rivista anarchica
anno 39 n. 349
dicembre 2009-gennaio 2010


dossier Francisco Ferrer

“Metterlo a posto”
di Massimo Ortalli

È questo il titolo del saggio che il nostro collaboratore, tra i curatori dell’Archivio Storico della Federazione Anarchica Italiana, ha scritto per il Quaderno n. 4 della Rivista Storica dell’Anarchismo dedicato al pedagogista catalano. Sottotitolo: “Il caso Ferrer sulla stampa cattolica”.
Eccone ampi stralci.

 

«Non si è spenta del tutto l’eco della indecente gazzarra universalmente promossa dalla Massoneria universale e dal proletariato socialista per la morte di Francisco Ferrer», lamenta l’avvocato Giovanni Pinna Parpaglia nell’introdurre la conferenza da lui tenuta il 14 dicembre al Circolo Silvio Pellico di Sassari, nel corso della quale avrà ripetutamente modo di accusare «la Massoneria [di aver colto] la palla al balzo, per non lasciarsi sfuggire di mano l’occasione di una levata di scudi contro il Cattolicismo e contro il Dogma». […] Queste sue parole, apparentemente così controcorrente rispetto a quanto allora si era letto e ascoltato, non erano sicuramente isolate, anzi, rispecchiando pienamente la posizione comune a tutto lo schieramento cattolico, sarebbero state riprese, con toni e contenuti ancora più forti successivamente, quando, passato il pericolo e svanita l’ondata emotiva per la condanna del catalano, la Chiesa avrebbe cercato di proporre una lettura giustificazionista e rivendicazionista di quei tragici avvenimenti.
Del resto, solo una superficiale sottovalutazione della secolare e ferrea determinazione clericale nel difendere le proprie posizioni, proprio quando l’attacco della società si faceva più forte, serrato e motivato, avrebbe potuto far pensare che, a fronte della imponente mobilitazione e dello sdegno universale che attraversò l’Europa alla notizia della fucilazione di Francisco Ferrer, la Chiesa avrebbe preferito il silenzio. O, al massimo, che si sarebbe limitata a una debole e forzata difesa d’ufficio di alcuni degli elementi della vicenda, per poi arroccarsi nella sua ridotta, comprensibilmente schiacciata dalla palese responsabilità che il clero spagnolo, e nella fattispecie la sua parte più influente, i gesuiti, aveva avuto nella conduzione del processo e nella successiva esecuzione del pedagogista catalano. […]
A quarant’anni dalla presa di Porta Pia e dalla fine del potere pontificio, la società italiana, pur rimanendo per molti aspetti profondamente legata, soprattutto nelle campagne e nel meridione, al cattolicesimo e alla secolare presenza del prete, conteneva anche una forte componente laica e anticlericale, che trovava le sue radici tanto nell’illuminismo di stampo francese, quanto nell’epopea risorgimentale, allorché il processo di unificazione dell’Italia aveva determinato lo sgretolamento definitivo del potere temporale della chiesa, ultimo ostacolo alla attuazione dell’Unità. In questa società pervasa di sentimenti laici e liberali, quando non socialisti e anarchici, anche la rilevante presenza della massoneria giocava un ruolo predominante nell’opera di contrasto al residuo potere temporale e all’ancora ben presente potere spirituale di un papato profondamente intriso, non solo fra il basso clero ma anche nelle più alte gerarchie, dello spirito e del dettato della Controriforma, e quindi sentito come ultimo testimone dell’oscurantismo medioevale.
Inevitabile dunque che una dimostrazione così aperta e “offensiva” del potere e della influenza clericale sulla società civile, un avvenimento tanto più sfrontato in quanto pienamente rivendicato, quale l’assassinio di Ferrer, suscitasse non solo in Italia ma in tutta l’Europa iniziative di lotta e di attacco alla Chiesa di una radicalità quale raramente si era registrato in precedenza. […] Se i laici ebbero buon gioco nel denunciare, con l’evidenza dei fatti, la potenza del potere dei gesuiti e del clero nell’arretrata Spagna, così i clericali trovarono l’occasione, di fronte al furioso attacco della parte avversa, di riaffermare le loro ragioni, vere o presunte che fossero, contro i nemici del Vaticano. E, come si può leggere sfogliando i giornali e gli opuscoli dell’epoca, con una determinazione e una capacità davvero notevoli, tali da sfiorare, spesso, la più sfacciata improntitudine.
Gli argomenti con i quali le penne clericali cercano di rintuzzare le accuse e le denunce avverse sono sostanzialmente gli stessi: l’accusa principale nel processo, fondata sulla diretta responsabilità di Ferrer nei fatti di Barcellona, e suffragata dalla “imparziale” e giuridicamente ineccepibile sentenza di condanna; la presunta immoralità della vita privata di Ferrer, padre poco esemplare e ancor meno esemplare marito ed educatore; il ruolo nefasto e distruttivo, in una società fondata sui principi cristiani, di chi si era proposto di innovare il sistema educativo spagnolo svincolandolo dai dogmi della fede per avvicinarlo ai dati della scienza e della ragione; la sostanziale estraneità del clero dalle decisioni prese, in piena autonomia, dalla monarchia e dall’esercito spagnoli e, di conseguenza, la strumentale faziosità delle manifestazioni anticlericali.
[…] Lo spoglio di alcuni organi di informazione cattolici e degli opuscoli che furono pubblicati allo scopo di controbattere le accuse provenienti dallo schieramento laico ci permetterà di comprendere appieno quanto ferma e piena di rancore fosse la determinazione della Chiesa nel cercare di infrangere l’accerchiamento morale e materiale di cui, si sentiva vittima. Consapevole, altresì, che solo una strategia d’attacco avrebbe potuto contrastare, se non neutralizzare, un isolamento altrimenti difficilmente rimarginabile. […]

