rivista anarchica
anno 45 n. 397
aprile 2015


Primo Maggio

Primo Maggio

a cura della redazione


Da quando nacque e poi per molti decenni, il Primo Maggio è stato una giornata di lotta anticapitalista internazionale. Poi vennero l'istituzionalizzazione come festa riconosciuta dallo Stato e il San Giuseppe santificato dalla Chiesa. Sulle origini (anarchiche) e sulla storia di questa giornata ripubblichiamo due scritti apparsi 40 anni fa su “A”, una bibliografia aggiornata scritta da Massimo Ortalli e un breve scritto del 1909 di Pietro Gori.


Quattro anarchici impiccati, un quinto che, per togliere la soddisfazione al boia, si uccide la sera precedente all'esecuzione: questo il tragico bilancio di un processo intentato dai padroni e dalla polizia contro i più attivi militanti anarchici e sindacalisti di Chicago, in seguito ad un grande meeting tenutosi in una piazza centrale il 3 maggio 1886.
Il comizio era stato tenuto da alcuni lavoratori anarchici, che, parlando ad una folla di quarantamila operai agitanti bandiere rosse e rosso-nere, avevano invitato il proletariato di Chicago a prepararsi a dure lotte contro i padroni, le forze dell'ordine ed i “Pinkerton” (poliziotti privati usati dal padronato in funzione parapoliziesca e di difesa del crumiraggio). Verso la fine di questa riuscita manifestazione, una bomba esplose fra i poliziotti: nonostante l'assoluta mancanza di indizi (pare che la bomba sia stata gettata da provocatori prezzolati), si iniziò una vera e propria “caccia alle streghe” contro il movimento anarchico, che rappresentava la punta di diamante del movimento operaio, allora impegnato in una durissima lotta di classe.
Fu proprio con l'intento di stroncare la combattività operaia che la polizia arrestò molti anarchici, cinque dei quali (Engel, Fischer, Lingg, Spies, Parsons) furono appunto condannati alla forca: l'esecuzione avvenne l'11 novembre 1887, quarant'anni prima di quella dei due anarchici italiani Sacco e Vanzetti, ugualmente innocenti, ugualmente assassinati.
Durante il processo gli imputati denunciarono il sistema di sfruttamento e di oppressione dominante in America, non perdendo l'estrema occasione per fare propaganda anarchica.
“Noi siamo condannati come anarchici - dichiarò ai giudici Albert Parsons - e io sono orgoglioso di essere anarchico. Voi credete, signori, che allorquando i nostri cadaveri penderanno dalla forca tutto sarà finito? Voi credete che la guerra sociale finirà quando voi ci avrete selvaggiamente strangolato? Al di sopra del vostro verdetto vi è quello del popolo americano e di tutto il mondo che condannerà la vostra ingiustizia”.
Manifestazioni di sostegno agli anarchici detenuti, e successivamente di protesta per la loro esecuzione, si svolsero sia in America sia in Europa. In molti congressi operai fu proposto di fare del 1° maggio 1890 una grande giornata di sciopero generale internazionale, per ricordare i “martiri di Chicago” e per rivendicare nel contempo la giornata lavorativa di otto ore. Questa proposta fu generalmente accettata, nonostante l'opposizione disfattista di molti esponenti riformisti. Il successo ottenuto dallo sciopero generale del 1° maggio 1890 impressionò tutta l'opinione pubblica: in tutti i grandi centri, ed anche in molte cittadine, lunghi cortei di lavoratori sfilarono nel centro, dando vita a combattive dimostrazioni, a volte caratterizzate da violenti scontri con la forza pubblica. La gente “per bene” - scriverà due anni dopo l'organo dei gesuiti Civiltà Cattolica (1892, II) - in quel giorno “considerava prudente restarsene tappata in casa”.
A Roma, per fare un esempio tra i tanti possibili, le società operaie si erano date appuntamento per il pomeriggio del 1° maggio in piazza Santa Croce di Gerusalemme; i lavoratori accorsero numerosi per ascoltare i discorsi previsti. Fra gli altri presero la parola il leggendario Amilcare Cipriani, da poco uscito dall'ergastolo di Portolongone, e gli anarchici Brandi e Palla; alla fine del comizio scoppiarono degli incidenti, che provocarono due morti, centinaia di feriti e ben 229 arrestati. Il successivo processo contro i principali imputati (Cipriani, gli anarchici Palla e Calcagno, ecc.) ebbe sviluppi clamorosi a causa del comportamento combattivo tenuto dai rivoluzionari dietro alle sbarre, e servì loro come tribuna per fare propaganda sovversiva.
Come a Roma così in centinaia di altre città (in Italia, in Europa, negli Stati Uniti), il 1° maggio 1890 fu una grande giornata di lotta, un pieno successo.
