rivista anarchica
anno 43 n. 381
giugno 2013


politica

Luci (?) e ombre del M5s

di Igor Cardella


Il M5s si limita a solleticare ulteriormente la banale “morale del risentimento” popolare, già acuita dagli avvenimenti degli ultimi anni. E a ben guardare...

Premessa cinefila

Il primo film di Bryan Singer è l'ormai irreperibile Public access (1992), la storia di un tizio affascinante che si insinua in un paesino statunitense e, attraverso una trasmissione televisiva (chiamata opportunamente Our town) ospitata da una rete locale, inizia a scoperchiare il marcio che si nasconde sotto l'apparente atmosfera idilliaca del posto.
La pellicola di Singer, che all'epoca sembrò ai più (me incluso) un esercizio di stile privo di grossa sostanza, è ai miei occhi tornata di grande attualità per via delle vicende legate all'esplosione del Movimento 5 stelle di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.
Prima di soffermarmi però sul movimento in sé, dovrò fare un'ulteriore digressione.

Tra mafia e stato non mettere il dito

Sembra che un po' tutti sappiano che esiste una interrelazione ben precisa tra alcune fasce della politica e alcune fasce della criminalità organizzata, ma nessuno – se si escludono ovviamente gli anarchici e pochissimi altri coraggiosi – può dirlo pubblicamente e tutte le indagini volte ad investigare tale rapporto o si sono arenate (“Segreto di stato”, shhh...) o sono state insabbiate (con corollario anche di morti molto sospette, per “attacco cardiaco” o “malore” improvvisi). In ogni caso, sia stato che mafia (1) gestiscono potere e regolamentano la vita degli individui in senso biopolitico/economico. Sebbene sia ovvio constatare come esistano inevitabili punti di conflitto tra il potere istituzionale e il potere mafioso, l'ottimistica idea che siano due poteri paralleli (e quindi indipendenti e in assoluto contrasto l'uno con l'altra) si è inceppata almeno un cinquantennio fa; l'unica altra opzione disponibile è che queste due forze tendano a venire a patti. Sembra plausibile ipotizzare che ogni governo abbia dovuto fare i conti con questo potere occulto e che esista una sorta di “tregua” invisibile che fa sì che la malavita immetta nel potere istituzionale alcuni individui ad essa congeniali e che, in cambio, rinunci ad azioni plateali e ad uno scontro diretto con lo stato. Parlare di corruzione, quindi, soltanto – come fanno certe forze politiche – rappresentandola come uno o più individui che utilizzano i soldi della comunità per farsi gli affari propri fa perdere di vista il fatto, ben più grave, che la corruzione è l'inserimento della logica del malaffare organizzato all'interno di un'istituzione democratica. Detto in soldoni – e anche qui la lungimiranza del pensiero anarchico non smette di sorprenderci – il problema non risiede tanto nel fatto che un tizio si impossessi di milioni di euro della comunità per comprarsi ville in posti tropicali e per fare regali alle amichette, quanto che il suddetto tizio abbia attuato all'interno di un'istituzione una modalità para-mafiosa, modalità che tenderà ad essere comunque replicata indipendentemente dalla presenza o meno del tizio in questione.
Il problema, quindi, non è il soggetto istituzionale corrotto, è il fatto che ci sia una modalità perversa che regola le sue funzioni, i suoi poteri, le dinamiche inerenti la sua attività. Dire che la regione Lazio sarà meglio amministrata perché taluni indagati per corruzione sono stati esonerati è soltanto una mezza verità, dire questo significa pensare che basti cambiare uomini perché tutto migliori.
Nonostante questo, anche grazie a un'informazione da sempre connivente con le maglie della politica, è passato alla pubblica opinione il concetto che i problemi dello stato non fossero dovuti alle contraddizioni inerenti la sua stessa natura, bensì alla presenza di “mele marce” che ne inceppano i meccanismi perfetti.
Il Movimento 5 stelle – che a grandi lettere si propone come “forza democratica rivoluzionaria, non riformista” (2) – si pone, suo malgrado(?), in linea di continuità con tale presupposto.