Leggendo i fogli clericali

Come dicevamo, uno degli elementi ricorrenti della propaganda cattolica è il tentativo di scindere ogni responsabilità, non solo giuridica e formale (e questo appare scontato) ma anche morale, dalla formulazione dei capi di accusa, dall’istruzione del processo, dalla sentenza di condanna. La responsabilità, infatti, va attribuita esclusivamente alle gerarchie militari e al Tribunale militare, non alle gerarchie ecclesiastiche e al Tribunale divino. I luttuosi avvenimenti della Semana Trágica, con la devastazione delle chiese e l’uccisione di numerosi religiosi, fu solo un fatto di ordine pubblico, di cui era stato diretto istigatore e responsabile il Ferrer, che quindi, come tale, era stato giudicato e sentenziato.
Non ha dubbi ad affermarlo Pasquale Perrella, quando scrive:

Scoppiò infine la rivoluzione in Catalogna. Sessantotto edifizi religiosi incendiati, centotrentotto morti, quaranta feriti inscritti nelle statistiche ufficiali, centinaia di fanciulli e di povere suore dispersi senza pane e senza tetto […] provano luminosamente la responsabilità di chi, in dieci anni di propaganda anarchica aveva lavorato la mina sotterranea, che seminò tante rovine.

Aggiungendo, poco dopo,

Chi aveva assassinato Francesco Ferrer, l’apostolo della Scuola Moderna? La Spagna cattolica, il Governo cattolico, il Re cattolico amico del papa: dunque il cattolicismo, i preti, il Papa erano i veri e soli assassini e ad essi si doveva chieder conto di quel delitto qui in Italia dal popolo italiano. Noi però domandiamo: quanta parte hanno avuta i preti e i frati nel processo militare contro quell’anarchico sanguinario?[…]

E, come da più parti viene scritto, la estraneità del clero è documentata anche dall’interessamento diretto del papa presso le autorità spagnole perché si arrivasse a un atto di clemenza: l’interessamento del buon pastore desideroso di salvare anche la reproba pecorella smarrita. Se la grazia poi non è stata concessa, questo dimostra in modo ancora più lampante la piena autonomia decisionale dell’esercito e del Tribunale di guerra.
A una lettura più attenta dei fogli clericali, però, appare chiaro come questo preteso e parzialmente misconosciuto intervento del papa fosse poco più che una tardiva e strumentale mossa vaticana volta a mascherare le proprie responsabilità. Basta leggere fra le righe dell’organo vescovile «L’Avvenire d’Italia», per capire chiaramente, al di là delle intenzioni dell’estensore dell’articolo, come ci fosse stato, al massimo, un “interessamento” e nulla altro, ben poco impegnativo e del tutto formale. Nel numero di quel quotidiano uscito il 13 ottobre, il giorno stesso, dunque, dell’esecuzione di Ferrer, si legge, infatti:

da fonte che riteniamo attendibile, ci perviene la notizia che Papa Pio X […] avrebbe espresso il pensiero che un efficace intervento presso la Corte spagnuola potrebbe essere esplicato a favore del condannato. Alcuni anzi affermano che il Pontefice avrebbe già chiesta o sarebbe disposto a chiedere la grazia”

