rivista anarchica
anno 43 n. 380
maggio 2013


M5s

Una novità?
Sė, per il dominio

di Andrea Papi e di Steven Forti


Il Movimento cinque stelle come nuova forma di razionalizzazione del dominio: ci va giù duro Andrea Papi. E Steven Forti, nell'analizzare come tanti più o meno “rivoluzionari” degli anni '70 ne siano rimasti affascinati, fornisce ulteriori elementi di conoscenza e di riflessione critica, molto critica.


Tutto rigorosamente sotto controllo

di Andrea Papi

Grillo e Casaleggio non rischiano di veder conteggiato il consenso, rimangono al loro posto di dirigenza incondizionata e continuano ad esserci a prescindere.
E il M5s si presenta come una pericolosa nuova forma di razionalizzazione del dominio.


Le elezioni politiche italiane di fine febbraio ci hanno offerto un elemento di novità, non del tutto prevedibile, rispetto alla ritualità elettoral/partitica usuale. Il M5s di Grillo ha sorpreso tutti, prima per i risultati elettorali ottenuti poi per i malriusciti cocciuti tentativi di star fuori dai giochetti pur essendo entrato a far parte del palazzo. In realtà, al di là della sorpresa, la sua vera novità è tale soprattutto rispetto alla cosa in sé, cioè di essere presente per la prima volta in modo eterodosso nel panorama politico nazionale. Al di là delle intenzioni dichiarate, infatti, finora non sembra aver scalfito seriamente il vecchiume d'impostazione del tempio del politicantismo, la struttura portante del parlamentarismo.
In una delle sue affermazioni più bislacche non a caso lo stesso Grillo ha strombazzato che aspira ad occupare la totalità della rappresentanza parlamentare. “Vogliamo il 100 per cento del parlamento, non il 20 per cento o 25 per cento o 30 per cento” ha dichiarato al Time. Teme sicuramente l'impotenza d'azione, superabile, a suo dire, se riuscisse ad occupare l'intero spazio disponibile. In questo non è affatto dissimile da qualsiasi altro aspiri autoritariamente a dominare, in senso letterale, la scena. Sempre al Time chiarisce subito dopo: “... quando il movimento arriva al 100 per cento, quando i cittadini diventeranno lo stato, il movimento non avrà più bisogno di esistere. L'obiettivo è quello di estinguere noi stessi.”
Dichiarazione in linea con quanto gridava alle folle oceaniche durante la campagna elettorale. Nei comizi ha quasi sempre sottolineato che uno dei suoi obiettivi fondamentali era quello di far sì che la situazione sociale si evolvesse fino a far identificare lo stato con i cittadini. “Lo stato siamo noi!”, strillava incitando la folla, quasi a rispolverare il vecchio slogan bolscevico/statalista di togliattiana memoria. La sua rivolta non è mai stata antistatalista, ma contro il disfacimento perpetrato dall'affarismo sistematico della partitocrazia rampante, che per decenni ha arraffato a piene mani il denaro pubblico senza occuparsi dei problemi dei cittadini, lasciati invece alla deriva annichilente della crisi economico/finanziaria.
Subito dopo il travolgente successo elettorale, pressato da tutte le parti perché esternasse le sue intenzioni, ha detto con convinzione che i partiti e lo stato dovrebbero ringraziarlo perché con la sua affermazione ha salvato il sistema. “Abbiamo incanalato tutta la rabbia di questo movimento. Dovrebbero ringraziarci uno ad uno: se noi falliamo l'Italia sarà guidata dalla violenza nelle strade... Tutto è iniziato qui: il fascismo, le banche. Abbiamo inventato il debito e anche la mafia. Se la violenza non è iniziata qui è grazie ai 5 stelle.” (News Fatto quotidiano, 7 marzo 2013) Probabilmente è anche vero! Resta solo da appurare se convogliare all'interno delle istituzioni vigenti lo scontento sociale, ché altrimenti potrebbe trasformarsi in forza sovversiva dirompente e incontrollabile, possa in qualche modo servire ad emanciparci dal marciume che Grillo stesso dice di voler combattere.

