rivista anarchica
anno 42 n. 374
ottobre 2012


anarchiche
Compagne di schiavitù, avanti!
di Tomaso Marabini


La vita e l'impegno militante dell'anarchica toscana Teresa Fabbrini (1855-1905), al tempo di Bakunin e Cafiero.
Per le sue idee e la sua vita, le autorità la bollarono come "donna di facili costumi".


Ricordando l'amico e compagno Luigi Di Lembo,
maestro di conoscenza e dolcezza

Firenze: nel febbraio 1878 si costituisce il Circolo di Propaganda Socialista tra operaie, filiazione diretta della precedente Sezione Femminile dell'Internazionale, sciolta nel 1877 dalla repressione governativa. Per ottenere la nostra doppia emancipazione economica e morale, ci siamo costituite in sezione, comunica la segretaria di corrispondenza Serafina Frittelli. Sono una cinquantina di compagne.
Pochi mesi dopo la ricostituzione del Circolo, nell'agosto 1878, un giornale borghese, col solito bagaglio espressivo tra cronaca, cialtronaggine e volgarità, scrive: l'Internazionale ha trovato in Firenze aderenti anche nel bel sesso, venerdì sera molte donne si riunirono contemporaneamente agli internazionalisti in locale separato. In quell'estate le internazionaliste fiorentine organizzano le agitazioni delle sigaraie nella vicina manifattura.
Di questa sezione, o forse della precedente, è socia Teresa Fabbrini, nata il 1° Agosto 1855 a Firenze da Agata Ciancolini e Luigi. Secondo un'informativa poliziesca successiva, Teresa Fabbrini si sarebbe trasferita a Camogli fin dal 1877, seguendo il marito Olimpio Ballerini, frenatore ferroviario.
Negli anni seguenti Teresa si sposta a Pisa, dove – scorrendo gli scritti del prefetto – “svolge grande attività nella propaganda anarchica”, e le è “esercitata quindi una speciale vigilanza”. Sappiamo che tra la fine del 1892 e i primi mesi del 1893 è attiva a alleviare la reclusione del “famigerato” Paolo Schicchi nelle carceri pisane, procurandogli anche libri di lettura. Naturalmente prefetti e questori non mancano di riferirci che è “ritenuta donna di facili costumi”. Anche a Pisa nel 1893 c'è un gruppo di donne libertarie: considerando che il socialismo anarchico rivoluzionario è l'unica istituzione che si accosti alle leggi naturali a cui la donna non sarà né l'oppressa né la sfruttata né l'istrumento di un uomo [...] si è costituito nella frazione di S. Marco nelle Cappelle un Circolo Femminile. Proprio in questa primavera del 1893 Fabbrini tiene alcune conferenze nei sobborghi pisani (“Anarchia e socialismo e abolizione di qualsiasi principio di autorità” e “Le cause della fame”) e pubblica un articolo rivolto alle donne (Grido d'una madre) sul numero unico pisano Il Paria.

Teresa Fabbrini


e i raggi rilucenti del sol dell'avvenire...”

