rivista anarchica
anno 40 n. 350
febbraio 2010


lettere

 

Vegani e anarchici

Ringraziamo Luca Bino per la sua lettera apparsa sul numero 349 di “A” rivista anarchica n. 349 (dicembre 2009/gennaio 2010). Da antispecisti vegan libertarie ne condividiamo fortemente il contenuto. Se si accetta la legge della sopraffazione, la legge del più forte o del più furbo, di colui che riesce a sfruttare, uccidere, violentare il suo prossimo, se si ritiene che costui abbia il diritto di farlo, andiamo contro tutti i principi del mutuo appoggio e della solidarietà. Il ragionamento, però, non vale se lo facciamo nei confronti di persone non umane. Ne consegue, ovviamente, che la specie umana viene considerata superiore. Ne consegue che la specie umana si arroga il diritto di trattare tutte le altre persone diverse da sé come merci che può tranquillamente rinchiudere, torturare, uccidere.
Il fatto che tutto questo non sia indispensabile per la sopravvivenza è oramai incontestabile, e comunque milioni di persone umane che vivono in salute senza mangiare prodotti di origine animale ne sono la dimostrazione pratica. Molti sono d’accordo nel considerare folle il trattamento riservato agli animali negli allevamenti intensivi (alimentazione forzata, impossibilità di movimento per l’intera esistenza, dolorose amputazioni senza anestesia, privazione della luce naturale e di qualunque indispensabile forma di socialità) e auspicano dei metodi meno cruenti.
Ma è bene sottolineare che questa è la logica del profitto, la logica che permette di fornire carne, latte e uova a tutti. E questo solo per citare i prodotti più consumati. E in ogni caso, anche nelle fattorie in stile “nonna papera” a tutti gli animali viene comunque preclusa la libertà, la possibilità di accoppiarsi liberamente, la possibilità di vivere una maternità degna. Alle mucche, per esempio, viene immediatamente sottratto il piccolo. Piangeranno, urleranno e si cercheranno entrambi per giorni. Inutilmente, perché i vitelli maschi, che non rendono (anche e soprattutto al di fuori delle logiche di mercato) devono essere mandati al macello (oppure, con la scusa dell’autoproduzione/autosufficienza, vengono macellati in casa con sofferenze ancora maggiori) perché non c’è spazio, non ci sono soldi, non c’è pascolo per tutti.
Per chi desidera realmente smettere di causare morte, sfruttamento e sofferenze alle persone non umane, quindi, l’unica via concreta è quella di passare alla scelta vegan abbandonando una visione del mondo basata sulla specismo. Che, tra le altre cose, è proprio quella visione del mondo patriarcale, violenta, colonizzatrice, sopraffattrice, fascista, autoritaria, dittatoriale, liberticida, oppressiva, tirannica che stato e religione tentano incessantemente di farci digerire.
Molti, molte, soprattutto libertari, anarchiche, sono d’accordo con le tesi vegan, ma non concretizzano il loro passo asserendo che devono “seguire i loro tempi”, “maturare meglio questa scelta”. Vorremmo sottolineare un semplice fatto: milioni di individui non umani che vivono in società complesse, che hanno interazioni sociali, che formano coppie e si prendono cura dei piccoli, non possono più aspettare!
Siamo felici che questo dibattito esca proprio su “A” e non proseguiamo con le tantissime parole ancora da scrivere (su vivisezione, caccia, circhi, zoo, sagre paesane, corride, pellicce e inserti di pelliccia, e le tante altre situazioni in cui persone non umane vengono ridicolizzate, torturate, sfruttate e uccise) lasciando spazio ai prossimi interventi. Un caro saluto.