Con una metodologia spregiudicata

Per capire cos'è il M5s bisogna riuscire a guardarlo con disincanto, senza pregiudizi, cominciando a riflettere sul confronto tra quello che dichiarano e quello che fanno. Ora che si stanno muovendo dentro il parlamento, essendo fra l'altro una delle componenti più numerose, è interessante comprendere il senso del loro operare. Ho subito trovato confermato quanto scrissi nel numero di marzo di questa rivista. Cioè che il tentativo di convogliare forme di democrazia diretta (per il vangelo di Grillo la democrazia della rete) nell'alveo istituzionale non poteva che risultare demagogico ed apparire finto, dal momento che i luoghi deputati a prendere le decisioni che contano sono il parlamento e le strutture del potere tradizionale, non certamente le assemblee popolari o i laboratori di dibattito o la fruizione del web. Al di là della loro volontà, se non vorranno scomparire nei sotterranei del palazzo, una volta diventati onorevoli o senatori anch'essi non potranno che fare politica come ogni politicante che si rispetti. (È dai tempi di Andrea Costa che ogni tanto qualcuno ci prova a entrare nel “palazzo” per scardinarlo, mentre invece, deludendo grandemente, ne viene ogni volta assorbito fino a trovarsi annullato).
Bisogna capire bene il senso del loro muoversi e proporsi, cercando un'ermeneutica che ce ne sveli il significato motivazionale. Fin dai primi passi dell'insediamento nelle aule parlamentari, con la corrispettiva elezione dei presidenti delle due camere, la formazione del nuovo governo e l'elezione del presidente della repubblica, al di là delle migliori intenzioni i 5 stelle hanno dovuto fare i conti (e salati!) col ruolo istituzionale che hanno accettato di rivestire. Un commento di Carlo Freccero, sferzante e sarcastico, esprime con grande efficacia il senso della loro entrata “trionfale” nelle istituzioni. “Il paradosso è questo: Grillo ha stravinto, al di là forse di quello che si aspettava. Ha voluto la bicicletta ma non può pedalare perché si autodenuncerebbe come appartenente a quella casta che ha combattuto. Grillo non riesce a staccarsi dal suo orizzonte, che è la casta. Il suo obiettivo è lo spreco, non il sistema. È questo il suo limite.” (intervista – la Repubblica, lunedì 11 marzo 2013).
C'è una frase di profonda verità nelle parole di Freccero, che ne stigmatizza il senso e ci apre gli occhi: Il suo obiettivo è lo spreco, non il sistema. Ecco il punto vero, che fa giustizia di ogni illusione sovversiva e di ogni adesione ingenua, nella speranza di... La “filosofia profonda” di Grillo e Casaleggio non vuole affatto rivoluzionare il sistema di cose vigente (capitalismo, mercato, stato), mentre sarebbero seriamente intenzionati a sovvertire il disordine gestionale esistente per instaurare un nuovo ordine, più efficiente e in linea coi parametri funzionalistici/ambientali che ci vengono suggeriti dalle nuove tecnologie informatiche oggi all'avanguardia.
I due “guru” cofondatori del M5s ci spingono ad aggredire con forza il sistema politico sprecone che ci sta dilapidando, ad “aprirlo come una scatola di sardine”, come amano dire con efficace metafora, per miglioralo e renderlo più efficiente, al passo coi tempi secondo la visione della loro tempistica. E lo fanno con una metodologia spregiudicata. Hanno coniugato l'impensabile e reso praticabile ciò che si supponeva paradossale. Hanno messo insieme in modo raffazzonato tecniche di gestione diretta e controlli rigidi dall'alto, tentando di fare il verso a forme autogestionarie di partecipazione, impostate e praticate però sotto l'egida di diktat autoritari dall'alto che non permettono di esprimersi autonomamente, oltre il volere dei capi. Grillo e Casaleggio, infatti, sono veri e propri capi indiscussi, non scelti e oggettivamente non discutibili al di là di come essi stessi si autoconsiderano. Mi evocano le sottomissioni dogmatiche alle verità rivelate dei tempi dello stalinismo da una parte e dell'inquisizione dall'altra.
Mi evocano pure le posizioni istituzionali sull'autonomia pedagogica contro cui ho combattuto quando lavoravo nelle strutture educative dell'infanzia: i dirigenti istituzionali concepivano l'essere autonomi come la possibilità di muoversi al meglio all'interno di regole già date, sulle quali però nessuno poteva intervenire oltre le dirigenze. Un'autonomia controllata e indotta, funzionale più a un bisogno di vigilanza dirigenziale che allo sviluppo di processi di autodeterminazione. Più cerco di capirlo e più mi accorgo che anche il M5s è così. I suoi cofondatori hanno creato una società privata, ne hanno definito rigidamente le regole e si sono appropriati del logo. Aderirvi significa adeguarsi a volontà precostituite e a regole già date, altrimenti i proprietari in modo unilaterale decidono di metterti fuori gioco.
Al contempo una delle prerogative che propagandano maggiormente è la “democrazia diretta”, per discutere e prendere decisioni collettive, la quale però si svolge totalmente ed esclusivamente nella rete del web. Web in fondo vuol dire ragnatela, intreccio complesso, ed esprime molto bene l'intersecarsi costante di pareri e opinioni su qualsiasi cosa, che viaggiano nella rete informatica apparentemente al di fuori di ogni controllo. Se ciò fosse visto come complementare ai confronti in assemblee dove gli individui sono corporalmente presenti, sarebbe un allargamento e un arricchimento di possibilità. Invece è proposto e vissuto come unico, se non addirittura antitetico. Questo modo di intendere, di fatto imporre, il confronto dialogico è sospetto. Fa supporre, con molte ragioni di causa, che tutto si deve svolgere in internet perché così è tutto sotto controllo. Non dimentichiamoci che Casaleggio è una specie di mago di internet, considerato uno dei maggiori esperti.
Questa configurazione dibattimentale e decisionale si svolge di fatto dentro una condizione strutturale da cui non si può prescindere: la scelta autoreferenziale dei capi di non mettersi in gioco. I due non rischiano di veder conteggiato il consenso, rimangono al loro posto di dirigenza incondizionata e continuano ad esserci a prescindere.

