rivista anarchica
anno 42 n. 374
ottobre 2012


Le cucine del popolo

 

La vera storia
delle cucine del popolo

Nel 2002 incontrai per la prima volta a Milano Gino Veronelli, durante un'iniziativa di movimento. Dopo le rituali presentazioni ci siamo fatti travolgere da una vivace discussione su vini e politica, editoria e anarchia. Si stabilì una bella intesa, con una forte simpatia favorita dai comuni ideali anarchici. Così iniziammo a sentirci regolarmente per costruire un evento legato al cibo e ai vini riconducibile alla tradizione anarchica e socialista. Era necessario allestire un'iniziativa originale, volutamente ruvida, tesa a riscoprire e, naturalmente, a riproporre la tavola proletaria, estranea per sua natura alle imposizioni del capitale alimentare. Si trattava, inoltre, di scavalcare quel perbenismo salutista sollecitato ad arte dall'ingordo mercato gastronomico. Ma ci premeva, sopratutto, ritrovare i luoghi, i tempi e i ricettari delle utopie alimentari tenendo in debito conto il grandissimo valore della madre terra. Per alcuni mesi ragionammo sulle funzioni delle cucine rosse, sulle mense anarchiche, sui presidi della solidarietà operaia e sulla loro valenza sociale, aggregativa e nutrizionale. Estendemmo questa riflessione, per altro resa pubblica dal settimanale “Carta” ad un altro artista libertario, che illustrò il primo manifesto delle cucine del popolo: Pablo Echaurren. Furono poi coinvolti un gruppo di “studiosi di riferimento”, con in testa il professor Giorgio Sacchetti, alcuni scrittori e poeti della zona, Arturo Bertoldi, Giuseppe Caliceti e Stefano Raspini e qualche esponente della Federazione Anarchica Reggiana: Monia Ravazzini, Federico Ferretti e Fabio Dolci. Nel 2003 organizzammo a Reggio Emilia un grande happening su cibo, vino e anarchia, seguito da un rinfresco libertario con Gino Veronelli. In quella giornata indimenticabile fu definito il percorso delle Cucine del Popolo. Partendo proprio dal profondo legame che ha unito il piacere della tavola al piacere della libertà. Trovammo subito un luogo magico per realizzare il convegno, nella frazione di Massenzatico, dove fu costruita la prima Casa del Popolo italiana, nel 1893 dai pionieri dell'emancipazione. Serviva una collocazione coerente con la finalità dell'evento dove i valori della sorellanza e della fratellanza continuassero a rinnovarsi nel tempo secondo la migliore tradizione libertaria. Fissammo per il 31 ottobre 2004 la data per il primo convegno con un programma immaginario, partendo volutamente dalla tavola del primo socialismo internazionalista. Ci organizzammo in modo autogestito, senza dirigenti, escludendo qualsiasi finanziamento pubblico, contando solo sul lavoro volontario dei nostri militanti e sulla generosa partecipazione dei compagni di Massenzatico con le loro “Cuoche Rosse”, vero motore delle Cucine del Popolo. Purtroppo l'implacabile malattia di Gino Veronelli gli impedì di essere presente a questa grandissima festa popolare. Nonostante le condizioni di salute continuò a darci il suo supporto fino al momento della sua morte, avvenuta qualche tempo dopo, regalandoci quel piccolo capolavoro letterario, “Amici Anarchici”, più volte pubblicato sulle riviste di movimento. Il convegno fu un successo pieno: un migliaio di partecipanti vissero quella giornata in modo effervescente, riscoprendo le ricette perdute, i lambruschi proibiti, le insalate estinte, i piatti ritrovati, i liquori proletari e le svariate portate della cucina sociale. Con questo grande entusiasmo mettemmo in cantiere per il 2006 le “Cucine Letterarie – tavola proletaria e narrativa sociale”, nel 2008 la “Cucina dell'utopista – viaggi, sogni, bisogni e rivoluzioni”; nel 2010 la “Cucina della Locomotiva – visioni, migrazioni, movimenti e liberazioni”; e per continuare, nell'ottobre 2012 saremo tutti alle “Cucine della Rivoluzione”.

Tutti i convegni furono caratterizzati da sessioni di studi storici di altissimo valore culturale ed enogastronimo. Queste ricerche sono state realizzate da: Fiamma Chessa, Alberto Ciampi, Giorgio Sacchetti, Federico Ferretti, Guido Pautasso, Marco Rossi, Giovanni Biancardi, Alberto Capatti, Andrea Perin, Mario Frisetti, Noemi Agnini, Paolo Nori, Tiberio Artioli, Natalia Caprili, Michele Zucca, Luisa Cetti, Daniele Barbieri, Alessio Lega, Franco Schirone, Alfredo Gonzalez, Maurizio Maggiani, Libereso Guglielmi e Edoardo Sanguineti. Nel frattempo costituimmo il Centro Studi Cucine del Popolo per favorire una riflessione complessiva: da una parte sul cibo nella storia del movimento operaio e delle avanguardie artistiche e letterarie e dall'altra sui laboratori dell'alimentazione, produzioni artigianali, coordinamenti autogestiti e iniziative culturali sulla contemporaneità. E ancora: costruimmo preziose collaborazioni con il professor Alberto Capatti, grande studioso della gastronomia di tutti i tempi e con il Barone Rosso della Lunigiana, cuoco e profeta dalle qualità interstellari. Le nostre intuizioni hanno trovato, in questo percorso decennale, una significativa conferma fornendoci nuovi spunti di riflessione con i quali arricchire il nostro agire politico. Possiamo dire che anche grazie a questo “viaggio” si è tornato a parlare del “senso” della cucina sociale, della valorizzazione di un consumo critico, dello sviluppo di forme solidaristiche sul piano alimentare, della riproposta di spazi sociali, osterie e caffè letterari e altri luoghi. Oggi come allora l'obiettivo è quello di costruire un'intelligenza collettiva alimentare che vada oltre l'uso capitalistico del cibo. Grezza ed irrequieta, ribelle e curiosa, profondamente libertaria.

Gianandrea Ferrari