Power to the peephole (Potere allo spioncino)

Negli ultimi mesi l'idea dominante veicolata dal M5s – ma non solo – è che in Italia basti cambiare gli uomini e abbassare il loro stipendio per migliorare la politica, che basti inserire in parlamento individui fuori dai circuiti tipici della politica “tradizionale”, provenienti dalle fasce marginali – ma non troppo, leggasi quanto scritto da Grillo a proposito degli extracomunitari – della società civile (disoccupati, precari, alternativi generici) e a digiuno delle manovre sottobanco insite alla pratica governamentale, per ridare credibilità, trasparenza ed efficacia all'attività politica stessa.
Scopo dichiarato del M5s è quello di fare entrare in parlamento nomi nuovi e utilizzarli quali veri e propri “controllori” delle attività parlamentari e politiche in genere. Molti cittadini hanno votato M5s perché solleticati dall'idea che in parlamento ci fossero dei disturbatori che, con i-phone alla mano, filmassero tutto ciò che avviene di “sospetto” per poi portarlo al pubblico dominio; una sorta di trasposizione fonetico/sostanziale del “power to the people” in “power to the peephole”, potere allo spioncino, al buco della serratura: un mandato parlamentare ricevuto per riportare al pubblico dominio ciò che nelle segrete stanze del parlamento si decide e si confabula. In questo, il M5s si è limitato a solleticare ulteriormente la banale “morale del risentimento” popolare, già acuita dagli avvenimenti degli ultimi anni, che vede i cittadini “stufi dei vecchi politici corrotti e arricchiti” (ma più per invidia che per reale indignazione morale) e attratti dall'idea che ci sia, nel panorama politico, una forza intenzionata a “ridurre drasticamente stipendi ed emolumenti della Casta”, di “beccarli con le mani nel sacco” e “mandarli tutti a casa” (perché, altro comma dell'abecedario del qualunquista che tanto ha giovato alla rinascita di Berlusconi e del suo partito, “alla fine sono tutti uguali”).
Che però questa dichiarata volontà di Grillo e del suo movimento di assolvere pienamente questa funzione di “spioncino” pubblico del malgoverno fosse assai velleitaria era cosa preventivabile per svariati ordini di motivi. In primis perché presuppone che i deputati grillini – sprovveduti e naif per statuto – sappiano perfettamente cogliere cosa è sospetto e cosa non lo è in parlamento, come se bastasse essere presenti in un luogo per “capire” cosa sta succedendo (3); in secondo luogo perché si affida ciecamente alla “deontologia” dei grillini nel mostrare realmente il marcio del parlamento, e non il “marcio di comodo” da gettare nell'arena mediatica per nascondere ciò che di realmente marcio accade. Oltretutto, a parlamento già costituito, il M5s – e il lìder màximo Beppe Grillo in particolare – ha palesato come a tutta questa ansia di mostrare al pubblico la politica al pari dei reality (tristissimo, anche da un punto di vista strettamente di entertainment, lo streaming della consultazione tra Bersani e Crimi/Lombardi del 27 Marzo 2013) non corrisponda un uguale tensione verso la trasparenza delle dinamiche interne al movimento (le cui riunioni si svolgono solitamente a porte chiusissime, senza alcuno che riprenda alcunché).
Fin qui abbiamo accennato a problematiche che potremmo definire interne e connesse all'attività politica: il mandato del cittadino ha fatto sì che il M5s avesse una certa rappresentanza, e – secondo le regole democratiche – può essere o meno riconfermato alle prossime elezioni in base alla maggiore o minore aderenza con le idee degli elettori che hanno espresso il voto in suo favore.
Esiste però un'angolazione differente dalla quale studiare il fenomeno M5s, partendo in particolare dall'enorme successo loro accordato durante le elezioni regionali in Sicilia.
Poniamoci una domanda: a chi giova che l'Italia sia ingovernabile, che ci siano non più due, ma tre forze politiche di peso, e che non ce ne sia una che abbia la maggioranza?

