rivista anarchica
anno 46 n. 411
novembre 2016




La scritta “1969-1979 Gli anarchici non archiviano” e alcuni storici disegni sul caso Pinelli campeggiano nella copertina di “A” 79 (dicembre 1979/gennaio 1980), appunto nel decennale dell'assassinio del ferroviere anarchico Giuseppe “Pino” Pinelli nei locali della Questura milanese, tre giorni dopo la strage di piazza Fontana. E i primi due scritti di questo numero di “A” sono un editoriale di Luciano Lanza sulla necessità di evitare la solita noiosa commemorazione: Le bombe del 12 dicembre e l'assassinio del compagno Pinelli – si legge in conclusione – non sono un esempio di ingiustizia, ma un caso esemplare dell'ingiustizia generalizzata, sistematica e per questo nella coscienza popolare sono divenuti “la strage di stato” e “l'assassinio di stato”. E un'intervista con Pietro Valpreda, seguita da una puntualizzazione redazionale, abbastanza polemica, in relazione alla candidatura nelle liste de Il Manifesto che Valpreda aveva accettato nel 1972.
Undici pagine sono poi dedicate a questioni sindacali all'interno della FIAT. Non a caso sono Piero Flecchia e Roberto Ambrosoli – ambedue residenti nel capoluogo piemontese – ad aprire il servizio, che comprende anche interviste a lavoratrici e lavoratori. A conferma che soprattutto negli anni Settanta la nostra rivista spesso si confrontava con le situazioni e le lotte nelle fabbriche.
Delle elezioni in Spagna si occupa Carlos Semprun Maura, uno degli storici “importanti” della Rivoluzione Spagnola del ‘36. Della “burocrac.i.a. del terrore” (è questo il titolo), cioè del ruolo dello spionaggio statunitense in politica interna ed estera, si occupa Noam Chomsky (si tratta di una traduzione da In these times di Chicago). Da un'altra rivista nordamericana (Black Rose, di Montreal, Canada) è tradotto “L'estetica anarchica” di Michael Scriviner.
Riattraversiamo l'oceano e arriviamo a Reggio Emilia, dove è nato un nuovo periodico libertario, Assemblea generale, pensato come un foglio prevalentemente locale nell'ambito del processo di ricostituzione dell'Unione Sindacale Italiana a livello nazionale. La presentazione del giornale è affidata a un'intervista redazionale ad Andrea Ferrari, tuttora in pista.
Chi scrive queste note, autore di quell'intervistina, ricorda la propria partecipazione in un cinema, a Reggio, a un concerto dei Nomadi, ancora presente il mitico Augusto Daolio. Ero andato a “fare servizio d'ordine” alle porte laterali di sicurezza, che dovevano restare aperte per motivi di sicurezza ma non dovevano diventare un posto di entrata abusiva in sala. Si raccoglievano soldi per Assemblea generale: “No, compagno, entra dal davanti e passa alla cassa”. La nostra storia è stata anche questa, in un clima di sostanziale unità e collaborazione tra le molteplici tendenze e voci dell'anarchismo (con qualche eccezione). E lo stesso Ferrari concludeva l'intervista ricordando che il 7 dicembre al campo Tocci ci sarebbe stata una serata musicale per Assemblea generale con gli Area, Ricky Gianco e altri.
Noi di “A” già da 5 anni avevamo rapporti con Fabrizio De André (e altri ancora, compresi Franco Battiato, Giorgio Gaber, Francesco De Gregori, Ricky Gianco, ecc.), ma anche gli altri anarchici non scherzavano. Tra idee comuni (almeno in parte) e aspirazione a far loro fare un concerto per raccogliere soldi, i rapporti anarchia/musica segnavano nuove pagine di una lunga storia.
Proseguendo con la ripresentazione del n. 79 di “A”, troviamo: la cronaca di un attentato a Milano contro il Centro sociale anarchico di via Torricelli; un lungo saggio di Piero Flecchia su “natura e libertà”; la recensione di un libro in qualche misura “anarchico” e di grande successo in quegli anni quale “Contro il metodo” di Paul Feyerabend; la presentazione del primo numero della rivista Bounty (sottotitolo “l'ammutinamento del pensiero”); il lungo e dettagliato statuto di una cooperativa universitaria autogestita, nel Massachussets – Usa; due lettere alla redazione di una giovane infermiera valtellinese e di un trentenne ex-ufficiale dell'esercito portoghese, anarchico, prima esule a Parigi poi rientrato a Lisbona dopo la fine del regime “fascista” di Salazar.
Un'ulteriore testimonianza della varietà e dell'internazionalità di “A”. Confermata anche dalle provenienze delle sottoscrizioni, raccolte nei nostri tradizionali fondi neri: da Milano alla California, da Carrara al Canada, dalla Sardegna a Roma.
Dei nostri lettori già allora si poteva dire: non moltissimi, forse, ma un po' in tutto il mondo. Tante teste, tantissime opinioni. Una comunità sicuramente variegata, critica, attiva. Di sicuro non passiva.