rivista anarchica
anno 40 n. 350
febbraio 2010


Honduras

Tra colpi di stato e colpi al cuore
(della natura e dei Garifuna)
di Gaia Raimondi

Un altro paese centramericano poco conosciuto nella sua realtà di povertà e sfruttamento. Le responsabilità italiane. Le lotte delle popolazioni indigene.

Perché l’Honduras

Nel tragitto che da San Cristobal de Las Casas, Mexico, o per meglio dire, Chiapas, mi ha portata nel cuore di un caracol zapatista, La Garrucha, l’ultimo giorno dell’anno 2007, per partecipare ad un incontro mondiale indetto dalle donne zapatiste al fine di incontrare le donne del mondo, ho conosciuto una donna italiana che da 7 anni viveva in Honduras supportando le attività del COPINH (1), diretta all’incontro. Sotto il cielo estremamente stellato dei sentieri fangosi della selva Lacandona, mi ha parlato a lungo dell’Honduras, di cui non sapevo molto fino a quel momento, invogliandomi ad andare a conoscere quella realtà tanto variegata quanto complessa, tipica di quei luoghi in cui la dominazione millenaria dei colonizzatori del vecchio continente ha portato le comunità indigene presenti sul territorio ad una sempre più escludente emarginazione; situazione sfociata, nel mondo postmoderno della globalizzazione dominante, in una guerra di “bassa intensità”, così viene definita, nei confronti degli indigeni che cercano di resistere ad un modello di sfruttamento delle risorse di tipo capitalista che vuole eliminare una volta per tutte i “residui” ancestrali di popolazione, per portare il paese ad uno sviluppo economico sostanziale correlato alla speculazione sulle risorse naturali.
Di Honduras in Italia non si è sentito molto parlare, se non quando tristemente vennero scelte le isole dell’arcipelago della Baia di Tela come sfondo per un format televisivo, oltretutto di scarsissimo livello culturale, come L’Isola dei Famosi. Impossibile non immaginare quali effetti devastanti ebbe la presenza di un cast tutto tecnologia e gringos (2) bruciati dal sole all’interno di una biodiversità naturale ed antropologica come quella delle isole della Bahia di Tela. Molti affaristi nel frattempo si accorsero di che paradiso nascosto e incontaminato fosse quella terra di pescatori e in molti cominciarono a progettare mostri eco-turistici per spremere fino all’ultimo centesimo quel luogo di vita a loro avviso “povera e sottosviluppata”. Ma torneremo più avanti sull’argomento.
Sette milioni di abitanti sparsi su un territorio grande un terzo dell’Italia, l’Honduras è l’unico tra i paesi centroamericani a non aver conosciuto, negli anni tra il 1970 e il 1990, l’insorgere di un esercito di liberazione nazionale. Anzi: dalla base Usa di Palmerola, in Honduras, si muovevano le truppe dei contras, addestrate per combattere le guerriglie in Nicaragua ed El Salvador.
Governato da una dittatura militare – quasi ininterrottamente – fin dagli anni 30, le prime elezioni libere si sono svolte nel 1981. Da allora, il Partito Nazionale (PN) e il Partito Liberale (PL) hanno condiviso potere ed interessi economici, in un bipartitismo perfetto. Nelle elezioni tenutesi il 26 novembre del 2005 – PN e PL hanno raccolto il 95% dei voti con la vittoria di Mel Zelaya, del PL; i partiti minori – Democrazia Cristiana (DC), Unificazione Democratica (UD) e Partito per l’Innovazione e l’Unificazione Nazionale (PINU) – avranno, in tre, meno di dieci seggi al Congresso. Poche famiglie – legate ai due partiti di governo – si fanno sempre più ricche mentre il resto del paese affonda: il 10% degli hondureñi controlla quasi il 40% della ricchezza, in perfetta media centroamericana, mentre il PIL procapite – 900$ l’anno – è il più basso della regione dopo quello del Nicaragua; il 63% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, che riguarda i 3/4 della popolazione nelle aree rurali, dove vive la metà degli hondureñi e la totalità di quanti appartengono ad una etnia indigena.

Il giorno del golpe

Cause e conseguenze di un colpo di stato

Da otto mesi a questa parte si è tornati a sentir parlare di Honduras, quando il 28 giugno del 2009 elementi dell’esercito arrestano il Presidente Manuel Zelaya in casa sua e lo deportano in Costa Rica. Il presidente del Parlamento, Roberto Micheletti, lo sostituisce e giura come presidente della repubblica ad interim. Alcuni mesi prima, nel marzo del 2009, Manuel Zelaya, aveva convocato un referendum consultivo non vincolante per conoscere l’opinione dei cittadini sulla sua proposta, rimasta lettera morta in parlamento, di eleggere i membri di un’Assemblea Costituente per riformare la Carta Magna. Il partito di maggioranza relativa PLH (Partido Liberal de Honduras) da cui proviene lo stesso Zelaya inizia a osteggiare l’operato del suo governo, già contrapposto alla potente COHEP (la Confindustria dell’Honduras) in seguito all’aumento del 60% del salario minimo dei lavoratori decretato nel gennaio 2009. Il presidente è all’ultimo anno di mandato e qualcuno insinua che voglia modificare la costituzione al fine di poter essere rieletto.
Il parlamento approva una legge ad hoc che regola i referendum e li proibisce nei 180 giorni precedenti e successivi alle elezioni. Zelaya insiste con la sua iniziativa di consultazione popolare e destituisce il capo dell’esercito, il generale Romeo Vasquez, che si era rifiutato di gestire le operazioni relative al referendum. La giustizia hondureña dichiara illegittima la destituzione del generale Vasquez, mentre l’esercito occupa le strade della capitale per frenare i sostenitori di Zelaya e il Tribunale Elettorale dichiara illegale il referendum da lui promosso.
L’impasse istituzionale è gravissima e il conflitto tra poteri prefigura una conclusione violenta.

