rivista anarchica
anno 44 n. 391
estate 2014


dibattito

Anarchismo e XXI secolo

della Federazione Anarchica Empolese


Per incidere nella realtà, dobbiamo intervenire non già agitando le bandiere libertarie dell'anarchismo e dei suoi principi,
ma agendo con lo spirito libertario nella società.

Bisogna partire dalle realtà sociali
in cui vive l'individuo se si vuole
aiutarlo a riflettere e a lottare”


Si è concluso il dibattito promosso dalla rivista “A” che per oltre un anno ha pubblicato numerose recensioni del libro di Nico Berti “Libertà senza Rivoluzione” con lo scopo, auspicato dalla stessa rivista, della definizione del ruolo dell'anarchismo nel XXI secolo, come dire la definizione della funzione politica che l'attuale momento storico suggerisce (o meglio, impone!) al movimento anarchico. Senza però che l'obiettivo auspicato sia stato conseguito. Questo perché il dibattito in questione è rimasto come impigliato nella dimensione storico-filosofica su cui è impostata l'opera del Berti, senza arrivare a quelle indicazioni politico-organizzative che sono le sole – a nostro avviso – cui deve tendere un dibattito che vede impegnato un movimento politico a conclusione di una realistica analisi politica della realtà.
A questo punto riteniamo opportuno richiamare a quanto a suo tempo dichiarò Errico Malatesta circa il ruolo dell'anarchismo distinguendo tra anarchia e anarchismo: “L'anarchia è il fine, ha un valore meta-storico ed universale: rappresenta il voler essere, e come tale non è deducibile da alcuna situazione storica. L'anarchismo è la traduzione di questo fine nella concretezza di una situazione storica”.

Ma questa classe politica non è un'anomalia

Oggi la necessità di definire il ruolo dell'anarchismo nel XXI secolo è dettata direttamente dal quadro politico attuale che vede scricchiolare, sotto il peso delle sue contraddizioni e della sua disonestà venuta allo scoperto in tutta la sua impensabile dimensione, il mondo politico italiano e dal coseguente scollamento sempre più marcato di questo con la società i cui interessi dovrebbe rappresentare. Il fenomeno è particolarmente rilevante per quanto concerne le forze politiche (e sindacali) che si qualificano da sempre riformiste e (sinistramente) di sinistra che hanno lasciato nel sociale un vuoto ed un bisogno di comprensione -da parte del popolo della sinistra- che solo il movimento anarchico è in grado di soddisfare.
È un vuoto che come anarchici non possiamo passivamente permettere sia occupato dal grillismo. Perché quel vuoto, che parla anche della nostra coerenza, e del senso realistico delle nostre analisi (ma anche delle nostre carenze), in gran parte ci appartiene insieme all'opportunità che offre di rappresentare un punto di partenza per perseguire un radicamento nel sociale. Radicamento che richiede una presenza sul territorio tesa ad affrontare, insieme alla gente, le singole questioni politiche, quelle cioè che angustiano le parti deboli della società, quelle che determinano la qualità della loro e della nostra vita. Infatti, essendo la qualità della vita segnata dalla politica, è ovvio desumere che un movimento politico, in quanto tale, non può non occuparsi di politica precisando che “fare politica” per noi anarchici va inteso in un senso affatto diverso da quanto inteso e attuato dalla classe politica che oggi rappresenta il paese (e da quanto inteso correntemente) secondo i principi della “democrazia rappresentativa”, principi oltre tutto nominali, in quanto concretamente la nostra classe politica mette in atto – da sempre – la “strategia del promettere e mai mantenere”.
Questa strategia trova supporto nelle opportunità manipolatorie che i mezzi di comunicazione (TV in primo luogo) offrono ai vari Grillo, Renzi e Berlusconi (ma anche a papa Bergoglio) che riescono a sopperire con nuove promesse alla mancanza di fatti significativi che onorino gli impegni a suo tempo presi con gli elettori. Oggi questa strategia seguita a pagare non tanto per la fiducia che gli imbonitori in quanto tali ricevono (fiducia che infatti è in caduta libera) quanto per quella che la gente ripone nelle strutture che essi rappresentano. Infatti è opinione diffusa che lo Stato italiano e le sue strutture siano tutto sommato, democratiche e come tali garanti di libertà e giustizia e se al momento non assicuranolibertà e giustizia, ciò avviene solo per l'ignavia di una classe politica inaffidabile e corrotta.

