rivista anarchica
anno 45 n. 402
novembre 2015


dibattito

Anarchismo, stato e città

di Dimitri Roussopoulos


Per poter agire attivamente in favore di una trasformazione sociale, l'anarchismo deve diventare “costruttivo”. Ciò che serve è un senso geopolitico di cambiamento sociale, che sfrutti tutte le opportunità, entrando nella sfera pubblica a partire dai quartieri e dalle città.
È questa la proposta di un noto anarchico greco, attivo a Montréal (Canada), anima della casa editrice Black Rose Books.


L'anarchismo è un ruscello che nasce da una sorgente da sempre presente soprattutto nei movimenti sociali e nelle opportunità offerte da una varietà di culture politiche. Come tradizione di libertà che si rinnova, è sempre pronto a sollevarsi trasformando la sua filosofia in un fiume di trasformazione sociale.
Con il crollo del Marxismo-Leninismo come movimento storico, e con il progressivo screditamento della maggior parte delle socialdemocrazie e del liberalismo, si aprono nuovi e molteplici orizzonti per una filosofia politica trasformativa che promuove una società democratica senza autorità politica centralizzatrice, cioè lo stato, e in questo giorno ed ora, senza ossessione per uno stato-nazione. Per la sua natura di filosofia non ben definita data la sua natura anti-dogmatica, l'anarchismo non è mai stato canonizzato sotto forma di testi sacri, reinterpretati all'infinito attraverso il tempo: i suoi pensatori influenti sono, certo, importanti punti di riferimento, ma l'anarchismo non è una creazione di un unico e dominante filosofo. Come per la maggior parte delle filosofie, contiene alcune importanti scuole di pensiero che offrono diverse direzioni, a volte complementari, verso una società libera. L'anarchismo risulta essere una filosofia complessa e sottile, nel suo essere determinato a creare una società in cui sia il dominio che lo sfruttamento siano rimossi, dalle radici fino alle più periferiche estremità. Nella sua perpetua ricerca della libertà e rimanendo sempre vigile contro le gerarchie, esso si focalizza sui processi, sviluppando un analisi dialettica della storia, della società e della Natura.
Così esso si presenta come unico, anche per essere una teoria nata nel 19° secolo, nel suo avere sviluppato un apprezzamento del soggettivo e aver teorizzato riguardo ad esso nella sua comprensione sia della natura umana che della storia sociale. Nella sua difesa di una società senza classi e senza stato, l'anarchismo sostiene il socialismo, ma non tutti i socialisti sono anarchici. Tali concetti fondamentali rimangono centrali.
Differenze fondamentali nascono nella risposta alla domanda fondamentale: “è possibile una rivoluzione sociale oggi, come era stata concepita una volta, soprattutto nel nostro tipo di società?”
Questa domanda viene posta da coloro che vivono in una società altamente industriale, con tecnologie avanzate, con un potere statale centralizzato con enormi forze militari armate, e con economie dominate da società multinazionali. Sappiamo che le rivolte sociali non sono solo possibili, ma scoppiano di tanto in tanto. Tali azioni di massa possono spostare le politiche statali a sinistra, e possono spingere il capitalismo selvaggio in ritiro temporaneo. Anche in società altamente autoritarie, sono possibili rivoluzioni politiche. Ma cosa dire della rivoluzione sociale, come prevista dagli anarchici, in cui un'intera cultura politica si radicalizza sulla base di nuove relazioni sociali, in cui il potere politico viene radicalmente decentralizzato e basato su un'economia che lavora su unità tecnico-industriali autogestite in armonia con le comunità che si trovano loro stesse in armonia ed equilibrato con la natura? Può questa società alternativa essere portata alla luce da una rivoluzione sociale oggi, nel 21° secolo? [...]

