rivista anarchica
anno 43 n. 382
estate 2013




Milano/Libreria ex Cuem,
per non restare sul Vago

Nell'ottobre 2011 la storica libreria universitaria Cuem chiude i battenti per debiti e falso in bilancio, lasciando la libreria Cusl, di cui sono noti i collegamenti con Comunione e liberazione, in sostanziale regime di monopolio. Viene occupata nell'aprile 2012: “Abbiamo occupato perché sentiamo l'esigenza di creare un luogo che agisca da catalizzatore per la circolazione di saperi critici all'interno della struttura universitaria; abbiamo occupato perché partendo da noi stessi, dai nostri sogni e interessi, vogliamo mettere in discussione il sistema didattico tramite ciò che chiamiamo per-corsi”.
Gli occupanti danno immediatamente vita ad una serie di attività culturali di alto livello, che affiancano il tentativo di tenere in vita il tradizionale ruolo di fornitura di testi e dispense, che l'ex Cuem distribuisce ora senza profitto.
In pochi mesi si susseguono presentazioni di libri, Per-Corsi, festival di editoria indipendente e concerti, aperti a tutti. Ascanio Celestini, Marco Philopat e Gustavo Esteva sono solo alcuni degli autori che sono passati dalla libreria, non come “ospiti” ma come simili, affini, sodali.
Milano, Università Statale, 6 maggio 2013. Il locale
dell'ex Cuem dopo gli interventi che durante
il week end hanno reso inagibile il luogo

Oltre alle iniziative organizzate, l'aspetto più interessante è ovviamente la nuova modalità di gestione della libreria: assemblee quotidiane aperte agli studenti scandiscono la vita del luogo e producono documenti, dibattiti in cui finalmente la dimensione del nozionismo accademico si mescola con le esperienze di vita degli studenti in modo diretto, autogestito. È anche un'occasione più unica che rara di confluenza e confronto per persone provenienti da percorsi politici di diversa matrice, dentro e fuori dall'università.
La reazione del rettorato all'occupazione non si fa attendere: in pochi mesi sono due gli sgomberi, ad agosto e settembre. Ogni volta vengono chiuse le entrate, ogni volta gli occupanti vi rientrano. Le destinazioni previste dal rettorato sono, nell'ordine, distributori di merendine, servizi ai disabili e infine “servizi agli studenti”, solo dopo aver emesso un bando per le associazioni studentesche che viene forzato dall'evidente impossibilità di utilizzare ormai quegli spazi in un modo non gradito agli studenti. L'ex Cuem decide di non prendere parte al bando, che comunque viene disertato e di cui non sono ancora stati resi noti i risultati.
Nel frattempo la vita dell'ex Cuem procede come al solito e ad aprile 2013 si festeggia un anno di vita con una tre giorni di eventi in ateneo, fra cui un murales per Primo Moroni e il primo festival universitario di editoria indipendente.
Poi, lunedì 6 maggio, la sorpresa. Nel week end l'università ha fatto sgomberare la libreria. Sgomberare non è il termine adatto: “Stamattina, arrivati in università, abbiamo trovato una sorpresa che non ci aspettavamo. La libreria è parecchio cambiata. I libri, gli scaffali, il bancone, la cucina, la sala prove non ci sono più. Il pavimento è stato divelto, i muri abbattuti, le bacheche distrutte. Il caos che regnava in libreria ha lasciato il posto a un surreale, inumano ordine,come quello che si percepisce dopo un incendio. Quindi, questo è un comunicato di ringraziamento.
Grazie per aver lavato gli ultimi piatti che rimanevano dalla cena di venerdì. Grazie per averci spostato quella fotocopiatrice che nessuno si azzardava a toccare per paura di trovarci sotto forme di vita sconosciute. Grazie per aver tolto i tavoli, quel colore arancione faceva a pugni col grigio delle pareti. Grazie per aver tolto le porte – da tempo si pianificava di rendere più attraversabile lo spazio Cuem. Grazie per aver abbattuto il muro, il muro non è un concetto che ci piace, anzi già che ci siete la prossima volta abbattete anche quelli esterni, così saremo liberi di scorrazzare tutti i giorni per l'università. La Cuem è casa nostra. Per questo, ce la riprenderemo”.
Quella che inizia è una settimana intensa, convulsa. Alla notizia dello sgombero si raduna una grossa folla, che dopo una partecipata assemblea nell'atrio principale dell'università decide di fare un corteo interno all'ateneo, conclusosi con l'occupazione di un'auletta vuota, utilizzata unicamente per affittarla ai privati. Nel frattempo giunge la notizia che la celere si è posizionata fuori dall'università. Anche se un effettivo intervento sembra improbabile, l'assemblea decide di opporre resistenza passiva. Ma improvvisamente la celere entra e carica a freddo per spingere gli studenti fuori dall'università: quattro studenti in ospedale.
La rabbia è tanta, la Statale è stata sfregiata: da lungo tempo la celere non entrava in università, doveva venire eletto il progressista Vago perché la dialettica interna all'ateneo venisse nuovamente intesa come questione di mero ordine pubblico. A questo punto lo scenario è paradossale: l'assemblea-presidio continua, ma si trasferisce fuori dai cancelli dell'università, mentre centinaia di studenti sono “chiusi dentro” dalla polizia, che blocca gli accessi.
Milano, Università Statale, maggio 2013.
L'ex Cuem itinerante, nei giorni dello sgombero