Troglodita Tribe S.p.A.f.
(Società per Azioni felici)

 

Dibattito tricolore/ Un forte senso comunicativo

Leggendo l'articolo dal titolo “Non bruciare il tricolore” (sul penultimo numero di”A”) ho riflettuto sul significato del gesto incriminato dal'autore e ammetto che non mi trova affatto d'accordo.
Tralasciando quello che mi verrebbe da dire politicamente sulla questione, da secoli dibattuta, basti pensare che una simile diatriba si era già creata sull'Adunata dei Refrattari nel 1936 (!), mi interessa qui approfondire in pochi righe ciò che mi è tornato alla mente scorrendo l'articolo come reminescenza dei miei studi sulla linguistica e di conseguenza sulla comunicazione affrontati all'università. Avendo studiato scienze della comunicazione ho avuto modo di addentrarmi nel mondo della semiotica e della sua naturale estensione semiologica, se intendiamo la semiotica come la scienza dei segni e la semiologia come scienza di tutti segni, anche quelli paravebali come I gesti, I simboli o meglio tutto ciò che assume un significato arbitrario e convenzionale che l'uomo gli ha attribuito, pur non mantenendo alcuna relazione con il referente, ossia con l'oggetto.
I linguisti più recenti asseriscono che viviamo in una semiosfera, ovvero un mondo fatto di segni, simboli e icone, a partire dal linguaggio, che altro non è che una codificazione di segni e suoni arbitrari ai quali è stato dato un significato condiviso almeno da chi parla lo stesso idioma, fino ad arrivare ai simboli e alle icone da cui siamo bombardati quotidianamente che non hanno un significato univoco, ma ai quali vengono connotativamente aggiunti significati altri legati soprattutto alla sfera del sentimento. Dato che la lingua è un sistema di segni che esprimono delle idee, è necessario tener conto di tutti gli altri sistemi di segni non verbali per arrivare a definire « una scienza che studia la vita dei segni nel quadro della vita sociale» (De Saussure). La cultura, in questa prospettiva, ci si presenta con una molteplicità di codici (di linguaggi), tra i quali la lingua naturale ha posizione dominante, perché è il codice piú potente e duttile. Si può dunque raffigurare il sistema della cultura come costruito concentricamente intorno al codice-lingua, circondato dalle formazioni meno strutturate e, alla periferia, da quelle la cui strutturalità è solo istituita dall'inclusione in situazioni segnico-comunicative generali, come I simboli appunto (Lotman-Uspenskij). Tra le classificazioni dei segni, ha particolare interesse quella di Peirce, che distingue tra icona, la quale presenta una o piú qualità dell'oggetto denotato; indice, che si trova in contiguità con l'oggetto denotato (per es. un sintomo); e il simbolo, che si riferisce all'oggetto in forza di una convenzione.
Il tricolore è un perfetto esempio di ciò che s' intende connotativamente come simbolo.
Se lo analizziamo, il segno “bandiera” denota un certo significato, per esempio, stoffa con colori specifici che identifica una nazione, o un gruppo, o ancora un segnale (di pericolo se pensiamo alla bandiera rossa quando c'è il mare mosso). Denotativamente dunque l'uomo ha attribuito ad un drappo attaccato ad un'asta più significati che hanno la funzione di comunicare qualcosa (identificazione, pericolo, segnale, festività).
Ma l'articolo citato ci dimostra che ai segni viene attribuito un significato anche connotativo, e per connotazione intendo quell'atto di attribuzione di significati totalmente slegati dall'oggetto stesso che oltre ad essere convenzionali sono connessi con la sfera del sentimento, dello psicologico, del personale. Per questo sostengo che il tricolore sia un perfetto esempio della connotazione di un simbolo. In tempi ormai remoti qualcuno ha iniziato ad utilizzare il tricolore non solo come contrassegno di una nazione, cosa che per noi anarchici senza confini dovrebbe essere già di per sè aberrante, ma anche come contenitore e motore al contempo di amor di patria, identità e monocultura forte. L'antropologia ci insegna che difficilmente una cultura nasce come monolite e rimane invariata nel corso della storia, ma che le culture si contaminano, si mescolano, si meticciano e soprattutto si trasformano nell'arco dello scorrere del tempo, così come la lingua.
Dunque l'attribuzione di valori per qualcuno non significa che essa sia valida universalmente, poiché, per arrivare al punto, per gli anarchici connotativamente quel simbolo equivale a patria forzata, orgoglio patriottico, coercizione, soprusi su altre popolazioni e identità coatta, valori che noi rifiutiamo e vorremmo distruggere. Come diceva Peirce, il segno, o representamen, è un "primo" che intrattiene con un "secondo", il suo oggetto, una relazione che diviene triadica per la mediazione di un interpretante, il quale costituisce piú o meno il suo senso. Ogni esperienza passa attraverso questi livelli della Primità, Secondità e Terzità, con una successione senza fine (semiosi illimitata): perché ogni interpretante è a sua volta un segno, un representamen, con il suo interpretante. Difficilmente quindi si raggiungerà una verità universale e una convenzione univoca. La definizione di Peirce divenuta famosissima e per me emblematica definiva il simbolo come« qualcosa che agli occhi di qualcuno sta per qualcosa d'altro sotto qualche rispetto o per qualche sua capacità». Il che significa che vige il relativismo nell'attribuzione e nell'interpretazione di un simbolo e di un gesto.
E dunque bruciare un simbolo, come gli iconoclasti ci insegnano, ha un forte valore comunicativo; tra gli indignati amanti della madre patria, violenta, perversa e coercitiva, ci sarà stato sicuramente qualcuno che timidamente avrà iniziato a chiedersi il perchè di quel gesto, del perchè un gruppo di persone, pur rischiando assurdamente una denuncia senza aver torto un capello a nessuno, si siano presi la briga di infiammare un drappo proprio durante la giornata dedicata alle forze dell'ordine, di quell'ordine impostoci grazie anche a un sofisticato sistema di segni e simboli che fanno comodo e mantengono il potere. La comunicazione è fatta di simboli, segni e gesti: se oggi non è più possibile far passare dei concetti attraverso la scrittura o il dialogo, è chiaro che il gesto simbolico diventa vettore privilegiato per smuovere le coscienze e gli animi sopiti e sottomessi in primis dal loro stesso mezzo di comunicazione, la lingua e I suoi segni e simboli. In definitiva, per me hanno molto più senso le ceneri di un tricolore che mille giustificazioni e paranoie per un gesto che rimane non violento ed è offensivo solo per chi sostiene idee diametralmente opposte a quelle che io reputo, interpreto e sostengo come anarchicamente valide...