Molti congressi operai, nel corso del 1890, proposero di ripetere l'anno successivo lo sciopero generale internazionale, mantenendo la data del 1° maggio. Fu così stabilito che, da allora in poi, ogni 1° maggio sarebbe stato dedicato alla riaffermazione dei diritti della classe lavoratrice contro i padroni, nel ricordo dei martiri di Chicago.
Così infatti è sempre stato, da allora fino ai giorni nostri, con una differenza, però, e tutt'altro che secondaria: un po' alla volta, infatti, lo sciopero generale rivoluzionario si è trasformato in una semplice sfilata di lavoratori, fino a diventare in tempi più recenti una festa istituzionalizzata dallo stato, dai padroni e dalla chiesa. Ma andiamo con ordine.
Per molti anni, dopo la sua prima effettuazione, il 1° maggio tenne fede alle sue origini ribelli, scomunicate, quasi insurrezionali: continuarono così a verificarsi scontri con le forze dell'ordine, mentre i cortei operai scandivano parole d'ordine e canzoni particolarmente violente contro lo sfruttamento e l'oppressione statale.
Dopo alcuni anni il 1° maggio perse mordente, e non sempre la classe lavoratrice partecipò numerosa allo sciopero e alle dimostrazioni. In momenti di particolare scontro sociale, però, quando agitazioni precedenti tenevano desta la combattività operaia, allora la giornata del 1° maggio ritrovava le sue origini, la sua carica rivoluzionaria. Ma la progressiva acquisizione delle otto ore nella stessa legislazione statale, l'aumentato controllo da parte delle burocrazie sindacali e partitiche sulla “base” operaia, ed altri fattori ancora, determinarono un obiettivo scadimento della carica combattiva insita nei primi scioperi generali internazionali. Com'è naturale, le sorti e le caratteristiche del 1° maggio sono un tutto unico con quelle dell'intero movimento dei lavoratori, con la sua combattività, con la sua autonomia delle varie burocrazie.
In questo contesto, per esempio, durante la prima guerra mondiale il 1° maggio diventò anche una giornata di protesta contro il macello voluto dagli stati, di lotta per il trionfo dell'internazionalismo proletario. Così, durante il fascismo, ricordare il 1° maggio costituì di per se stesso un atto di ribellione contro il regime e costò a non pochi antifascisti botte, domicilio coatto, carcere. Ma nell'un caso come nell'altro, si trattava ovviamente di manifestazioni di protesta effettuate da ristretti gruppi, se non da singole individualità: il 1° maggio 1890 era ormai lontano!
Nel secondo dopoguerra poi, l'originario sciopero generale internazionale ha toccato in Italia il fondo dello svuotamento, tanto da venire ufficialmente adottato prima dallo stato, poi dalla chiesa. Nel 1950, infatti, il 1° maggio viene riconosciuto ufficialmente “festa nazionale”, come prescritto nell'apposita legge 27 marzo 1949, e nel 1955 il monarca vaticano Pio XII “battezza” il 1° maggio ed istituisce per questa data la festa cattolica di S. Giuseppe lavoratore. Lo sciopero sovversivo dei lavoratori ribelli, che aveva alle origini, come tutto il movimento socialista, anche una forte carica anticlericale e antireligiosa, già degradato a festa nazionale in questa nostra repubblica “fondata sul lavoro”, è diventata addirittura una ricorrenza religiosa. E mentre nell'occidente detto capitalista e sedicente democratico, il 1° maggio è occasione di discorsi governativi, di premi di anzianità ai lavoratori fedeli, di stelle al merito del lavoro, di “ponti” e di week-end, nell'est sedicente socialista gli sfruttati vengono fatti scendere in piazza ad applaudire squallide sfilate di carri armati, lancia-missili, di truppe che marciano inquadrate sotto le tribune dei nuovi padroni...
Qualche anno fa, mentre in un 1° maggio distribuivamo volantini in un corteo sindacale, un sindacalista ci si rivolse chiedendoci, non so se per ignoranza storica o volontà provocatoria, o l'una o l'altra, che cosa avessero a che fare gli anarchici con il 1° maggio... Nulla, effettivamente, abbiamo a che fare con il 1° maggio dei burocrati, dei preti, dei governanti, dei padroni. Ma in Spagna, in Portogallo, in Grecia, ovunque il 1° maggio è ancora sovversivo, lo spirito dei martiri di Chicago è ancora vivo. Ed anche in Italia, se nonostante tutto, i lavoratori sentono il 1° maggio come una cosa loro, con orgoglio e fierezza, ebbene il 1° maggio è ancora un po' anarchico.