I giorni successivi si susseguono fra assemblee partecipate, digos nei cortili interni all'ateneo e una lettera in cui Gianluca Vago rivendica la decisione di chiamare le forze dell'ordine, una “scelta difficile, presa a salvaguardia dei diritti degli studenti e dell'intera comunità universitaria, oltre che a tutela della dignità dell'istituzione pubblica”. Ma la notizia più importante è che la ex Cuem è stata già rioccupata e sono iniziati immediatamente i lavori di ripristino.
Mercoledì il giorno dello sfregio ulteriore: il Cda e il senato accademico votano in seduta congiunta a favore di una mozione che approva l'operato del rettore. Le liste studentesche si allineano senza eccezioni, l'unico voto contrario proviene dai lavoratori della Statale iscritti a Cgil e Usb.
Infine venerdì il rettore diserta una conferenza sottraendosi nuovamente al confronto diretto con gli studenti, nonostante i proclami. Inoltre si decide di rimanere in università anche al week end, per evitare un altro sgombero.
Assordante è il silenzio del corpo docente e del sindaco di Milano. Non una parola viene spesa per quello che è un atto intollerabile per una città sedicente civile.
Non da meno è la freddezza con cui molti, troppi studenti hanno avallato il comportamento del rettore, fino all'incredibile voto unanime in senato accademico. L'università è stata scossa e il grosso degli studenti non ha saputo prendere una posizione, interrogarsi su quanto è accaduto, forse nemmeno comprendere cosa succede sopra le loro teste. Molti si augurano un nuovo sgombero, e le macchinette al posto dei libri. Forse, prima o poi, verranno accontentati. Nel frattempo però il contagio non si ferma: è stata occupata anche l'ex libreria Cuesp a scienze politiche.

Dario Clemente

Per saperne di più

Il video Sgombero dell'ex Cuem, cronaca di una follia: www.youtube.com/watch?v=q0FEXCW2-Go
Per leggere il comunicato completo del 6 maggio: https://www.dropbox.com/s/lfia92i5vgmbpic/comunicato%20sgombero%206%20maggio.odt
Per gli altri comunicati, le iniziative passate e future:
excuem.noblogs.org
Per una cronologia degli eventi, le iniziative di solidarietà e una breve rassegna stampa: www.cantiere.org/art-04095/sgomberata-e-demolita-standup4excuem.html.




