rivista anarchica
anno 46 n. 405
marzo 2016


storia

Ma quali anarchici d'Egitto!

di Costantino Paonessa


Nel secolo e mezzo di vita del movimento anarchico di lingua italiana, militanti e gruppi sono emigrati in tutti e cinque i continenti. Tra la metà dell'Ottocento e l'inizio del Novecento vi è stata una significativa presenza al Cairo e ad Alessandria d'Egitto.


Intorno alla metà del XIX secolo il flusso di lavoratrici e lavoratori europei immigrati nei paesi del Maghreb e dell'Impero ottomano favorì la diffusione dell'internazionalismo e del socialismo anti-autoritario, accanto a altre ideologie politiche. Tuttavia, per vari motivi riconducibili a temi quali la “decolonizzazione dell'anarchismo” o l'orientalismo, ma anche l'egemonia di certe correnti storiografiche, la loro storia ha interessato poco storic*1 e militanti finendo, come nel caso dell'Egitto di cui si parlerà qui di seguito, quasi del tutto dimenticata.

L'effervescenza anarchica tra il 1860 e il 1882

Sebbene la presenza di colonie europee sul territorio egiziano risalisse al Medioevo, fu solo a partire dalla presa del potere di Muhammad Ali che il flusso migratorio dall'Europa (e non solo) divenne imponente. I governatori d'Egitto avviarono un intenso processo di modernizzazione di alcune istituzioni e organismi della società egiziana; questo processo, di fatto, aprì le porte all'emigrazione di tecnici e manodopera europea. Inoltre, fino alla fine dell'Ottocento almeno, i viceré d'Egitto concessero una facile ospitalità anche agli esiliati politici europei che rischiavano, altrove, di essere imprigionati e deportati. Allo stesso tempo, il regime delle capitolazioni (il diritto per gli stranieri di sottostare alle leggi del proprio paese e di essere giudicati dai giudici consolari) spesso era utilizzato dagli stati europei per tenere lontano dalla patria le persone ritenute “maggiormente pericolose”.
È in questo contesto che, nei primi anni '60 del XIX secolo, si costituirono associazioni carbonare, repubblicane e mazziniane tra i lavoratori migranti e gli esiliati politici, prima ad Alessandria – città e porto chiave per le comunicazioni nel Mediterraneo – e poi al Cairo. In questi gruppi, circa dieci anni più tardi, si affermerà l'internazionalismo con l'arrivo di reduci della Comune e dei moti bakuninisti del ‘74.
In questo periodo compare la figura di Ugo Icilio Parrini (m. 1906), “L'orso”, già segnalato nel 1870 come internazionalista dalla polizia del Cairo. Al suo nome sarà legato un trentennio di attivismo anarchico e rivoluzionario. Proprio Parrini, negli anni '80, si fece promotore dell'unificazione dei gruppi anarchici di lingua italiana, presenti in tutte le principali città industriali egiziane con varie sezioni, di cui almeno una femminile. L'Egitto entrò, così, nella rete internazionalista globale con cui condivideva attivist*, idee e pubblicazioni2.
Nel 1878 sbarcarono ad Alessandria alcuni internazionalisti in fuga dalla repressione dei moti del beneventano: tra questi il giovane Enrico Malatesta, che ritrovò qui suo fratello Aniello. Enrico Malatesta rimase ad Alessandria per un breve periodo ma tornò in Egitto nel 1882, quando gli anarchici provarono, senza riuscirci, a sostenere i moti nazionalisti di Ahmad Orabi: alla repressione di questi moti seguì l'occupazione britannica.

L'invito alla conferenza tenuta da Pietro Gori al Cairo (Egitto)
il 23 marzo 1904. Fonte: Archivio Storico Diplomatico
del Ministero degli Affari Esteri