1 Maggio 1886
Chicago. Sciopero generale. La polizia spara. Manifestazioni “sediziose” di protesta. Arresti. Cinque anarchici, G. Engel, A. Fischer, L. Lingg, A. Parsons, A. Spies, saranno condannati a morte.
In onore dei cinque “martiri” di Chicago, il Primo Maggio verrà dichiarato giorno di Sciopero internazionale.

1 Maggio 1890
Con l'organizzazione di scioperi in ogni parte del mondo, che testimoniano l'unità di lotta di tutti gli sfruttati, inizia la serie di annuali manifestazioni di forza del proletariato organizzato. Manifestazioni minacciose, ribelli, cui i padroni rispondevano con la brutalità delle repressioni poliziesche. Lo sciopero periodico del primo maggio fu, per lunghi anni, una solenne ed energica rivendicazione dei diritti dei lavoratori che aveva, oltre alle caratteristiche della lotta di classe, anche “una accesa colorazione antireligiosa ed anticlericale” (Aggiornamenti Sociali, 1956, VI). La gente “per bene”, in quel giorno “considerava prudente restarsene tappata in casa”. (Civiltà Cattolica, 1892, II).

1 Maggio 1950
Per la prima volta, in Italia, si festeggia con tutti i crismi della legalità il primo maggio, che è stato dichiarato dalla Repubblica “fondata sul lavoro” festività nazionale (legge 27 maggio 1949). Essa, a questo punto, non è più naturalmente la ricorrenza ribelle, la “festa” degli sfruttati. Essa è, almeno ufficialmente, divenuta una vaga e imprecisata “festa del lavoro”.
Il primo maggio continua, per forza di inerzia, ad essere per la massa dei lavoratori manuali, la “festa pagana della rivoluzione e del vino”. Ma di rivoluzione, grazie agli sforzi congiunti di tutti i partiti e di tutti i sindacati, si parla sempre meno.

1 Maggio 1955
Il papa “battezza” il primo maggio ed istituisce, per questa data, la festa di S. Giuseppe Lavoratore. Lo sciopero sovversivo dei lavoratori ribelli, la festa repubblicana del lavoro, sono divenuti addirittura una ricorrenza religiosa. Una folla di “aclisti” assiste “commossa” a questo battesimo cristiano del primo maggio.
Dichiara un osservatore, cristiano naturalmente, “non si poteva, dinanzi a quella imponente massa di lavoratori... non esprimere il proprio affetto e la propria devozione alla Chiesa, assetata della parola del Papa, non essere presi da un senso di profonda commozione”. O da conati di vomito!

