rivista anarchica
anno 42 n. 373
estate 2012


antifascismo

Un altro genere di arditismo

di Marco Rossi


Gli Arditi del Popolo? Un'esperienza storica molto interessante, di cui ci siamo occupati anche recentemente.
Questa volta parliamo delle donne sulle barricate antifasciste.



I fascisti sanno di nulla rischiare…
e sono tanto più feroci quanto
più sono vili;
e tanto più vili quanto più si accorgono
che gli attaccati minacciano di risorgere.

(Virgilia D'Andrea)

È alquanto noto l'atto di nascita del movimento fascista, con la riunione in Piazza S. Sepolcro a Milano il 23 marzo 1919. Tra i circa centoventi partecipanti, di eterogenea provenienza politica, venne segnalata la presenza di appena nove donne, ma nonostante questo nel Programma dei Fasci di combattimento fu inserito l'obiettivo del suffragio universale “anche per le donne” (1).
In realtà, tale attenzione nei confronti di potenziali elettrici, si ridusse alla fondazione, pressoché simbolica, dei Fasci femminili e quando questi accennarono ad assumere caratteri autonomi furono sciolti d'autorità dal Comitato centrale dei Fasci. La stessa Ines Donati, poi celebrata come indomita avanguardista del primo fascismo, fu mal sopportata dai dirigenti maschi a causa della sua irrequietezza. Inoltre il fascismo avrebbe al contrario propagandato e imposto, al fine di penetrare nel mondo del lavoro e raccogliere consensi operai, il licenziamento della manodopera femminile nelle fabbriche e negli uffici per risolvere il problema della disoccupazione a favore degli ex-combattenti e dei proletari di sesso maschile.
Una volta al potere venne pure rinnegata la promessa del suffragio; infatti, il 14 novembre 1922, Mussolini dichiarò al «Journal» di Parigi: “Non darò il voto alle donne. È inutile. In Germania e in Inghilterra le elettrici votano per gli uomini”. Nel 1923, di conseguenza, venne riconosciuto tale diritto in modo così limitato da apparire farsesco: le donne facenti parte delle categorie “prescelte” furono poco più di un milione, su oltre 12 milioni, e potevano recarsi alle urne solo nelle consultazioni amministrative (2).
In seguito, Mussolini avrebbe connotato il regime in senso pesantemente familista e sessista tanto che, nel 1933, «Critica Fascista» avrebbe sentenziato “Resta provato essere il femminismo esagerato nient'altro che del chiaro e preciso antifascismo”.
Ma tornando agli esordi va sottolineato che il vero volto del fascismo “diciannovista” si palesò subito nella sua essenza controrivoluzionaria, antiproletaria ed anche maschilista: basti ricordare che la prima vittima della violenza “tricolorata” fu un'operaia sovversiva, di nome Teresa Galli, in quello che lo stesso Mussolini ebbe a definire come “il primo episodio della guerra civile”.

