rivista anarchica
anno 45 n. 397
aprile 2015


dibattito Isis

Venti e minacce di guerra

di Andrea Papi


Ecco perché dovrebbe nascere una resistenza di popolo antijihadista che ogni libertario dovrebbe appoggiare solidalmente.


In Libia è in atto una guerra che sta minacciando di allargarsi all'Europa a partire dall'Italia. Parlarne non è affatto semplice perché il quadro che si prospetta è di difficile interpretazione. Ci sono infatti aspetti e contenuti che travalicano la cronaca nella sua evoluzione ed emergono elementi che rischiano di rendere confuso ciò che già appare oscuro.
Non siamo affatto di fronte a un classico conflitto tra stati concorrenti, in cui uno più forte cerca di sottomettere e annettere gli altri. Semmai questo è riscontrabile nell'attuale situazione in Ucraina dove, soprattutto per interessi economici, si sta svolgendo un'altra guerra molto più inquadrabile: la Russia putiniana non accetta di fare a meno dell'Ucraina e sta facendo di tutto per riconquistarla, contrastata dagli USA e più tiepidamente dall'Europa che intendono ostacolare l'espansionismo russo. Un quadro d'azione senz'altro molto più decifrabile.
Quando ci spostiamo sulla Libia, invece, ogni considerazione simile alla precedente evapora; prendono corpo ben altri interpreti e protagonisti, soprattutto ben altre motivazioni. Qui siamo pienamente all'interno di fermenti jihadisti endemici nella galassia islamica, che a loro volta sono in pieno all'interno di una mutazione epocale degli stati e dei territori musulmani. Prima di ogni altra cosa quindi si tratta di una guerra interna all'islam, come dimostrano gli attacchi dell'esercito egiziano e dell'esercito giordano alle postazioni Isis in Libia e in Iraq. Ma è anche un'azione bellica che nel suo farsi e manifestarsi tende ad espandersi, ad allargare il fronte dei nemici e la linea di fuoco, nel tentativo di esercitare la pretesa universale di islamizzare il mondo attraverso una spietata assolutizzazione politica.

