rivista anarchica
anno 43 n. 379
aprile 2013


Trentasette
anni fa

 

a cura della redazione



“Chi paga l'inflazione” si domanda senza punto interrogativo la copertina del n. 47 (maggio 1976) della rivista. Senza punto interrogativo, perché la risposta è scontata e la si deduce dalla foto di alcuni operai, con alle spalle lo striscione “Basta! Non paghiamo più un aumento”. Ma il lungo saggio, che all'interno del numero sviluppa il tema di copertina, è tutt'altro che scontato. Già il titolo (“L'inflazione creatrice”) incuriosice. E nel sommarietto è scritto: “Quali le cause, come si sviluppa, quali processi innesca l'inflazione? – L'insufficienza dei modelli intepretativi unicamente economici – Secondo Albert Meister l'inflazione funge da elemento regolatore dell'equilibrio sociale attenuando lo scontro tra le classi”. Una conferma dell'attenzione di “A” verso nuovi possibili modelli interpretativi della società, senza accontentarsi dei soliti “slogan”.
Un'attenzione particolare viene dedicata, in campo internazionale, all'Argentina, all'indomani del golpe del generale Videla & soci. All'analisi, come sempre lucida, di S. Parane (cioè Louis Mercier Vega) è affidata una prima interpretazione del golpe e a una lettera dall'Argentina di un non meglio precisato “compagno argentino” il racconto degli sviluppi in sede locale, dal dileguarsi del movimento peronista alla politica antiproletaria dei generali al potere. Sempre in campo internazionale, ma da un altro paese di lingua castigliana, proviene l'analisi della situazione spagnola, e in particolare dell'indistruttibile Cnt, la storica centrale anarco-sindacalista, di Juan Gomez Casas, storico militante e noto esponente di quel sindacato, nonchè suo apprezzato storico.


Alla Beat Generation è dedicato uno scritto fortemente critico del veneto Gianfranco Varagnolo. Vi si analizzano aspetti positivi e limiti di quel fenomeno storico che ancora oggi, oltre mezzo secolo dopo, pone interrogativi tutt'altro che scontai su idee, metodi, pratiche per contestare anche nella quotidianità un sistema di vita dominato dal consumismo e dall'autorità. Su questo tema – la Beat Generation, appunto – contiamo di pubblicare tra qualche numero un nuovo dossier, per riprendere le fila di quella riflessione, tra memoria storica e progettualità libertaria.
Curiosa l'intervista realizzata da Paolo Finzi a Franco Trincale, definito “un compagno libertario ancora iscritto al Pci”.Titolo (significativo): “Aspettando l'espulsione”. Nel sommarietto si legge: “Il noto cantastorie sociale, ancora iscritto al Pci, contesta la linea del partito e si dichiara fautore dell'autogestione. Fino a quando Berlinguer & C. saranno disposti a tollerarlo?”. In realtà già qualche anno prima il cantastorie siciliano, trapiantato a Milano, aveva stracciato pubblicamente la tesserea del partito, contestandone la linea politica, dopo uno sgombero a Milano. E dopo l'aveva ripresa. E “A” aveva puntualmente seguito la cosa.
Il fatto è che l'inquieto Franco, tra le voci più radicate e note nel mondo dell'emigrazione dal Sud in Italia e fuori dai confini (numerosissimi i suoi concerti tra gli emigranti italiani in Francia, Belgio, Germania, Svizzera, ecc.), è sempre stato anche vicino a noi anarchici, e a noi di “A” in particolare, come dimostra – tra l'altro – l'uscita proprio in quel periodo di un suo lp “La casa è di chi l'abita – Canti libertari”, che in copertina vedeva Franco stesso accanto ad un muro con una cubitale “A” cerchiata. E, tanto per chiudere, ricordiamo che proprio nel dossier Pinelli sullo scorso numero, in apertura, abbiamo riportato stralci dal sua Lamientu per la morte dell'anarchico Pinelli, in vernacolo siciliano, da lui composto e cantato per la prima volta già all'inizio del gennaio 1970, a pochissimo dal volo in Questura del nostro compagno.
Ci piace segnalare, in “A” 47, la pubblicazione della seconda puntata, di una lunga serie, della rubrica di recensioni cinematografiche
“Al cinema”, a cura di Rozac, pseudonimo dietro il quale si celava il mitico Paolo Zaccagnini, per tantissimo tempo critico musicale del quotidiano romano “Il Messaggero”, anarchico.
Per anni la sua è stata una delle “cose” più seguite di “A” e nel corso delle nostre periodiche assemblee con i lettori oggetto di critiche, consensi, passionalità. A conferma della capacità comunicativa del cinema e anche di quella del nostro amico e compagno, che oggi vive lontano una situazione difficile: e nessuno ce ne vorrà se ne approfittiamo per salutarlo.