Repressione No Muos/ Appello per una sottoscrizione
Appello alle compagne e ai compagni, ai gruppi, alle federazioni, a tutte le realtà anarchiche per una sottoscrizione contro la repressione del movimento No Muos:
Negli ultimi 5 anni il Movimento NO Muos ha rappresentato un'autentica spina nel fianco ai progetti militaristi e imperialisti del governo degli Stati Uniti e dei loro alleati e/o complici.
Uno dei primi risultati è stato l'essere riusciti a bloccare e a ritardare l'attivazione dell'impianto di comunicazione militare satellitare di Niscemi, impedendo l'entrata in funzione di tutto il sistema planetario Muos. Questo risultato è stato ottenuto grazie ad una incalzante mobilitazione popolare dal forte carattere antimilitarista, che ha avuto il suo culmine nel 2013 e nel 2014, quando in più occasioni la base militare della Marina USA è stata invasa da migliaia di manifestanti e oggetto di varie incursioni e azioni.
C'è voluta una forzatura sfacciata e arrogante del governo, dietro forte pressione americana, a provocare, la scorsa primavera, una sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativo siciliano che dichiarava la non esistenza di rischi per la salute e per l'ambiente a Niscemi, come invece provato da precedenti sentenze del TAR di Palermo; e lo scorso mese di agosto il dissequestro dell'impianto Muos deliberato dal Tribunale del Riesame di Catania, che cancellava le precedenti sentenze, confermate dalla Cassazione, secondo le quali la costruzione del Muos aveva violato i vincoli paesaggistici e si trattava, pertanto, di opera abusiva.
In seguito a queste “vittorie” si è scatenata sugli attivisti una pesante campagna repressiva, per adesso limitata a episodi di lotta svoltisi tra la primavera del 2013 e la primavera del 2014. 129 attivisti rinviati a giudizio per invasione della base e per altri reati collegati (danneggiamento, violenza, istigazione, ecc.); altri 50 verranno processati il 26 gennaio per avere partecipato ad un picnic dentro la base USA, violandone le reti; altre decine sono inquisiti per avere dato vita a momenti di resistenza, presidi, barricate, sit-in, blocchi stradali, scalate e occupazioni delle antenne. Contemporaneamente si vanno colpendo singoli compagni per “reati” assurdi: Marino di Niscemi, per avere organizzato un rave al presidio NO Muos, quando proprio lo stesso, come altri compagni, ne aveva preso le distanze; Massimo di Ragusa, perché trovato in possesso, mentre si trovava nei pressi della base USA, di CD masterizzati in auto (multa da 2888 euro); Pippo di Ragusa per avere mostrato il sedere a un poliziotto della scientifica che riprendeva con telecamera i partecipanti ad un trekking (multa da 5 a 10.000 euro più denuncia per oltraggio aggravato a pubblico ufficiale) e tanti altri casi che ormai quotidianamente si aggiungono al già lunghissimo elenco.
Anni e anni di carcere, decine di migliaia di euro di multe minacciano di colpire la resistenza al Muos; e fra poco cominceranno i maxi processi; una volta in Sicilia erano i mafiosi a subirli, adesso la lotta alla mafia va meno di moda (specie in quel di Gela), e alla sbarra si portano attivisti e cittadini che difendono la loro terra dalla militarizzazione, dalla guerra e dalle loro nefaste conseguenze.
Per questi motivi facciamo appello a tutto il movimento anarchico perché contribuisca ad una sottoscrizione per far fronte alle spese legali e alla campagna contro la repressione che si sta mettendo in atto. Il denaro raccolto dalla FAS verrà riversato nelle casse del Coordinamento dei Comitati NO Muos.
I versamenti vanno effettuati tramite cc postale sul conto n. 1025557768 intestato ad Associazione Culturale Sicilia Punto L - Ragusa, oppure facendo un bonifico sul conto: IT 90 O 07601 17000 001025557768 Intestato ad Associazione Culturale Sicilia Punto L - Ragusa.
In entrambi i casi indicare come causale: per spese legali.