Il giorno del golpe

La cupola del PLH e le élites imprenditoriali temevano che un’eventuale vittoria della proposta di Zelaya d’istituire una Costituente avrebbe condotto ad una crisi politica e istituzionale che avrebbe rafforzato il Presidente uscente favorendo una sua rielezione, possibilità proibita dalla attuale Costituzione ma eventualmente includibile in quella nuova. Zelaya non ha mai dichiarato d’essere interessato a modificare la Costituzione per inserire la possibilità di rielezione del Presidente. “Lo hanno deposto perché voleva fare come Chavez e fare il socialismo” si sentiva dire. Affermazioni e basta. L’unico dato certo è che Zelaya sul piano interno si è progressivamente allontanato dalla linea del PLH, formazione elitaria e conservatrice che si spaccia come socialdemocratica, e in politica estera si è invece avvicinato all’ALBA (Alternativa Bolivariana per le Americhe), integrata da Nicaragua, Bolivia, Cuba, Ecuador, Honduras e Venezuela. Fu creata dal presidente Hugo Chavez ufficialmente per avviare un progetto d’integrazione regionale differente, che combatta la povertà e l’esclusione sociale in America Latina. Altre finalità neanche troppo latenti sono porre un freno all’egemonia degli USA e dell’ormai spento progetto dell’ALCA (Area Libero Commercio delle Americhe) nella regione e favorire un piano d’integrazione energetica, ideologica e militare sotto l’egida venezuelana e con una eventuale partecipazione o accondiscendenza da parte del Brasile.
Il presidente Zelaya, ottenuto a luglio un primo riconoscimento internazionale dal presidente USA Barack Obama, cerca di ritornare per via aerea a Tegucigalpa, ma l’atterraggio nell’aeroporto Toncontin gli è impedito dalle forze militari.
I suoi sostenitori si battono strenuamente nei pressi dello scalo aereo e sulle piste di atterraggio.
Dopo le riunioni di Zelaya con la segretaria di Stato americana Hillary Clinton, cominciano i negoziati tra il presidente e i golpisti con la mediazione di Oscar Arias, presidente della Costa Rica ed ex premio Nobel per la pace. Ciononostante non si raggiunge nessun accordo. La UE sospende 90 milioni di dollari di aiuti all’Honduras mentre gli USA ancora tentennano nel decidere ritorsioni e persino nel definire “golpista” il regime instaurato da Micheletti e colleghi. L’ipotesi che gli ambienti repubblicani neoconservatori e alcune lobby americane di “clintoniani” e di imprese multinazionali presenti in Honduras fossero propensi a riconoscere l’usurpatore Micheletti, spalleggiato dal generale Vasquez, e ritardassero le misure punitive contro il nuovo regime ha preso piede data l’ambiguità iniziale dell’amministrazione Obama. Secondo alcuni settori il colpo di Stato, che contro ogni evidenza non si vuole riconoscere come un vero e proprio golpe, sarebbe il male minore dinanzi alla penetrazione di Chavez e del “socialismo del secolo XXI” in America Latina. Nel frattempo viene redatta una relazione della Commissione Interamericana per i Diritti Umani sostiene l’esistenza in Honduras “di un uso sproporzionato della forza pubblica, di arresti arbitrari e controllo dell’informazione realizzato per limitare la partecipazione politica di un settore della cittadinanza”. Non è altro che una conferma di quanto stavano da settimane denunciando le associazioni per la difesa dei diritti umani hondureñe, i sindacati e le organizzazioni del Fronte Nazionale di resistenza contro il Colpo di Stato che chiedeva la restituzione di Zelaya alla presidenza e, alzando la posta, anche l’elezione di un’Assemblea Costituente. Come se niente fosse, nel mezzo delle proteste sedate a più riprese da una repressione subdola e assassina comincia la campagna elettorale regolare per le votazioni del 29 novembre. Il colpo di Stato e le proteste che ogni giorno si susseguono in tutto l’Honduras hanno provocato numerose sparizioni, morti e violazioni gravi che sono ancora difficili da quantificare, ma le testimonianze dirette non hanno bisogno di commenti.