Le Ardite Rosse di Trieste

A Milano, il 13 aprile 1919, durante una manifestazione socialista, a seguito dell'intervento della polizia si erano verificati gravi disordini in via Corsieri culminati con l'uccisione di un dimostrante e il ferimento di molti altri. Due giorni dopo, i socialisti e la Camera del Lavoro proclamarono uno sciopero generale tenendo un nuovo, imponente, comizio all'Arena per protestare contro la repressione poliziesca. Alle ore 16 circa, come ebbe a ricostruire Gaetano Salvemini: “Dopo che il comizio socialista si era sciolto, una parte della folla che ostentava bandiere rosse e nere e ritratti di Lenin e dell'anarchico Malatesta, si mise in marcia verso il centro della città. È chiaro che gli spartachisti e gli anarchici si erano messi d'accordo per organizzare una dimostrazione senza il concorso dei socialisti di destra e dei massimalisti”. Prima che il corteo, non-autorizzato e “incordonato” per quattro, raggiungesse Piazza Duomo venne attaccato tra via Mercanti e via Dante.
Gli aggressori erano circa 3-400 tra arditi-futuristi (una quarantina), ufficiali studenti del Politecnico oltre ad aderenti alle varie associazioni tricolori; dopo essersi riuniti presso la redazione de «Il Popolo d'Italia» in via Paolo da Cannobio armandosi di mazze ferrate, pugnali, pistole e bombe a mano, sotto la guida di Vecchi e Marinetti affluirono verso il centro cercando lo scontro, non impedito dai carabinieri e dai militari in servizio d'ordine pubblico. In questo frangente, oltre a vari feriti, rimase uccisa la diciannovenne Teresa Galli. Alle 17,30 circa dal teatro degli incidenti il gruppo in cui dominava il grigioverde anche se ingrossato da borghesi esaltati, con a capo Vecchi e altri ex-ufficiali si diresse alla sede del quotidiano socialista in via San Damiano assaltandola. Dalle finestre della redazione si rispose con rivoltellate; ma la difesa durò poco e, penetrati nella sede del giornale, gli attaccanti distrussero e incendiarono tutto. Alla fine della drammatica giornata il bilancio fu di quattro morti (la giovane operaia, un soldato di guardia e due socialisti, Pietro Bagni e Giuseppe Lucioni) e di trentanove feriti.
Da allora sino alla Marcia su Roma, nel corso delle sue spedizioni punitive, il fascismo uccise non meno di quaranta donne che, in vario modo, si erano opposte agli squadristi oppure rimaste vittime occasionali delle loro pratiche terroristiche.
Si tratta senz'altro di un capitolo ancora tutto da scrivere, ma di cui si possono individuare alcune tracce interessanti, anche se i rapporti di polizia e le stesse memorie antifasciste, comunque redatte da uomini, hanno finito per oscurare o minimizzare questa resistenza sommersa (3).
Semisconosciuto, ad esempio, il raggruppamento delle Ardite rosse, segnalato dagli organi di polizia a Trieste come struttura “al femminile” collaterale a quella dei più noti Arditi rossi e consistente in una ventina di aderenti socialcomuniste (4).
Questa esperienza, per quanto limitata, assume comunque il valore dell'eccezione in un panorama declinato al maschile in modo quasi totale, se si eccettua la presenza di alcune donne, rilevata in un registro sequestrato dalla polizia a Torino, nell'elenco nominativo degli aderenti alla locale sezione degli Arditi del Popolo.
Circostanza questa del tutto insolita se si considera che l'organizzazione ardito-popolare non prevedeva l'inquadramento per le donne, per questo appare non meno significativo il fatto che il 15 ottobre 1922 a Roma, l'anarchica Elena Melli sostituì Errico Malatesta, indisposto per motivi di salute, in occasione di un'assemblea degli Arditi del Popolo del quartiere S. Lorenzo.
I fascisti, da parte loro, pur avendo nella struttura del partito una componente femminile, mostrarono stupore ogni volta che si trovarono di fronte delle nemiche invece che dei nemici. Uno squadrista napoletano, nel suo diario, annotò turbato: “accorsero dalla strada le donne armate di sassi, e gridando come ossesse si scagliarono contro di noi. Stranissime donne. Sembravano arpie” (5).
Non più madri accoglienti, ma donne disumanizzate e senza pietà, come quella sovversiva che, secondo il martirologio fascista, nel maggio 1921 a Soave Mantovano avrebbe finito uno squadrista “spaccandogli il cranio con un randello” o come la popolana che, nel luglio 1921 a Sarzana, avrebbe infierito con un forcone su un fascista ferito.