Verso nuove forme di dominio

Piergiorgio Corbetta e Elisabetta Gualmini (autori de Il partito di Grillo, edito dal Mulino) hanno fatto un'analisi illuminante sul percorso che ha portato alla formazione di questo movimento oltre la forma partito. Scrivono che il M5s nasce insieme al suo programma, anzi è il suo programma. Tanto è vero che le cinque stelle contenute nel simbolo indicano i cinque obiettivi politici e valori fondativi intorno a cui il movimento è nato: acqua, ambiente, energia, trasporti, sviluppo. Al contempo Joseph Stiglitz (premio Nobel per l'economia) e Mauro Callegati (professore di economia ad Ancona, intellettuale organico alla rete di movimento) hanno scritto sul blog: “Non proponiamo nuove strategie di crescita, ma un diverso modo di vivere e produrre”, aiutando a definire un programma economico in cui statalismo e liberismo convivono fottendosene delle contraddizioni, mentre destra e sinistra si confondono in un incerto impasto postideologico. Un movimento dunque che sorge come bisogno collettivo di un nuovo modo di vivere e relazionarsi sul pianeta, convogliato però dentro un'impostazione cultural-organizzativa dai confini poco chiari.
Ci troviamo di fronte alle prime avvisaglie di un cambio di paradigma politico. I partiti, non a caso scomparsi nella forma originaria, nacquero attorno ad idee forti che esprimevano diverse visioni di società (comunismo, repubblica, monarchia, democrazia, ecc.). Nell'immaginario partitico qualsiasi problema e qualsiasi contesto si risolvevano all'interno del tipo di società specifica. Qui invece abbiamo un movimento che nasce attorno ad un programma pragmatico, legato a una diversa visione dell'uso e del consumo delle risorse. Il tipo di società, considerato meno importante, si definisce attorno all'impostazione di fondo del rapporto uomo/ambiente, vissuto invece di primaria importanza. Al contrario del partito, qui l'idea di società si definisce e si risolve all'interno dell'impostazione di riferimento.
Un insieme complesso, anche un po' contorto, che fa supporre che è in atto un processo di trasformazione non ancora definito. Il dominio, nelle forme di potere che conosciamo, è in crisi, soprattutto nella forma liberal-democratica della rappresentanza. È di conseguenza alla ricerca di nuove definizioni e nuove modalità di rappresentazione e manifestazione. Sotto questa luce il M5s rappresenta un percorso privilegiato, adeguato ai processi di trasformazione in atto, per identificare nuove possibilità del dominio di riproporsi.