Gaia Raimondi
(Milano)

 

Clericali all’attacco su Wikipedia

In occasione del messaggio del Papa sulla presenza dei sacerdoti e della Chiesa in internet, vorrei segnalare un tipo di “presenza” che per fortuna è stato sgominato dall’assetto democratico della più grande enciclopedia virtuale del mondo: Wikipedia.
Pochi mesi fa, una voce da me creata, “Associazione per lo Sbattezzo”, che aveva visto già diversi contributi aggiuntivi e migliorativi e che sta per essere terminata, ha visto il tentativo di farla cancellare col pretesto che non fosse “enciclopedica” da parte di un utente torinese il cui nickname è “AveMundi”, una persona che collabora con la redazione delle voci inerenti le diocesi della chiesa cattolica e che, per specificare meglio, nella sua pagina personale linka l’organizzazione cattolica di estrema destra “Alleanza monarchica”. Costui ha tentato, assieme a pochi altri, ostinatamente, di far cancellare la voce ed i suoi dati, tanto che è stata richiesta una votazione, com’è prassi su Wikipedia, per mantenere invece la voce al suo posto, vinta poi dai fautori della libertà di espressione enciclopedica per 29 a 20, il 2 settembre dello scorso anno.
Non è una novità che, pur esistendo voci molto meno di rilievo ed importanti, esponenti dell’integralismo cattolico, col pretesto di “migliorare una voce”, cerchino invece di tener fuori da Wikipedia le voci sgradite definendole “non enciclopediche” o cercando di minarne l’autorevolezza con critiche vaghe e speciose. In Wikipedia lo spirito collaborativo e quello di critica dovrebbero essere cercati invece in un’ottica di servizio: l’offerta di informazioni più precise e valide.
Perciò, lunga vita alla libertà di pensiero e lungi da noi l’Inquisizione dei “preti” del Terzo millennio!