L'anarchismo costruttivo

Per tornare ad essere un fiume di trasformazione sociale, l'anarchismo deve avere come priorità fondamentale il diventare un anarchismo costruttivo. Guardando il corso della storia, quello che serve è un senso geopolitico di cambiamento sociale, che sfrutti attivamente tutte le opportunità, entrando nella sfera pubblica e nel dibattito pubblico, costruendo a partire dalle aspirazioni concrete delle persone.
Questo approccio richiede un intervento socio-politico su due fronti. Uno focalizzato sulla costruzione di una base consapevole di ricostruzione sociale, come per esempio cooperative di vario genere. Le cooperative abitative, in particolare, hanno il potenziale di dare ai cittadini sicurezza abitativa e anche un'esperienza di democrazia diretta. Le cooperative di credito possono anche dare alla gente un ulteriore senso di sicurezza con il potenziale di un controllo democratico. La parallela costruzione di istituzioni è un'attività complementare, siano esse biblioteche e centri di documentazione con circoli di studio e d'istruzione, una pratica in cui gli anarchici sono stati esemplari nel corso della storia.
L'altro fronte sta nella necessità di rimanere sempre attenti a ciò che succede nella strada e nei luoghi pubblici, intesi come luoghi di proteste di massa e di congregazione della comunità. Ritornerò più avanti su questo approccio. Quando il distacco col passato diventa evidente, mai come prima è necessario che queste realizzazioni abbiano un contesto e una messa a fuoco nel 21° secolo.
Stiamo arrivando quindi alla domanda, cos'è che costituisce la politica di un tale neo-anarchismo?
C'è un paradosso nel fatto che gli anarchici, famosi per essere contro lo stato, non abbiano dato sufficiente attenzione attraverso studio, ricerca o mediante pubblicazioni, alle origini dello stato e all'evoluzione storica dello stato-nazione. Non c'è solo l'ironia di questo fatto: esso ha anche gravi conseguenze negative. Indubbiamente ci sono alcuni importanti scritti e approfondimenti, qua e là, come il contributo di Pëtr Kropotkin, che è senza dubbio importante. Ma nel complesso manca una radicale riscrittura e rilettura dei testi convenzionali sulla nascita e il dominio dello stato-nazione da un punto di vista anarchico. Da qui la necessaria prospettiva sul futuro possibile di una trasformazione radicale della nostra società è ancora mancante.
Questo importante campo di studio è stata lasciato ai ricami di liberali e marxisti di varie scuole che ne hanno dominato il dibattito. L'effetto di tali ideologie “educative” per generazioni di studenti e cittadini in generale, con la loro storia standard della stato-nazione, ha creato una pubblica accettazione basata su una definizione e una pratica inadeguata della politica, della sua teoria e filosofia, con conseguenze nefaste per un cambiamento sociale radicale.
Questa egemonia ideologica in gran parte incontrastata nelle istituzioni educative e nel discorso pubblico, non solo ha seriamente distorto qualsiasi analisi radicale, ma anche qualsiasi prospettiva radicale di ciò che significa trasformare drasticamente la società.
Questa situazione compromette anche il progetto di una nuova società o di quello che potrebbe sembrare. Un altro effetto collaterale dell'egemonia ideologica attuale è il suo distorcere gravemente la posizione anarchica contemporanea su come cambiare la società; come e che tipo di trasformazione sociale deve essere incoraggiata e attuata.