Una sorta di atto dovuto, insomma, che non avrebbe avuto – e soprattutto non avrebbe dovuto avere – alcun seguito, anche perché ipotizzare la richiesta di un provvedimento di clemenza poche ore prima dell’esecuzione (illuminanti quel “sarebbe disposto” e tutti gli altri condizionali) non lasciava certo speranza di accoglimento. Infatti lo stesso «L’Avvenire d’Italia», in una corrispondenza del 3 novembre 1909, potrà precisare la dinamica del presunto “interessamento” papale, attribuito tra l’altro al plenipotenziario cardinale Merry del Val, chiarendo che, come c’era da immaginare, “mentre si attendeva l’esito della supplica, la sentenza aveva il suo corso”. […]

Nessuno sconto al mangiapreti Ferrer

A Ferrer, comunque, il feroce mangiapreti e pericolosissimo libero pensatore, non va fatto alcuno sconto. Piuttosto si cercano di utilizzare alcuni episodi della sua vita privata e pubblica, per mettere in cattiva luce la moralità e la dirittura del pedagogista. L’ascendente intellettuale esercitato su Madame Meunier, la prima benefattrice e convinta finanziatrice della Escuela Moderna, mosse, come è noto, la moglie di Ferrer a un tentato omicidio del marito. Questa violenza subita divenne allora un atto di accusa non, come sarebbe comprensibile, nei confronti della mancata omicida bensì in quelli della mancata vittima:

Ma non basta. Il Ferrer corse rischio di rimanere vittima di un dramma coniugale. Quando egli conobbe la signorina Meunier, indotta – come abbiamo visto – col più volgare camaleontismo a lasciargli una discreta parte della sua sostanza, la signora Ferrer, torturata orrendamente ne’ suoi affetti di madre, sparò contro il marito parecchi colpi di rivoltella […]. Fu in seguito a quel grave incidente, che i coniugi si separarono.

Episodio ben poco edificante, non c’è che dire, per la morale cristiana che si abbatté su Ferrer, ma che non per questo frenò il calunnioso sarcasmo di un altro libello clericale, che immaginò un dialogo fra un ingenuo manifestante pro-Ferrer e uno spregiudicato osservatore delle cose del mondo:

Il tuo Ferrer cominciò ad essere un cattivo marito, e sai cosa gli capitò?
Cosa gli capitò?
Che sua moglie lo prese a revolverate. Siccome quel bel mobile se la faceva troppo con una certa signorina Meunier, la moglie di Ferrer lo prese a revolverate per la strada, ed egli si contentò di piantare la moglie, non avendo il coraggio di ricorrere ai tribunali.
Eppoi?
Eppoi questo tuo Ferrer riuscì a farsi lasciare una quantità di quattrini da un’altra donna: sai in che modo?
Come?
Fingendosi un… cristiano; e questi danari gli furono lasciati per opere cristiane. Invece, quando li ebbe, si servì di essi per fare propaganda di anarchia.[…]