Francesca Palazzi Arduini
http://it.wikipedia.org/wiki/Associazione_ per_lo_sbattezzo

 

 

 

 

I nostri fondi neri

Sottoscrizioni.
Dino Delcaro (San Francesco al Campo – To) 20,00; Aurora e Paolo (Milano) ricordando Alfonso Failla nel 24° anniversario della morte (26.01.1986) 500,00; Vincenzo Argenio (San Nazzaro de’ Burgondi – Av) 20,00; Giuseppe Galzerano (Casalvelino Scalo – Sa) 30,00; Tiziana e Walter (Bologna) 20,00; Gesino Torres (Bari Santo Spirito – Ba) 20,00; Roberto Colombo (Boffalora Ticino - Mi) 100,00; Silvio Sant (Milano) 20,00; Dodo Fuso (Monopoli – Ba) 20,00; Ettore Delorenzi (Lugano – Svizzera) 40,00; Angelo Roveda (Milano) 20,00; Angelo Zanni (Sovere – Bg) 10,00; Gianni Ricchini (Verbania) 20,00; Antita Pandolfi (Castel Bolognese – Ra) 20,00; Benedetto Valdesalici (Villa Minozzo – Re) 20,00; Gianlorenzo Tondelli (Castelnuovo ne’ Monti – Re) 50,00; Collettivo L’Erba (Casatenovo – Lc) 100,00; Rino Quartieri (Zorlesco – Lo) 20,00; Danilo Vallauri (Dornero – Cn) 20,00; Tiziano Viganò (Casatenovo – Lc) 20,00; Daniele Florindo (Mestre – Ve) 10,00; Egidio Colombo (Quartu Sant’Elena . Ca) 20,00; Filippo Trasatti (Cesate – Mi) 20,00; Giorgio Bigongiari (Lucca) 20,00; Saverio Nicassio (Bologna) 20,00; gruppo Ecologia Urbana (Roma) 20,00; Lorenzo Torre (Genova) 30,00; Giuseppe Gessa (Gorgonzola – Mi) 100,00; Alessandro Spinazzi (Marghera – Ve) 10,00; Giovanni Ludovisi (Roma) 500,00; una compagna (Milano) 1.500,00. Totale euro 3.330,00.

Abbonamenti sostenitori. (quando non altrimenti specificato, trattasi di euro 100,00). Luca Capata (Cerveteri – Rm); Gianluca Botteghi (Rimini); Alessandro Marutti (Cologno Monzese – Mi); Fausto Franzoni (Pianoro – Bo); Franco Lombardi Mantovani (Brescia); Luisa Castiglion Beichmann (Milano) 150,00; Eros Bonfiglioli (Bologna) 150,00; Paolo Zonzini (Borgo Maggiore – Repubblica di San Marino); Mauro Guolo (Torino); Giacomo Ajmone (Milano); Paolo Santorum (Arco – Tn) 200,00; Silvano Montanari (San Giovanni in Persiceto . Bo); Alberto Ramazzotti (Muggiò – Mb) 120,00; Giulio Abram (Trento); Gudo Bozak (Treviso) 200,00; Tommaso Bressan (Forlì) 120,00; Domenico Gavella (Ravenna); Ettore Valmassoi (Quero – Bl); Claudio Cogno (Carpenedolo – Bs); Massimo Ortalli (Imola – Bo); Stefano Quinto (Maserada sul Piave – Tv); Jean-Pierre Nuenlist (Riva San Vitale – Svizzera) 200,00; Fabrizia Golinelli (Carpi – Mo); Stefano Cempini (Ancona); Fantasio Piscopo (Milano) nel ricordo di mio padre Tullio, cuore libertario; Gianni Alioti (Genova). Totale euro 3.040,00.