rivista anarchica
anno 43 n. 381
giugno 2013


letture

Sfida laica all'Islam

di Michel Onfray e Hamid Zanaz


Si intitola così il volume dell'algerino Hamid Zanaz appena pubblicato da Elèuthera.
Un'analisi critica, molto critica, della religione di Maometto, di cui viene dichiarata l'impossibilità di una versione “illuminista”, compatibile con i valori di uguaglianza, rispetto, diritti umani (e delle donne).
Ne proponiamo in questa pagina la premessa di Michel Onfray e la prefazione dell'autore all'edizione italiana.


Come i pensatori dell'Illuminismo

di Michel Onfray

Il “politicamente corretto” della nostra epoca trasforma in islamofobo chiunque abbia l'audacia di ritenere giusto il pensiero dei filosofi dell'Illuminismo in merito a religione, laicità, democrazia, ragione e filosofia. Ebbene, questa parola, islamofobo, è stata inventata di sana pianta dai mullah per screditare chiunque non sia musulmano come ortodossia comanda. Tanto che l'impiego di questo termine situa chi lo sceglie dalla parte degli integralisti religiosi. Ma la nostra epoca non ha alcuna ragione di inquietarsi: l'intellettuale non è forse destinato a sposare in massa tutte le cause totalitarie del suo tempo? Infatti, chi fra i letterati, i filosofi e gli altri pensatori non è stato fascista, nazista, comunista, stalinista, maoista, trotzkista nel corso del XX secolo, così ricco di forche e carneficine?
Da qui deriva il merito ancora maggiore delle rare parole di Hamid Zanaz, che in maniera molto appropriata sottotitola l'opera La religione contro la vita. Perché l'autore “dice pane al pane e vino al vino” e dunque afferma in modo netto ciò che ogni persona di buon senso dovrebbe dire forte e chiaro: l'islam è intrinsecamente incompatibile con i valori dell'Occidente, che sono l'uguaglianza fra uomini e donne, l'uguaglianza fra credenti e non-credenti, l'uguaglianza fra le condotte sessuali, l'uguaglianza tra i popoli.
Tali affermazioni convalidano la Dichiarazione dei diritti dell'uomo, e un musulmano non può sottoscriverle, non per ragioni congiunturali, ma per ragioni strutturali, dal momento che la sua religione ignora la separazione fra spirituale e temporale e postula nel testo stesso del Corano l'ineguaglianza fondamentale tra l'uomo e la donna, il credente e il non-credente, il musulmano e il non-musulmano, il fedele e l'apostata, tra il discepolo di Allah e quello di un altro Dio.

Tolleranza ma non per gli intolleranti

Bisogna leggere il Corano, gli hadith e una biografia di Maometto per poter parlare di questa religione senza dire sciocchezze e senza accontentarsi di riprodurre i discorsi rassicuranti di un'epoca che proclama ai quattro venti che l'islam è una religione di pace, tolleranza e amore. Hamid Zanaz spiega in lungo, in largo e persino in obliquo che non è affatto vero e che difendere una simile idea riporta in auge la vecchia figura degli “utili idioti” che difendevano a tutti i costi l'indifendibile marxismo-leninismo durante la guerra fredda. Per confermare tale giudizio basterebbe leggere i giornali e tenersi al corrente sull'esistenza che conducono le popolazioni, gli stati e le nazioni che vivono sotto un regime intellettuale islamico. Cosa che l'autore fa.
Hamid Zanaz afferma l'impossibilità di un islam illuminista, di una laicizzazione di questa religione. E riduce in briciole l'ipotesi di una rilettura contestualizzata, sostenendo che i versetti di una sura misogina, fallocratica e machista possono certamente essere messi in prospettiva, prendendo in considerazione la storia, le condizioni di scrittura, il contesto tribale, ma comunque li si rigiri questi versetti affermano l'inferiorità delle donne, la necessità che si coprano i capelli, la loro inferiorità giustificata e attestata nello stesso ambito della legge (per esempio, le donne contano meno degli uomini nelle testimonianze e negli assi ereditari), il matrimonio combinato, o per meglio dire forzato, le unioni di ragazze giovanissime con maschi adulti, le mutilazioni sessuali ecc. Che fare allora? Di certo non adattarsi, ci dice l'autore, ma passare ad altro, andare oltre. Da qui il senso degli autori scelti per aprire i capitoli: Nietzsche, Hugo, Sartre, Russell, Beauvoir, Voltaire. Da qui anche l'elogio dei valori messi a punto dalla filosofia dell'Illuminismo: la tolleranza, ma non per chi la impedisce e la combatte con un sistema repressivo, carcerario, militare; l'uguaglianza dei sessi; la libertà di espressione; la laicità e la netta e chiara separazione tra l'ambito temporale e l'ambito spirituale; la democrazia definita come il libero esercizio della libertà di parola; l'educazione alla libertà e non l'indottrinamento all'oscurantismo; la fiducia riposta nella filosofia atea (“il mestiere del filosofo implica l'ateismo”, dice superbamente Zanaz) in quanto disciplina di liberazione delle coscienze e di costruzione di un giudizio autonomo; la costruzione di un individuo post-islamico, poiché in terra non occidentale l'individuo non esiste, contano solamente la tribù, la comunità, il gruppo; la scelta di un modo di vivere edonista nel quale i piaceri del corpo non siano considerati altrettante vie di accesso alla dannazione.
Hamid Zanaz parla, nel segno di Schopenhauer e dunque con una chiarezza pervasa da melancolia, di “fascismo verde”. L'espressione è pesante, ma è stata accuratamente soppesata. Nessuna spacconeria, nessuna provocazione, nessuna sfida, nessuna fanfaronata in questo libro; niente insulti o disprezzo per il Profeta; niente ingiurie, insolenze o sarcasmi; nessuna inutile incitazione all'odio; semplicemente, un lavoro da filosofo, come facevano i pensatori dell'Illuminismo in un secolo in cui bisognava far avanzare le idee in nome delle quali si contribuiva ad aumentare la libertà, l'uguaglianza, la fratellanza, la solidarietà, l'equità, la giustizia: una battaglia che permane crudamente attuale...