Coerenza e onestà

A noi anarchici il compito di dimostrare che questa classe politica non è di per sé un'anomalia, ma l'espressione dello Stato in quanto struttura di Potere che ha come compiti sia quello di autoriconfermarsi, sia di assicurare alle caste e alle burocrazie che lo costituiscono e alle minoranze privilegiate i vantaggi di sempre da far pagare ai soliti: i ceti deboli, i lavoratori, il popolo. Perché la fiducia nello Stato e nelle istituzioni oggi colonizza l'inconscio collettivo delle masse; esso è il principale lascito di una ininterrotta egemonia marxista dalla fine della seconda guerra mondiale fino a ieri; esso è il muro che ha relegato il movimento anarchico in un'anonima nicchia della società dalla quale occorre uscire cogliendo tempestivamente questo (forse irripetibile) momento favorevole. Perché per contrastare la pressione dello sfruttamento che il capitale – tramite lo Stato – esercita sulla società, pressione capillare, sotterranea e sempre presente anche nei più banali aspetti della quotidianità, non basta aggregarsi ai movimenti territoriali (alta velocità, no TAV, movimenti per la casa, Muos, ecc.) che nascono a macchia di leopardo laddove gl'interessi del capitale forzano la mano con iniziative chiaramente inaccettabili per la salute e la volontà degli abitanti creando focolai di resistenza popolare, ma occorre programmarsi/organizzarsi per intervenire anche nelle realtà territoriali dove tutto sembra procedere tranquillo. Intervenire per affrontare quella mancanza di radicamento nel sociale che, come movimento anarchico, dovremmo considerare il primo dei problemi da affrontare.
Occorre intervenire in maniera decisa e continua avendo attenzione, in un primo momento, di guadagnarsi quella credibilità che, come anarchici in questo momento presso l'opinione pubblica, non abbiamo. E tenendo ben presente che la gente si interessa solo delle cose che la riguardano direttamente, cioè quelle di più immediato, concreto interesse.
Dobbiamo intervenire quindi non già agitando le bandiere libertarie dell'anarchismo e dei suoi principi che non sono oggi direttamente comprensibili, ma agendo con lo spirito libertario nella società mettendo in evidenza le macroscopiche contraddizioni del presente quadro politico che oggi tanto disorienta il cosiddetto popolo della sinistra. Esercitando cioè nel sociale una costante presenza sulle correnti questioni politiche dalle quali, nel tempo, le soluzioni libertarie emergerebbero grazie alla precisione della nostra contro-informazione (da contrapporre alla “comunicazione” manipolatrice); grazie a una credibilità nel tempo conquistata dalla coerenza e dall'onestà; grazie al rivendicare una concezione della politica che esiga consequenzialità tra quanto programmato e quanto realizzato; grazie a una presenza non finalizzata, come oggi accade ai nostri politicanti, a crearsi una carriera professionale; grazie infine a una politica centrata sui fatti contro la farsa di una politica fatta di parole in libertà che mascherano la spietata guerra di classe che il capitale conduce contro le fasce deboli della società sottoposte a un crescente e spietato massacro sociale. L'impegno che tutto questo richiede è forse superiore alle nostre forze che però soffrono soprattutto di frammentazione e di mancanza di collegamenti, cosa che porta in primo piano il problema dell'organizzazione.
Problema che deve essere affrontato -a nostro avviso- in maniera concreta e pragmatica e non come codificazione di una serie di comportamenti e di divieti atti a definire cos'è giusto o sbagliato, da un punto di vista libertario, nei reciproci rapporti tra realtà anarchiche e libertarie, ma partendo dalla crisi del quadro politico, il movimento deve cercare -al di là di far parte, o meno, di associazioni specifiche- di promuovere l'aggregazione tra realtà anarchiche e libertarie presenti in un'area territoriale per realizzare campagne (nazionali o territoriali) su precise tematiche, coinvolgendo anche forze laiche, antifasciste, antagoniste. Tematiche desunte dall'attualità politica che assicurerebbero, nel tempo, tangibili risultati.
Noi della Federazione Anarchica Empolese esponiamo queste idee anche in forza ad esperienze maturate nel corso di partecipazioni a manifestazioni politiche, sindacali, culturali (organizzate da varie organizzazioni) nelle quali siamo intervenuti e -senza rivendicare alcuna appartenenza politica- abbiamo avanzato osservazioni e critiche in linea con una visione libertaria della realtà, ricevendo significativi consensi.

Federazione Anarchica Empolese