La criminalità organizzata e il voto

In precedenza si è accennato al fatto che stato e mafia sono sì inevitabilmente connessi nell'Italia odierna, ma sono anche in un certo qual modo in competizione, e all'indebolirsi dell'una corrisponde il rafforzarsi dell'altra. L'idea che ci sia una forza politica che spariglia un po' il gioco e che blocca sul nascere la possibilità di un governo “forte” di centrosinistra sembra potere allettare molto la criminalità organizzata; non è quindi impossibile pensare che una parte della criminalità organizzata abbia orientato il voto – spinta anche dai risultati delle regionali siciliane, nelle quali, da quanto è emerso da studi in merito, la mafia non si è schierata – verso il M5s. Il tutto, potremmo pensare, senza che gli appartenenti al movimento abbiano fatto niente per attirare i voti della malavita. Possibile, ma almeno un elemento suscita quantomeno qualche dubbio: la frase declamata pubblicamente da Grillo, a Palermo, nell'aprile 2012, in occasione della presentazione del candidato sindaco Riccardo Nuti, “La mafia non ha mai strangolato i suoi clienti, si limita a chiedere il pizzo” (4), strana soprattutto perché insolita per un “giustizialista” come lui.
La mafia avrebbe altresì grande interesse che al finanziamento pubblico ai partiti fosse sostituito il finanziamento da privati, per ragioni quantomeno ovvie: chi meglio delle mafie avrebbe interesse a finanziare i governi? Dalla trattativa stato-mafia si passerebbe al rapporto di lavoro parasubordinato (oserei dire co.co.pro., perché a tempo determinato e a progetto) con la malavita a fare da committente privilegiato.
Sarà un caso, ma uno dei punti programmatici del M5s è l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.

Epilogo cinefilo

Alla fine di Public access il protagonista, il “rivoluzionario” che parlava alla pancia dei cittadini e che sembrava dover scoperchiare il marcio del paese, si rivela il sodale di un potente del luogo, e la sua trasmissione solo la copertura per potere infangare e mettere in cattiva luce gli avversari politici del potente. L'apparente rivoluzionario, dunque, si palesa quale vero garante del mantenimento dell'ordine costituito, se non addirittura colui che sposta in direzione ancora più oscurantista il baricentro politico della cittadina. Pensate che sia stato un film profetico? Spero di no, ma temo di sì. Più passa il tempo, più il M5s – che inspiegabilmente, almeno dal mio punto di vista, sembra avere affascinato anche personalità provenienti dall'area libertaria – sta palesando le ombre tenute parzialmente celate dall'abbagliante luce dell'antipolitica. Più passa il tempo, più nella sformata sagoma di Grillo intravedo quella, filiforme ma ugualmente untuosa, del conduttore di Our town.

Igor Cardella

Note

  1. Per semplicità, oltre che per l'etnocentrismo dovuto alle origini siciliane di chi scrive, le varie tipologie di malavita organizzata (sacra corona unita, camorra, 'ndrangheta, ecc.) saranno riunite nel termine comprensivo mafia.
  2. Dal blog di Gianluca Vacca, deputato del Movimento, http://gianlucavacca.blogspot.ie/2013/03/unoccasione-persa-lennesima-non-per-noi.html.
  3. Questo mi ricorda quell'attitudine, tipicamente siciliana, connaturata a certe persone che, pensando di operare un controllo inflessibile sui dottori che hanno in cura i loro familiari, li seguono costantemente e li tempestano di domande, domande la cui risposta non capiscono perché, ovviamente, non sono dottori e sanno ben poco di medicina.
  4. Vedi Repubblica.it:
    http://www.google.com/url?sa=t&rct=j&q=grillo%20la%20mafia%20non%20strangola&source=web&cd=1&cad=rja&ved=0CC8QFjAA&url=http%3A%2F%2Fvideo.repubblica.it%2Fdossier%2Famministrative-2012-voto-palermo-genova-parma-verona-aquila%2Fgrillo-la-mafia-non-strangola-la-crisi-si%2F93885%2F92275&ei=ZNp_UaCaHsr24QSDioFI&usg=AFQjCNH33o9sj1NM-zl660g9cp750mAGJg&bvm=bv.45645796,d.bGE