rivista anarchica
anno 46 n. 406
aprile 2016


Sardegna

Clandestini a tavola

intervista di Laura Gargiulo al nodo sardo di Genuino Clandestino


Un progetto e una pratica di riappropriazione: il nodo sardo di Genuino Clandestino ci spiega come sono nati, con quali prospettive e soprattutto quali pratiche portano avanti. Una realtà in crescita che offre spunti di riflessione interessanti per chi crede nell'importanza di intrecciare le diverse lotte per l'autodeterminazione degli individui e delle comunità.


Come nasce e che cosa è genuino clandestino?
Genuino Clandestino nasce nel 2010 come campagna di comunicazione per la libera trasformazione dei prodotti agricoli, promossa da Campi Aperti, un'associazione costituita da produttori biologici certificati o meno che già da anni organizzavano a Bologna mercati in spazi autogestiti, nell'incontro romano con le realtà affini terraTERRA di Roma, 'A ragnatela di Napoli e diverse individualità. L'obiettivo era di stabilire un rapporto più diretto tra i produttori e i consumatori, per evitare in primis le intermediazioni dei grossisti e dei distributori, per una maggiore equità dei prezzi, fino a concettualizzarsi la nuova figura del co-produttore, ovvero il consumatore che sceglie politicamente di acquistare dal contadino che conosce personalmente, e di diventare suo “complice” sostenendo economicamente quel tipo di produzione naturale.

Che cosa ha rappresentato quella prima esperienza a Bologna?
Il mercato diventa ben presto un'istituzione a Bologna, i produttori “clandestini” sono in crescita e gli spazi iniziano a diventare stretti. Nasce così l'esigenza di una rivendicazione ancora più forte per portare queste pratiche anche in spazi non protetti come un centro sociale. Con una scelta coraggiosa si decide praticamente di autodenunciarsi pubblicamente dichiarando che la genuinità dei prodotti proposti nei mercati è proprio la fonte della presunta illegalità. In realtà si tratta di una denuncia dell'ingiustizia delle leggi che equiparano la grande industria alimentare ai piccoli produttori e artigiani, che non solo non vengono premiati per il loro basso impatto ambientale, ma anzi vengono resi clandestini da leggi che favoriscono le multinazionali, che devastano l'ambiente, sfruttano gli esseri viventi e non pagano nemmeno i danni che creano. Da qui viene poi lanciata la campagna GC, che ottiene un buon riscontro, anche perché ci si è resi conto che molte altre realtà simili si stavano muovendo in tal senso, ed è stato naturale che i nodi esistenti, iniziando a comunicare fra loro e a praticare azioni congiunte, venissero a configurarsi come una vera e propria rete.

Avete stilato un manifesto in cui indicate delle azioni precise per la creazione di alternative concrete al sistema capitalista. Potete parlarcene?
I punti del manifesto possono essere visti come la descrizione di pratiche che tendono a riavvicinare le persone alla vita, e allontanarle dal mercato, quello globale e spersonalizzante. La cosa interessante è riuscire a trovare le più adatte declinazioni nei diversi luoghi, partendo dalle specificità e realtà esistenti, in modo che le priorità (che siano la devastazione portata dalle basi militari in Sardegna, o un serrato controllo delle attività artigiane o la mancanza di una sensibilità ambientale, per fare qualche esempio) siano proprio i territori ad indicarcele. Valorizzando queste diversità si ha anche la possibilità di partire dalla positività di alcune risorse che spesso non vediamo, e non dall'emergenza di un problema che può sembrarci inaffrontabile, in modo da riuscire a canalizzare le energie verso azioni dirette che rendano evidente la possibilità di cambiamenti reali.