Andrea Papi



Tutti pazzi per Grillo?

di Steven Forti

Le ultime elezioni politiche italiane e la posizione degli esponenti della sinistra extraparlamentare degli anni settanta (e non solo).

Le recenti elezioni politiche hanno cambiato le carte in tavola. Su questo non ci piove. Il Movimento 5 stelle è entrato in Parlamento come il partito più votato, creando una situazione che, mentre stiamo scrivendo questo articolo, non sappiamo ancora che sviluppi avrà. Certo è che l'ingessato sistema politico italiano sorto dalla ceneri di Tangentopoli ha subito un bel colpo. Forse non lo tsunami di cui parlava Grillo durante la sua lunga campagna elettorale, ma poco ci manca. Lo scossone si è fatto sentire anche all'interno dell'eterogeneo e composito mondo che forma la sinistra italiana. O quel che ne resta. E non tanto per la debacle di Rivoluzione civile, che pareva annunciata, soprattutto dopo l'uscita di Cambiaresipuò e la formazione delle liste elettorali con la presenza dei vari Diliberto, Ferrero e Di Pietro, ma per le prese di posizione di molti esponenti di quella che un tempo si chiamava sinistra extraparlamentare e di intellettuali di una possibile nuova sinistra in via di formazione.
Nel pomeriggio del 25 febbraio, appena chiusi i seggi elettorali, Franco Bifo Berardi pubblicava sull'edizione on-line di MicroMega una specie di lettera aperta in cui dichiarava “ci sono ricascato: ho votato per il movimento di Beppe Grillo”. Il fondatore di A/Traverso spiegava che “Non l'ho fatto perché io creda nella possibilità di 'cambiare l'Italia', ma perché ho pensato che valeva la pena di dare il mio minuscolo contributo a rendere ingovernabile il paese. La questione in gioco in queste elezioni è quella europea, tutto il resto son questioni di dettaglio.” Seppur critico con il populismo e la rozzezza del discorso di Grillo, Bifo ha deciso di votare per il M5s in quanto “fattore destabilizzante” del sistema1. Il 27 febbraio il leader del movimento bolognese del '77 ritornava sulla questione lanciando una frecciata ai Wu Ming che su Internazionale avevano criticato da sinistra il M5s, considerandolo la causa dell'assenza di un vero movimento in Italia: “Ragionamento bislacco davvero. Dal momento che la società italiana è incapace di muoversi allora debbono stare tutti fermi? Dal momento che gli amichetti di Wu Ming sono stanchi allora tutto deve restare ad attendere i tempi del loro risveglio? Fate movimento invece di lamentarvi perché qualcun altro lo fa al posto vostro, magari in maniera un po' più rozza di come piacerebbe ai raffinati intellettuali.”2
Invero, l'analisi dei Wu Ming è forse la più interessante che si è letta sul M5s e sulla situazione dei movimenti in Italia. Un'analisi attenta e ampliata in diversi interventi, che mette in guardia dai pericoli insiti in un movimento molto ambiguo e che, molto sinceramente, auspica una “rivolta” all'interno del M5s.3 Secondo i Wu Ming, a differenza di Grecia, Spagna o Portogallo, in Italia “Grillo cresce sulle macerie dei movimenti” e, al di là della vuota retorica della democrazia diretta e di un programma che si crede rivoluzionario, “l'interesse principale di Grillo & Casaleggio non è realizzare il programma, che è un geyser di richieste contraddittorie spruzzate qua e là. Gli interessa di più prolungare lo scompiglio e tenere alto il polverone finché è possibile, perché il polverone copre le magagne e rinvia l'arrivo dei nodi al pettine.”4 Una lettura molto vicina a quella espressa dal giornalista Giuliano Santoro, autore del libro Un Grillo qualunque. Il Movimento 5 stelle e il populismo digitale nella crisi dei partiti italiani (Castelvecchi, 2012), in cui si sostiene che “dove ci sono movimenti veri, i grillini non attecchiscono, o almeno non sfondano 'a sinistra'.” In Val di Susa, sostiene Santoro, “le liste a 5 stelle hanno preso molti voti alle regionali, ma a quei voti non corrisponde mobilitazione reale. Mi sembra che quella di votare Grillo e non votare (come in molti avevano fatto) i partiti della fu sinistra, sia stata una scelta tattica da parte di una fetta di un movimento autonomo e autorevole, che non si fa incantare da Grillo anche se per certi versi gli è riconoscente per aver parlato delle ragioni contro l'Alta velocità quando non ne parlava nessuno.” Santoro considera quella di Grillo un'“ideologia pret-a-porter” che “muove emozioni, dà vita ad un impasto di politica, spot pubblicitari e sentimenti” e nota la paradossalità della situazione italiana: “in tutta Europa, e anche negli Stati Uniti per certi versi, la gente protesta contro le politiche di austerità, tenta di organizzarsi dal basso per rompere la gabbia dei sacrifici. In Italia, dove pure abbiamo una certa tradizione quanto a movimenti sociali, tantissime delle persone che potrebbero mobilitarsi si limitano ad aspettare il giorno delle elezioni, per poter sostituire quelli della “Casta” con altri eletti, che peraltro non si sa come vengano scelti e messi in lista. Come se questo davvero potesse cambiare la situazione.”5