Il giorno del golpe

L’FMI (Fondo Monetario Internazionale) blocca un prestito di 163 milioni di dollari in favore dell’Honduras e gli USA sospendono tutti gli aiuti economici in favore del paese centroamericano. Annunciano anche ufficialmente che non riconosceranno il governo che uscirà dalle elezioni di novembre se non si rispetterà il diritto al ritorno di Zelaya al potere nel suo paese. Manuel Zelaya fa ritorno in Honduras a fine settembre durante una missione segreta e si rifugia nell’ambasciata brasiliana che viene subito circondata da polizia e militari. Questi soffocano nel sangue le manifestazioni pro Zelaya con un saldo di cinque morti. La scelta dell’ambasciata brasiliana è significativa dal punto di vista politico, visto che il Brasile risulta essere decisivo per tutti gli equilibri dell’America Latina e da potenza regionale aspira a convertirsi in un riferimento continentale e mondiale.
Il governo di Roberto Micheletti, ormai privo di supporti esterni e in crisi sul fronte interno, ha decretato il 27 settembre la restrizione di tutte le garanzie individuali per 45 giorni e continua a rifiutare il dialogo con Zelaya e con le delegazioni della OSA in visita in Honduras. Come conseguenza sono state silenziate e occupate militarmente le strutture di Radio Globo e del Canale 36, mezzi informativi d’opposizione da quattro mesi sotto tiro. In seguito alle crescenti proteste del popolo hondureño e della comunità internazionale, lo stato d’eccezione viene revocato il 7 ottobre. Malgrado tutto, la posizione ufficiale dei golpisti è inflessibile come lo è stata negli ultimi 4 mesi: Zelaya, nell’ambasciata brasiliana, non potrà ritornare al potere e dovrà anzi consegnarsi alla giustizia hondureña per essere processato e giudicato. Inoltre Micheletti ha dato un ultimatum al Brasile affinché definisca lo status di Zelaya, anche se Lula ha dichiarato di non accettare nessun ultimatum da parte di un governo non riconosciuto. Secondo i dati del Comitato dei Familiari dei Detenuti e Desaparecidos in Honduras (COFADEH), sarebbero 17 le persone morte a causa della violenza scatenata dalle forze repressive dopo il 28 giugno. Si contano centinaia di feriti e quasi un centinaio di cittadini sono sotto accusa per sedizione, in quanto hanno difeso l’ordine costituzionale interrotto dal colpo di stato. Un accordo concluso alla fine di ottobre fra Zelaya e colui che l’aveva sostituito alla testa del paese dopo il golpe, Roberto Micheletti, prevedeva di sottoporre al Congresso Hondureño per il 2 dicembre la questione del reintegro del presidente destituito fino alla fine del suo mandato, il 27 gennaio prossimo. Solo nove parlamentari su 126 hanno votato per il reintegro. Il voto conferma quindi la destituzione di Zelaya. Il Partito nazionale (PN, di destra) che ha vinto le elezioni del 29 novembre e il cui candidato Porfirio Lobo è stato eletto alla presidenza della Repubblica, aveva indicato durante la seduta del parlamento che approvava la ratifica del decreto di destituzione di Zelaya.
Il nuovo presidente entrerà in carica il 27 gennaio prossimo. Fino a quella data, Micheletti rimarrà al potere. Zelaya (che aveva invitato a boicottare le elezioni) ha chiesto alla comunità internazionale di non riconoscere le presidenziali del 29 novembre, giudicandole «uno scrutinio illegittimo e illegale imposto dalla dittatura militare con il sostegno degli Stati Uniti». Inoltre, dopo essere rimasto per tre mesi asserragliato nell’ambasciata brasiliana, Zelaya sta trovando ostacoli anche sulla questione dell’asilo. Il governo di fatto hondureño vuole che Zelaya accetti l’asilo politico in un paese straniero, che restringa così le sue attività. Ma Zelaya ha respinto la proposta, preferendo mantenere una posizione che gli consenta di continuare a battersi per un suo pieno ritorno.
Alla radio nazionale ha detto che vuole andare in Messico come ospite ma che “in nessun modo questa è una richiesta di asilo o di lasciare il posto che occupo”. (3)

Micheletti con il generale Romeo Vasquez, capo dell'esercito

Una riflessione libertaria

In Honduras, come in tutte le parti del mondo, la classe dominante è divisa in fazioni rivali che si contendono l’egemonia, per imporre ognuna la propria modalità di capitalismo; per la popolazione la differenza tra un capitalismo “troglodita” e uno “riformista” può significare alcuni vantaggi o miglioramenti parziali e momentanei, nulla più; in un caso come nell’altro la gente continuerà ad essere sfruttata dalla classe capitalista che come ha ben dimostrato è disposta a mobilitare l’esercito pur di mantenere i propri privilegi. In termini generali la divisione della borghesia in fazioni opposte non è che il riflesso stesso della società: è l’influenza delle imprese all’interno del sistema delle imprese, le loro rivalità e la concorrenza tra loro all’interno di questo sistema sostanziano la relazione sociale capitalista. Questa continua conflittualità rafforza il controllo e la sudditanza economica del popolo hondureño. Evidentemente la proposta di Zelaya di indire una consulta popolare, tra l’altro non vincolante, non è stata particolarmente gradita da una parte della borghesia hondureña, che ha preferito agire come meglio sa: con il colpo di stato. Un golpe che probabilmente ha le sue radici nei timidi e innocui tentativi di riforma avanzati da Zelaya che, in nome della trasparenza, dell’onestà, della libertà di espressione ha tentato di agire, politicamente in linea con quei movimenti e politici “progressisti” che oggi fanno apparire alcuni paesi l’America Latina come di sinistra o centro-sinistra. La borghesia internazionale più conservatrice e oscurantista e che ha nel clero un solido alleato, come quella hondureña, è timorosa anche delle miti riforme portate avanti per porre un freno a quei processi sociali che si sviluppano alla base: ha paura del riformismo. La borghesia mondiale supporta la sinistra in Honduras, per le stesse ragioni per cui ha favorito uno sviluppo della sinistra in Bolivia e Venezuela: perché è consapevole che, nel gioco delle parti, solo la sua componente di sinistra è nella condizione di assicurare la continuità del capitalismo in questi paesi. Se oggi la comunità internazionale ha appoggiato Zaleya contro i golpisti si deve semplicemente al fatto che il golpe di Micheletti ha interrotto prematuramente una strategia di dominazione che prometteva buoni risultati. Ed eccone le prove.