Michel Onfray



Islam: religione e stato

di Hamid Zanaz

La “primavera araba” è una montagna che ha partorito un topolino.
In Egitto, come del resto ovunque nel mondo arabo, gli islamisti dominavano già la piazza; adesso hanno sia la piazza, sia il potere.
E ormai nessuno può mettere al riparo il paese dal loro oscurantismo. La Libia è anch'essa sulla via di Allah. Lo Yemen non potrebbe essere altro che islamista… I giovani arabi liberali sono poco numerosi. Verranno presto marginalizzati, al pari dei loro predecessori razionalisti in quella che viene sbrigativamente chiamata “civiltà islamica”. Di contro, gli islamisti tunisini troveranno non poche difficoltà a mettere a tacere i democratici tunisini.
Per quanto riguarda le donne, la situazione è sostanzialmente simile, anche se la Tunisia non è lo Yemen. E nonostante la Libia non sia l'Egitto, tutto sommato lo sguardo retrogrado dell'ideologia islamica nei confronti della donna è praticamente lo stesso. In tutti i paesi si afferma che la donna è inferiore all'uomo. Nessuno, o quasi nessuno, osa confutare apertamente i versetti coranici che sostengono l'inferiorità della donna: non c'è dibattito possibile di fronte ai versetti coranici. Un riesame critico dello statuto delle donne nel corpus giuridico viene condannato da tutti i musulmani. E in mancanza di un superamento dell'ideologia islamica, la condizione della donna in questi paesi non può che rimanere inumana. Allo stato attuale, modificarla equivarrebbe alla quadratura del cerchio!
Le dittature islamiche non hanno represso gli islamisti perché questi ultimi erano oscurantisti, un'idea spesso ripetuta ma del tutto fuorviante. Li hanno repressi solo perché questi ultimi volevano prendere il potere. Ma di fatto i dittatori arabi condividevano con gli islamisti la stessa ideologia. Scuole, piazze, sindacati... ogni cosa era già stata lasciata nelle mani degli islamisti. Governavano già indirettamente la maggior parte dei paesi arabi. Ora però sono passati direttamente al comando. Il voto al posto del colpo di stato.

Pesci nell'acqua

Tutto è stato organizzato in modo che gli islamisti vincano le elezioni, dappertutto. Perché? Perché in questi paesi non c'è politica: la gente vota per un progetto sociale, non per un progetto politico. I regimi dittatoriali hanno ucciso il politico e incoraggiato il religioso.
I Fratelli musulmani, in Tunisia e in Egitto, dicono di ispirarsi a un “islam moderato” sull'esempio della Turchia di Erdogan... Ma in Turchia l'islamismo è giunto al potere in uno stato laico, o quasi. La laicità ha preceduto l'islamismo. Ed è quest'ultimo che ha dovuto cercare di adattarsi. Invece nel mondo arabo è esattamente il contrario. Non vi è alcuna istituzione statale forte. Erdogan è condannato a essere “moderato”, la sua non è affatto una scelta. In un angolo del suo cervello sopravvive ancora l'impero islamico ottomano. E malgrado una Costituzione laica, ha continuato a rimettere in discussione la laicità dello stato da quando è salito al potere. Proprio lui, che aspira a vedere il suo paese accettato nell'Unione Europa, ha appena dichiarato in Germania che l'assimilazione dei musulmani in Europa è un crimine contro l'umanità!
In mancanza di uno stato forte, l'islamismo arabo crea il suo proprio stato: un'entità religiosa che applica la sharia alla lettera, come in Arabia Saudita.
Perché gli islamisti trionfano? Perché nuotano in tutte le società arabe come pesci nell'acqua. A dire il vero, se non fosse per la barba e il velo, sarebbe molto difficile individuare le differenze tra “musulmani” e “islamisti”. Nel corso dei due decenni successivi alle indipendenze ci è stato ficcato in testa che l'islam è un Tutto, religione e stato. Svuotando accuratamente le teste a scuola, sono state aperte le porte all'oscurantismo, che si è infiltrato senza fatica negli animi. E oggi si raccoglie ciò che è stato seminato. L'educazione islamica è obbligatoria in tutti i percorsi scolastici. Nessuno può sfuggirle. E ai bambini si insegna tutto: come fare le abluzioni rituali, come pregare, come digiunare, come difendere l'islam, e persino come preparare un morto, come lavarlo prima di seppellirlo.