Dalla stasi al nuovo impulso dell'attivismo rivoluzionario

Divisioni ideologiche e personali, la repressione della polizia e soprattutto il costante vagare dei militanti, portarono nel decennio successivo a una paralisi del movimento, che però non smise di esistere del tutto. Alla fine del secolo, gli anarchici riuscirono a riorganizzarsi e a giocare un ruolo d'avanguardia nell'introduzione di idee e pratiche radicali nelle principali città d'Egitto. Ugo Icilio Parrini e Luigi Losi al Cairo; Pietro Vasai, Francesco Cini, Roberto D'Angiò ad Alessandria, nonché decine di altri e altre militanti, diedero un forte impulso all'attivismo rivoluzionario non mancando di preoccupare le autorità italiane, inglesi ed egiziane.
In occasione del viaggio dell'imperatore di Germania a Istanbul e Gerusalemme, un agente del consolato italiano ad Alessandria fece fabbricare delle bombe che vennero introdotte nel negozio-circolo politico di Parrini e poco dopo trovate dalla polizia. Fu l'occasione per arrestare tredici militanti, tra cui Parrini e Vasai: alla fine, vennero tutti scagionati da ogni accusa, ma solo dopo un anno di permanenza nella prigione di Muharram Bay. Usciti di galera e aiutati da decine di militanti arrivati dall'estero, tra cui molti reduci dalla guerra greco-turca del 1897, gli anarchici cominciarono un impressionante lavoro di propaganda, attività politica e agitazione della classe operaia. Si trattava di un movimento policentrico, spesso polemico al suo interno, ma di grande dinamismo.
Nel 1900 arrivò ad Alessandria Luigi Galleani. Subito arrestato mentre era degente in ospedale, fu scagionato un mese dopo grazie ad amnistia. Sembra sia dovuta a lui la redazione dello statuto dell'Università Libera di Alessandria, fondata principalmente ad opera di anarchici nel 1901. L'università, che doveva essere caratterizzata da “fraternità e mutua tolleranza”, era aperta a tutti senza distinzione di nazionalità, lingua, religione e sesso.
Nello stesso tempo l'attività degli anarchici si indirizzava a pianificare nuove forme di organizzazione, lotta e rivendicazione della classe operaia quasi del tutto sconosciute nell'Egitto dell'epoca: nuove associazioni e leghe di resistenza organizzarono scioperi, cortei e assemblee. Si intensificò la propaganda anarchica con la formazione di circoli di studi e la pubblicazione di opuscoli, volantini e giornali. Il primo maggio, l'anniversario della Comune e il XX settembre erano costantemente occasioni per organizzare riunioni e incontri tra gli anarchici. Ad Alessandria venne fondata la “Baracca rossa” dallo scrittore Enrico Pea. Si trattava di un magazzino, ritrovo anche di anarchici e anarchiche, che diventò celebre, più tardi, per essere stato frequentato da Giuseppe Ungaretti e dalla giovane Leda Rafanelli.

Il Domani, periodico libertario del Cairo.
Fonte: Biblioteca comunale dell'Archiginnasio di Bologna
Polemiche e dissidi interni

Il movimento, tuttavia, soffriva della mancanza di unione e di fortissime divergenze interne. La fondazione ad Alessandria del giornale di orientamento sindacalista Tribuna Libera, ad opera di Pietro Vasai e Joseph Rosenthal, approfondì la distanza tra questo gruppo e la corrente individualista e anti-organizzatrice di Parrini e dei compagni del Cairo. Questi, infatti, rifiutarono di raccogliere fondi per sostenere Tribuna Libera, preferendo fare una sottoscrizione per il periodico Era Nuova, fondato a Napoli da Raffaele Valente. Quando poi, ad Alessandria, decisero di fondare il periodico L'operaio, il gruppo del Cairo mandò alle stampe Il domani. Periodico libertario.
Le divisioni travalicarono l'ideologia, arrivando in alcuni casi ad attacchi personali. Neppure un giro di conferenze “accademiche” di Pietro Gori all'Università Libera di Alessandria, nel 1904, riuscì a cambiare le cose. Le polemiche e i dissidi interni portarono al blocco delle attività politiche e di propaganda.
A complicare le cose, nel 1906 giunse inaspettata la morte di Parrini, “il grande seminatore”, come lo definì Enrico Pea: Parrini era da tempo in gravi condizioni di miseria. Con lui sparì, sicuramente, l'anima dell'anarchismo di lingua italiana in Egitto.

