rivista anarchica
anno 45 n. 402
novembre 2015


società

E infine fu il denaro

di Giancarlo Tecchio


Nel sistema capitalistico, l'accumulazione di denaro è il fine unico di ogni processo produttivo.
La crescita del consumismo e l'iper-produzione che ne derivano hanno conseguenze ecologiche e sociali catastrofiche.


Nell'agosto del 1984 ero a Venezia con Luciano Lanza ad organizzare la cucina del Convegno internazionale sull'autogestione. Giorni indimenticabili sia perché 31 settembre fa la vita appariva ancora una plastilina da modellare sia perché ci sembrava possibile essere gli artisti di quell'opera.
A Venezia, che comunque in quanto tale vale sempre la pena, passai quindici giorni tra stand, tensostrutture, pentole, cucine, camion e barche, acqua alta ed emergenze varie e un gruppo di compagni che venivano da tutto il mondo e che si integravano immediatamente nella perfetta organizzazione anarchica frutto di empatia e sapienza, di solidarietà e collaborazione.
Non mi ricordo, forse perché il tempo andato è sempre frutto di rimpianti, gelosie o criticità. Ricordo che c'era una profonda compatibilità tra gli argomenti dei mille incontri e il clima che si respirava. Ricordo le damigiane fornite da Veronelli e calcolate per durare una settimana, evaporare la prima serata quando la notizia si era sparsa tra calli e campielli e aveva portato a Campo Santa Margherita il popolo veneziano estimatore dell'ombra d'autore. Ricordo l'ospitalità dei compagni veneziani e la disponibilità di tutti e su tutto, ricordo il sapere di chi in cucina portava il suo contributo e lo rendeva gratuito e condiviso.
Pensate una settimana a Venezia senza soldi, a mangiare, bere, ascoltare musica e dibattere di autogestione e di anarchia. Un mondo senza formalismi, senza biglietti da visita. Un mondo dove le idee ecologiche di Murray Boockhin erano uno dei focus del dibattito.
Dopo Bologna 1977 i primi anni ottanta segnano una svolta anche nel movimento. Siamo all'inizio dell'informatica, il Commodore 64, i primi PC dell'Olivetti o dell'IBM, il Mac diventano un arredo sempre più usuale negli uffici e nelle case. Sono delle macchine che fanno intravedere la potenzialità di poter disporre di un calcolo rapido, di poter schedare e organizzare risorse, di poter scrivere e correggere e stampare informazioni, notizie. Sono macchine che possono comandare periferiche e che possono realizzare operazioni ripetitive in modo preciso e automatico.
Anche i robot escono dal cinema di fantascienza per entrare nelle fabbriche. L'automazione supera la catena di montaggio, la parte fisica del lavoro diviene sempre più residuale e l'operaio controlla la macchina, che diventa sempre più indipendente. Anche l'artigianato comincia a contaminarsi, stampare un giornale, una rivista, un manifesto, un libro un biglietto da visita diviene sempre più “facile”. Il carpentiere o il falegname usa macchine a controllo numerico, taglio laser o taglio ad acqua, frese e multifunzione programmate, le lavorazioni ripetitive sono automatizzate.
Io alla fine degli anni '70 lavoravo in una litografia, regolare una macchina da stampa richiedeva competenza ed esperienza, un'arte che si apprendeva poco alla volta. Oggi si inserisce il PDF del prodotto che si vuole realizzare e poi il tutto viene effettuato in automatico. La macchina regola inchiostrazione e bagnatura in base ai parametri che vengono inseriti, correggendo automaticamente le aberrazioni cromatiche dovute al monitor del computer rispetto al supporto su cui si stampa. La competenza è diventata di tipo informatico, ma non è praticamente un'abilità personale. La stessa cosa avviene per la realizzazione di mobili o di prodotti di carpenteria, di tessitura o pelletteria. Si conserva ancora, ma per quanto?, qualche isola residuale nei vari settori protetta più come curiosità museale che effettiva attività produttiva.