Una botta terapeutica?

La posizione di Bifo, però, non è stata un'eccezione. Toni Negri, ad esempio, ha affermato che Grillo è “la contraddizione in azione”, “è il nuovo, è l'elemento di instabilità e a noi va bene: Viva l'instabilità! Viva l'ingovernabilità! Questo è l'elemento che mi sembra estremamente importante, si tratta proprio di insistere su questo. Viva l'instabilità! É nell'instabilità che si determineranno ricomposizioni di classe legate veramente a interessi e a volontà di esprimere quelli che sono interessi centrali, elementari, fondamentali nella nostra vita e nella lotta.” Secondo Negri, bisogna stanare Grillo “sui temi del comune, stanarlo sui temi del reddito garantito, stanarlo sul tema della patrimoniale, stanarlo su quelli che sono i grandi problemi della struttura della rappresentanza, della legge elettorale, e così via”, impedendogli “di consolidarsi su un'alleanza – perché questa è un'alleanza puramente fascista – con la piccola imprenditorialità oggi e domani con la grande imprenditorialità, insieme a esclusi, non garantiti e classe media in disfatta. Si tratta quindi di muoversi, agire per garantire che non si stabilisca un qualsiasi tipo di governabilità, mantenendosi su questo terreno una apertura europea.”6
Una posizione non dissimile è stata espressa anche da altri esponenti di quella che potremmo definire la sinistra movimentista italiana, come Luca Casarini che ha applaudito la posizione di Bifo, sottolineando che “tra i grillini non vedo solo Rizzo e Stella come riferimenti, vedo anche molta Genova 2001, molto del patrimonio delle lotte per 'un altro mondo è possibile'”. In questo senso la botta di Grillo può essere terapeutica per la sinistra: ma o ci diamo una scossa o è finita.”7 Anche uno dei maggiori leader del movimento studentesco del '68 italiano e poi esponente di spicco di Democrazia proletaria, Mario Capanna considera il M5s “un fenomeno notevolmente scardinante dell'ordine corrente delle cose” e “un movimento coraggioso, vasto, speriamo davvero innovatore”.8
Anche Fabrizio Tringali e Marino Badiale, autori di Liberiamoci dell'euro e La trappola dell'euro (pubblicati entrambi da Asterios, nel 2011 e nel 2012), due interessanti saggi che seguono le analisi di Alberto Bagnai, professore di Economia politica all'Università Gabriele D'Annunzio di Pescara e autore di Il tramonto dell'euro (Imprimatur, 2012) si sono posizionati su una linea di appoggio pragmatico e tattico al M5s. Sul blog Il Mainstream, Tringali, delegato sindacale della Fiom, e Badiale, docente di Analisi matematica all'Università di Torino, si sono rallegrati soprattutto del disastro della lista Ingroia: “È da tempo ormai – ha scritto Badiale – che giudichiamo la cosiddetta 'sinistra radicale' nient'altro che un fattore di confusione, di oscuramento della realtà, di ostacolo alla costruzione di una vera opposizione. Si tratta in sostanza di piccoli frammenti di ceto politico che devono necessariamente allearsi col centrosinistra per avere posti e cariche, il che è