Indigeno hondureño
appartenente al Copih

Interessi economici internazionali

L’Unione Europea già in passato si era interessata alla promozione di un progetto per la privatizzazione delle terre comunali dei popoli indigeni dell’ Honduras, il cui acronimo è PATH, «sentiero» in inglese. Il Programma de Administración de Tierras de Honduras, finanziato dall’UE e realizzato con il sostegno di Organizzazioni non governative europee, altro non è che il tentativo di rendere più agile l’acquisizione di enormi lotti di terra da dedicare all’agro industria e al turismo; in barba ai titoli comunitari riconosciuti dalla Costituzione dell’Honduras. (4)

Tra i molteplici esempi che si potrebbero fare e che meriterebbero un approfondimento mi interessa qui affrontare un problema specifico di un territorio, quello della Bahia di Tela nel mar dei Caraibi, sia perché ho avuto modo di conoscere personalmente quei luoghi magnifici su cui aleggia un futuro di morte, sia perché è stato proprio Manuel Zelaya a concludere definitivamente gli accordi nel 2007 e a dare il via ai lavori per realizzare in quei luoghi un progetto di speculazione edilizia che ha dell’inverosimile.
Nel 2003 viene lanciato il progetto “Los Micos Beach & Golf Resort”, che prevede un investimento di 400 milioni di dollari per la costruzione di un mega complesso turistico dislocato su 500 ettari di terreno davanti a 3 km di spiaggia nella località di Bahia de Tela. La popolazione residente nell’area si oppone alla richiesta di abbandonare le proprie terre e protesta contro il progetto. Durante un viaggio in Europa nel 2004 l’allora presidente dell’Honduras Maduro si incontra a Roma con il capo del governo Silvio Berlusconi e con i dirigenti della Segreteria Ministeriale della Cooperazione Italiana per discutere del coinvolgimento del governo italiano nel progetto di Bahía de Tela. Un comunicato stampa emesso per l’occasione dalla Presidenza dell’Honduras rende noto che la partecipazione del capitale italiano avrà inizio a partire dal 2005 e costituirà uno dei maggiori fattori di sviluppo turistico della costa atlantica. Secondo il rapporto presentato da Prolasante ed AFE-CODHEFOR (5), la costruzione dell’impianto comprometterebbe gli equilibri idrogeologici della zona, alterando i corsi d´acqua e quindi la conformazione stessa della baia, alterandone la vegetazione e danneggiando in modo irreversibile la flora nativa. Le paludi, aggiungono le autorità ambientali, generano acqua potabile a cui si ha accesso attraverso i pozzi e la loro alterazione è destinata a peggiorare la disponibilità idrica generando conseguenze gravi in termini di costi sociali, ambientali ed economici. Inoltre, essendo le paludi un elemento importante di regolazione dei sistemi idrici, la loro copertura con materiali estratti dalla Bahía de Tela avrà ripercussioni negative per le comunità vicine alla Laguna de Los Micos, così come pure aumenteranno i rischi di inondazione per la città di Tela durante i periodi di maggiore precipitazione. Le conseguenze saranno devastanti nel caso di tempeste tropicali o uragani del tipo Mitch o Katrina, fenomeni sempre più probabili a causa delle alterazioni climatiche. (6)