La rinascita della coscienza libertaria

Un esempio di ciò che si intende qui illustra il punto. Durante gli anni Sessanta, la nuova generazione di attivisti ha avuto uno slogan comune: democrazia partecipativa. La democrazia liberale non è stata solo contestata in teoria e pratica, ma le porte si spalancarono molto al di là dell'elettoralismo, della democrazia parlamentare e così via. La pratica concreta della democrazia partecipativa portata avanti dalla nuova sinistra a partire dagli '60 ha aperto anche le porte a pratiche anti-autoritarie e libertarie.
Mentre alcuni anarchici erano presenti e influenti durante questi decenni, come un corpo classico del pensiero e del movimento, l'anarchismo in quanto tale non è stato realmente presente in questo discorso sulla democrazia. Così che quando è crollata la cortina di ferro e la sinistra occidentale ha scoperto l'importanza della democrazia, gli anarchici erano a margine di questa apertura: la maggior parte si stava ancora opponendo alla definizione prevalente di democrazia, vale a dire la democrazia liberale, con tutti i suoi limiti. Ma questa non è la sola definizione di democrazia possibile, come gli anni sessanta hanno dimostrato.
Dagli anni '60 e di nuovo dagli anni '80, passando per gli anni '90 fino al ventunesimo secolo, ci state sono potenti ondate di rinascita di una coscienza libertaria, anti-autoritaria e anarchica. Ma tutto questo non ha assistito ad una presenza anarchica visibilmente importante sulla scena della storia come una filosofia fondante o la comparsa di un importante movimento anarchico attivo e federato con vari gruppi di affinità. Non vi è alcun movimento, su tutta la mappa, impegnato sul lungo termine, attivo nelle comunità, sul posto di lavoro, a livello locale o internazionale. Venezia nel 1984 è stato il punto più alto del raduno del dopoguerra anarchico, dove in diverse migliaia si sono riuniti da molti paesi che molti paesi che vanno dalla Corea del Sud, a est verso il Nord America, in occidente per confrontare idee e pratiche. È stata davvero una bellissima festa organizzata da una nuova generazione, con la presenza di alcuni veterani più anziani. Un incontro pensato per aprire le vene di un nuovo anarchismo. Ma non ha funzionato; non è nemmeno riuscito a stabilire una rete per continuare alcune delle serie discussioni e dibattiti che hanno avuto luogo a Venezia.
Questo sforzo di rinnovamento è stato abortito. Nel mese di agosto 2012, un raduno anarchico ha avuto luogo a St. Imier, dove diverse migliaia di anarchici si sono riuniti, per dimostrare che la fratellanza c'è ancora, in qualche modo.
Se nuovo terreno deve essere arato, un'analisi critica della storia dello stato, e quindi della politica, è necessaria. Questo compito non può essere intrapreso entro i limiti di questo saggio. Tuttavia un riconoscimento va fatto all'opera di Murray Bookchin, in cui si può trovare dell'importante lavoro svolto in questa direzione. Di particolare rilievo soprattutto il suo libro più importante nella teoria politica: il brillante Urbanisation without Cities.

L'ascesa dello stato

Nel lavoro di Murray Bookchin c'è una solida narrazione della nascita dello stato, in particolare dello stato-nazione, e uno schema su cui è possibile sviluppare la ricerca futura e il lavoro teorico. Nel suo capitolo, “L'ecologia sociale dell'urbanizzazione” (“The social Ecology of urbanization”) Bookchin scrive: “A partire dal XVI secolo in poi, l'Europa è stata teatro di un dramma unico nella storia: lo sviluppo degli stati-nazione e delle culture nazionali in cui le popolazioni tendevano a identificarsi con ciò che noi, oggi, accettiamo come un luogo comune: il senso di nazionalità personale. Anche il concetto di cittadinanza, a lungo radicato nella fedeltà a una città e all'ente pubblico che la occupava, ha iniziato a spostarsi verso una grande entità territoriale, la “nazione” e la sua città “capitale”. La politica, allo stesso modo, ha cominciato ad acquisire una nuova definizione. Si denotata crescentemente la professionalizzazione del potere con radici nello stato e le sue istituzioni.” (Il corsivo è mio). Questo grande capitolo 7, sostenuto con attenzione e documenti, presenta la più potente articolazione intellettuale sulla nascita dello stato fino ad oggi.
Ancora più importante è la distinzione chiave fatta tra lo stato e la politica. Il capitolo di Urbanisation without Cities intitolato “La creazione della Politica” (“The Creation of Politics”) ed è uno dei più importanti nel campo della storia e teoria politica.
Limiti di spazio non mi consentono un giudizio significativo su questo importante contributo. Tuttavia, per i nostri scopi, attenzione deve essere posta sulla distinzione che fa Bookchin tra lo stato in quanto tale e l'amministrazione locale o comunale. È su questa distinzione che l'ecologia sociale si fonda, e la politica ne segue.
In un altro capitolo fondamentale intitolato “Dalla politica all'arte di governare” (“From Politics to Statecraft”), si legge: “Un'attenta analisi dello stato mostra che ci sono e ci sono stati vari gradi di forme statali, non semplicemente l'emergere di un fenomeno finito chiamato “lo Stato”. Infatti, l'uso universale di parole come 'stato' può impedire una chiara comprensione della misura in cui “lo stato” esiste a vari livelli dello sviluppo sociale: non solo storicamente, ma anche oggi nella società moderna. Essendo concepito in divenire, tenendo conto dei gradi di statalismo che sono esistiti storicamente e funzionalmente, devo sottolineare decisamente che “lo stato” a livello comunale può essere meno pronunciato come costellazione di istituzioni, più marcata a livello provinciale o livello regionale, e ancora più pronunciata a livello nazionale.
Queste non sono distinzioni insignificanti. Non possiamo ignorarle senza semplificare grossolanamente la politica. Differenze in gradi di stratificazione possono avere importanti conseguenze pratiche per gli individui e le comunità politicamente interessate”.

