rivista anarchica
anno 45 n. 400
estate 2015





Adotta un drone


C'era una volta un drone che si sentiva a terra. Letteralmente. Il suo umano di riferimento l'aveva rimpiazzato con un modello molto più potente, “tecnologicamente all'avanguardia”, per dirla con uno slogan in voga a quei tempi. Basti pensare che poteva coprire una distanza dieci volte superiore alla sua.
Il nostro drone, che chiameremo LonelyFlight77, era dunque comprensibilmente depresso. I cieli erano ormai intasati di ultimi modelli, ciascuno corrispondente a un umano che, senza muoversi, perlustrava, sbirciava, adocchiava, spiava, controllava una piccola porzione di territorio sempre più in ombra. I droni proteggevano i bambini. Tutelavano i minori. Preservavano gli adulti. Facevano di tutto. Lassù c'era uno sciame di occhi osservanti così fitto da oscurare la luce del giorno. Il loro traffico impazzito era puro movimento su un'umanità stagnante.
Adesso anche LonelyFlight77 era fermo, e puntava la sua microcamera all'insù per mettere a fuoco i giovani, potenti modelli che un giorno sarebbero stati a loro volta rimpiazzati. Sospirò con una mezza lacrima che gli appannò per qualche secondo la visuale.
Ah, che voglia di tornare in aria a godersi il movimento... Agli ordini di un umano, certo, ma senza il suo peso corporeo a compromettere le ardite traiettorie del volo. LonelyFlight77 ricordava le prime, pionieristiche missioni... La sorveglianza di fabbriche, stadi, cortei, abitazioni sospette, potenziali covi. La protezione dei bambini, la tutela dei minori... eccetera eccetera.
Tutto, adesso, era confinato nell'eterea e malinconica regione del ricordo. Ma restava una speranza. Un piano. LonelyFlight77 lo aveva messo a punto osservando l'umanità dal basso. Erano in tanti a passarsela male: soffrivano di solitudine e avevano gli occhi spenti. Cercavano contatti umani nel deserto delle occasioni speciali. Così ci pensò su, e decise. Fece pubblicare un'inserzione a pagamento dal testo breve e incisivo: Adotta un drone. Poi restò in attesa. Qualcuno si sarebbe fatto vivo. Non importavano i giorni, o le settimane. Prima o poi sarebbe accaduto. E dopo un mese e mezzo la risposta arrivò: una formale proposta di incontro.
Il drone cominciò a fantasticare su come sarebbe stato il suo umano adottivo. Sperava in un tipo diverso dal precedente proprietario, meno assillato dal tempo e dalle prestazioni. Le cose andarono oltre ogni previsione, perché LonelyFlight77 si trovò di fronte a un uomo anziano, seduto su una carrozzella. Non si muoveva mai di casa, non solo perché era pigro, caratteristica che l'aveva accompagnato per tutta la vita, ma perché in quel palazzo vecchio e screpolato mancava l'ascensore, e lui stava al terzo piano.
Il vecchio appariva depresso, decisamente fuori forma, ma quando vide il drone sembrò rianimarsi, risvegliarsi da un lungo letargo. Programmò LonelyFlight77 per una missione istantanea. Lo spedì fuori dalla finestra come un prolungamento del suo occhio, del suo corpo, delle sue stesse emozioni. Quel modello superato gli bastava per arrivare all'obiettivo. Due isolati più in là, svoltando a destra, c'era una palestra...
Sì, siamo davvero fatti l'uno per l'altro, ronzò pensante il drone mentre affrontava il lento volo verticale verso la finestra che dava sullo spogliatoio delle donne.

Paolo Pasi