Ricordando
Silvia Francolini

Se n'è andata mercoledì 10 aprile, dopo una lunga lotta contro la malattia, Silvia Francolini. Accade a Losanna, città in cui aveva scelto di vivere con il suo compagno Ismael Zosso, ed Emilio, il loro figlio di appena due anni.
Nata a Fano nel 1977, Silvia si era laureata in lingue e letterature straniere moderne, contemporaneamente lavorando e impegnandosi nei collettivi libertari fanesi, primo fra tutti quello che negli anni '90 mise sotto l'attenzione cittadina il grave problema dell'assenza di spazi autogestibili dai giovani nella città addomesticata dai partiti e dalla convivialità commerciale (epiche alcune occupazioni di stabili sfitti sotto la giunta Pd).
Silvia, proveniente da una famiglia di solida cultura operaia, è culturalmente molto preparata sulla storia dei movimenti antirazziali e del movimento Black panters, e ha portato a Fano in quegli anni interessanti iniziative, tra le quali quelle di sensibilizzazione contro la pena di morte negli Usa (ricordiamo la campagna per la vita di Mumia Abu Jamal o quella per il nativo americano Leonard Peltier). Nel frattempo si è occupata dell'attività della sezione fanese della Federazione dei comunisti anarchici, attiva nel movimento politico provinciale per le lotte sindacali, i diritti civili, l'antirazzismo, nella piccola sede di via G. da Serravalle 16, ora Infoshop, e ha anche di recente contribuito alla costruzione del Centro studi Franco Salomone, con sala riunioni e biblioteca, nel quartiere “dormitorio” di Fano2.
Da alcuni anni viveva in Svizzera, lavorava come insegnante, era attiva presso il Centro internazionale di ricerche sull'anarchismo, Cira, di Lausanne, luogo internazionalmente noto presso il quale si era formata come archivista, dando manforte al lavoro di archiviazione di documenti in lingua italiana e supportando molte attività multilingue. È stata presente a iniziative “ponte” tra lingue e culture nell'ambito dell'anarchismo, in ultimo al raduno internazionale di Saint Imier.
Il suo amore per la sua città d'origine, Fano, l'ha vista tentare diverse volte un ritorno, nonostante la congiuntura economica sfavorevole; Silvia, amava il sole e il mare, il dialetto e la cucina fanese, proprio a lei e al suo compagno si deve il varo di un'impresa di pedagogia tutta mirata al porto di Fano e al mare, “Passaporto”, integrata e originale.
Nonostante i tanti interessi che la legavano al territorio (ricordiamo anche la sua partecipazione a seminari e spettacoli del centro danza Hangart di Pesaro), come succede per tante giovani persone italiane, il lavoro l'ha tenuta a lungo altrove. Certo è riduttivo parlare di “fuga dei cervelli” per persone che come lei hanno dato tanto in calore umano, passione politica e affetto, alla sua città. Silvia è riuscita, anche in questi ultimi anni, a costruire ponti tra due realtà apparentemente lontane, come le sue due città, Losanna e Fano, e da questo pensava di trarne un pamphlet ironico che raccontasse la Svizzera vista da una italiana, anzi da una marchigiana.
Quante risate alla descrizione del vago odore di benzina che si sollevava dal lago di Losanna al primo raggio di sole primaverile, quando le famiglie svizzere fanno capolino per una grigliata, e i capifamiglia armeggiano al barbecue in pantaloncini rigorosamente color kaki!
In questo momento in cui sembra sempre che, dopo tanti passi in avanti su quei ponti, la sua scomparsa ci faccia improvvisamente tornare indietro, siamo vicine/i al suo compagno, Ismael Zosso, e al piccolo Emilio, perché quei ponti, fatti di umanità, di presenze tangibili e corporee, di sapori e parole, restino percorribili in entrambi i sensi, e il senso della passione umana e politica di Silvia, siamo sicure/i, ci sosterrà sempre nei tragitti.
Animiamo questo momento di sconforto e gelo con gli ideali e il vino rosso che condividiamo con Silvia.

Francesca
per Femminismi.it



Ricordando Roberto Denti/1
Se l'editoria italiana per l'infanzia...
Roberto Denti

Lo scorso marzo, quando ho chiesto a Gianna, la sua inseparabile compagna, se ci saremmo visti, come ogni anno, a cena di una comune amica bolognese in occasione della fiera del libro per ragazzi, mi aveva detto che si sentivano tutti e due stanchi e che per la prima volta avrebbero disertato Bologna. Ma era il cinquantesimo della fiera e alla fine eccoli lì, mano per mano come sempre, e Roberto, che per mezzo secolo era stato tra i principali animatori e protagonisti della fiera, non si era risparmiato, con interventi, incontri e conferenze e la voglia di raccontare la sua esperienza, di trasmettere la sua passione per la letteratura per l'infanzia. L'ho visto così l'ultima volta, alla fine di marzo, in un padiglione della fiera, circondato da giovani, mentre parlava instancabilmente di libri, di progetti, di illustrazioni...
Per qualcuno Roberto Denti è stato solo il titolare della Libreria dei ragazzi. Dico “solo”, ma tanto basterebbe per ricordarlo in modo degno. La sua è stata la prima libreria dedicata ai piccoli e ai giovani lettori nata in Europa, nel 1972, ed è stata di esempio per tante altre iniziative analoghe che dagli anni sessanta a oggi sono nate e continuano a nascere. È tra quegli scaffali che ha promosso la lettura dei libri di tanti scrittori italiani per l'infanzia, che non a caso sono stati suoi amici, come Gianni Rodari, Pinin Carpi o Bianca Pitzorno.
Ma Roberto è stato anche un prolifico scrittore, autore di libri per bambini, dai quali emerge costante il gusto di raccontare e una riflessione sulla diversità, di libri per adolescenti, come Tra noi due il silenzio, dove non esita a parlare direttamente di sessualità, di libri per adulti, come Incendio a Cervara, un romanzo mascherato da inchiesta etnografica, sull'evoluzione e i cambiamenti sociali di un borgo dell'Appennino. Anche i suoi interventi di saggistica sono stati decisivi. Mi limiterò qui a ricordare I bambini leggono, che è un'analisi delle vicende culturali italiane dal punto di vista dei piccoli lettori, e le fondamentali Conversazioni con Marcello Bernardi, pubblicato da Elèuthera nel 1991, che affronta tutti i temi delle relazioni tra bambini e adulti in un'ottica libertaria.
L'impegno politico e antifascista della sua giovinezza – non ancora ventenne si era unito alla lotta partigiana, come racconta nel suo libro autobiografico La mia Resistenza – si è costantemente tradotto in uno schierarsi costantemente dalla parte dei più piccoli, contro ogni forma anche subdolamente autoritaria che cerca di impedirne una libera crescita.
Ma qui voglio soprattutto ricordarlo come un uomo gentile, pronto ad ascoltare le opinioni degli altri, generoso, capace di profonde amicizie e sempre disposto a dare una mano a tanti autori e illustratori come lui impegnati a offrire letture e immagini preziose per le bambine e i bambini.
Se l'editoria italiana per l'infanzia ha oggi una certa qualità e gode di un prestigio notevole sul piano internazionale, è in parte non secondaria per merito suo.

