamente accalcata per applaudire.

Il poliziotto di cui – accanto – si commenta la morte violenta è il commissario Luigi Calabresi, ucciso a Milano il 17 maggio. Partiamo dal dato di fatto che Calabresi è stato ammazzato e che gli anarchici, i rivoluzionari, i proletari non hanno pianto. Hanno pianto i parenti di Calabresi e del loro dolore ci spiace, ma non più di quanto ci spiaccia il dolore dei parenti di tutte le vittime di incidenti stradali.
Il tono dello scritto – non firmato, quindi redazionale – è tutto di questo tipo, sintetizzato dal cartiglio in copertina: “Calabresi: anche i poliziotti muoiono”.

Altri temi affrontati su “A” 13: un’interessante analisi redazionale delle recenti elezioni politiche (“La ricreazione è finita”). Un saggio di Luciano Lanza (pseudonimo: Emilio Cipriano) su “I padroni con il fez”, cioè sulla natura economica del fascismo, il grande capitale e le partecipazioni statali, con una analisi controcorrente rispetto alla tradizionale visione del fascismo come “accentuazione” del capitalismo. Un intervento di Paolo Orsini nel dibattito sulla natura dell’anarco-sindacalismo. Un circostanziato attacco di Nico Berti (prseudonimo: Mirko Roberti) all’Accademia Rossa (sottotitolo: la storiografia marxista costruisce sui falsi la “verifica” storica dell’ideologia). Roberto Ambrosoli (Pseudonimo: R. Brosio) racconta la storia della Banda del Matese, un episodio insurrezionale di 132 anni fa, cui parteciparono Errico Malatesta, Carlo Cafiero e altri anarchici. Interessante la scelta redazionale di affiancare alla ricostruzione storica una presa di posizione, firmata PrimoMaggio, dal titolo “Note sull’insurrezione”, che sostanzialmente contestualizza l’esperienza della Banda del Matese e sostiene che riproporla oggi, in un contesto socio-politico così differente, sarebbe “ridicolo e infantile”.
Sulle vicende clamorose della cosiddetta “Banda Baader-Meinhof” riferisce con un lungo articolo Vincenzo Nardella, autore in quel periodo di un libro (“Noi accusiamo”) sulla strage di Stato. Significativo il chiarimento sull’assoluta estraneità al movimento anarchico di quel gruppo di lotta armata di dichiarata matrice marxista-leninista – ma spesso definito “anarchico” dai mass-media.

Infine, due curiosità. “Morte accidentale di uno sceriffo” è il titolo di un cartoon di Anarchik, realizzato dal solito Roberto Ambrosoli, che si ispira alla vicenda Calabresi. E, in ultima pagina, sotto il titolo “Morti senza telegramma”, un denso elenco di cittadini italiani uccisi dalle forze dell’ordine dal 1947 al 1972.