tutto ciò a cui si riduce il loro fare politica.”9 Lo stesso Bagnai ha dimostrato interesse per il movimento di Grillo, almeno per quanto riguarda la sensibilità dimostrata dal M5s sulla questione dell'euro e sulle politiche di austerity imposte dall'Ue e dal Bce, con qualche intervento sul suo blog Goofynomics e con un'intervista concessa al blog di Beppe Grillo.10 Un'analisi che è stata condivisa parzialmente anche da Emiliano Brancaccio, docente di Economia politica all'Università del Sannio, e da Giorgio Cremaschi, ex segretario nazionale della Fiom-Cgil e attualmente responsabile del comitato No debito, che ha affermato che “Il voto al M5S è segnale e parte della rivolta che sta crescendo in tutta Europa e finalmente è cominciata davvero anche da noi”.11
Effettivamente, in modi e tempi diversi e per ragioni distinte, molti intellettuali e artisti hanno reso pubblico il loro appoggio o hanno simpatizzato con il M5s. E non solo Dario Fo, da tempo vicino a Grillo, presente sul palco di piazza Duomo a Milano in una delle ultime tappe dello Tsunami tour e autore insieme al comico genovese e al deus ex machina Gianroberto Casaleggio del libro Il Grillo canta sempre al tramonto (Chiarelettere, 2013), una sorta di vademecum per comprendere idee politiche e culturali alla base della nascita del movimento. Ma anche lo scrittore Stefano Benni, l'economista Mauro Gallegati e il filosofo del diritto all'Università di Genova Paolo Becchi, oltre ad artisti come Celentano, Mina e Raffella Carrà, tra i tanti. Nel mondo della musica e della letteratura non poche sono state però anche le prese di posizione critiche con Grillo e il M5s. Due su tutte: quella del cantante napoletano Edoardo Bennato con la canzone Al diavolo il grillo parlante che ha scatenato l'ira dei grillini12 e quella del fiorentino David Riondino con delle decime estremamente ironiche che mettono il dito in una delle piaghe del movimento di Grillo e Casaleggio.13
Le posizioni critiche con il M5s non sono mancate nemmeno nel composito mondo della sinistra italiana, più o meno (ex) extraparlamentare, più o meno movimentista. Tanto per dire che la posizione sostenuta da Bifo e da Negri non è stata il leitmotiv in chi fu protagonista delle lotte italiane degli anni settanta. Uno dei maggiori esponenti del movimento studentesco torinese e poi di Lotta continua come Guido Viale, ad esempio, ha sostenuto il progetto Cambiaresipuò e, dopo la costituzione della lista Ingroia, ha mantenuto il suo sostegno a Rivoluzione civile. Un appoggio così critico e sofferto che il 27 febbraio, in un articolo pubblicato su Il Manifesto, Viale si è tolto i sassolini dalle scarpe. Per Viale, Rc non è stata nulla più che “quattro toghe” e “quattro dinosauri, segretari di altrettanti partiti senza più elettori” con “un programma raffazzonato” che hanno perso la “possibilità di usare la campagna elettorale per una vera battaglia politica: per un'altra Europa, un'altra economia, un altro regime del lavoro, un'altra istruzione, un'altra cultura”.14