Federazione Anarchica Siciliana
ww.fasiciliana.noblogs.org
Carcere/ Non tacere sui trattamenti iniqui
Le profonde divisioni esistenti all'interno del movimento anarchico e lo sdegno provocato dalle gesta dei cosiddetti “informali” non dovrebbero indurre al silenzio a proposito delle condizioni in cui si trovano detenuti coloro che sono stati arrestati con l'accusa di far parte di questa fantomatica organizzazione. Due articoli del quotidiano “Il Dubbio” segnalano che il regime in cui si trovano queste persone è praticamente assimilabile ad un art. 41 bis: totale isolamento, spazi ristretti, abbondanza di filo spinato, limitazioni dell'ora d'aria.
La cosa più grave è che queste restrizioni non sembrano conseguenza di un ordine della magistratura. Secondo gli avvocati difensori, infatti, la Procura ha disposto nei loro confronti soltanto il divieto di incontro tra coimputati. Si tratta dunque di un regime imposto dalle autorità carcerarie del tutto illegittimamente, pare con la giustificazione che queste persone potrebbero tentare di fomentare rivolte o comunque di indurre altri detenuti a contestare il regolamento carcerario.
Personalmente, io non ho nulla da spartire con chi vigliaccamente invia buste incendiarie o gioca a fare la lotta armata. Ritengo però che, dopo la giusta presa di distanza pubblicata su “A” 372, sia altrettanto giusto non tacere sul trattamento che stanno ricevendo queste persone che, peraltro, non sono mai state processate e sono dunque, fino alla condanna definitiva, da ritenersi innocenti.
Enrico Torriano
Bologna
Cosenza/ Inaugurato l'infopoint dell'editrice Coessenza
In un momento di grave crisi dell'editoria calabrese, e quindi in controtendenza, venerdì 14 ottobre 2016 a Cosenza, in corso Telesio 90, nella piazzetta antistante l'ingresso principale della Casa delle Culture è stata inaugurata la nuova sede dell'editrice dal basso Coessenza.
Sono passati dieci anni da quando alcuni giovani del Centro sociale autogestito ex Villaggio del fanciullo decisero che era arrivato il momento di offrire alle comunità un luogo di incontro e condivisione della conoscenza, per sperimentare pratiche di formazione e comunicazione autonome, estranee alle logiche di profitto basato sullo sfruttamento degli autori. In uno dei centri storici più affascinanti d'Italia, oggi in stato di preoccupante abbandono, la nuova sede di Coessenza costituisce uno spazio aperto alle molteplici realtà del quartiere, una piccola coronaria che spera di irrorare un po' di sangue per ridare vivacità ai luoghi dove, nel 356 a.C., nacque “Consentia”.
Mentre l'amministrazione comunale del sindaco Occhiuto continua a diffondere la suggestiva ipotesi di iniziare gli scavi archeologici, nel punto di confluenza tra i fiumi Crati e Busento, finalizzati al ritrovamento del tesoro del Re dei Goti Alarico (del quale farebbe parte anche il candelabro ebraico a sette bracci, la grande Menorah del Tempio di Gerusalemme) il Comitato Piazza Piccola (Cosenza vecchia 89 e Comitato Prendocasa) ricorda che esiste un vero tesoro a Cosenza che è sotto gli occhi di tutti nonostante sia stato dimenticato: “che vive nei vicoli, nelle case, fra la gente sicuramente non alla confluenza tra due fiumi”.
Nel corso della serata sono stati presentati, presso la Sala Gullo della Casa delle culture, tre libri editati da Coessenza: “La Banda dello zoppo”, “Ai confini della pubertà” e “Hunderground. Sociologia della contestazione giovanile”. Per chiudere l'evento in allegria, insieme ai giovani di Radio Ciroma, dei centri sociali e di una rappresentanza degli ultras del Cosenza calcio ci si è recati nella nuova sede per il taglio del nastro, ad opera della piccola Maya, e per un gradito rinfresco.
Angelo Pagliaro
Paola (Cs)
angelopagliaro@hotmail.com
Botta.../ Terziario avanzato. Ma davvero vogliamo indignarci per quei lavoratori?
