rivista anarchica
anno 39 n. 347
ottobre 2009


Punjab

Pogrom
di Nadia Agustoni

Nelle terre al confine tra India e Pakistan, da decenni vittime di guerre e tensioni sociali, il fondamentalismo religioso dilaga.

 

Nel Punjab si è consumato uno dei non pochi pogrom che stanno devastando quella parte geografica del mondo che comprende India e Pakistan nelle regioni dove confinano. Articoli scarni ci informano che in un piccolo paese di nome Gojra una festa di matrimonio della minoranza cristiana (il 2% in Pakistan) è stata il pretesto di un massacro. I cristiani accusati, oltretutto ingiustamente, di avere lanciato sugli sposi dei foglietti strappati dal Corano sono stati fatti bersaglio di una rappresaglia crudele. Otto persone sono morte, bruciate vive e solo il fatto che l’allarme era già scattato ha impedito che le cifre degli uccisi salissero di altre unità.
Leggendo la notizia, soffermandomi su alcuni particolari ho ricordato gli articoli della scrittrice indiana Arundhati Roy sugli eccidi del 2002 nel Gujarat. È subito evidente che non si tratta mai, in nessun caso, di pogrom che nascono da rabbia momentanea qualunque gruppo li compia. La spontaneità dei linciaggi è esclusa per l’uso di una quantità inspiegabile di armi e per l’impiego di gruppi di individui trasportati sul luogo dell’eccidio con autobus.
Arundhati Roy ha descritto i fatti del 2002 e ne ha spiegato le cause, ma quel che nell’insieme colpiva era l’uso di persone dalit e adivasi nel compiere le stragi:

In tutto il Gujarat, migliaia di persone si sono armate con bombe molotov, pistole, coltelli, spade e tridenti. Oltre ai soliti gruppi sottoproletari del Vhp e del Bajrang Dal, c’erano dalit e adivasi (gli intoccabili, i più poveri tra i poveri) trasportati con autobus e camion. Ai saccheggi hanno partecipato anche persone della classe media. I leader avevano elenchi catastali scaricati dal computer che indicavano le case, i negozi, le aziende e persino le società musulmane. Avevano telefoni cellulari per coordinare l’azione. Avevano camion stracarichi di bombole di gas, ammucchiate con settimane di anticipo, e usate per far saltare in aria i negozi e gli uffici dei musulmani. Potevano contare non solo sulla protezione e la connivenza della polizia, ma anche sul suo fuoco di copertura. (1)

La legge della vendetta

L’uso della religione per costruire un’identità e un senso di appartenenza che escluda altri e la capacità di usare i temi religiosi contro altre fedi non sono esclusiva di mussulmani e indù. Non stupisce quindi, perché certo non è cosa nuova, che la religione sia utile a chi vuole nascondere le cause vere del malessere delle persone: povertà estrema, espropri di terre a beneficio di multinazionali, un sistema che colpisce i poveri anche con misure fasciste di polizia(2), guerre per le materie prime e per il controllo geografico di regioni strategiche sia in senso economico che geo-politico e infine l’avidità dei governi nazionali e dei gruppi più forti militarmente e politicamente che si accaparrano risorse, gestiscono il traffico della droga e delle armi e controllano ampi strati della popolazione con il terrore. Questa miscela esplosiva era in parte già presente, con diversi dei fattori elencati, in India negli anni 90, nel 2002 i fatti del Gujarat ce ne avevano mostrato le potenziali conseguenze e al presente, dopo il massacro di cristiani in Punjab ne vediamo i nuovi sviluppi in Pakistan.
La situazione tra i due paesi è diversa, ma i confini (soprattutto il Kashmir) attraversati da conflitti tra la comunità indù e mussulmana e la guerra in Afghanistan sembrano far si che i peggiori esempi e l’imitazione più bieca della legge della vendetta si propaghino. Arundhati Roy si poneva domande sulla scelta dei gruppi più poveri, vessati e politicamente indifesi di partecipare con i responsabili della loro oppressione ai massacri di un’altra comunità. Queste domande dobbiamo farle nostre per chiederci perché questo accade ancora e perché la politica identitaria sia tanto devastante e tanto utile a chi manovra dietro le quinte con scopi tutt’altro che religiosi. In Pakistan la comunità cristiana non è rilevante numericamente e il pogrom assume tanto più l’aspetto di incidente creato per rendere effettiva e insanabile la frattura tra due mondi. Mondi che convivono da sempre e che non sono lontani, ma su cui ora incombe l’ombra della guerra made in Usa in Afghanistan e in Iraq.

Nell’articolo sopra citato Arundhati Roy chiariva il ruolo complementare dei vari estremismi:

Istigare l’odio fra comunità rientra nel mandato del Sangh Parivar (la famiglia degli oltranzisti indù). Lo ha progettato per anni. Ha iniettato un veleno a lento assorbimento direttamente nel flusso sanguigno della società civile. In tutto il paese centinaia di agitatori dell’Rss e di scuole elementari induiste (saraswati shishu mundir) hanno indottrinato migliaia di bambini e di giovani, frenandone lo sviluppo con l’odio religioso e la storia falsificata. Non sono diversi e meno pericolosi delle scuole coraniche diffuse in Pakistan e in Afghanistan che hanno generato i taliban. In Stati come il Gujarat, la polizia, l’amministrazione e i quadri politici di ogni livello sono stati sistematicamente permeati di dottrina. Ha una presa enorme sulla gente, che sarebbe sciocco sottovalutare o fraintendere. Tutta la faccenda ha una formidabile base religiosa, ideologica, politica e amministrativa. Questo genere di potere, questo genere di diffusione possono essere ottenuti solo con l’appoggio dello stato.

E ancora:

Alcune madrase, l’equivalente musulmano di serre dove si coltiva l’odio religioso, cercano di recuperare con il loro parossismo e i finanziamenti stranieri l’appoggio che non hanno dallo Stato. Forniscono un contraltare perfetto ai demagoghi indù che così possono ballare le loro danze di paranoia e di odio di massa (di fatto svolgono questa funzione così perfettamente che potrebbero benissimo lavorare in squadra). (2)

Non trovo inutile ricordare che nella formazione intellettuale dei taleban hanno avuto una discreta parte i servizi segreti americani. Le scuole dell’odio hanno agito e agiscono contro le popolazioni indifese o contro settori di esse che sono ritenuti sacrificabili e inferiori: siano la minoranza cristiana in Pakistan (3) e altrove altre minoranze o siano, e lo ricordo non a caso, donne e bambine discriminate e uccise in nome della sharia.
Quello che si capisce meno è l’imbarazzato silenzio dei laici.

Nadia Agustoni

Note

  1. L’articolo completo di Arundhati Roy è leggibile qui: http://www.internazionale.it/firme/articolo.php?id=1369
  2. Un altro articolo di Arundhati Roy in cui la traformazione dell’India in regime repressivo è evidenziata è leggibile qui: http://zinternational.zcommunications.org/Italy/roy-quantoscaveremo.htm
  3. I complici del fondamentalismo spiegati dalle Rawa. Qui: http://www.ecn.org/reds/donne/coordrawa/coordRAWA0505MariamDis.html per togliere ogni illusione a chi pensa che i fondamentalisti religiosi siano avversari delle multinazionali.