Manifestazioni antispagnole e anticlericali

È evidente, quindi, che gli attacchi strumentali e deformanti alla vita privata di Ferrer avevano come obiettivo l’equazione: pessimo padre e marito quindi pessimo educatore. Di conseguenza a un educatore così malvagio e disonesto non si poteva certo affidare l’educazione delle giovani generazioni. Ecco quindi che appare evidente, pressoché in tutta la pubblicistica cattolica, quale sia l’accusa portante, quella più coscientemente formulata e frequente: cercare di sottrarre alla Chiesa il monopolio dell’educazione, soprattutto quella delle generazioni più giovani e più malleabili. Riportando tutto a un contesto più oggettivo, appare dunque chiaro che il vero pericolo per l’egemonia clericale non è tanto la sommossa, la jaquerie, nel corso della quale folle strumentalizzate e ignare dei fatti dedicandosi alla “solita strage di fanali e di insegne di magazzini”, compiono eccessi ed efferatezze, contingenti e sostanzialmente controllabili, quanto il progetto a lungo termine, e per questo più insidioso, di instaurare una cultura non solo laica ma addirittura libertaria all’interno della società spagnola: una cultura in grado di sottrarre, nel lungo periodo, le giovani generazioni all’influenza e alla soggezione del sistema ecclesiastico.
E infatti, anche se non viene sottovalutato l’impatto sull’opinione pubblica che ebbe la fucilazione di Ferrer, con il corollario di imponenti manifestazioni antispagnole e anticlericali in tutto il paese, la denuncia di parte clericale di queste manifestazioni riveste pur sempre un carattere più cronachistico e moralistico che non politico, dandosi per scontata la rivolta della “teppa” anarchica e socialista (1) finalmente libera di manifestare il proprio insopprimibile, assurdo e immotivato odio contro la Chiesa (2). Queste sono cose inevitabili, ma la Chiesa ha una pazienza millenaria, e sa che prima o poi sfumerà “l’ira proletaria”. Se la piazza si accende, è poi destinata a spegnersi, e i biasimevoli eccessi diventeranno il ricordo di un momentaneo scoppio di follia. Tutto si ricomporrà e la potenza della Chiesa ne emergerà, dopo questo incivile attacco, ancora più forte e legittimata. Insomma, alle manifestazioni di piazza, c’è pur sempre rimedio!
C’è qualcosa d’altro, invece, e di ben più decisivo, a cui non si può porre rimedio! Ed è, come accennavamo, il progetto pedagogico, laico e libertario, totalmente svincolato dalla credenza religiosa, portato avanti da Ferrer. Questo è il vero pericolo, questa è la minaccia di fronte alla quale la reazione spagnola, monarchica e cattolica, ha ritenuto di agire in termini ultimativi, schiacciando la demoniaca testa del serpe prima che questa potesse colpire con il suo veleno. E infatti, da parte di tutto lo schieramento cattolico, con assoluta identità di vedute e di propositi, si addita alla esecrazione proprio tale progetto pedagogico e sociale, nella consapevolezza che sottraendo alla Chiesa, dopo che questa ha perso il potere temporale, anche il monopolio sull’educazione dei giovani, non potrebbe più perpetuarsi l’influenza del clero sulla società. Ecco allora che il cerchio si chiude: come può un fomentatore di disordini, che quotidianamente incita folle ignare all’omicidio, all’incendio, al saccheggio, diffondere i postulati di una educazione davvero libera? Come può, chi instilla l’odio nei confronti del prete e del padrone, inculcare al tempo stesso sani principi etici nei giovani? Come si può lasciare nelle mani di un anarchico una cosa tanto importante come la morale, quando invece, tutti sanno che “la morale non può avere altra solida base che quella che le viene dalla Religione: che quindi l’insegnamento religioso è il solo mezzo potente di educazione morale”?
Insomma, prima che sia troppo tardi, occorre mettere le cose a posto e difatti, come ben sintetizza il caustico “mulo” senza usare troppe perifrasi, bisognava mettere a posto gli assassini anarchici, e questo è ciò che si è effettivamente fatto nella cattolicissima Spagna.

Massimo Ortalli

Note:

  1. “…la rea turba briaca, suggestionata e spinta all’odio e alla distruzione”, come scrive Pinna Parpaglia, Francisco Ferrer e il dogma, cit. p. 9.
  2. Curioso l’episodio riportato da «L’Avvenire d’Italia» nel numero del 4 ottobre 1909: “Anarchico che si lancia contro un sacerdote in processione. Nel rione Prati Trionfale quest’oggi si è festeggiato la madonna del Rosario […]. Mentre la processione giungeva all’angolo del viale Giulio Cesare, un individuo si è lanciato contro il vice-parroco e l’ha afferrato pel petto villanamente ingiuriandolo. Sono accorse guardie e carabinieri che hanno frenato l’individuo il quale gridava di essere un anarchico e di non poter sopportare i preti e le processioni. Egli è stato accompagnato all’ufficio di P.S.”.