Il “droghiere” di Tornabé, un garifune dagli occhi di ghiaccio

I Garifunas, gli abitanti della Baia

Chi paga sulla propria pelle tutte queste catastrofiche conseguenze? I Garifuna, gli abitanti di queste isole. Nel febbraio 2008 sono arrivata a Tela, uno squallido paesone hondureño inondato letteralmente dalle piogge torrenziali, ma comunque base indispensabile per raggiungere le comunità Garifunas di Tornabè e Miami. Con l’aiuto di una donna del posto riesco a raggiungere Tornabè, comunità inserita nel parco di riserva naturale dedicato a Jeanette Kawas, direttrice statunitense della fondazione che gestiva l’area protetta di Punta Sal, che per aver osato contrapporsi a grossi interessi economici venne uccisa nel 1995. Sulle isole di quest’area ancora per poco protetta vivono i garifuna, una comunità che si forma a partire dalla fine del XVII secolo da alcuni africani che fuggono o forse naufragano dalle navi negriere che li stanno trasportando in America, inizialmente sull’isola di San Vincente, dove si fondono con la popolazione Caribe-Arawak presente. La loro storia prosegue sulla costa hondureña e del resto del Centroamerica, dove, nel corso del XVIII secolo fondano decine di villaggi, tuttora esistenti, entrando inevitabilmente in contatto non solo con i colonizzatori spagnoli ma anche con le popolazioni indie locali (Lenca, Chortì, Misquito, Tolupan, Pech, Tawahka). Nasce così una cultura assolutamente originale. (7) I garifunas, i neri di Honduras, sono centocinquantamila, il 2% della popolazione nazionale secondo le statistiche ufficiali; sono cinque o seicentomila (compresi quelli che vivono all’estero, principalmente negli Stati Uniti d’America) secondo i dirigenti di Ofraneh, l’Organización fraternal de los negros de Honduras che lavora dagli anni settanta in una trentina di comunità, dislocate lungo tutta la Costa Atlantica del Paese centroamericano. A metà degli anni novanta, però, il Governo ha deciso che le loro terre erano una risorsa per il Paese e che loro, che lì vivono da 209 anni, erano di troppo. Da allora non c’è più pace per i garifunas, costretti a combattere una guerra impari contro alcune delle famiglie più ricche e potenti del Paese. Per gli abitanti delle comunità cominciano le minacce e gli agguati a cose e persone in un’escalation terrificante di repressione. Nel marzo 2007 il capitale sociale del progetto “Los Micos Beach & Resort” passa da 204 a 425 milioni di lempiras con l’entrata in scena di nuovi attori: gli imprenditori privati sono 46, in buona parte provenienti dal nord del paese. Responsabile del progetto è Fernando Ceballos, mentre i fondi sono stati depositati presso il Banco Mercantil (Bamer). E infine, per chiudere il cerchio, nell’agosto 2007 il presidente della Repubblica del Honduras José Manuela Zelaya Rosales dà ufficialmente avvio ai lavori per la realizzazione del progetto Bahía de Tela. L’impresa italiana Astaldi si aggiudica l’appalto per la realizzazione delle infrastrutture di base: un impianto di potabilizzazione, un acquedotto di distribuzione, un sistema di trattamento e gestione dei rifiuti solidi e la pavimentazione delle strade di accesso alla città di Tela. Per gli studi sulla possibilità della realizzazione di infrastrutture, interventi di bonifica e riassetto urbano si prevede una spesa di circa 40 milioni di euro, parte dei quali stanziati dal Governo Italiano. Nel marzo 2008 viene annunciato che entro un anno “Los Micos Beach & Resort” aprirà le porte ai turisti. Il nodo del problema è infatti il turismo: per il governo (e per alcuni imprenditori che ne muovono i fili) rappresenta l’unica salvezza per la disastrata economia del Paese. Lo stesso definisce “Eco-etno turismo”: mettere a disposizione del turista la natura del paese e la ricchezza culturale dei suoi popoli originari. Svenderle, secondo i garifuna che non credono che il turismo porterà prosperità e lavoro per la gente delle comunità. «Al più ci chiameranno a lavorare come camerieri, o per sculettare nei nostri “balli tradizionali”» racconta uno di loro. Conosciuto come proyecto Bahia de Tela, è la punta di diamante nella strategia di sviluppo turistico di Thierry de Pierrefeu: alberghi di lusso, 2.000 appartamenti, 6 multi-residences per un totale di 168 ville, centri commerciali, parchi tematici e di intrattenimento. Sono previsti anche un campo da golf e un villaggio garifuna ricostruito all’interno del complesso. In totale, un mostro di oltre 300 ettari in una zona vergine tra i villaggi di Tornabé e San Juan. Per un investimento stimato tra i 140 e i 200 milioni di dollari. Opporsi è rischioso.

Tipiche abitazioni della comunità di Miami

L’ABRE, la Legge di proprietà e il PATH, insieme ad altri progetti, conformano una serie di regolamenti il cui principale obiettivo sulla costa caraibica è quello della sicurezza giuridica della terra in mano agli impresari nazionali e internazionali e non alle comunità. Dato il loro fervore nell’istituzionalizzare il modello neoliberale nella regione attraverso il TLC, il Plan Puebla Panamà e altri progetti a livello nazionale, il fatto che le Istituzioni Finanziarie Internazionali, come la Banca Mondiale e la Banca Interamericana di Sviluppo, stiano favorendo gli interessi privati a discapito delle comunità non crea nessuna sorpresa. Ecco che allora si ricompone quel quadro di corruzione e speculazione di cui mi parlava la donna italiana durante l’incontro zapatista in Chiapas, con la quale sono in costante contatto telematico e grazie alla quale ho potuto raccontare un piccolo pezzo del quadro politico hondureño da cui i mass media europei si tengono bene alla larga. Ci sarebbero mille altri esempi di come questo processo di assimilazione o espulsione degli indigeni hondureñi in tutto il paese, al fine di sviluppare mega progetti turistici, sia in evoluzione. Ne sono esempi i pescatori e contadini dell’isola del Pacifico di Zacategrande, i popoli di Intibucà, ma anche gli stessi abitanti di Tegucigalpa, la capitale. Io in quei posti ho lasciato un pezzo di cuore, e il pensiero che un giorno, tornando, invece di trovare le piccole comunità autonome garifuna in capanne di legno e palme perfettamente ecocompatibili con il territorio mi si staglieranno di fronte colate di cemento per hotel a 5 stelle e campi da golf mi fa di dire che di tutto questo dobbiamo, anzi abbiamo proprio il dovere di parlarne e rifletterne a lungo.