Anche le donne socialiste

Per la loro opposizione al fascismo molte donne subirono la punizione dell'olio di ricino, come riportato da E. Lussu, od altre umiliazioni quali il viso sporcato col nerofumo; ma in numerosi casi costò loro la morte ed anche peggio (6).
Tra il 1919 e il 1922 si verificarono situazioni che videro le antifasciste non soltanto vittime ma anche protagoniste degli scontri, in quanto militanti delle organizzazioni di sinistra o del movimento fiumano, ma soprattutto quali appartenenti alle classi popolari come Alba Bartolini, una giovane donna arrestata e processata per aver preso parte alla Rivolta di Ancona nel 1920 o quella “anonima ragazza di diciassette anni” che, nell'agosto 1922 a Parma, “tenendo levata in alto una scure e agitandola” da una finestra aveva gridato ai compagni delle barricate “Se vengono, io sono pronta!” (7).
Le donne socialiste, ad esempio, si dimostrarono più lucide e decise dei loro dirigenti, al punto da contestarne la linea rinunciataria; in un articolo redazionale comparso sul giornale «La Difesa delle Lavoratrici» del 30 luglio 1921 veniva sostenuto che “la ‘resistenza passiva' da parte del proletariato non ha fatto altro che imbaldanzire i nemici e creare, colla complicità del Governo, innumerevoli vittime”.
A Bologna, tra il 1921 e il '22, si verificano almeno due episodi in cui gli squadristi ebbero la peggio; un gruppo di donne bastonò un fascista e in un altro “numerose donne” misero in fuga due squadristi che stavano diffondendo «L'Assalto».
Nell'aprile del 1921, la contadina Luisa Bracciali fu uccisa a revolverate in quanto accusata di aver ferito un fascista con un forcone durante l'agguato di Foiano della Chiana (Ar); nel giugno seguente, a S. Vincenzo (Li), l'anarchica Anita Ristori difese coraggiosamente la bandiera della Lega femminile, aderente all'USI, durante una spedizione punitiva fascista.
Altre tracce significative sulla presenza attiva delle donne nei conflitti del periodo vengono fornite dagli stessi resoconti fascisti che, quasi con orrore, riferiscono di “streghe” sovversive e popolane sulle barricate nei conflitti a Sarzana, Parma, Novara, Roma, Civitavecchia, Bari, Napoli, Livorno, Firenze, Empoli. In quest'ultima città, nel 1924, tre donne, tra le quali una quattordicenne, additate come le “Tre Furie” avrebbero subito un crudele processo inquisitorio per la loro presunta partecipazione ai disordini del 1921. A Livorno appare invece eloquente quanto riportato sul giornale del Fascio cittadino dopo la morte dello squadrista Moriani, avvenuta nel corso di una spedizione punitiva nel quartiere proletario di Borgo Cappuccini nel 1921:

“Ed anche qui, come a Empoli come a Foiano, le donne sono state l'anima del delitto sono state le prime a dare il segnale dell'attentato, sono state viste armate di rivoltelle tirare anche esse nel vano di una finestra o di una porta. Madri? No! Impossibile. Megere abbrutite nell'alcool nel fumo nel vizio e nella prostituzione”. (8)

Di analogo tenore le “deduzioni” redatte nel marzo 1922 dai dirigenti del fascismo livornese, durante l'inchiesta governativa: “Il sesso femminile del basso ceto è quanto di peggiore si possa immaginare, per l'odio sempre nutrito contro le classi sociali più elevate, e quindi contro tutto ciò che abbia sapore o parvenza di borghesia, vedi quindi fascisti” (9).

