rivista anarchica
anno 44 n. 394
dicembre 2014 - gennaio 2015


riflessioni

La vita come un gioco

di Philippe Godard


Per il bambino di due o tre anni, la vita non è altro che un gioco.
Con l'arrivo dello Stato, della civiltà, del denaro, della scrittura, della scuola, del progresso, tutto crolla.


Mentre la società globale va precipitosamente verso il suo prevedibile e previsto crollo, i suoi mediocri dirigenti pensano soltanto a dirigere. In questo modo, essi si avviano tutti insieme verso una globalizzazione ancor più assoluta: l'illusione delle nazioni riunite in un governo unico del mondo, che, con non poche difficoltà, tentano di organizzare a scadenza più o meno breve. In ciò, essi sono consapevoli di essere supportati dal mediocre pensiero socialista-statalista che, con Marx, postula che se i filosofi finora non hanno fatto altro che capire il mondo, ora si tratta di trasformarlo. Ebbene, qualsiasi trasformazione del mondo porta a negare la libertà di coloro che sono costretti a muoversi e vivere in questo mondo trasformato da persone che non sono loro. Infatti, trasformare e imporre una trasformazione significa privare gli altri della loro capacità di farlo in prima persona, se è quello che vogliono, e negare loro qualsiasi forma di inventiva. Così, l'islamismo che si sviluppa nelle periferie francesi o imperversa sulle montagne afgane deriva da questo rifiuto di vivere in un mondo imposto da qualche burocrate di Goldmann Sachs o del Fondo monetario internazionale, aiutati da qualche profondo pensatore di Hollywood, del MIT o del Collège de France.
Certo, oggi il mondo è in gran parte distrutto, e questa era l'unica direzione che poteva imboccare la sua trasformazione, poiché ogni trasformazione del mondo da due millenni a questa parte ha sempre implicato un processo totalitario di distruzione dei mondi multiformi che lo avevano preceduto. Non ci resta (resterebbe) che trasformarlo in meglio, dato che, in effetti, questo nostro mondo attuale, questo mondo contemporaneo, non è migliore di tutti i mondi che sono venuti prima di noi. Ma questa trasformazione positiva dell'esistente è un'illusione: poiché il mondo converge verso un modello unico, il capitalismo sfrenato, esso si distrugge in quanto tale. Il “mondo” è un concetto che implica un'unica realtà: l'infinito dell'orizzonte e degli esseri. Se questa infinita diversità resiste, evolve, se certe culture scompaiano, ma altre vedono la luce, allora il mondo è mondo. In caso contrario, non è che una prigione a livello globale.
In origine, ogni cultura inventata dall'uomo è stata soltanto un gioco: esseri umani inventarono cosmogonie, come i bambini immaginano una situazione nel mondo; si diedero regole e modi di vivere come fanno i bambini nei loro giochi del momento. Il fatto che questi giochi di culture, divenendo complessi, siano diventati altrettanti ostacoli alla libera realizzazione degli esseri e dei desideri non impedisce che il gioco resti all'origine del mondo umano: la vita è un gioco, e il bambino sa che cos'è il gioco di vivere.
Creando le proprie regole partendo dal niente, inventando in questo modo una civiltà a propria misura, il bambino rileva fino a dove arriva l'alleanza con gli altri, che giocano o non giocano con lui, che rientrano o non rientrano nel suo gioco di vivere. Per il bambino di due o tre anni, la vita non è altro che un gioco, e così è stato nel corso del 99% della storia umana. Con l'arrivo dello Stato, della civiltà, del denaro, della scrittura, della scuola, del progresso, tutto crolla.
Scopo della civiltà è quello di far entrare tutti i neonati, tutti i nuovi venuti al mondo, nel busto rigido dell'ordine e del rispetto; per questo, è necessario far sì che abbandonino il loro amore per il gioco di vivere il più presto possibile. I giocattoli sono la negazione di questo gioco di vivere, organizzata dalla civiltà mercantile: tutti i giocattoli sono portatori di un solo modo di giocare, o, nel migliore dei casi, di alcuni, ma concepiti all'esterno del mondo del bambino che giocherà con questi giocattoli, e soltanto nel modo in cui sono stati concepiti. Per questi giocattoli e questi bambini significa né più né meno che rientrare nella civiltà che li produce...
Il Ventesimo secolo è stato contraddistinto dalla distruzione di massa delle culture umane. In questo secolo terribile i Selvaggi sono tutti scomparsi. E il Ventunesimo cerca di ridurre ai minimi termini quel che resta di culture che ancora si oppongono ai sistemi statuali e alla religione monoteista. Molti socialisti e altre varianti di adoratori dello Stato auspicano un governo mondiale, dunque unico, per andare verso una sorta di pace perpetua e di età dell'oro del progresso e della tecnica. Così facendo, a scomparire sarà il gioco di vivere. Infatti non sarà più possibile alcuna invenzione, seppure temporanea, di civiltà attraverso il gioco. La vita sarà soltanto un adeguarsi all'ordine della Megamacchina che pensa se stessa, in funzione dei nuovi sviluppi tecnici aperti da tutte le evoluzioni precedenti. Così il motore di ricerca informatico ha aperto la possibilità di conoscere i gusti e le opinioni di tutti; e ora bisogna canalizzare questi gusti e queste opinioni e distruggere coloro che si collocano ai margini del movimento.