Le stelle sono tante...

E gli altri esponenti di quella che fu Lotta continua come si sono posizionati? In un articolo apparso su Repubblica pochi giorni prima del voto, Adriano Sofri ha appoggiato Bersani, ha bacchettato Rc considerata un “assembramento di pubblici ministeri e di partiti residui per lo più autoritari” e ha condannato Grillo: “Grillo è un attore che si identifica con il suo personaggio, e non gli mette limiti. Da molti anni recita la parte del capo che riscatta un popolo. Alcune scene gli riuscirono: la Parmalat strappava gli applausi. Altre sono orrende. Problema di copione. Il fatto è che un attore che si identifica pienamente e a lungo col proprio ruolo fuori dalla scena diventa qualcosa d'altro: un impostore. Grillo è un grosso impostore [...]. Altro che comico. Fa la guerra, annuncia il bagno di sangue, intima allo Stato italiano di arrendersi: è troppo tardi, per tutti e per lui, per dire 'è tutto uno scherzo.' Deve sbraitare oltre, finché gli resta fiato nei polmoni. Non è né fascista né comunista né ecologista e nemmeno, guardate, populista: cioè, è forse un po' di tutte queste cose. È un impostore.”15 Anche Enrico Deaglio, facendo il punto sui risultati elettorali, ha criticato il M5s: “Poi c'è un comico che urla nelle piazze – “vaffa!, arrendetevi!, siete morti! Darò mille euro a tutti i disoccupati!, i debiti non si pagano!”  – e lo vota il 25 per cento. Il totale fa 55. Berlusconi era catalogabile come 'populista'. Grillo è anche lui un 'populista'. L'Italia è l'unico paese al mondo con due populismi, in cui l'uno non uccide l'altro, anzi.”16
Una via di mezzo tra quella di Negri e Bifo e quella dei Wu Ming pare essere invece la posizione di Oreste Scalzone, fondatore con Franco Piperno e Toni Negri di Potere operaio e poi esponente di spicco di Autonomia operaia. In un post del 25 febbraio apparso sul suo blog, Scalzone ha raccontato di aver messo in circolo “il testo di un estemporaneo, rapsodico 'volantone' che, in tre-quattro Complici, siamo andati a distribuire – a rischio di qualche 'sbarbazzone' – al comizio di Grillo e connessi 'Cinquestelle' il 19 febbraio scorso in piazza Duomo a Milano.” Nel lungo “volantone”, intitolato Le stelle sono tante, milioni di milioni..., si spiegava che “Noialtri [...] siamo tra quanti sono fuori e contro la logica elettorale – la scadenza, e la campagna. Veniamo oggi qui, perché queste piazze del cosiddetto 'Tsunami-Grillo/5 stelle' sono come un caleidoscopio, in cui c'è e si compone e scompone, si muove, 'di tutto'. Prendiamo il pretesto di quest'occasione in extremis, semplicemente per lanciare una 'pulce nell'orecchio', e 'prender data' per una scommessa in differita. Se, nel prosieguo, nei prossimi mesi e anni, si dovesse verificare che si conferma quello che noialtri pensiamo; se si dovesse toccar con mano il fatto che le cose continuano a peggiorare, e il male di vivere ad aumentare; se si toccasse con mano che la questione non è di questa o quella 'forza politica', di questa e quella politica economica, questa e quella variante della governamentalità; che la questione non è prevalentemente 'italiana'; che il cuore, il nodo, non è l'illegalità, e dunque la panacea non è 'la legalità', non è nella 'Costituzione più bella del mondo', ma che sono ormai in questione i fondamenti, i 'principi elementari', le forme costitutive, i rapporti sociali... [...], ecco, quale sarebbe la risposta? Affidarsi ancora, una volta ancora, all'infinito, a dei 'Salvatori della Patria', dei 'liberatori', dei 'pastori', supposti sapere, a cui dare delega, rappresentanza? Credere ancora alle loro crociate, alle loro 'Verità', riporre lì le proprie aspettative, oppure – quand'anche senza diagnosi, né prognosi, né certezze di senso, né sul sé e come si possa pensare di uscire da un labirintico incubo – raccogliere tutte le forze, e intelligenza, passione, capacità di cooperare, per capire, per fare, quantomeno dar vita a delle minuscole 'gocce di vita', che contrastino il gelo e il deserto che avanza? Prima che alcuni volonterosi benintenzionati modifichino il corso della 'terribile inerzia delle cose', sarà piuttosto quella a snaturare loro!!! Ecco, vorremmo ricordare questo, e lanciare la piccola sfida di una scommessa per il 'dopo'. Senza troppe speranze, ma senza alcun fatalismo rassegnato, e – al fondo – ignavo.”17
Insomma, le stelle sono tante, milioni di milioni. Non solo cinque.