Marco Rossi

Note

  1. I loro nomi erano Regina Terruzzi, Giselda Brebbia, Luisa Rosalia Dentici, Maria Bianchi, Fernanda Guelfi Pejrani, Paolina Piolti De' Bianchi, Cornelia Mastrangelo Stefanini, Ines Norsa Tedeschi, Gina Tozzi, ed alcune di esse erano note “suffragiste” (Federica FALCHI, L'itinerario politico di Regina Terruzzi. Dal mazzinianesimo al fascismo, Milano, Franco Angeli ed., 2008, p. 165).
  2. Cfr. Aa.Vv., Piccole italiane. Un raggiro durato vent'anni, Milano, Anabasi, 1994.
  3. Su “Le assenti” si vedano le considerazioni di Andrea DILEMMI, Il naso rotto di Paolo Veronese. Anarchismo e conflittualità sociale a Verona (1887-1928), Pisa, Bfs, p. 247.
  4. Si veda il fascicolo di Aurelia Benco nel Casellario Politico Centrale, ACS., ad nomen: nata nel 1905, “Quantunque appartenente a stimata e conosciuta famiglia di Trieste, la Aurelia, nota col soprannome di Frombolo per la sua indole irrequieta ed attivissima, si è dimostrata fin dai primi anni insofferente di ogni freno di correzione domestica ed animata da spinti sentimenti sovversivi […] intelligente, di buona cultura, amatissima delle letture avventurose e studiosa di letteratura politica»”; fin dal 1918 è attiva propagandista tenendo conferenze a giovani militanti socialisti presso la Camera del Lavoro di Trieste. Collabora ai giornali comunisti «Il Lavoratore», «Avanguardia» e «Compagna». Organizza le squadre delle Ardite rosse, oltre a dedicarsi con grande impegno al riordinamento della sezione triestina della Federazione giovanile comunista, ricoprendo anche incarichi dirigenti nel partito. Verso le autorità era ritenuta tenere «contegno provocatore» (Ringrazio Martina Guerrini per la segnalazione).
  5. Piero GIRACE, Diario di uno squadrista, Napoli, Rispoli, 1939, pp. 63-64 (Citato in Mimmo FRANZINELLI, Squadristi, Milano, Mondadori, 2004, p. 49).
  6. Tra le tante violenze commesse, si sa dello stupro punitivo di una donna a Rivisindoli nel gennaio 1923 da parte di una ventina di fascisti e le sevizie compiute su un'altra a Lendinara (Carlo MATTEOTTI, Il volto economico della dittatura fascista, Milano-Roma, Società Editrice Avanti!, (1945?), p. 67.
  7. Guido PICELLI, La rivolta di Parma, «Lo Stato Operaio», Parigi, ottobre 1934, p. 757.
  8. Articolo, firmato L.M., I violenti siamo noi?, in «A Noi!», 20 maggio 1921.
  9. Da relazione “di parte”, depositata presso l'Archivio di Stato di Livorno, riportata in Nicola BADALONI, Franca PIERONI BORTOLOTTI, Movimento operaio e lotta politica a Livorno (1900-1926), Roma, Editori


Donne uccise per mano fascista 1919-’22

1919

15 aprile, Milano. Teresa Galli, operaia, sovversiva.
15 giugno, Bologna. Geltrude Grassi, bracciante socialista, uccisa da squadristi nazionalisti.
13 luglio, Trieste. Nell'incendio dell'Hotel Balkan muore la giovane figlia di Hugen Roblek.


1920

9 settembre, Trieste. Angela Cremese, uccisa durante funerale del socialista Foragioni.
4 novembre, Comiso (Rg). Uccise, in sparatoria provocata da nazionalisti, fascisti e guardie regie, l'anziana signora Corallo e la bambina Nunziata Scipione.
21 novembre, Bologna. Nell'attacco fascista a Palazzo d'Accursio, resta uccisa la socialista Carolina Zecchi.


1921

23 febbraio, Minervino Murge (Ba). Uccisa una donna in sparatoria contro la folla.
8 marzo, Pieve di Cento (Fe). Angelina Toni, lavoratrice, uccisa a rivoltellate.
18 marzo, Venezia. Luisa Cicogna, passante, uccisa in sparatoria.
20 marzo, Greco Milanese (Mi). Durante spedizione punitiva resta uccisa una popolana.
22 marzo, Ceretto (Pv). Maria Monchetti, uccisa in sparatoria durante spedizione punitiva.
6 aprile, Minerbio (Bo). Giuseppina Pilati, uccisa da colpo di pistola durante spedizione punitiva.
18 aprile, Foiano della Chiana (Ar). Luisa Bracciali, contadina, uccisa per rappresaglia.
20 aprile, Acqui (Al). Angela Casagrande, casalinga, colpita da arma da fuoco nel corso di aggressione a comizio comunista.
15 maggio, Berceto (Pr). Palmira Magri, trentenne antifascista.
15 maggio, Cerignola (Fg). Maria Russo, uccisa assieme ai due figli militanti di sinistra.
21 maggio, Parma. Angela Martegani, lavoratrice.
22 maggio, Sant'Agata Bolognese (Bo). Uccisa la madre del consigliere socialista Adriano Guiduzzi durante spedizione punitiva.
26 maggio, S. Agata Bolognese (Bo). Agata Pizzi, madre di Adriano Guiduzzi, uccisa durante spedizione punitiva.
2 giugno, Carrara. Uccisa la madre del socialista Renato Lazzeri, assassinato anch'esso.
10 luglio, Berra (Fe). Uccisa una donna, contadina e moglie di un socialista, assassinato anch'esso.