1 Maggio 1971
Così nell'occidente capitalistico e cristiano è finita la ricorrenza scomunicata e rivoluzionaria: il Papa fa discorsi commoventi e amorevoli ai suoi figliuoli lavoratori (che stiano buoni, però, perché “L'Italia sarebbe molto più avanti nel progresso e nell'evoluzione se non ci fossero state idee sovvertitrici che hanno turbato le menti dei lavoratori”) - (Paolo VI, 1 maggio 1964); i padroni distribuiscono premi ai loro dipendenti più fedeli... c'è addirittura il “primo maggio tricolore” dei fascisti!...
Intanto nei paesi che si proclamano “socialisti” e “proletari” le masse asservite dei lavoratori vengono fatte ammucchiare lungo i viali in cui - macabra parodia di celebrazione del primo maggio - sfilano lunghe parate di carri armati, di missili, di squallidi eserciti che marciano inquadrati, al passo dell'oca, e salutano sulle tribune d'onore i rappresentanti dei nuovi padroni, della nuova classe dirigente...
Lo sciopero rivoluzionario è diventato, nelle cerimonie ufficiali dei governanti, dei preti, dei sindacalisti, dei politicanti, una festa reazionaria.

George Engel
“E noi dobbiamo penzolare dalla forca perché ci siamo ribellati alla schiavitù. In questa libera repubblica colui che oggi parla in nome e nell'interesse della classe lavoratrice dev'essere impiccato.
Il mio più grande desiderio è che i lavoratori salariati possano riconoscere ovunque chi sono i loro amici e chi i loro nemici”.

Adolphe Fischer
“Il verdetto pronunciato dai giurati è diretto contro l'anarchia. Credete voi che uccidendo noi uccidete la anarchia? Vi sbagliate grossolanamente, perché gli anarchici amano più i loro principi che la loro vita.
Se io devo essere impiccato per le mie idee anarchiche, per il mio amore alla libertà e all'umanità, allora io vi grido: disponete della mia vita!”.

Louis Lingg
“Voi mi condannate, perché sono anarchico. Io vi ripeto che sono nemico del vostro ordine, e che finché avrò un alito di vita io vi combatterò. Io disprezzo voi, disprezzo il vostro ordine, disprezzo le vostre leggi, disprezzo la vostra autorità.
Se voi usate i cannoni contro di noi, noi useremo la dinamite contro di voi”.

August V. T. Spies
“La mia difesa è la vostra accusa, il delitto che mi si imputa, la vostra storia. Voi violate la legge fino a commettere un assassinio organizzato.
Se voi credete che impiccando noi arrestate il movimento ascensionale della classe lavoratrice, quel movimento dal quale i milioni che vivono nella miseria, nella schiavitù del salario attendono la loro emancipazione, ebbene impiccateci!”.

Albert R. Parsons
“Noi siamo condannati come anarchici, e io sono orgoglioso d'essere anarchico. Voi credete, signori, che allorquando i nostri cadaveri penderanno dalla forca tutto sarà finito? Voi credete che la guerra sociale finirà quando voi ci avrete selvaggiamente strangolati? Al di sopra del vostro verdetto vi è quello del popolo americano e di tutto il mondo che condannerà la vostra ingiustizia”.

Testi originariamente apparsi in “A” 04 (maggio 1971) e in “A” 28 (aprile 1974).