L'epoca dei non-lavori

Le stampanti 3D permetteranno di realizzare i prodotti partendo dal CAD (il disegno fatto al computer). Il fatto che gli oggetti si possano produrre in modo rapido e che l'energia disponibile sia apparentemente molto economica, in un contesto finanziario e non economico, porta all'iperproduzione. Negli anni '30 nacque il concetto di obsolescenza programmata come soluzione alla progressiva automazione e alla conseguente riduzione del personale impiegato. Da allora la produzione è sempre aumentata riducendo al contempo gli addetti necessari.
L'organizzazione sociale ha quindi aumentato occasioni di occupazione inventando “non lavori” che occupassero un sufficiente numero di persone per permettere di mantenere il controllo sociale e il funzionamento del sistema. Il sistema si è progressivamente trasformato da un meccanismo economico per cui l'occupazione della gente permetteva di realizzare prodotti che comunque miglioravano in qualche aspetto la vita o la percezione di benessere delle persone, a un'organizzazione del tempo-vita che riducesse sempre più lo spazio individuale per uniformare a comportamenti collettivi omologati alla conservazione dello status quo.
La diffusione dell'auto ha permesso inizialmente una mobilità agevole ad un numero sempre maggiore di cittadini per poi trasformarsi in un meccanismo di autosostentamento del sistema che ha riportato lo spostarsi alla velocità ante motorizzazione, ma con molto maggior stress. Il meccanismo non è frutto di una volontà individuale consapevole, spesso gli artefici del cosiddetto progresso non avevano mire esclusivamente di sopraffazione.
L'ingegnerizzazione dei rapporti complessivi è frutto di un modello che sfugge al controllo di un'unica volontà di potere, ma ne consegue in modo quasi automatico. Certo il modello economico era premiale su basi competitive, ma, soprattutto agli inizi, c'era anche una sensibilità “sociale” verso i lavoratori. Alcuni imprenditori, probabilmente mossi da un po' di convenienza nel diminuire la conflittualità operaia e un po' per empatia o più semplicemente per tacitare i sensi di colpa di uno sfruttamento pesante, realizzarono quartieri operai mediamente confortevoli, si prendevano cura dei dipendenti con colonie estive e attività di ricreazione.
Nel vicentino sia Valdagno che Schio sono ancora fortemente caratterizzate dagli interventi delle aziende tessili che ne costituivano il motore economico e hanno anche sofferto pesantemente la successiva decadenza o delocalizzazione. Nel '900 si è poi passati dalla grande azienda familiare alla struttura multinazionale. L'affermarsi della banca come motore economico ha sostituito l'imprenditore eroe della propria fortuna e ha messo al suo posto dei meccanismi di competizione dove gli operatori che modellano la struttura non hanno più come obiettivo il prodotto, ma l'accumulo di denaro. Questo è secondo me un punto cardine dell'attuale situazione e anche della crisi. Il confrontarsi con la produzione di un “prodotto” porta a verificarne l'energia, i materiali e la forza lavoro necessari a realizzarlo. La concezione di finito è ben presente in un'attività produttiva. Se nel magazzino non ho materia da modificare tutto si ferma.
Un'economia basata sul prodotto può essere ecologica perché segue le regole dell'ecologia. Se invece il motore è finanziario, cioè privo di riferimenti fisici e quindi di limiti, la “crescita” di profitti è centrale e questa si può realizzare con prodotti o semplici convenzioni. I prodotti finanziari frutto di elaborate teorie economiche e arzigogolati algoritmi non hanno nessuna giustificazione logica. Si inseriscono meccanismi molto regolati e complessi su realtà puramente virtuali.
La divaricazione tra il bene e il denaro che lo rappresenta diventa incontrollata e, ad un certo punto, totalmente sciolta. Posso gestire la realtà attraverso una finzione di cui posso governare totalmente il meccanismo in quanto produttore delle regole. Il limite della natura che non riesco ancora a comprendere completamente, e quindi a dominare attraverso la tecnologia e la scienza, viene superato dalla sua rappresentazione attraverso le mie regole. È come giocare in un Monopoli in cui un giocatore fa le regole e gli altri partecipano senza rendersi conto che la loro presenza serve solo a gratificare il mazziere.