1922

2 gennaio, Milano. Primizia Tronetto.
27 febbraio, S. Benedetto Val di Sambro (Bo). Adele Naldi, madre del socialista Amedeo Barbari, uccisa durante incursione punitiva.
8 luglio, Gazzo Padovano (Pd). Uccisa la madre di Francesco Basso, fittavolo socialista, anch'esso assassinato.
17 luglio, Milano. Ida Bolchi, bambina.
24 luglio, Rimini. Olga Rossi, anarchica, uccisa assieme al compagno durante spedizione punitiva.
6 agosto, Pontelongo (Ve). Assunta Perni, uccisa nel corso della reazione allo sciopero legalitario.
20 agosto, San Giovanni in Croce (Cr). Giuseppina Bissolati, uccisa durante spedizione punitiva in una osteria.
24 ottobre, Napoli. L'anziana Carolina Santini è uccisa da spari durante sfilata fascista.
28 ottobre, Roma. Nei giorni della Marcia su Roma, durante gli scontri, vengono uccise due donne.
28 ottobre, Imola. La socialista Fedora Farolfi è picchiata e ferita mortalmente per rifiuto del saluto fascista.
30 ottobre, Brescia. Rosa Ardese, uccisa nel corso di violenze squadriste in città.



Leggere gli arditi

a cura di Paolo Rasconà

Dal lontano 1997, quando vide la luce la prima pubblicazione di Marco Rossi sugli Arditi del popolo, in una dozzina d'anni, un numero crescente di studiosi si è interessato alla breve epopea dell'arditismo popolare, contribuendo ad aggiungere nuovi tasselli, o evidenziando limiti, di quella che, già nel 1921, fu la prima lotta allo squadrismo mussoliniano.
Ponendosi nel filone che vede l'arditismo popolare in continuità con l'arditismo da trincea, gli storici che si sono interessati all'argomento sottolineano il carattere principalmente proletario dell'organizzazione, espressione di una classe sociale che, in tutta Italia, veniva duramente attaccata per le sue conquiste economiche e politiche ottenute in più di trenta anni di lotte. Oltre alle numerose ricerche che ricostruiscono a livello locale e territoriale (Parma, Roma, Sarzana, Civitavecchia, Viterbo...) le vicende dell'arditismo popolare, queste sono le principali pubblicazioni riguardanti, a livello nazionale, la nascita e lo sviluppo degli Arditi del Popolo.

ARDITI, NON GENDARMI! Dalle trincee alle barricate: arditismo di guerra e arditi del popolo (1917-1922) di Marco Rossi (BFS edizioni, Pisa, 2011). È il primo testo sull'arditismo popolare e ne ricostruisce le origini, iniziando dalla creazione dei reparti d'assalto (sul finire del primo conflitto mondiale), fino alle barricate popolari del 1922. Oltre gli eventi che videro protagonisti gli Arditi del popolo, importanti sono i capitoli dedicati all'Impresa di Fiume, la festa rivoluzionaria, che segnò un solco tra arditi filo d'annunziani e fascisti.

ARDITI DEL POPOLO. Argo Secondari e la prima organizzazione antifascista (1917-1922) di Eros Francescangeli (Odradrek edizioni, Roma, 2000). La ricostruzione storiografica degli Arditi del Popolo è accompagnata da brevi biografie dei protagonisti e, a volte, dalle ambiguità che li contraddistinsero. Vengono ricostruiti i rapporti fra gli Arditi del popolo e le forze politiche di allora, la loro dislocazione territoriale, la simbologia e gli inni dell'organizzazione, mutuati dall'appena concluso conflitto mondiale.