Gaia Raimondi

Note

  1. http://www.puchica.org/Documenti/HONDURAS/COPINH/19.follettocopinh.html. «Consejo Civico de Organizaciones Populares e Indigenas de Honduras COPINH L’obiettivo fondamentale del Copinh è elevare le condizioni di vita del Popolo Lenca di Honduras ed incidere in maniera positiva nel nostro paese e negli sforzi collettivi per la costruzione di un mondo più giusto e umano, in cui si possa implementare un modello di vita e di sviluppo più degno, con equità e giustizia tra gli esseri umani e in armonia col medio ambiente. Il Consiglio Civico di Organizzazioni Popolari e Indigene di Honduras, COPINH, fu fondato a La Esperanza, Intibucá, nel Sud Ovest di Honduras, il 27 marzo del 1993, con lo scopo di essere uno spazio di articolazione e di lotta del movimento popolare della zona, e di lottare per il riscatto della cultura Lenca e del medio ambiente. Attualmente il COPINH ha presenza nei dipartimenti di Lempira, La Paz, Intibucá, Comayagua e Santa Barbara; in più di 30 municipi e circa 400 comunità. Ê composto da: una Coordinazione Generale, una Commissione Esecutiva, un Consiglio di Anziani(e), Consigli Indigeni Dipartimentali, Municipali e Comunali». Al link sopracitato è possibile leggere e scaricare le versioni integrali dei documenti e delle dichiarazioni del Copinh.
  2. Termine dispregiativo con cui in Centro America e in America Latina vengono definiti gli statunitensi e per estensione semantica anche gli europei.
  3. Colpo di stato, una cronologia, di Fabio Lorusso, in http://www.carmillaonline.com.
  4. Art. 346, «È un dovere dello Stato dettare norme a protezione dei diritti e degli interessi delle comunità indigene esistenti nel paese, e in special modo delle terre e dei boschi dove queste risiedano».
  5. La Fondazione per la Protezione di Lancetilla, Punta Sal e Texiguat e la Corporazione per lo sviluppo forestale dell’Honduras.
  6. Per i dettagli dell’impatto ambientale che il progetto provocherà si veda i rapporti del CDCA, Centro di documentazione dei conflitti ambientali, www.cdca.it, in cui una scheda tecnica illustra tutti i prevedibili danni che la costruzione del mega Resort provocherà.
  7. I garifuna sono un esempio di cultura altamente meticcia sia per quanto riguarda le discendenze, ma soprattutto per quanto riguarda la lingua e la struttura sociale. La lingua da essi utilizzata è un vero e proprio creolo di antiche dominazioni, da quella inglese a quella spagnola. In una società come quella garifuna, dove vigono due principi ugualmente importanti: l’“autonomia personale” e la “collaborazione-reciprocità” tra i suoi membri, la solidarietà passa attraverso alcune linee privilegiate, controllate da figure femminili, le anziane del gruppo di parentela. La struttura dei “gruppi domestici” e della “famiglia estesa” garifuna è matrifocale: le donne sono strutturalmente centrali sul piano sociale, le madri lo sono anche su quello culturale, nel senso che la società garifuna legittima e valorizza il loro ruolo in quanto tali, a prescindere dalle relazioni con gli uomini (in quanto mogli, figlie, sorelle di…). Il peso delle donne nella vita privata e pubblica della comunità è enorme, anche perché in questa società lo scarto tra “domestico” ed “extradomestico” è minimo: perciò la partecipazione alla vita pubblica tende a coincidere con il quotidiano e viceversa.

Fonti e altre informazioni per approfondire:

Collettivo Italia Centro America (CICA)
www.puchica.org info@puchica.org
http://lisolaeilmattone.blogspot.com

Video documentario
I pirati al resort
Il saccheggio di Bahía de Tela
Puoi prenotare una copia del DVD attraverso la piattaforma internet www.produzionidalbasso.com,
sostenendone la produzione e la diffusione.

http://gualanaka.blogspot.com
http://icoloridelmais.blogspot.com
http://otrahonduras.blogspot.com
http://verosudamerica.blogspot.com
www.altreconomia.it
www.arcoiris.tv
www.selvas.org
www.peacereporter.net
www.rel-uita.org
www.aprileonline.info
www.terrelibere.org
www.peacelink.it
www.unimondo.org
www.crbm.org
www.terresolidali.it
www.xena.it



Aids e prevenzione, la salute autogestita

“Sotto un sole caraibico, in un clima caldo umido arrivai, dopo due ore di cammino su una strada non asfaltata e costellata di pozzanghere alla comunità garifuna di Miami per assistere ad un laboratorio sul sesso e sul genere tenuto da 3 donne garifuna malate di AIDS. Sotto una capanna di foglie di palma, in riva al mar dei Caraibi, queste splendide mujeres iniziano ad appendere cartelloni esplicativi che non si limitano a spiegare la biologia degli apparati riproduttivi e la prevenzione contro le malattie veneree, ma sottolineano l’importanza della questione di genere, facendo emergere i tabù e i preconcetti legati all’universo femminile.