Una riflessione profonda sulla nostra libertà

Come se l'ottenebramento non fosse abbastanza forte, sappiamo che ci stiamo dirigendo verso il crollo della nostra civiltà, in un processo che etnologi ed economisti hanno già descritto – Collasso, di Jared Diamond, è un best-seller mondiale e poco importa che l'opera possa prestare il fianco ad alcune critiche, perché la base della sua tesi è assolutamente conforme a una civiltà, la nostra, che vede la propria salvezza soltanto nella fuga in avanti tecnologica e monostatuale. L'immagine degli abitanti dell'Isola di Pasqua che si autodistruggono senza poter mai intervenire contro se stessi per salvarsi corrisponde appieno allo stato attuale di una civiltà finanziaria e tecnica, che si crede superiore a tutte quelle che l'hanno preceduta. Purtroppo, la fuga in avanti non è la prima responsabile di questa distruzione del mondo; ma ancor più fondamentale è la semplice idea che noi lo trasformeremo – come gli abitanti dell'Isola di Pasqua hanno voluto trasformare la loro isola innalzando le loro favolose statue. Trasformandolo, noi priviamo del loro “gioco di vivere” coloro che volevano continuare a giocare il mondo, i creatori di civiltà.
L'anarchia – che non ha niente a che vedere con il caos – è una delle sole idee che corrisponde al gioco di vivere quale è stato praticato dall'umanità da un milione di anni. Il non-agire dei taoisti è un'altra di quelle idee che ridanno la speranza in un rapido crollo di questa civiltà. Infatti, dopo il crollo, il gioco di vivere resterà intatto, perché è radicato nei geni di tutti i mammiferi, non soltanto in quello dei neonati umani. In tal modo, l'unico vero progresso consisterà nel fatto che il gioco di vivere diventerà l'unica regola, a imitazione del “fai ciò che vorrai” di un altro anarchico di un'altra epoca, Rabelais. Ci si dimentica troppo spesso che Rabelais era un uomo colto e che il suo “gioco del mondo” implica una riflessione profonda sulla nostra libertà…
È possibile che il crollo si verifichi soltanto tra qualche secolo. Dopo tutto, l'impero romano è già stato un processo totalitario di distruzione dei mondi e della loro integrazione forzata in un insieme unico e gerarchizzato. Quanto a noi, fin da ora, osserviamo questo gioco giocato dai nuovi venuti con il mondo che li circonda e che è anche il nostro. Favoriamolo, per quanto è possibile, lasciando liberi i bambini e sottoponendo noi adulti alla loro scuola del mondo!

Philippe Godard

traduzione di Luisa Cortese