Nuovo attivismo anarchico e unione ritrovata dopo il 1908

Per avere una ripresa dell'attivismo anarchico, bisogna aspettare il 1908. A gennaio di quell'anno Vasai arrivò al Cairo come rappresentante della Lega di Resistenza di Alessandria, al fine di trovare fondi per gli operai in sciopero. Nel novembre 1908, Vasai convocò un riunione al Cimitero civile del Cairo dove fu approvata la pubblicazione di un nuovo giornale di propaganda anarchica, L'Idea, che vide la luce nel marzo 1909. A quel tempo, Vasai si era trasferito nella capitale egiziana. Non a caso, il console italiano segnalava al ministero degli interni a Roma un “certo risveglio del partito socialista e anarchico”.
Nella primavera del 1909 fu fondato al Cairo un Circolo Ateo i cui soci, si legge nello statuto, “si propongono di studiare, svolgere, propagare tutte quelle verità, dimostrate dalla scienza in contraddizione ai principi religiosi e deistici”. Nello stesso periodo fu creato ad Alessandria il Circolo dei liberi pensatori: tra i fondatori c'era un altro noto anarchico, Umberto Bambini.
Il 4 luglio 1909, al teatro Eden del Cairo, socialisti e anarchici fondarono la Federazione Internazionale di Resistenza fra gli Operai. Il suo scopo, come si legge nel manifesto redatto anche in greco e arabo, era “l'emancipazione dei lavoratori e l'immediato miglioramento delle loro condizioni”. L'organizzazione, precisava il manifesto, “resterà estranea ad ogni partito politico o nazionale o religioso”. Poco più tardi, il 25 luglio, gli anarchici del Cairo e di Alessandria, riuniti in una fiaschetteria, decisero di convocare un convegno per “gettare le basi di un definitivo accordo nel movimento anarchico d'Egitto”. Il convegno fu fatto il primo agosto 1909 presso il Circolo Ateo di Alessandria. Dopo anni di divisioni si giunse, finalmente, a una sorta di intesa programmatica. Tre ore di discussione servirono alla redazione del documento finale dal titolo Perché siamo anarchici – Che cosa vogliamo. Il documento lasciava la “razionale libertà di azione tanto agli anarchici aggruppati quanto a quelli che intendono esercitare la propaganda individualista”. Allo stesso tempo si dava “la possibilità che gli anarchici possano far parte delle organizzazioni operaie”.
La ritrovata unione, sebbene di breve durata, si fece sentire anche attraverso la “propaganda pratica”. In occasione dell'arresto di Francisco Ferrer, venne costituito ad Alessandria un comitato Pro–Ferrer di cui facevano parte anarchici, socialisti della sezione Pisacane, membri del Circolo Ateo e dei Liberi pensatori. Quando poi l'anarchico spagnolo fu ucciso, oltre a un numero speciale Pro-Ferrer, si tennero molteplici manifestazioni pubbliche e fu posta una lapide al cimitero civile.
Gli anarchici ripresero anche a organizzare e partecipare alle lotte operaie. Ripresero vigore le leghe, prima di tutto quelle dei tipografi e dei sigarettai. Nuova enfasi fu data alle commemorazioni degli anniversari per incentivare la propaganda. Eventi pubblici furono organizzati per il primo maggio 1909 e 1910. Ad Alessandria, nel 1910, un corteo per commemorare l'anniversario dell'esecuzione di Ferrer sfidò il divieto della polizia che, dispiegata in forze, riuscì solo a deviarne il percorso.

Volantino distribuito al Cairo (Egitto) nel 1910
Fonte: Archivio Biblioteca Franco
Serantini di Pisa
Documento firmato dagli anarchici di lingua italiana
in Egitto. Fonte: Archivio Biblioteca
Franco Serantini di Pisa
Il declino

A distanza di un anno, tuttavia, il movimento cominciò di nuovo a declinare. Stando alle parole di Vasai, le cause erano da attribuire a “dissensioni e guerre intestine, piaga di cui è infetto l'elemento anarchico d'Italia specialmente”. In effetti, nel 1912 Vasai pubblicò un appello per una discussione allo scopo di mettere d'accordo “i diversi elementi combattenti”, senza riscontrare successo.
Al 1913 risale la pubblicazione di un ultimo giornale, che a quanto pare suscitò un largo consenso, l'Unione, di orientamento anarco-sindacalista e anti-militarista. L'attivismo dei militanti anarchici era a quel tempo rivolto verso il movimento operaio per promuoverne l'unione, “primo passo verso la libertà e il benessere”, anche attraverso la fondazione di un'unica organizzazione dei lavoratori. Probabilmente a causa della guerra, nel 1914 il giornale fu chiuso. Vasai subì un ultimo processo, insieme all'anarchico Macrì, per “apologia di regicidio”, accusa da cui venne scagionato prima di lasciare l'Egitto, malato di tisi, il 7 luglio 1916. Con la sua partenza, si può dire che finisca la storia del movimento anarchico di lingua italiana in Egitto. Le cause furono tante.
La guerra inasprì la sorveglianza britannica e mise fine al regime delle capitolazioni. L'ascesa del nazionalismo egiziano (da sempre ostile al radicalismo, specie se di classe), la fondazione del partito socialista (ad opera di J. Rosenthal) e del partito comunista dopo la rivoluzione russa, nonché l'arrivo al potere del fascismo in Italia, diedero il colpo di grazia al movimento anarchico. Negli anni '20 del XX secolo gli anarchici si ritirarono progressivamente dall'attivismo politico; molti tornarono nei paesi di origine, qualcuno fu espulso, come il sindacalista Giuseppe Pizzuto. Altri, pur non dissociandosi dai loro ideali, si ritirarono a vita privata.

Costantino Paonessa

Note

  1. Si veda l'interessante lavoro di I. K. Makdisi, The Eastern Mediterranean and the Making of Global Radicalism, 1860 – 1914, University of California Press, 2010.
  2. Nonostante la presenza di attiviste e rivoluzionarie (Leda Rafanelli, Maria Anastasi, Charlotte Rosenthal) si può dire che il movimento anarchico in Egitto fosse costituito prevalentemente da uomini. Per questo motivo, nel solo intento di facilitare la lettura, si adotterà, quando non evitabile, il cosiddetto maschile generico.