Mi sembra di essere ad un’assemblea femminista per le tematiche affrontate; ma intorno a me, tra le noci di cocco, le palme e i pellicani, la popolazione di Miami, in maggioranza uomini purtroppo, ascolta incuriosita e sembra condividere la battaglia contro gli stereotipi sulle donne e sul sesso. Dopo un paio d’ore di discussione teorica arriva anche la pratica, mirata a diffondere il concetto di prevenzione e sesso sicuro all’interno delle comunità, dove purtroppo la percentuale di diffusione dell’AIDS è altissima, non solo per le scarse risorse mediche ma anche per l’ignoranza diffusa sull’argomento. Così, queste simpatiche donnone, estraggono da una borsa un prototipo in legno di pene, sul quale a turno tutti (io compresa) dovranno imparare a mettere il preservativo. Tra risolini, sguardi imbarazzati, e un chiacchiericcio che si diffonde trasportato dalla brezza del mare, i più coraggiosi incominciano a provare... chi vince l’imbarazzo mettendosi in gioco avrà in premio cappellini, borse, penne e naturalmente preservativi e borselli per mantenerli al fresco, gentilmente offerti dall’associazione.

Poco a poco tutti si scrollano di dosso tabù e vergogne e inizia una processione al fallo di legno per guadagnarsi i premi al coraggio. Non potrò mai dimenticare quegli sguardi, quei suoni, quei profumi, quella natura così meravigliosamente selvaggia che rischia ora seriamente di essere minata da interessi economici internazionali che porteranno a colate di cemento e all’estinzione di queste comunità ora povere, ma con grande dignità.”


Che cos’è Astaldi?

La società di costruzione Astaldi, sconfitta nella gara per il General Contractor del Ponte sullo Stretto di Messina, cerca la riscossa sul mercato internazionale. Piovono commesse in Algeria, Venezuela e Honduras. Nello Stato centroamericano Astaldi è l’asso pigliatutto: dighe, strade, centrali, servizi idrici e rifiuti. I soldi della Cooperazione italiana e le alleanze con imprenditori all’indice per crimini ambientali.
La lista dei lavori in Honduras della grande società di costruzioni italiana, oltre alla realizzazione dell’acquedotto di Valle, contempla anche i più importanti sistemi idroelettrici del paese, la centrale di El Cajón (nella regione centrale montagnosa di Comayaguala), la diga di Concepción e quella di Nacaome intitolata a “José Cecilio del Valle”, ubicata sull’omonimo fiume ad una sessantina di chilometri di distanza dalla capitale.
Nel gennaio 2005, Astaldi ha inoltre firmato con il governo del Presidente Maduro un contratto per il valore di 175.000 euro per il raddoppio della carreggiata della strada del nord CA-5, secondo lotto, nel tratto Taulabé-La Barca (53 chilometri), tra i dipartimenti di Comayagua e Cortés. I fondi sono stati forniti in parte dalla Banca Mondiale e in parte dal Governo centrale.
In occasione della firma del contratto in uno dei saloni della casa presidenziale di Tegucigalpa, Ricardo Maduro ci tenne a sottolineare come esso fosse fondamentale in vista “del canale secco, quel corridoio logistico, sogno degli hondureñi da oltre 20 anni, che assicurerà lo sviluppo del paese”. Il “corridoio logistico” è un vecchio progetto binazionale (El Salvador-Honduras), rilanciato dal cosiddetto Piano infrastrutturale neoliberista “Puebla Panamá”, per la realizzazione di un’arteria stradale che colleghi il porto di Cutufo sull’Oceano Pacifico (El Salvador) con Puerto Cortés, la maggiore città portuale hondurena nel versante caraibico, in alternativa alla navigazione nel Canale di Panama. Solo in territorio hondureno, questo progetto prevede una spesa di 115 milioni di dollari per 100 chilometri di nuove strade, con l’apporto finanziario della Banca d’Integrazione Economica Centro Americana (CABEI), del governo del Messico (55 milioni di dollari) e della Banca Europea per gli Investimenti e il Commercio (20 milioni).
Sempre l’Astaldi, in consorzio con l’italiana Ghella, la Hydro-Honduras (filiale locale della Hydro-West, azienda nordamericana con sede a Seattle) e la EMCE – Empresa de Mantenimiento Construcción y Electricidad (società presieduta da Freddy Nasser, cognato di Miguel Facussé, uno degli uomini più ricchi e potenti in Centroamerica e zio dell’ex presidente onduregno Carlos Flores), si è aggiudicata la concessione per la generazione di energia, tramite la costruzione e successiva gestione dell’impianto idroelettrico sul Río Cangrejal (La Ceiba). L’impianto idroelettrico di El Cangrejal, della potenza di 50 MW e un costo di 80 milioni di dollari, sorgerà a due passi dal Parco Nazionale di Pico Bonito ed è fortemente osteggiato dalla popolazione locale preoccupata che la nuova diga possa causare la scomparsa di oltre 11 chilometri del corso d’acqua che scorre a valle. Pico Bonito è una delle principali oasi naturalistiche dell’Honduras e si estende su un’area di 500 chilometri quadrati. È anche il più grande dei parchi nazionali del paese ed ospita diverse tipologie forestali e incontaminate fonti d’acqua (cascate, torrenti e i fiumi Bonito e Quebrada). L’abbondante e variegata fauna include giaguari (animali sacri a tutte le culture precolombiane, ormai pressocché estinti), armadilli, scimmie urlatrici, tucani. Il Río Cangrejal è una vera e propria barriera naturale a protezione del Pico Bonito e la sua scomparsa avrebbe conseguenze devastanti sulla flora e la fauna ospitata e sull’intero patrimonio socio-economico e territoriale di La Ceiba, grande porto atlantico del paese, distante appena una decina di chilometri dal parco naturale.
Già oggi il Río Cangrejal è una delle maggiori attrazioni turistiche di Honduras: sulle sue rive sono sorti diversi centri balneari, frequentatissimi dagli abitanti della regione e numerosi turisti stranieri scelgono le ripide correnti del fiume per il rafting e le discese in canoa. Nei pressi di questo corso d’acqua gli archeologi hanno anche scoperto il sito di La Colorada, centro della cultura precolombiana dei Macrochibcha. L’importanza dell’area, non ancora esplorata, sarebbe di poco inferiore in Honduras solo al sito Maya di Copán, vero e proprio gioiello archeologico centroamericano. Il progetto idroelettrico è dunque incompatibile con le incommensurabili potenzialità ecoturistiche della zona.
Le società internazionali consorziatesi per il progetto idroelettrico El Cangrejal hanno speso circa 1,5 milioni di dollari per approntare uno studio d’impatto ambientale che è stato definito “lacunoso” e in “violazione delle normative hondureñe e degli ordinamenti municipali”. Le organizzazioni ambientaliste hanno altresì denunciato di essere state escluse in tutte le fasi relative allo studio di impatto ambientale e di attendere ancora il permesso di visionare il progetto tecnico della idroelettrica. Anche le istituzioni e gli enti locali sono stati esclusi da tutte le fasi relative al procedimento e dopo un timido sostegno al progetto si sono definitivamente schierate contro la centrale a fianco della popolazione e delle organizzazioni ambientaliste. Dubbi e perplessità sulla megaopera sono state espresse perfino dalla Banca Mondiale sempre meno disponibile a sostenere finanziariamente la costruzione di dighe di queste dimensioni.
Ed ora Astaldi ha messo le mani sui territori Garifuna della bahia di Tela.
(Informazioni più dettagliate reperibili dal dossier “Honduras r-esiste” scaricabile da www.puchica.org)

