rivista anarchica
anno 43 n. 383
ottobre 2013


a cura della redazione


Occupazioni di case a Milano, la situazione in Cina dopo Mao, le lotte dei lavoratori ospedalieri, i disoccupati organizzati a Napoli, la situazione sindacale in Spagna, la questione dell'aborto in Italia, critica dei sindacati Cgil, Cisl e Uil, il Cile tre anni dopo il golpe, l'organizzazione del lavoro nella Germania Orientale, la questione ecologica dopo Seveso, la condizione femminile a Cuba, e poi lettere, l'annuncio di un nuovo foglio libertario, la rubrica di cinema, gli sviluppi giudiziari del caso Pinelli. Infine la convocazione per il 18 dicembre di quell'anno (1976) della 14a assemblea di “A” presso il circolo Nestor Machno di Venezia-Marghera.
Il solo elenco degli argomenti trattati nelle 36 pagine (copertine comprese) del n. 51 (novembre 1976) di “A” fornisce un'idea della volontà della redazione di mordere l'attualità. Nemmeno un articolo di carattere storico o teorico/ideologico (che pure in genere non mancano). Tutta attualità, interna e internazionale.
Il tema che occupa il maggior numero di pagine (sette) è una vivace tavola-rotonda, promossa dall redazione, cui partecipano otto compagni impegnati nelle lotte di settore. Tutti attivi negli ospedali milanesi, in particolare al Policlinico, a Niguarda, al San Carlo e al San Raffaele.
Trentasette anni fa come oggi, la presenza libertaria organizzata tra i lavoratori ospedalieri, a Milano, è una costante. Si pensi, tanto per fare un esempio, alle recenti lotte, clamorose e prolungate nel tempo, al San Raffaele, in cui l'Usi-Sanità (sindacato di settore dell'Unione sindacale italiana aderente all'Ait) ha giocato un ruolo propulsivo.
“Gli interessi negli ospedali – si legge nella presentazione dell'intervista – coinvolgono forze di potere composite, accentuate da interessi poco confessabili. In questo settore i sindacati sono ancora più rinunciatari del solito e hanno sempre cercato di far accettare ai lavoratori i ritmi e le condizioni decise da un'amministrazione preoccupata innanzitutto di salvaguardare le posizioni di privilegio di baroni, medici, eccetera. Il mettere in discussione questo mondo ha sollevato un vespaio che in parte spiega la campagna di calunnie sfociata pochi giorni fa nell'apertura ufficiale di un'inchiesta nata dalle denunce dell'amministrazione della Ca' Granda (l'ospedale di Niguarda). Ma quello che ha maggiormente impensierito politici e dirigenti è che queste lotte sono state portate avanti in modo autonomo, fuori dalla logica e dagli schemi dei sindacati confederali che tra i “teppisti” e “provocatori” numerosi erano i lavoratori anarchici e libertari.”
Interessante lo scritto sull'aborto di Andrea Papi, che proprio con questo scritto – trentasette anni fa, appunto – inizia la sua collaborazione con la nostra rivista, che tuttora prosegue. Il sottotitolo dell'articolo (intitolato “Aborto libero per non morire”) è indicativo del contenuto ma anche del tipo di approccio: “In netta contrapposizione alla posizione tradizionalista – imperniata sul dogma divino e sostenuta dalla Chiesa – e a quella istituzionale – laica ma non per questo meno autoritaria – gli anarchici ritengono che l'individuo sia la cellula prima della composizione sociale e che per logica conseguenza nessun vincolo di alcun tipo debba impedire alla donna la libertà di abortire.”