Oggi l'economia del mondo è gestita attraverso un mercato finanziario in cui 4 operatori da soli possono deciderne le sorti. I governi, i partiti, i movimenti, le persone sono all'interno di un percorso segnato nel quale non ci sono vie d'uscita e del quale devono accettare regole e imposizioni. Il tutto è regolato attentamente e puntualmente da un sistema integrato di convincimento più o meno violento che passa dalla suadente informazione ai manganelli della polizia a seconda del grado di devianza che deve essere recuperato.
Anche l'attuale modesta presa di coscienza che i limiti dello sviluppo stanno per mostrarsi con fenomeni sempre più dolorosi viene tacitata. Internet, che per sua natura non sopporta facilmente la censura, viene neutralizzata attraverso una capillare opera di disinformazione. L'invenzione del “complottismo” e delle “bufale” come categorie in cui ricomprendere qualsiasi voce dissonante che interroghi su evidenti contraddizioni o false informazioni fornite dal sistema, è un modo per eludere e nascondere il problema. Se vengono proposte domande scomode su avvenimenti o scelte discutibili si evitano le risposte semplicemente denigrando l'interlocutore e mischiando fatti diversi e totalmente scollegati in modo da banalizzare togliere credibilità. Pensiamo al deputato dei 5 stelle Bernini che fu preso in giro da tutta la stampa mainstream perché aveva parlato del chip sottopelle con il quale fra non molto saremo in balia delle amministrazioni, delle banche, della assicurazioni e di qualsiasi altro ente che potrà localizzarci, bloccarci economicamente, impedirci l'accesso a qualsiasi luogo, ecc. La cosa, quando poi viene resa nota e quindi confermata perché un'azienda svedese propone ai dipendenti il chip come una facilitazione per l'accesso in azienda, non fa più clamore. Il “complottista” che vede nel chip un evidente inizio di controllo sul modello disegnato da Orwell in 1984, era un folle, salvo poi verificare che il chip rappresenta un sistema di pagamento, la tessera sanitaria, il documento fiscale e qualsiasi altra funzione si voglia aggiungere. La cosa più divertente sarà che il chip non sarà iniettato con la coercizione violenta in un ospedale, sarà “richiesto” dalla vittima come semplificazione o comodità.
È preoccupante verificare che le politiche volte ad aumentare la sicurezza sono non solo subite ma spesso richieste da chi poi si vedrà negare i diritti minimi. Il sistema è creazione umana e quindi chi ne gestisce e organizza le regole è dio. La cosa, come sarà sempre più evidente, soffre del vulnus di un errore logico di base. Il fatto che la mia volontà di dominio non è in grado di modificare il reale, l'esistente, mi permette solo di crederlo e farlo credere fino al momento in cui la mia ipotetica gestione del mondo si scontra con i suoi limiti. Oggi cominciamo ad assaggiare questo nuovo status in cui l'uomo e dico uomo perché la scienza, a differenza dell'informazione e della politica, è unanime nel riconoscere le cause del problema in questa organizzazione della società che prevede crescita infinita in un mondo finito, sta diventando l'artefice della sua estinzione.
La corretta rappresentazione del problema in forma semplice e intuitiva la troviamo in FootPrint (http://www.footprintnetwork.org/it/index.php/GFN/). La nostra presenza sul pianeta comporta un consumo di risorse che non deve superare la capacità di rigenerarsi delle stesse. Pensiamo ad un capitale che in banca genera interessi. Se per vivere noi spendiamo solo gli interessi, quindi il cibo, l'energia, la materia prima che la terra è in grado di riprodurre, gli alberi per la parte che ricresce, l'ossigeno che le foreste riescono a rigenerare, l'energia che possiamo rinnovare, avremo una rendita infinita, se il nostro stile di vita ci costringe ad intaccare il capitale, per quanto grande esso sia, in un periodo relativamente breve ci ritroveremo senza più risorse.
Sulla terra, oggi, all'inizio di agosto cominciamo a intaccare il nostro capitale. Se disegnassimo la funzione matematica del problema otterremo una parabola, o meglio una parabola con la curva in discesa che ad un certo punto diventa sempre più ripida. È come scendere da un colle di cui non riusciamo bene a vedere l'orizzonte con una bicicletta. Il declivio inizialmente sembra confortevole, ma improvvisamente diventa ripido e finisce in un orrido. Quando la discesa diventa pericolosa non riusciremo più a frenare e allora sarà tardi per qualsiasi rimedio.