Cronologia di come far passare un progetto pur non avendo consenso

Nel novembre 2005 viene incendiata la casa del Presidente del CODETS –Comitato di Difesa della Terra Comutaria- Wilfredo Guerrero. Sempre nel 2005: le comunità di Bahia de Tela e il CODETS denunciano l’incremento della presenza militare e le attività di pressione e intimidazione che il personale armato compie sui membri delle comunità.
Nel dicembre 2005: Jésica García, presidentessa del Patronato di San Juan, denuncia di aver subito minacce di morte assieme alle sue due figlie da una guardia a servizio dell’impresa Promotur – società di promozione turistica. La donna racconta che la guardia, puntandole una pistola contro, l’ha costretta a firmare un documento che riconosce i diritti della Promotur sulla terra comunitaria imponendo alle famiglie di Nuevo San Juan di abbandonare le loro case entro 30 giorni.
Nel gennaio 2006: il personale di sicurezza della Promotur reagisce utilizzando armi da fuoco contro i dirigenti comunitari che protestano per la costruzione illegale di un muro che impedisce la libera circolazione della popolazione tra i villaggi.
Nel febbraio 2006: Epson Andrés Castillo e Yinio Eligio López, due giovani della vicina comunità di La Ensenada, vengono arrestati da un’unità delle forze navali statali e poi ritrovati uccisi. Per l’omicidio vengono indagati 4 militari che operano nella Laguna delle Scimmie.
E ancora, nell’agosto 2006 Mirna Isabel santos Thomas, una ragazza di 19 anni appartenente alla comunità San Juan, viene sequestrata da un gruppo di uomini armati. Il suo corpo viene ritrovato senza vita nella strada tra Trionfo de la Cruz e La Ensenada. In seguito a questo episodio rappresentanti di tutte le comunità Garifuna manifestano sotto il Palazzo del Congresso nella capitale Tegucigalpa per presentare ai parlamentari una dichiarazione ufficiale del Popolo Garifuna contro il mega complesso turistico. Ma ciononostante il 20 gennaio 2006 a 5 giorni dalla fine della legislatura, il governo dell’allora presidente Ricardo Maduro concede la licenza a “Los Micos Beach & Golf Resort¨. Nel 2008 iniziano a partire i lavori.