Nello stesso anno si trasferisce a Siena, offre la sua collaborazione al periodico anarchico Sempre Avanti! di Livorno – che però per quanto ne sappiamo sceglie di non pubblicare i suoi articoli – e continua a tenere conferenze: per una di queste, a Colle Val D'Elsa, tenuta ad un pubblico prevalentemente femminile, è denunciata e condannata a 28 giorni di reclusione; incorre poi in ulteriori denunce inerenti alle sue conferenze a Siena. A novembre, dopo che Olimpio è licenziato dall'impiego, sembra tornare a Firenze, sicuramente fa un viaggio a Mantova dove incontra l'avv. anarchico Luigi Molinari. Dello stesso periodo sono la pubblicazione di una sua poesia sulle colonne dell'Uguaglianza sociale di Messina [... E i raggi rilucenti/ Del sol dell'avvenire/ Dar luce a quelle menti/ Che, atrofizzò il soffrire...] e una breve permanenza a Bologna dove il prefetto, incaricato dal ministero di sorvegliarla attentamente attribuisce i vari trasferimenti lavorativi a cui è stato soggetto Olimpio all'attività libertaria della coppia. Dal questore bolognese apprendiamo che la coppia ha un figlio di quattro anni. Teresa sconta i 28 giorni di pena nel carcere femminile fiorentino di S. Verdiana ed è rilasciata l'8 marzo 1894.
Il 17 aprile a Firenze sono fermati dalla polizia due compagni di La Spezia (Crippa e Foce) che hanno con sé un discreto quantitativo di opuscoli anarchici che dovevano servire a realizzare una biblioteca sociale a La Spezia. I due anarchici spezzini vengono rinchiusi alle Murate. Tra gli opuscoli sequestrati ci sono 150 copie del Dell'anarchia di Francesco Saverio Merlino, che è proprio in quei giorni rinchiuso in carcere alla Murate di Firenze. Al periodo di quella reclusione è attribuibile la “svolta elezionista” di Merlino. Tra gli opuscoli sequestrati, ne sono trovati alcuni timbrati con la dicitura Teresina Ballerini comunista – anarchica. Gli agenti vanno quindi a casa di Teresa che non li fa accedere anche perché mancanti del mandato di perquisizione.
La cosa si risolve come solito: piantonata l'abitazione e richiesti rinforzi dalla questura gli sbirri penetrano a forza nella casa e accertano i contatti della Fabbrini con vari anarchici [Genunzio Bentini, Giuseppe Manetti, Giulio Grandi, Ersilia Cavedagni (Bologna), Emanuele Canepa (?), Enrico Girola (Milano), Paolo Schicchi (carcerato), Pietro Gori (Milano – Lugano), Francesco Pezzi e Luisa Minguzzi (Firenze)] e procedono agli arresti di Arturo Chellini, Vittorio Caiani e Teresa lasciando in casa il solo Olimpio con il bambino. Rilasciati gli altri due, Teresa è tradotta nuovamente al reclusorio femminile di S. Verdiana. Processata per oltraggio e associazione, dopo 80 giorni di carcerazione preventiva è condannata a 2 mesi di carcere.
Quell'estate casa Fabbrini in via Boccaccio è spesso frequentata anche dall'anarchico Temistocle Monticelli, a settembre anche lui è arrestato e rinchiuso alle Murate.
In questo periodo, sempre a Firenze, conosce Luigi Fabbri, che scriverà di lei: la cortesia sua e l'affabilità dei modi mi resero simpatica d'un subito la compagna. Neanche a un mese dall'arresto di Monticelli: è il 7 ottobre 1894, Teresa va alle Murate per portare da mangiare al figlio di 4/5 anni lì “ospitato”: è arrestata e proposta per il domicilio coatto; le sono affibbiati 18 mesi. Dopo 6 mesi di carcerazione, tra S. Verdiana e i Domenicani di Livorno, è assegnata al coatto ad Orbetello, allora luogo di malaria. Rilasciata in libertà condizionale dopo 4 mesi, causa il figlio restato da solo essendo Olimpio in carcere per diffusione di opuscoli contro il domicilio coatto, è sottoposta al regime di sorveglianza speciale, che tra l'altro comprende le visite notturne della “poliziottaglia”. Il 18 novembre 1895 è arrestata in Piazza San Lorenzo perchè in compagnia di un anarchico. Un altro mese di carcere è la sentenza, l'assoluzione in appello arriva dopo altre 32 giornate passate dentro S. Verdiana.
Il regime di sorveglianza speciale finisce il 5 aprile 1896, in breve ricomincia la sua opera: pubblica un articoletto su L'Avvenire Sociale di Messina (Getto di fiori alle cascine) poi un articolo (Non votate!) più consistente sul n. u. Primo marzo di Macerata: venga pure un Merlino a gettar la confusione tra noi [...] non lo seguiremo.

generosa e ribelle, calpestò ogni pregiudizio”

