rivista anarchica
anno 43 n. 382
estate 2013


A piedi nudi nel soggiorno

di Paolo Pasi


Fu un sogno meraviglioso. Era il più grande e talentuoso ballerino di tiptap di tutti i tempi. Pur senza avere una precisa percezione del tempo, gli era sembrato di ballare per ore su un palcoscenico davanti alla buia platea, ammutolita e ammirata. I passi armonici e cadenzati calavano sulla musica con scioltezza e obliquo trasporto. Era passato dallo swing al boogie woogie, si era perfino cimentato in una successione di spaccate che avevano scandito il crescendo dell'orchestra... Indossava frac e cilindro, e il classico bastone con pomello bianco accompagnava il ritmo della sua danza forsennata.
Tiptap tiptap clic clac tacco punta punta tacco...
Musica e ritmo erano stati così contagiosi da resistere perfino al risveglio. E in effetti, non appena mise i piedi giù dal letto, notò un paio di scarpe che non aveva mai visto prima: nere, lucide, e sotto le estremità delle suole due placche metalliche. Nessun dubbio, scarpe da tiptap.
Sto ancora sognando, pensò.
Cacciò il primo, faticoso sbadiglio della giornata prima di concentrarsi ancora su quell'angolo di incongruenza che gli stava appannando il risveglio. Le scarpe erano ancora lì. Concrete, tangibili, desiderose di essere messe alla prova. Le indossò e attese qualche secondo. Il ballo riprese forma, ma questa volta lui non stava dormendo. Era come se il sogno gli avesse lasciato un'impronta di miracolosa realtà...
“Perdio, so ballare davvero!” si sorprese a esclamare davanti allo specchio, ammirando l'insolita scioltezza delle gambe, la sicurezza artistica dei passi cadenzati, la magia del tiptap che attraversava il suo corpo, il pigiama a strisce come un frac, l'ombrello utilizzato come bastone.
Tiptap tiptap tacco punta punta tacco...
Era in grado di ballare su qualunque musica potesse immaginare. Swing, rock'n'roll, funk, rap. Proprio come nel sogno. Era un regalo, un talento inespresso scoperto all'improvviso. Lui, cinquantenne, era diventato di colpo un grande ballerino di tiptap, e proprio nel bel mezzo di una crisi di orientamento esistenziale... Un vero colpo di fortuna.
Come potrò metterlo a frutto? pensò.
Tiptap clic clac...
Ballò verso la cucina strascicando i piedi, fermandosi ogni tanto, riprendendo la danza come un'invocazione.
Dovrò prima convincere qualcuno a vedermi, contattare i teatri, fare audizioni e provini... Ma dove?
Guardò fuori dalla finestra. L'aria mattutina era plumbea, satura dei colori del cielo, la strada già avvelenata dalle striature grigie del traffico. Non certo il palcoscenico ideale. Tutto stava nel guardare oltre.
È il prezzo dell'arte, constatò mentre con mano tremante si versò il caffè nella tazzina. Era più che emozionato. Quasi fuori controllo.
Rimettersi in gioco da zero, ripartire a rotta di collo senza curarsi di mutui, alimenti familiari, relazioni obbligate con i colleghi. Il più grande ballerino di tiptap di tutti i tempi... Ce l'aveva nel sangue, lo sentiva nelle gambe e nei piedi. Un dono naturale come il respiro.
Roteò sul proprio corpo e arrivò in spaccata davanti al televisore. Lo accese, poi lo spense e ritornò alla posizione di partenza con una scivolata elegante. Si sentiva leggero e immortale, permeato di puro presente musicale.
Drin. Drin. Drin.
Qualcuno insisteva al campanello. Andò ad aprire e si ritrovò davanti la faccia ingrugnita dell'inquilino del piano di sotto.
“Buongiorno, ha bisogno di qualcosa?” gli chiese.
“No, ma dico... le sembra normale tutto questo chiasso alle otto e mezza del mattino?”
“Veramente sono quasi le nove...”
“Ma che importa? Lei sta facendo un gran baccano” disse quello spazientito.
“Non capisco” obiettò lui. “Stavo solo ballando”
“Ma va?” commentò l'altro. “Pensavo a una crisi epilettica... Senta, mi faccia un favore... la smetta o mi vedrò costretto a chiamare l'amministratore di condominio”
Per tutta risposta, senza neppure deciderlo, trascinato anzi da un impulso irresistibile, si produsse in una figura spettacolare e ricominciò a ballare sul pianerottolo, richiamando l'attenzione di altri inquilini.
“Ma chi è qual pazzo lì? Sarà mica il Braglia?” disse il primo.
“Beh, dicono che ha appena perso il lavoro... si sarà ammattito” aggiunse il secondo.
“Però è bravo” rintuzzò il terzo.
“Ma fa troppo casino...” obiettò il quarto.
“Eppure ci sa fare, è vero!” replicò la quinta, perché era una donna.
“Non ce ne frega un cazzo. Dacci un taglio, zio” minacciò un giovane corpulento e straripante nella sua tuta borchiata. “C'ho i bambini che dormono...”
Lui reagì con prontezza all'inevitabile imbarazzo: “Chiedo scusa per il disturbo, ma volevo farvi sapere che stasera, diciamo intorno alle ventuno, ci sarà un grande spettacolo nel nostro cortile. Mi esibirò infatti nel ballo del...”
“Falla finita! Non siamo al circo! Dobbiamo andare a lavorare, noi” interruppe il ragionier Colzi, del terzo piano.
“Si vergogni, alla sua età!”
Lui si fermò all'improvviso per guardare in faccia quella vecchia rancorosa in vestaglia e bigodini che stava gridando allo scandalo, appollaiata al corrimano della scala.
Alla sua età? Che significava? Aveva solo 50 anni, e poi erano le gambe che contavano. L'importante era che non perdessero il ritmo nonostante gli sgambetti quotidiani e le corse inutili verso i luoghi di lavoro. No, non lo avrebbe più permesso. Non si sarebbe fatto defraudare così del suo talento.
“Scusatemi. Arrivederci.”
Si congedò dal pianerottolo con un sorriso smorzato, appesantito nei piedi, il passo in triste arretramento verso il soggiorno, l'andatura di nuovo goffa, innaturale. La sua prima audizione era stata una disfatta.
“Alla sua età...”
Sentì la voce della vecchia perdersi nella tromba delle scale e chiuse la porta. Era un pubblico ancora impreparato. Probabilmente non aveva raggiunto il livello di saturazione boccheggiante, o semplicemente vi si era assuefatto.
Lui invece aveva superato da un pezzo il livello di guardia. Ecco la differenza. Sentì tuttavia che sarebbe stata questione di poco. Lo swing aveva lenito le ferite mortali della Grande Crisi del '29. Il tiptap aveva imposto il vorticoso ritmo del ballo sulle macerie del fallimento. Per come la vedeva lui, i tempi erano di nuovo maturi. Confidava nell'attesa.
Impara l'arte e mettila da parte, pensò.
Tolse le scarpe miracolose e si accorse che le gambe rispondevano ancora. Poi ricominciò a ballare. A piedi nudi nel soggiorno.

Paolo Pasi