L'attenzione per ciò che è vicino

Quello che ne consegue è il ruolo della città, in particolare nella storia moderna, e la posizione e il ruolo dell'urbanizzazione nella formazione del capitalismo contemporaneo in tutte le sue forme e il suo impatto sulla società, argomenti che saranno trattate più avanti in questo saggio.
È importante notare che questa linea di pensiero sulla città non è estranea all'anarchismo. Anche se la costruzione intellettuale e pratica di Bookchin è originale nella sua impostazione nella società contemporanea, vi è una linea che risale niente di meno che a Michael Bakunin. Evochiamo questa relazione deliberatamente per turbare alcuni anarchici e coinvolgerli nel dibattito.
Nella Filosofia Politica di Bakunin possiamo leggere il seguente passaggio sotto il titolo “Le elezioni municipali sono più vicini alla gente”:
“Le persone, a causa della situazione economica in cui si trovano ancora, sono inevitabilmente ignoranti e indifferenti e conoscono soltanto quelle cose che li riguardano da vicino. Capiscono bene i loro interessi quotidiani, le vicende della vita quotidiana. Ma al di là di questi, per loro inizia l'ignoto, l'incerto, e il pericolo della mistificazione politica. Dal momento che le persone sono in possesso di una buona dose di istinto pratico, raramente si lasciano ingannare nelle elezioni comunali. Conoscono più o meno gli affari del loro comune, sono molto interessati in queste questioni e sanno come scegliere tra di loro gli uomini [sic] che sono i più capaci di condurre tali faccende. In queste cose il controllo da parte del popolo è del tutto possibile, perché avvengono sotto gli occhi degli elettori e toccano gli interessi più intimi della loro esistenza quotidiana. Ecco perché le elezioni comunali sono sempre e ovunque il meglio, conformi in maniera più reale al sentimento, l'interesse e la volontà del popolo”.
Maximoff era il maestro di Sam Dolgoff, che ha anche scritto nel suo Bakunin su anarchismo (Bakunin on Anarchism), “[...] Hanno un sano, pratico buon senso quando si tratta di affari comunali. Essi sono abbastanza ben informati e sanno come scegliere tra di loro un funzionario capace. In tali circostanze, il controllo effettivo è del tutto possibile, perché gli affari pubblici sono condotti sotto gli occhi attenti dei cittadini e riguardano direttamente la loro vita quotidiana. Questo è il motivo per cui le elezioni comunali riflettono sempre meglio il vero atteggiamento e la volontà del popolo [...]”.

Essere forza di cambiamento

Per gran parte dell'era contemporanea, la maggior parte degli anarchici ha ignorato, o ha scelto di ignorare, le intuizioni articolate in queste e altre fonti. Per essere una forza di cambiamento, l'anarchismo deve evolvere intellettualmente e politicamente, soprattutto in Nord America e in Europa al di là di proteste di piazza, libri e pubblicazioni periodiche, fiere del libro, seminari e simili. È vero che tutte queste attività sono importanti. Un anarchismo costruttivo tuttavia richiede in aggiunta, il posizionamento di punti saldi di partenza, cioè politiche applicate, e una connessione alla sfera pubblica più grande del quartiere e della città, riconoscendo questi come terreni politici strategici. La premessa di tale politica neo-anarchica è che gli anarchici dovrebbero scegliere consapevolmente di basare la propria militanza nel quartiere e nella comunità in cui vivono. E/o essere basati profondamente nel proprio posto di lavoro cercando allo stesso tempo di abbracciare le preoccupazioni della comunità.
A seconda delle circostanze essi devono essere identificati per quello che sono e per il posto che occupano. Nei quartieri, ogni sforzo dovrebbe essere fatto per conoscere i vicini e quindi promuovere nuove relazioni sociali, nuove forme di azione civica, più autodeterminazione. Questo processo può assumere molte forme diverse. È un fatto che in molte città nozioni elementari di democrazia partecipativa sono ricercate da comuni cittadini, spesso istintivamente proposte, o sostenute. In tale ricco terreno, in cui esiste o può essere coltivato un certo senso di comunità, l'attuazione dell'anarchismo costruttivo in varie nuove forme di associazione è veramente promettente.

Dimitri Roussopoulos