Il 5 agosto del 1897 è arrestata in stazione a Pisa, assieme al ferroviere Lucio Gordini di Ravenna, in seguito alla denuncia di un prete. L'arresto si protrae per alcuni giorni. Raccoglie sottoscrizioni per la stampa – solidarietà e auguri per chi ha combattuto e combatte per dire il vero – e sul finire del 1897 va ad Ancona, probabilmente per incontrare i redattori dell'Agitazione. Un altro suo articolo [Odio di classe] esce sul periodico di Parma Il Nuovo Verbo: nella borghesia non vi è cuore, né ordine pubblico, né scienza; ma vi è solo un odio feroce.
Il 22 giugno 1898 nuovo arresto di cinque giorni. Il 3 agosto irruzione notturna di guardie e carabinieri nella sua abitazione: è nuovamente arrestata e rilasciata il 21 del mese stesso. Per sfuggire alle persecuzioni Olimpio e Teresa, grazie anche ad una diffusa rete sodale, espatriano a Nizza. Ma l'8 agosto 1900, appena scesa dal treno di ritorno dal viaggio a Parigi per visitare l'esposizione universale (nel 1896/97 era stata anche a visitare Roma a testimonianza di una vita culturale di ampio respiro) nella cornice repressiva scattata dopo il riuscito attentato (nda Arriuscito) di Gaetano Bresci, è arrestata e con lei sono arrestati anche Olimpio e certo Poggiali. Teresa è così espulsa dalla Francia e tra carceri e traduzioni arriva a Ginevra il 21 settembre. Olimpio in qualche modo rientra in Italia, Teresa riesce a cavarsela da sola a Ginevra, e si accompagna sentimentalmente al tipografo Jean Octave Pellegrino.
La vita sentimentale di Teresa va così ad incrociarsi con il libero amore, tanto che Olimpio tiene a scriverle attraverso la pubblicistica anarchica: tengo a dichiarare di non avere alcuna riprovazione a fare al contegno tuo; riconoscendo in esso la naturale manifestazione dei reciproci affetti nati in due esseri umani, i quali trovano la felicità nella fusione dei loro sentimenti [...] non sono mai spenti in me, l'amore e la stima verso te; ed appunto in omaggio a loro, voglio saperti felice.
Almeno dal 1897 Teresa ci è descritta come ammalata di nervi, malattia attribuita alle persecuzioni. Deperisce. Da Ginevra riprende a collaborare con la stampa libertaria: il 18 Marzo 1902 si indispettisce per i balli eseguiti per l'anniversario della Comune di Parigi, vorrebbe la ricorrenza vissuta senza divertimenti. Il 12 giugno assiste alla conferenza sulla storia del pensiero rivoluzionario tenuta da Emile Janvion e Louise Michel; sono presenti centinaia di persone. Il 14 giugno assiste ad un'altra conferenza - sulla Comune - della Michel. Dopo lo sciopero generale ginevrino dell'ottobre 1902, è espulsa dal cantone, ripara in quello appresso, prima a Clarens poi a Losanna, convivendo sempre con Octave. A corta distanza di tempo, muore: sono le 3 di notte del 22 luglio 1903. Circa cinque anni prima, circa a quell'ora, gli sbirri le avevano sfondato la porta di casa.
La stampa anarchica la ricorda di umore ilare e lieto [...] soprattutto spregiudicata, non visse immune dalle critiche dei maldicenti [...] generosa e ribelle che calpestò ogni pregiudizio.
Alcuni suoi scritti sparsi sono raccolti in opuscolo da Olimpio e pubblicati sotto il titolo “Dalla schiavitù alla libertà”, forse il titolo prende spunto dagli articoli di un'anarchica anconetana che si firmava appunto la schiava, articoli che denunciano la distanza spesso presente tra teorie e fatti nel movimento libertario, ma non solo – anzi – rispetto alla partecipazione e peso delle compagne: “la donna ha la semplice funzione di rattoppatrice di biancheria, rifar il letto e la zuppa, di guardare i bambini se è maritata, o di cantarellare o di attendere l'innamorato dalla finestra se è giovanetta. Non istanno troppo bene le donne in mezzo agli uomini quando questi devono discutere di politica [...] avete diritto al par di loro di assistere alle riunioni, assistere alle conferenze, leggere libri, giornali, ... se si rifiuteranno denunziateli agli altri compagni, fate che ridano di loro, della loro piccineria, della pochezza del loro carattere [...] Compagne di schiavitù, avanti! ”
Teresa Fabbrini, che “sentì di essere e divenne anarchica convinta e cosciente alla scuola feconda di quei nostri primi compagni nella Firenze dove più rigogliosa e attiva fiorì la vecchia Internazionale”, potrebbe anche essere assunta strumentalmente come vita paradigmatica di una donna che ha portato su un piano popolare, proletario, istanze confinate precedentemente dentro l'elitarietà dei salotti borghesi. Qui abbiamo invece cercato, ma veramente, di narrare questo vissuto individuale senza astrarlo dalla cornice di pratica e pensiero collettiva - socialismo libertario in questo caso - che costituisce il quadro, o meglio ritratto, soggetto ancora ad altre iridiche pennellate.
La nostra vita non sia più alla mercè del caso o dei capricci degli uomini; ma possiamo vivere invece libere ed eguali [...] l'Associazione Internazionale si adopera a quest'oggetto, ci siamo dichiarate dell'Internazionale recita il Manifesto delle internazionaliste fiorentine dell'ottobre 1876. Forse non è tutto lì, ma certo tuttora è tanto.

Tra il pensare e l'essere

Dopo la lettura di questo articolo un compagno mi ha scritto queste parole: “una delle maledizioni dell'anarchismo sono le condanne di chi la sa più lunga perché ha letto i libri giusti. Liberatici finalmente del vecchio mantra marxista dell'anarchismo come ideologia di contadini arretrati e piccolo-borghesi declassati, il nuovo mantra post-modernista è che l'anarchismo “classico” è infetto dal dominio patriarcale, questo breve articolo offre in poco più di milleottocento parole qualche utile spunto empirico di riflessione”.
E chissà quanti altri spunti, aggiungiamo noi, offre l'ambiente fiorentino libertario e femminile per una lettura onesta delle storie, letture non speculari a sistemismi autoritari in funzione dei quali le donne hanno pagato – dovuto pagare – i costi più aberranti. E quante altre consapevolezze dobbiamo assumere tra il pensare, tentare o dovere, e l'essere.
Gigi, sei sempre qua, con la tua attenzione alle storie delle internazionaliste antiautoritarie, con i gatti, con la pipa, le vele delle folle, in ogni bicchiere, qua con noi.

Tomaso Marabini