La Prima Internazionale

Le origini del movimento operaio organizzato coincisero in molti paesi (Italia, Spagna, Svizzera, ecc.) con quelle del movimento anarchico. Anarchici (o, come si diceva allora, antiautoritari) furono, in Italia, Francia, Spagna, nel Giura svizzero, i primi agitatori internazionalisti e fu grazie alla loro opera instancabile che molti nuclei di lavoratori abbandonarono ideologie genericamente umanitarie e interclassiste per la militanza nelle sezioni dell'Internazionale. La polemica contro l'ala autoritaria (marxista) dell'Internazionale da parte di molte sezioni operaie influenzate dagli anarchici (primo fra tutti Michele Bakunin) caratterizzò la breve ma importante esistenza dell'”Associazione Internazionale dei Lavoratori”. Limitandoci all'Italia, basterà ricordare l'attività delle prime sezioni italiane aderenti all'A.I.L., quelle di Napoli e di Castellammare di Stabia, formatesi per diretta influenza della propaganda di Bakunin, e ancora le sezioni di Sciacca, di Girgenti, di alcuni centri della Romagna, dell'Anconetano, ecc.; tutte decisamente orientate in senso libertario. Da qui i primi scioperi, le agitazioni contro padroni e governo, i tentativi di insurrezione armata, da qui i primi convegni operai, fino a giungere alla Conferenza di Rimini (agosto 1972) che sancì la diffusione, a livello nazionale, del movimento operaio italiano ed il suo orientamento rivoluzionario antiautoritario. Da quel congresso si fa datare la “nascita” del movimento anarchico italiano e da quello immediatamente successivo di St. Imier (delle Federazioni antiautoritarie dell'Internazionale) la nascita del movimento anarchico internazionale.



Leggere il 1° maggio

La storia del 1° Maggio, delle sue origini, del suo significato, sono una delle costanti della letteratura socialista ed anarchica di questi ultimi anni. Qui mi limiterò a citare solamente alcuni testi, anche se non tutti ancora reperibili in libreria, ma che comunque sostanzialmente rappresentano una rassegna significativa sull'argomento.
Innanzitutto intendo partire da un lavoro di Maurizio Antonioli, Vieni o Maggio. Aspetti del Primo Maggio in Italia tra otto e novecento, Milano, Franco Angeli, 1988, testo il cui interesse risiede principalmente nella accurata descrizione del profondo significato simbolico che questa giornata di lotta, di rivendicazione, ma anche di festa ebbe nell'immaginario del proletariato italiano a cavallo del diciannovesimo e ventesimo secolo.
Di Andrea Ferrari è 1886-1986 Primo Maggio. Origini e prospettive di un giorno di lotta internazionale sovversivo e scomunicato, Carrara La Cooperativa Tipolitografica, 1986, volume uscito in occasione del primo centenario di questa giornata. Ferrari parte dalle tragiche giornate di Chicago, quando una manovra poliziesca, preceduta da stragi proletarie, innescò una gigantesca provocazione che portò alla morte per impiccagione di cinque operai anarchici, ritenuti ingiustamente colpevoli di aver gettato una bomba contro la polizia che stava sparando ancora una volta contro una pacifica manifestazione popolare indetta per la giornata di otto ore. Il testo prosegue, con piglio militante e coinvolgente, descrivendo come questa data sia divenuta patrimonio del movimento operaio e rivoluzionario internazionale.
Dagli avvenimenti di Chicago prendono le mosse altri due volumi editi dalla casa Editrice Spartaco di Santa Maria Capua Vetere: il primo, di Martin Duberman, Haymarket – Chicago, 2005, è un avvincente romanzo che vede i due protagonisti, gli anarchici Lucy e Albert Parsons, partecipare alle prime lotte operaie del proletariato americano. Albert Parsons sarà uno dei cinque martiri impiccati dalla giustizia americana al termine di un processo che, se non si fosse concluso così drammaticamente, potremmo tranquillamente definire “farsa”. Il secondo volume, Il nostro maggio. All'origine della festa dei lavoratori: autobiografie e testimonianze da Chicago, 2005, vede riportati alla luce dall'autrice, Claudia Baldoli, tutti i momenti del processo di Chicago. Accompagnano queste preziose testimonianze alcuni interessanti articoli della stampa dell'epoca. A distanza di quasi centotrenta anni, le parole dei condannati a morte sono ancora capaci di commuovere per la loro profonda dignità e fiducia in un futuro di libertà.
Sempre di queste vicende parla il testo di Ricardo Mella, Primo Maggio. I martiri di Chicago, Milano, Zeroincondotta, 2009, particolarmente interessante perché l'autore, importante militante anarcosindacalista spagnolo nato nel 1861, scrive queste pagine a ridosso degli avvenimenti, fornendoci così una testimonianza, non solo storica ma anche drammaticamente evocativa, delle emozioni e dei sentimenti che animarono protagonisti e testimoni.
Ancora del 2009 è il libro di Francesco Renda, Storia del Primo Maggio dalle origini ai giorni nostri, Roma, Ediesse, “arricchito” dalla prefazione dell'ex sindacalista della Cgil, Guglielmo Epifani. Dopo un breve cenno sulle vicende americane, l'autore si concentra soprattutto sulle aspettative che questa Festa internazionale del lavoro fu in grado di suscitare fra le masse proletarie di tutti i continenti. Aspettative che in questi ultimi decenni di sostanziale pace sociale sono state definitivamente messe in soffitta.
Per finire il corposo volume Storie e immagini del 1° Maggio. Problemi della storiografia italiana ed internazionale, Manduria, Lacaita, 1990. Curato da Gianni C. Donno, e introdotto da Giorgio Benvenuto, raccoglie gli atti dell'importante convegno di studi omonimo, tenuto a Lecce nel 1988, al quale hanno partecipato oltre una quarantina di studiosi italiani e stranieri. Come si può immaginare dal numero delle relazioni, vi vengono praticamente affrontate tutte le tematiche, politiche, sindacali, letterarie, che riguardano questa giornata, patrimonio del proletariato mondiale.