L'unica voce di Dio sulla terra

Il punto principale però resta sempre interno al mondo musulmano. L'islam politico che si è consolidato non vorrebbe affatto questa jihad assolutista, mentre vorrebbe conservare, semmai ampliare, il posto conquistato, convivendo con l'occidente e il resto del mondo, cercando di farsi accettare e apprezzare nella sua dignità di elevata civiltà storicamente determinata. Al contrario la jihad attualmente in azione vuole rompere questo schema conservatore. Lo ritiene falsamente idilliaco ed agisce attraverso un estremismo guerriero proposto come il massimo della radicalità.
Così paradossalmente “in Libia non c'è solo la Libia“. Più semplicemente c'è un avamposto di una nazione teocratica sovra/territoriale, che sta piazzando velocemente le sue pedine e i suoi avamposti, in Iraq, in Siria, in Libia, in Somalia, nello Yemen, in Nigeria ed è guardata con simpatia da grosse fette della popolazione musulmana. Svolge anche proseliti consistenti in Marocco, in Algeria, in Tunisia, in Egitto, collegati con avamposti anche in Afghanistan e in Pakistan, oltre a generare ragguardevoli fermenti nei vari paesi dell'occidente, dove da decenni sono cresciute comunità islamiche ben radicate. Lo jihadismo vuole dunque cambiare il mondo islamico, ma al contempo, motivato fanaticamente da una visione monoteista-teocratico-assolutista e ritenendosi dogmaticamente l'unica voce di Dio sulla terra, è “naturalmente“ spinto a cambiare anche il resto del mondo.
Gli attacchi assassini alle penne satiriche in Francia e in Olanda, le esplicite promesse, più che minacce, nient'affatto velate, di invadere Roma, luogo simbolo della cristianità responsabile delle storiche crociate contro i musulmani, sono tutti segnali chiari e dichiarati. Lo jihadismo ha intenzione di condurre una guerra mortale all'islamismo convenzionale e all'occidente, ma in tendenza anche all'ebraismo, perché attraverso lo stato d'Israele sta colonizzando abusivamente territori per loro sacri e appartenenti storicamente ai palestinesi. In definitiva mi sembra manifesta l'intenzione di diventare l'unica religione monoteista sulla terra. Come sempre quando si avviano aggressioni militari senz'altro ci sono in ballo grossi interessi politico-economici, di accaparramento e di voglia di colonizzare, ma le motivazioni fondamentali che danno senso a ciò che sta avvenendo rimangono essenzialmente quelle appena dette.
Siamo dunque sotto attacco, sia come cultura sia come popolazioni. Uno degli slogan più propagandati dallo jihadismo è che “bisogna distruggere l'occidente perché sono tutti stati atei”. Per una visione radicalmente e fanaticamente teocratica ogni laicismo è senz'altro ateo e fonte di peccato, quindi va distrutto. Di fronte a una tale più che concreta minaccia l'ONU ha scelto di essere prudente: il Consiglio di Sicurezza ha escluso ogni attacco militare in Libia. Fortunatamente, aggiungiamo noi! Si sono così evitati i famosi “bombardamenti chirurgici” che con i noti “danni collaterali” ogni volta procurano più massacri tra i civili che danni ai combattenti che vorrebbero colpire.
Non si tratta certamente di una decisione morale per ragioni pacifiste e antibelliciste, ma di una scelta di opportunità per non ripetere gli errori del recente passato. Dal Vietnam all'Afghanistan, ogni volta che si è tentato di mettere in sicurezza territori e situazioni giudicate destabilizzanti, si è sempre risolto in fiaschi clamorosi, perdendo la guerra o destabilizzando ulteriormente. Egemonizzato dall'occidente a leadership americana, l'ONU non è mai riuscito a fare il gendarme del mondo, e gli sarebbe piaciuto. Fra l'altro gli stati USA sono ormai diventati esportatori di petrolio e non han più bisogno di colonizzare nessuno per appropriarsene. Conviene allora tentare di contenere “diplomaticamente” le situazioni nei limiti del possibile, invece d'investire ingenti capitali in avventure quasi sicuramente destinate a dimostrarsi disastrose.
Noi però non possiamo ragionare negli stessi termini della diplomazia bellicista occidentale. Non ci coinvolge la salvaguardia degli interessi politico/economici di un capitalismo globale a egemonia finanziaria. Per noi lo jihadismo rappresenta un pericolo più insidioso perché nasce come negazione di ogni libertà e proposta di morte. Non sente le sirene della pace, che anzi detesta perché è sorto proprio per ripudiarla e per combattere. Come dimostrano i fatti finora successi, la guerra dichiarata che sta conducendo può colpirci in modo indiscriminato in qualsiasi momento e in ogni dove, ferocemente brutale e antiumanista. Personalmente non credo che questi signori della morte siano particolarmente più efferati degli altri guerrafondai. Da sempre qualsiasi guerra, di eserciti di principi e di stati, ha mostrato e dimostrato un livello di ferocia e disumanità che ogni volta viene eguagliato o superato soltanto da nuove guerre. Ciò che distingue costoro è che hanno fatto della loro spietatezza una bandiera, che propagandano con orgoglio dichiarando che arriveranno nelle nostre case e ci faranno altrettanto se non di peggio.
Lo scempio che costoro fanno della libertà è davvero insopportabile. Non tanto della democrazia rappresentativa, che già nel realizzarsi giorno dopo giorno ci pensa da sola ad annichilirsi e suicidarsi, ma della libertà come aspirazione, come visione, come realizzazione delle relazioni sociali e delle reciproche convivenze tra esseri umani. A loro la libertà non interessa, anzi ne sono dichiaratamente nemici, ed agiscono teocraticamente per sopprimerla e farla scomparire quale possibilità di legittimo anelito. Da questo punto di vista paradossalmente in un certo senso vanno incontro a un bisogno del dominio vigente, che sembra non riuscire a controllare la miriade di fermenti libertari che stanno continuamente sorgendo.

Quegli avamposti libertari curdi

Di fatto sono stati momentaneamente bloccati soltanto a Kobane. Per merito della rivolta di coraggiosissimi avamposti libertari curdi, almeno per ora nonostante il sabotaggio dei turchi, l'attacco spietato dell'Isis installatosi in Iraq è stato respinto. Lo stato turco non solo non li ha aiutati ma, preferendo favorire la distruzione dei curdi, da sempre considerati nemici perché non riesce a sottometterli politicamente e militarmente, si è dimostrato inspiegabilmente molto permissivo nei confronti degli jihadisti contro cui combattevano.
Nella Spagna del '36, in ben altra situazione, gli anarchici e i movimenti libertari organizzarono brigate internazionali in appoggio alla lotta che i compagni spagnoli stavano conducendo contro il fascismo avanzante. Con lo stesso spirito dovrebbe nascere una resistenza di popolo antijihadista che ogni libertario dovrebbe appoggiare solidalmente.

Andrea Papi