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Una delle fonti di classica incazzatura per chi si riconosce nell’anarchismo (e anche per chi semplicemente ha rispetto per le idee e per le parole che le esprimono) è il vedere usata a sproposito la parola anarchia. Ma il disagio (chiamiamolo così) aumenta quando ad abusare della parola sono persone che dovrebbero conoscerne bene il significato etimologico e “storico”.
Il nostro lettore Nicola Pisu, di Serrenti (in Sardegna) – di cui abbiamo pubblicato una bella lettera sullo scorso numero – ci ha inviato copia di una sua lettera ai responsabili di Peacereporter (giornale on-line legato a Emergency, organizzazione di cui è un attivo militante): «Almeno voi – scrive Nicola – di Peacereporter (e noi di Emergency) non usiamo queste diciture, come ho letto nell’articolo Haiti, è l’ora della ricostruzione di Alessandro Grandi: “La politica nazionale era completamente paralizzata, incapace di reagire agli eventi e obbligata all’elemosina internazionale per non sprofondare direttamente nel baratro dell’anarchia”. Il baratro dell’anarchia?
L’anarchia è un’altra cosa, lo sappiamo bene. L’anarchia ha come fini l’uguaglianza e la giustizia sociale, la libertà e la solidarietà. Vogliamo chiamarla utopia? Forse lo è ma intanto puntiamo a quella. A definirla banalmente, erroneamente e offensivamente “un baratro”, si rischia di confonderla con le molotov e le vetrate rotte dei centri commerciali. Come fanno tutti gli organi di stampa in Italia.
Per favore stateci attenti, come io Nicola, volontario di Emergency e di fede anarchica, sto attento a non confondere Peacereporter con un comune strumento di informazione. Un abbraccio».
Naturalmente sottoscriviamo la lettera di Nicola agli amici e compagni di Emergency e di Peacereporter, alla quale – ci informa Nicola – Maso Notarianni (direttore di Peacereporter) ha risposto verbalmente dandogli ragione. E cogliamo l’occasione per ricordare la bella lettera di scuse che la compianta Teresa Sarti – allora presidente di Emergency – ci scrisse in occasione di un “incidente” simile. La pubblicammo su “A” 292 (estate 2002).
Rileggendola ci vengono spontanee due considerazioni. La prima sulla facilità con cui la parola “anarchia” viene usata come sinonimo di caos. La seconda è relativa all’onestà intellettuale di Teresa, grande persona anche in queste piccole cose.
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