Nuove rotte necessarie

Il tema non è affrontabile nel tempo, abbiamo già imboccato la discesa e ci avviciniamo sempre più rapidamente al salto che vuol dire fine della presenza umana sulla terra. Naturalmente il pianeta se ne farà una ragione e ricomincerà con altre soluzioni come facciamo noi da bambini quando una manipolazione del Pongo non ci è venuta bene o la casetta di Lego ci ha stufato. Si rifà la palla o si cerca una nuova configurazione dei mattoncini. Il fatto che Cassandra non sia molto apprezzata e che nel ricordarla e schifarla tutti si dimentichino che aveva predetto la verità non lascia molte speranze in un repentino cambio di rotta. Le alternative sono o uno sfrenato consumo delle risorse rimaste, consolandoci con la favola che i catastrofisti menagrami raccontano balle e sperando che qualche magia garantisca un improbabile lieto fine, non pensarci e continuare a cercare palliativi sempre meno efficaci o tentare di mantenere il progetto biologico e correggere la rotta.
Correggere la rotta comporta prima di tutto una riorganizzazione della società su basi totalmente diverse. Io temo di sapere quale sarà la scelta, ma voglio illudermi che la razionalità vinca.
La prima cosa che mi sembra necessario affrontare è il superamento del sistema finanziario attuale. Al di là degli effetti che il sempre maggiore squilibrio nella disponibilità delle risorse economiche sta provocando sulla qualità della vita delle persone, è assolutamente insopportabile vivere in un mondo gestito secondo regole illogiche e senza senso. Io credo che l'organizzazione del mercato finanziario sia per i più sconosciuta com'erano le formule magiche degli alchimisti o dei cerusici. Solo i sacerdoti della finanza possono cimentarsi nella manipolazione delle azioni nei templi esclusivi delle borse. In realtà il funzionamento della finanza è molto simile ai vari giochi da luna park dove l'illusione della vincita facile è sempre tradita dalla sconfitta costante e, soprattutto, dall'abilità del mazziere. Anche i mezzi di cui dispone il mazziere rendono assolutamente certo il default di chi si cimenta. Oggi le operazioni di borsa sono gestite da sistemi automatizzati che procedono in base a parametri e algoritmi che rendono assolutamente marginale l'intervento umano. Il gioco si svolge su una scala temporale di nanosecondi tanto che gli operatori top stanno cercando di realizzare linee dedicate ultraveloci per mantenere la supremazia assoluta. È un gioco senza suspence per gli operatori professionisti dove semplicemente aumentano secondo dopo secondo il proprio dominio a spese degli altri. Oggi l'1% della popolazione mondiale detiene o meglio, si illude di detenere il 50% della ricchezza complessiva.
Il valore di un'economia, di un paese, di una moneta non è più basato su dati misurabili. Il PIL, che è un pessimo indicatore dello stato economico di un paese, si basa su numeri che derivano dall'attività economica seppur in modo totalmente acefalo per cui un terremoto o un'inondazione è un fattore migliorativo e non una catastrofe mentre l'autoconsumo e l'autoproduzione sono fattori che diminuiscono. Il PIL si basa sullo scambio monetario in modo da creare un plus virtuale ad ogni passaggio creando dei paradossi come trasportare una mela dal Cile in Italia risulta più conveniente che raccoglierla dall'albero in giardino.
Fino a qualche decennio fa un PIL in crescita era ritenuto un fattore positivo e quindi i paesi in espansione erano anche economicamente solidi. Oggi le quattro principali banche mondiali che dispongono di una liquidità giornaliera pari al PIL annuale di mezza Europa possono far variare la solidità di una moneta e quindi influire sulla stabilità politica di un paese o di un'area economica in modo totalmente sciolto da qualsiasi riferimento all'economia reale.
La politica dei governi può essere facilmente vanificata e controllata con semplici operazioni finanziarie che vanno a variare gli indici di affidabilità e aggiungono o tolgono ai bilanci statali quote importanti legati agli interessi che ogni paese deve pagare sul debito.