Come è possibile entrare a far parte della rete? E cosa si intende per garanzia partecipata?
Il requisito fondamentale per entrare a far parte della rete è la partecipazione attiva alla rete stessa e la condivisione dei principi del manifesto di Genuino Clandestino, di cui la garanzia partecipata è un punto fondante insieme all'organizzazione di mercati autogestiti. Ormai molti hanno capito che la garanzia che può dare un marchio, a pagamento, assegnato da un ente certificatore esterno, non garantisce la genuinità di un prodotto fatto anche di relazioni, tradizioni e culture in continua evoluzione, che non rispondono alle norme generali imposte dall'ASL o chi per lei. Noi puntiamo sulla conoscenza diretta, sulla fiducia costruita giorno per giorno. Se c'è qualcosa che non si può delegare è la fiducia e intendiamo costruirla senza intermediari.
Una prassi che stiamo cercando creare è quella di riunirci in assemblea nelle sedi delle realtà che fanno parte o vogliono entrare a far parte della rete, in modo da unire i momenti decisionali alle visite dei luoghi di produzione, i momenti di convivialità a quelli di condivisione dei saperi e dei sapori.

Ci raccontate l'esperienza di Genuino Clandestino Sardegna?
Una delle risorse della Sardegna è il territorio, e molte persone stanno tornando a prendersene cura, grazie anche alla spinta data dalla sempre più radicata consapevolezza del fallimento del sistema economico e sociale attualmente vigente.
Una discriminante apparente tra gli aderenti alla rete può essere considerata quella tra chi ha della terra e chi no, ma le attività che portiamo avanti sono così varie che coltivare è solo uno degli aspetti, seppur fondamentali, del percorso collettivo di riappropriazione della sovranità alimentare che Genuino propugna.
Della rete, quì in Sardegna come nel resto della penisola, fanno parte aziende agricole - convertite o da sempre “biologiche”, associazioni di piccoli coltivatori in terreni in affitto o in comodato, piccoli allevatori e contadini sfuggiti alla morsa dell'industria, giovani o meno giovani che decidono di fare dell'agroecologia una scelta di vita, abitanti delle montagne raccoglitori di spontanee. Insomma, esiste una complessa biodiversità umana difficilmente riassumibile in elenchi e categorie, che si dedica per professione o passione alla produzione di cibo sano ed alle relazioni dirette con chi quel cibo lo consuma.
Per far si che questo sia possibile, oltre ai produttori, è necessaria tutta una serie di altre competenze; così, alcuni che fanno altri lavori, mettono a disposizione le loro competenze - chi per fare un volantino, chi per suonare durante un mercato, chi per comunicare col resto della rete - utilizzando le proprie energie per la causa o trasformando la propria attività in una rivendicazione di un messaggio politico e pratico Genuino e Clandestino.

Quali modalità decisionali scegliete nelle vostre assemblee e incontri?
Le assemblee sono orizzontali, in cerchio, struttura non gerarchica, e tutti intervengono per alzata di mano seguendo un ordine del giorno moderato a rotazione da uno o più partecipanti. Le decisioni vengono prese attraverso il metodo del consenso, in modo che tutti i pareri siano ascoltati e le conclusioni siano condivise. È un metodo antiautoritario alternativo alla maggioranza rappresentativa, per evitare la dinamica in cui gruppi di potere più forti impongano la loro linea a discapito delle singole sensibilità e delle minoranze. Una maniera funzionale di prendere decisioni collettivamente che va contro l'imposizione del pensiero unico.

Come vi rapportate con le realtà istituzionali e soprattutto con quelle delle piccole realtà territoriali?
In generale nutriamo un'insanabile sfiducia verso le istituzioni e le dinamiche che le caratterizzano, soprattutto quando si tratta di realtà urbane piuttosto che piccoli centri rurali. Le piccole realtà sarde, ad esempio, stanno pagando il prezzo della politica dell'industrializzazione forzata di territori a vocazione agropastorale e a volte capita che alcuni amministratori perseguano obiettivi simili a quelli rivendicati dal manifesto Genuino Clandestino, che, in questo scenario, si propone come un'alternativa al modello di sviluppo fallimentare attualmente vigente, all'agribusiness ed alla strumentalizzazione della “figura romantica” del giovane che torna alla terra. Nella nostra breve esperienza, stiamo riscontrando una parvenza di consenso e un certo interesse da parte dei rappresentanti di piccoli comuni, tanto che gli ultimi incontri della rete sarda si stanno svolgendo in luoghi pubblici messi a disposizione direttamente da sindaci e assessori. Forse un segnale che lo stesso potere che legifera contro l'autodeterminazione sta vivendo una contraddizione interna, per la quale non è in grado di gestire né tantomeno controllare le esperienze di autorganizzazione che nascono spontanee. Comunque, manteniamo sempre massima attenzione negli eventuali rapporti con enti ed istituzioni, cercando di evitare di venire inglobati nelle stesse dinamiche che ci proponiamo di combattere.

