rivista anarchica
anno 46 n. 406
aprile 2016




I posti vuoti

Ieri se n'è andata un'amica. Una delle persone importanti nella mia storia personale, uno dei casi in cui le parole della scrittura e quelle della vita trovano un felice incrocio, una consonanza perfetta. Se n'è andata come voleva lei, in un paese diverso dall'Italia, perché qui non siamo civili abbastanza da consentire scelte che sono individuali e che lo stato, o chi per esso, dovrebbe limitarsi a consentire, senza esprimere giudizi morali.
Ieri, nel vuoto improvviso, anche se previsto, ho provato però una sensazione di pace inconsueta in questi casi: ho pensato cioè che la mia amica ha fatto quello che ha scelto, e noi che le eravamo attorno l'abbiamo solo accompagnata. Perché è così che si fa in un mondo libero: si riconosce l'autonomia decisionale degli altri, per tutto ciò che concerne la loro vita, il loro corpo, il loro stare al mondo, e, alla fine, la loro dignità.
Il posto dove mi piacerebbe vivere non somiglia molto a questo. Il posto dove mi piacerebbe vivere è un luogo di persone responsabili e adulte, rispettose della dignità altrui perché questo è il solo modo per aver rispetto di se stessi. Un posto dove non c'è nessuno “più uguale” degli altri, e dove i conflitti nascono da ingiustizie effettive che però si è pronti a emendare. Un posto dove si leggono libri importanti per imparare le esperienze che non si possono fare. Dove non si vive nella paura delle libertà degli altri perché esse sono l'essenza stessa di una convivenza equa. Ho sempre pensato che costruiamo noi la realtà in cui viviamo. Lo penso ancora, ma occorre aggiungere qualcosa a questa affermazione. Occorre cioè considerare il fatto che la comunità che abitiamo è costruita collettivamente. Allora fa qualche differenze se l'esigenza di giustizia è manifestata da uno solo o da molti. La responsabilità di una società di uguali è di necessità condivisa. Essa implica la convinzione preliminare e collettiva che, per quanto ingiusta possa essere la scelta che viene operata da un altro, essa ha le sue ragioni. Non deve essere giudicata, né tantomeno impedita attraverso strumenti istituzionali. Quando essa riguarda il soggetto che sceglie, il suo corpo e la sua vita, questa scelta deve solo essere resa possibile, non necessariamente condivisa.
Così, appunto, la mia posizione è questa. Sull'aborto, sulle unioni civili, sul fine vita. Non conta quel che io condivido in termini morali, perché saperlo è affar mio. Conta però la mia profonda, radicata convinzione che una comunità giusta debba offrire la possibilità a ciascuno di operare la scelta che è più giusta, per lei o per lui. E siccome siam tutti diversi, la nozione di quel che va bene per ognuno è intensamente soggettiva.
In Empirismo eretico, Pasolini scrive che la morte ha un potere mitografico capace di rimodellare il senso di un'intera vita, “e la luce retroattiva che essa rimanda su tale vita ne trasceglie i punti essenziali, facendone degli atti mitici e morali fuori dal tempo. Ecco, questo è il modo in cui una vita diventa una storia”. Allora dovremmo poter scegliere come morire nello stesso modo in cui scegliamo come stare al mondo. Nei limiti di quel che si può.
Altrimenti, semplicemente, il posto in cui viviamo non è un posto giusto.
E perché lo sia, noi dobbiamo poter essere, come scrive Margaret Atwood, acqua che scorre, scegliendo il suo percorso in base agli ostacoli che incontra. “Water does not resist. Water flows. When you plunge your hand into it, all you feel is a caress. Water is not a solid wall, it will not stop you. But water always goes where it wants to go, and nothing in the end can stand against it. Water is patient. Dripping water wears away a stone. Remember that, my child. Remember you are half water.
If you can't go through an obstacle, go around it. Water does”1.

Nicoletta Vallorani

1 Traduzione: “L'acqua non oppone resistenza. L'acqua scorre. Quando immergi la tua mano in essa, tutto ciò che senti è una carezza. L'acqua non è un muro solido, non ti fermerà. Ma l'acqua va sempre dove vuole andare, e alla fine niente può resistere contro di lei. L'acqua è paziente. L'acqua che gocciola può scavare una pietra. Ricordati questo, figlio mio. Ricorda che sei per metà acqua. Se non riesci a passare attraverso un ostacolo, aggiralo. L'acqua lo fa”.