GLI ARDITI DEL POPOLO. Dalla guerra alla difesa del popolo contro le violenze fasciste di Luigi Balsamini (Galzerano editore, Salerno, 2002). Riprendendo le principali pubblicazioni sull'arditismo, approfondisce i rapporti fra Arditi del popolo e le forze politiche di allora, evidenziando, pur nella sua frammentarietà, il contributo del movimento anarchico all'organizzazione popolare.

GLI ARDITI DEL POPOLO. La prima lotta armata contro il fascismo (1921-1922) di Andrea Staid (La Fiaccola edizioni, Ragusa, 2010). Concentrandosi sugli eventi cruciali dell'arditismo popolare fra il 1921 e 1922 si ricompongono i due anni tramite le pubblicazioni dei giornali anarchici e comunisti del periodo. Si aggiunge un'importante riflessione sull'argomento: la difficoltà nel ricostruire la partecipazione femminile alla prima lotta al fascismo.



Riccardo Siliprandi ‘Ariè'

Una memoria viva e futura

Il 5 maggio scorso, in occasione del 91° anniversario della morte di Riccardo Siliprandi, una delle prime vittime del fascismo in provincia di Reggio Emilia e in Italia, la Federazione Anarchica Reggiana e la sezione Usi – Unione Sindacale Italiana – Ait di Reggio Emilia, hanno inaugurato una targa in sua memoria nel nativo comune di Luzzara.
La targa, in marmo bianco di Carrara, riporta un piccolo capolavoro letterario scritto in dialetto luzzarese, che Cesare Zavattini dedicò al compaesano.
A ricordare la figura di questo giovane ardito del popolo, anarchico, anarco-sindacalista, sono intervenuti numerosi compagni della Fai e dell'Usi, oltre alle Anpi del territorio, associazione che ha contribuito all'evento. Un corteo di oltre cento persone ha così sfilato per il paese reggiano e ricordato una pagina poco nota del primo antifascismo.


Il fenomeno degli Arditi del popolo infatti è stato spesso relegato a poche righe sui libri di storia e all'oblio divulgativo, per l'incapacità dimostratra dai partiti del tempo, poi incensati dalla Repubblica del 1946, di riconoscere la vera natura del montante fascismo e l'errore commesso nel condannare la prima resistenza armata allo squadrismo.
Una storia, quella di Ariè, emblematica che mosse i suoi passi, fra l ‘altro, partendo dalle tradizioni di lotta della vicina e combattiva Camera del lavoro di Suzzara (Mn), associata all'Usi. Con questa manifestazione si è realizzata dunque una forte iniziativa, con la quale si è ribadito quanto difendere i valori di tutte le resistenze al fascismo significhi affermare una memoria collettiva fondata sulla libertà e la giustizia sociale, contro ogni forma di autoritarismo, come ha sottolineato il vivace e documentato intervento di Federico Ferretti della Fai-Usi Reggiana.
Gli anarchici e gli anarco-sindacalisti pagarono un prezzo altissimo nella battaglia al fascismo in Italia, in Spagna e in esilio. Per tutto questo la Fai Reggiana e l'Usi-Ait continuano a valorizzare le esperienze straordinarie legate ad una storia ancora attuale.

Federazione Anarchica Reggiana/Unione sindacale italiana-Ait
sezione di Reggio Emilia

La Fai Reggiana e l'Unione sindacale italiana- Ait ringraziano l'Anpi di Luzzara, il presidente dell'Anpi provinciale Giacomo Notari e i numerosi intervenuti per la riuscita e partecipata manifestazione antifascista di sabato 5 maggio 2012 in ricordo di Riccardo Siliprandi.

Cosa facevo il giorno che è morto Ariè?
Avevo vent'anni./Era un cariolante,/un anarchico,
buono come il pane./

Da quando quelli là comandavano/stava nascosto nel
bosco./ Loro lo puntavano./

Una mattina aveva rischiato/venendo in paese per/
salutare sua madre./

L'hanno visto, in quattro gli hanno sparato,/lasciato
contro il muro/ a seccarsi/come un pipistrello fiondato.”

Grazie a Gemma Bigi per la collaborazione