Guido Lagomarsino



Ricordando Roberto Denti/2
Partigiano, libraio, educatore, scrittore

Ho avuto la fortuna di conoscere Roberto Denti alla fine degli anni settanta. Lui, insieme a Gianna Vitali, aveva aperto nel 1972 la Libreria dei ragazzi che presto era diventata un punto di riferimento per insegnanti e ragazzi e luogo di riflessione su temi pedagogici. Noi avevamo aperto all'inizio del 1977 la Libreria Utopia con il progetto di diffondere la cultura libertaria e nei cicli di conferenze che periodicamente organizzavamo il tema della pedagogia e dell'educare alla libertà era inevitabilmente presente, e di conseguenza c'era lui che intorno alla lettura creava mondi meravigliosi. E insieme a lui venivano a parlare altri due grandi “educatori” suoi amici fraterni: Marcello Bernardi, pediatra fuori dagli schemi e autore di libri che hanno “formato” intere generazioni di genitori intelligenti, e Mario Lodi, maestro elementare a Piadena e fantastico animatore del Movimento di cooperazione educativa che ha portato una ventata di libertà nella asfittica e ingessata scuola italiana.
Le nostre ultime occasioni di incontro sono state nel 2003 durante un ciclo di conferenze sulla scuola (insieme a lui c'erano Mario Lodi, Raffaele Mantegazza, Giuseppe Pontremoli, Marco Rossi Doria per i maestri di strada di Napoli...) e nel 2004 in occasione di un incontro per ricordare Giuseppe Pontremoli, scrittore per ragazzi scoperto proprio da Roberto Denti e grandissimo insegnante. Sempre, in ogni occasione, lui sapeva trasformare ogni domanda in racconto, ogni racconto in avventura, ogni avventura in occasione di crescita e divertimento. Non è così comune, no? Forse davvero per essere buoni educatori è necessario aver mantenuto vivo il bambino che siamo stati, come ha fatto lui.

Fausta Bizzozzero



Ricordando Nunzio Pernicone/
Dentro la storia dell'anarchismo di lingua italiana negli Usa

Nella notte fra il 29 e il 30 maggio si è spento negli Stati Uniti, stroncato da un male incurabile, Nunzio Pernicone, professore di storia alla Drexel University di Filadelfia.
In Italia il suo nome non è noto a tutti. Di suoi lavori sono apparsi da noi solo l'autobiografia di Carlo Tresca e l'introduzione a un volume delle Opere complete di Malatesta. Tuttavia, nel mondo di lingua inglese il suo nome è sinonimo di storia dell'anarchismo italiano. Figlio di un anarchico, Pernicone aveva respirato sin da ragazzo l'atmosfera dell'anarchismo italo-americano newyorkese, acquisendo familiarità con gli ambienti dell'Adunata dei refrattari. Questi contatti costituiranno il suo legame diretto col movimento di cui poi scriverà la storia. Il suo Italian Anarchism, 1864–1892, del 1993, è il testo base in lingua inglese sull'argomento. Sua è anche la biografia Carlo Tresca: Portrait of a Rebel. Entrambi i volumi sono stati recentemente ristampati da AK Press.
Pernicone è apparso in tre documentari e un programma radio sul caso Sacco e Vanzetti. Fra i suoi più importanti articoli vi sono: “Carlo Tresca and the Sacco-Vanzetti Case”; “Luigi Galleani and Italian Anarchist Terrorism in the United States”; “Murder Under the 'El': The Greco-Carrillo Case”; e “The Case of Pietro Acciarito: Accomplices, Psychological Torture, and Raison d'État”. Aveva due progetti in cantiere: la prosecuzione fino al 1900 della sua storia dell'anarchismo italiano, e il libro Propaganda of the Deed: Italian Anarchists and Political Violence in the 19th Century, del quale aveva completato da poco il manoscritto.
Dopo Paul Avrich, suo amico, l'anarchismo perde con Pernicone un'altra voce preziosa, che molto ha fatto per restituire ad esso la dignità storica spesso negatagli.

Davide Turcato