Espellere la religione dalla sfera pubblica

A medio termine, i governi occidentali europei non avranno problemi ad accordarsi con i nuovi governi islamici al potere, proprio come hanno sempre saputo accordarsi con i despoti arabi. Di fatto, l'Occidente è in via di islamizzazione da almeno due decenni; senza aspettare la “primavera araba”, si è già ben addentrato nell'inverno islamico. Ma il futuro dell'Occidente e del mondo intero sarà laico o non sarà affatto, perché le religioni portano la guerra come le nuvole portano la pioggia.
L'unica soluzione è dunque espellere la religione dalla sfera pubblica, renderla un fatto privato: la religione a casa sua e lo stato a casa sua, come diceva Victor Hugo. Legiferare senza tener in alcun conto la religione. Il primato è della cittadinanza. È il credente a doversi adattare alle istituzioni, non il contrario. Come disgraziatamente già avviene in Europa.
Con le loro narrazioni e i loro culti, con la loro irrazionalità, le religioni infantilizzano i loro adepti, in particolare le donne. Nell'islam, la donna è considerata minorenne a vita. Ma il pericolo più grande è la guerra, è l'odio, è la competizione fra le religioni.
Tuttavia, nulla è ancora acquisito in maniera definitiva. Le minacce sono esplicite e alcuni politici, insieme ad alcuni esponenti del circuito mediatico, capitolano, rifiutando di vedere il pericolo nonostante sia visibile a occhio nudo. Le tre grandi sette monoteiste si alleano tatticamente contro i diritti universali dell'uomo.
Hanno un nemico comune da abbattere: la laicità alla francese. La Bruxelles dei deputati europei non porta nel cuore questa stessa laicità. Nei prossimi anni vedremo elargite concessioni ferali alle religioni e soprattutto alla più fortunata di loro, ovvero l'islam. Se le altre religioni hanno quasi digerito la propria sconfitta, l'islam invece, aiutato da ogni genere di vigliaccherie, non vuole abdicare.
Molto si è scritto sull'islam, ma i libri che affrontano la sua vera problematica, ovvero la relazione fra islam ed estremismo, sono assai rari. Tale relazione intrinseca è il grande impensato davanti al quale l'élite musulmana si vela il viso e a furia di commenti e glosse complica ancora di più le cose.
Perché? A mio parere ci sono due ordini di ragioni differenti. In primo luogo, i musulmani di nascita o musulmani etnici, credenti o meno, non osano mettere in discussione la società, perché nel suo complesso questa è strettamente intrecciata alla religione islamica, e tutti costoro hanno paura di tradire qualcosa di profondamente radicato. In secondo luogo, gli occidentali, per prudenza e per timore di essere accusati di razzismo, di neocolonialismo e di islamofobia, tacciono o rimangono acquiescenti. Accademici, scrittori, giornalisti, saggisti, nati musulmani o meno, antepongono la loro carriera individuale alla verità e alle sue conseguenze. Tra cui i processi, che in particolare temono dato che è così facile a livello giuridico far passare la critica all'islam come odio per i musulmani.

Tutti costoro non si pongono mai le domande corrette che invece devono essere poste:
- Perché il mondo arabo esita sempre fra tradizione religiosa e modernità senza pervenire a un superamento di questa contraddizione?
- Perché il rischio di passare da una dittatura imberbe a una dittatura barbuta continua a essere plausibile?
- Perché alla pseudo-primavera araba rischia di seguire un autunno infinito?
- La specificità dell'islam avrà qualcosa a che fare con tutto ciò?
- L'islamismo è un figlio legittimo dell'islam?
- Il jihad è una sfida spirituale o una guerra santa?
- Si può abbandonare l'islam?
- Quali sono le ragioni del malessere europeo nei confronti dell'islam?
- Si tratta di islamofobia o di ragionevole paura dell'islam?
- Il repubblicanesimo e le altre teorie affini devono evitare di scioccare le sensibilità altrui o devono sottoporre le religioni, islam compreso, al fuoco della critica razionale?
- L'intellettuale deve aiutare le masse a uscire dalla servitù volontaria o deve confortarle nelle proprie convinzioni religiose?
Albert Einstein ci aveva già messo in guardia: “La follia è continuare a rifare la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi”.

Hamid Zanaz