Massimo Ortalli



La leggenda del 1° maggio

Un giorno, dal sepolcro di cinque martiri fatti impiccare da una società di mercanti, in una metropoli delle Americhe perché avevano predicati i diritti dei lavoratoti, ed una giornata di fatica meno lunga e meno bestiale per sé e per i loro compagni, partirono in pellegrinaggio per un convegno di operai, che si teneva in una metropoli europea, molti uomini di buona volontà i quali si chiamavano cavalieri del lavoro come manipolo di combattenti contro i cavalieri dell'ozio.
E là, nel congresso mondiale, essi portarono questa idea, semplice e grande – come tutte le cose che zampillano dal cuore del popolo: che il giorno 1° di maggio (il mese degli ozii dolci per il vagabondaggio elegante e felice) dovesse venir rivendicato per volontà delle plebi, al riposo delle plebi stesse. Che in codesto giorno, i lavoratori del mondo gettassero in un angolo gli arnesi del loro mestiere; incrociando le braccia, in faccia agli ignavi di ogni ora, per vedere se il mondo camminava per opera di chi produceva, morendo di stenti, o per merito di chi restava inoperoso pur diguazzando nel superfluo.
Che nel pomeriggio del calendimaggio i figli della varie nazioni, guardando il sole, comprendessero che esso cominciava a risplendere sopra uno spettacolo nuovo: la unificazione della patria universale dell'uomo, in nome del lavoro.
E la data memoranda cominciò a decorrere dal primo anno dell'ultima decade del XIX secolo.
Alla mattina del giorno fatidico le genti umane, cui solo blasone erano le mani incallite ed i ventri semivuoti, si svegliarono come alla fanfare di un inno misterioso. Quell'inno veniva da lontano, da tutti gli angoli più appartati del mondo, e passava tra le macchine immote, sui cantieri taciturni, sulle città attonite. Qualche cosa che sapeva della dolcezza d'un alba e dell'approssimarsi di una tempesta.

Pietro Gori

tratto dall'opuscolo La leggenda del primo maggio (Roma - Firenze, casa editrice Serantoni, 1905)