Come vi rapportate alle altre lotte del territorio... penso ad esempio a quella contro l'occupazione militare in Sardegna dove il concetto di autodeterminazione delle comunità e riappropriazione della terra sono centrali.
Intendiamo il militarismo e l'industria degli armamenti rappresentazione armata degli interessi del capitalismo, utili al rafforzamento del modello economico imposto dalle esigenze del mercato globale e basati su sfruttamento e speculazione. Questo modello economico costituisce uno svilimento delle possibilità e delle risorse dei territori e si basa su pratiche che non possono costituire, né sul piano economico né su quello culturale, delle credibili e reali opportunità per la popolazione: non creano consapevolezza, ma solo consumo e dipendenza; non creano individui responsabili di un contesto sociale che sa come amministrare le proprie necessità; creano invece solo disoccupazione e arruolamento, malattia, speculazione e consumo.
Proponiamo dunque di avviare un percorso comune basato sull'autodeterminazione degli individui, delle collettività e delle comunità, per creare economie responsabili e autosufficienti, fuori dal mercato e dal suo contesto globalizzante fatto di speculazione e imposizione, cercando di svincolarci quanto più possibile dal sistema produttivo consumistico e creando situazioni di produzione e di consumo locali e autonome, tramite pratiche di autogestione, auto-organizzazione ed auto-reddito che possano e sappiano sanare il contesto di cui sono e siamo interpreti.

Parliamo di uno degli ultimi grandi eventi: Expo, un emblema della concezione che il sistema capitalista vuole introdurre del cibo. Quale è stata la vostra posizione al riguardo?
Nonostante la lontananza fisica dagli eventi di Expo, ci siamo tenuti informate/i sugli sviluppi di questo ennesimo spettacolo del capitale a danno della collettività, che strumentalizza il desiderio di mangiare “buono, pulito e giusto” per metterlo a reddito, appropriandosi della semantica delle resistenze contadine per mascherare sistemi di produzione in netta contrapposizione con lo slogan “Nutrire il pianeta, energie per la vita”. Di fronte a tutto questo e alle insidie che esso nasconde, rivendichiamo con le nostre pratiche la ferma opposizione ai progetti/eventi/iniziative lanciate da Expo2015 e, in coerenza con questo, al tentativo rappresentato dal TTIP di consegnare ai promotori di questo modello il nostro futuro ed i nostri territori. Il pianeta si nutre da solo!

Il 15-16-17 aprile a Settimo San Pietro, in Sardegna, si terrà l'incontro internazionale: potete dirci quali sono gli obiettivi e i punti di discussione?
Gli obiettivi dell'incontro sono quelli di consolidare la rete esistente e trovare metodi condivisi che ne permettano una crescita organica. L'incontro si articolerà su 3 giorni: i primi due dedicati ad assemblee, tavoli di lavoro, convivialità e reciproca conoscenza, per poi concludere la domenica con una grande festa mercato. Ci si confronterà sui temi della garanzia partecipata, dei mercati della costruzione dei prezzi, delle cucine e della distribuzione, dell'autonomia dei territori e connessione con i movimenti, di comunicazione e nuove tecnologie in ottica anticapitalista, di illegalità e resistenze contadine e della costruzione di un percorso di autotutela. Il programma è tuttora in via di definizione, invitiamo pertanto chiunque volesse contribuire alla realizzazione dei progetti in corso o all'arricchimento di questo percorso a contattarci e ad attivarsi con noi.

Se un nostro lettore o lettrice volesse sapere qualcosa di più su di voi o avere un contatto dove può andare?
Al momento la maggior parte delle nostre comunicazioni avvengono tramite la mailing list, alla quale chiunque può scrivere, presentandosi, per avere informazioni sulla rete o comunque prendere contatti con le varie realtà presenti sul proprio territorio.

Laura Gargiulo

gcsardegna@inventati.org
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