La morsa del debito

Il debito è un altro Totem che è stato inventato recentemente e ha spostato un termine tipicamente religioso in un ambito in cui aveva un significato totalmente diverso. C'è un saggio di Jacques Attali, Come Finirà? (Fazi editore), dove il debito viene delineato nelle varie epoche storiche. All'inizio il debito si estingueva con il debitore per cui la morte del sovrano annullava tutti i debiti, più recentemente il debito veniva semplicemente estinto attraverso l'immissione di nuovo denaro in modo che l'inflazione lo annullava, oggi, in Europa con l'Euro e la BCE che è una Banca indipendente, si è creata una situazione circolare suicida. Quando un paese emette debito per realizzare una infrastruttura o finanziare il Welfare, stampa dei titoli come BOT, CCT, BTP che la BCE acquista in cambio di Euro che alla scadenza dovranno essere restituiti con un piccolo interesse. Vuol dire che quando lo Stato deve rimborsare alla BCE i titoli in scadenza deve recuperare il 100% del valore emesso. È chiaro che se quel valore è servito per realizzare opere e quindi è stato impiegato, l'unica possibilità per restituire il debito è tassare al 100%+interesse i redditi derivati dalle stesse.
Si verifica il paradosso che chi realizza opere per il paese non solo deve lavorare gratuitamente, ma deve anche pagare qualcosa. Se questo cortocircuito viene mimetizzato con discorsi moralizzatori e colpevolizzanti, con artifici finanziari, con soloni della finanza che pontificano su complessi scenari economici, gran parte della popolazione resta preda dei sensi di colpa e si predispone a nuovi sacrifici e ad abbassare le proprie rivendicazioni.
Il fatto di aver poi inserito in Costituzione l'obbligo del pareggio di bilancio provoca il collasso di qualsiasi iniziativa volta a realizzare beni comuni o investimenti strategici come scuole e sanità a favore della popolazione. Anche la promessa di nuova liquidità nell'economia è molto improbabile perché la crisi ha portato le attività, soprattutto quelle medie e piccole, il settore artigiano e i lavoratori autonomi a bilanci in discesa o, nei pochi casi fortunati, stabili e nessun Istituto di Credito affida credito ai clienti se i valori dell'azienda non sono oltremodo certi, soprattutto quando sul mercato finanziario si ottengono risultati migliori e con rischio inferiore. In questo modo i pagamenti diventano sempre più aleatori, le aziende perdono fiducia, i creditori più aggressivi e i debitori sempre meno solventi.
Non è cambiato nulla sulla capacità di operare, di realizzare manufatti, di progettare o commerciare, ma tutto si ferma. È la prima volta nella storia che la crisi non dipende da una carenza di risorse, ma è stata scientemente gestita come in un esperimento da laboratorio.
Per riuscire in questo è stato necessario ridurre la conflittualità sociale, distruggere le reti sociali, isolare e nascondere qualsiasi esperienza di lotta o di dissenso in modo che la percezione sia di totale inettitudine e isolamento. Però questa crisi è anche una grandissima occasione per un sostanziale cambiamento dello status quo. Le prospettive di un rientro nei modelli attuali della produzione per chi ne è stato espulso sono minime e il continuo appello a iniziative imprenditoriali innovative per inventarsi metodi originali per creare altro reddito virtuale sono palliativi che possono riempire qualche colonna di giornale, qualche blog o qualche secondo della fuffa informativa giornaliera. La realtà è una crescita sempre più rapida dei senza reddito con le conseguenze di insicurezza sociale e di conflitto che ne derivano. L'occupazione degli alloggi sfitti, le spese proletarie per piccoli gruppi organizzati o i furti individuali sono soluzioni palliative e limitate. L'idea di un reddito di cittadinanza per mantenere una larga fascia di esclusi ad un livello di sopravvivenza può sembrare una soluzione tampone, in realtà serve solo a conservare un'apparente stabilità sociale senza permettere alle persone di partecipare ad un progetto di esistenza che non si limiti alla sola sopravvivenza.
Pensare ad una società dove si può vivere non scambiando, ma partecipando è la sfida che la crisi dell'attuale sistema ci lancia e rappresenta una via d'uscita. Il modello prospettato da Rifkin in La società a costo marginale zero è un buon punto di partenza per una riflessione e per individuare delle strategie che possono permettere a ciascuno di iniziare quel percorso rivoluzionario che dia una prospettiva di prosecuzione dell'esperienza umana sul pianeta.

Giancarlo Tecchio