Steven Forti

Note

  1. Franco Bifo Berardi, “Perché ho votato Beppe Grillo”, MicroMega, 25 febbraio 2013,
    http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/02/25/franco-bifo-berardi-perche-ho-votato-beppe-grillo/.
  2. Franco Bifo Berardi, “La sconfitta dell'anti-Europa liberista comincia in Italia”, MicroMega, 27 febbraio 2013,
    http://blog-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2013/02/27/franco-bifo-berardi-la-sconfitta-dellanti-europa-liberista-comincia-in-italia/.
  3. Wu Ming, “Perché tifiamo 'rivolta' nel Movimento 5 stelle”, 27 febbraio 2013,
    http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=12038.
  4. Rispettivamente, intervista di Roberto Ciccarelli ai Wu Ming, “Grillo cresce sulle macerie dei movimenti”, Il Manifesto, 1 marzo 2013 (ora in http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=12104) e intervista di Giovanni Egidio ai Wu Ming, “A forza di iniettarsi dosi di male minore...”, La Repubblica, 12 marzo 2013 (ora in http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=12208). Vedasi anche Wu Ming, “Beppe Grillo leads yet another right-wing cult from Italy”, New Statement, marzo 2013, http://www.newstatesman.com/2013/03/grillismo-yet-another-right-wing-cult-italy.
  5. Intervista di Wu Ming 2 a Giuliano Santoro, “Un grillo qualunque”, 8 novembre 2012, http://www.wumingfoundation.com/giap/?p=10112.
  6. “La morte del togliattismo e il pope Gapon – Intervista a Toni Negri”, Radio UniNomade, 26 febbraio 2013, http://www.uninomade.org/morte-del-togliattismo-e-pope-gapon/.
  7. Daniel Rustici, “Luca Casarini: 'I grillini? Figli anche del G8 di Genova'”, Gli Altri, 14 marzo 2013,
    http://www.glialtrionline.it/2013/03/14/i-grillini-sono-anche-figli-del-g8-di-genovaintervista-a-luca-casarini/.
  8. Chicco Corini, “Mario Capanna: il Sessantotto e il Movimento 5 stelle”, Gazzetta di Parma, 11 marzo 2013 (ora consultabile:
    http://www.navecorsara.it/wp/2013/03/12/mario-capanna-il-sessantotto-e-il-movimento-5-stelle/).
  9. Vedasi i due interventi post elettorali http://il-main-stream.blogspot.com.es/2013/02/andare-votare-per-chi-annullare-la.html#more e
    http://il-main-stream.blogspot.it/2013/02/seppellire-i-morti.html.
  10. Vedasi il blog curato da Alberto Bagnai: http://goofynomics.blogspot.com.es/.
  11. Rispettivamente, Emiliano Brancaccio, “L'euro è ormai un morto che cammina. Occorre tentare una exit strategy 'da sinistra'”, pubblicato il 26 febbraio 2013 sul suo blog (http://www.emilianobrancaccio.it/2013/02/26/leuro-e-ormai-un-morto-che-cammina-occorre-tentare-una-exit-strategy-da-sinistra/) e Giorgio Cremaschi, “Ha perso lo spread e anche le banche”, pubblicato il 26 febbraio 2013 su http://sollevazione.blogspot.it/2013/02/ha-perso-lo-spread-e-anche-le-banche.html.
  12. Questi gli ultimi versi della canzone che colgono nel segno: “Al diavolo il Grillo Parlante / filosofo da baraccone / che è comico senza volerlo / drammatico con convinzione / Contate sul Grillo Parlante / sull'angelo vendicatore / che incassa denaro contante / contando sul vostro sacro furore”.
  13. Come ad esempio, “Grillo in sostanza propone / un'ambiguità tremenda: / il movimento è un'azienda, / un marchio con due padroni. / Con tanto di paroloni / moderni: con il found raising / coi brifing, con l'advertising, / e un comitato centrale / che gestisce il capitale: / ecco il Partito-Franchising.” Vedasi, http://www.davidriondino.it/images/diario_big.jpg.
  14. Guido Viale, “Rivoluzione civile, sotto la toga niente”, Il Manifesto, 27 febbraio 2013.
  15. Adriano Sofri, “La corsa del Pd tra Pugaciov e pm”, La Repubblica, 22 febbraio 2013.
  16. Enrico Deaglio, “L'Italia è l'unico paese al mondo con due populismi”, 26 febbraio 2013 (ora in
    http://www.inchiestaonline.it/dossier/elezioni-2013-dossier/enrico-deaglio-litalia-e-lunico-paese-al-mondo-con-due-populismi/).
  17. Si vedano i post in data 25 febbraio apparsi sul blog di Oreste Scalzone:
    http://orestescalzone.over-blog.com/article-prima-parte-115688351.html e http://orestescalzone.over-blog.com/article-epperchemmai-solo-5-115665582.html.