Cari Amici,
torno a scrivervi per farvi un po' dei miei umili ed euforici complimenti per due ragioni in particolare, poi per dire la mia su una certa faccenda.
Complimenti innanzitutto per il limpido editoriale al numero di novembre, “Né sì, né no”: sono e spero di rimanere a lungo in quella fase di infatuazione neofita per il pensiero anarchico in cui si adorano le forti rivendicazioni di principio, profonde a tal punto da trasformarsi quasi in rivendicazioni identitarie (i “Sono anarchico perché...”, per intenderci). La pagina vibra tutta fortissimamente in quelle profondità di analisi e presa di posizione che meritano di definirsi radicali: per questo mi va di ringraziarvi.
L'altra cosa bella per me è l'accostamento, sul numero di ottobre, dei due articoli per molti versi divergenti di Andrea Papi (”Come cambia il potere”) e Giorgio Fontana (”Dalla parte dei lavoratori del terziario avanzato”): in queste settimane di vacuo dibattito mediatico tra le odiose ragioni del Sì e le insulse ragioni del No al prossimo referendum farsa, fa piacere leggere le argomentazioni contrastanti di due modi diversi di guardare a problemi di fondo della società.
Ammetto che, sulle ragioni del differire – la fondatezza o meno di un allarme intorno alla “terziarizzazione globale del lavoro” – non possiedo argomenti decisivi. Istintivamente propendo più per l'analisi di Papi: ritengo che una tendenza alla robotizzazione sia effettivamente in corso nel mondo del lavoro e che essa non abbia come risultato di alleviare le fatiche di braccianti e manovali, quanto di sottrarre agli operatori specializzati certe mansioni considerate un tempo loro prerogativa, per affidarle a macchine e computer che non costano per forza di meno, ma sono più controllabili, malleabili, trasferibili, sfruttabili ed eventualmente spegnibili di qualsiasi massa salariale – e ciò, il più delle volte, a discapito della qualità del risultato finale. Penso, ad esempio, all'uso dilagante dei traduttori automatici nell'editoria o, nella mia esperienza personale, alla tendenza a delegare a costosi programmi informatici una buona parte dell'attività gestionale di un piccolo negozio come di qualsiasi altra attività, sacrificando l'esperienza e la creatività del lavoratore, il quale viene di fatto derubato della parte intelligente e varia del suo mestiere – la sua vera professionalità –, per trovarsi a svolgere solo quella più fisica e ripetitiva, pagata sempre meno in quanto sempre meno specialistica. [...]
Mi va di reagire più ampiamente all'articolo di Giorgio Fontana (Dalla parte dei lavoratori del terziario avanzato, “A” 410, ottobre 2016), a partire dal titolo e da numerosi passaggi, come ad esempio il seguente: “‘Riempiamo la rete di rumore bianco' mi disse un amico che da anni scriveva contenuti per portali generalisti. Sappiamo che quanto facciamo contribuisce a reggere un sistema ingiusto; ma è quanto ci viene offerto.”
Stento a trattenere un moto di irritazione di fronte alla facile autocommiserazione che mi sembra emanare dalla frase sottolineata. Faccio parte di una categoria minoritaria ma a mio avviso crescente, in numero se non in visibilità, di persone che hanno conseguito i titoli di studio che danno accesso alla categoria professionale in questione, ed hanno tuttavia deciso di NON aderire ad un settore che, nel migliore dei casi, impegna i propri addetti nella produzione di stronzate (così traduco bullshit) frastornanti e dispersive, al servizio della disinformazione capitalista – il tutto inoltre in condizioni contrattuali da fame e in un'atmosfera di competizione tra lacchè!
Per i lavori cosiddetti umili
Ho conosciuto e frequento ingegneri che hanno scelto di riparare biciclette o imparare la falegnameria pur di non lavorare al servizio della grande industria e dei suoi interessi; esperti di comunicazione che rifiutano gli stipendi stellari della pubblicità per lavorare nell'umanitario; ricercatori, storici, consulenti e responsabili di grandi aziende convertitisi all'agricoltura (biologica, ovviamente!); dottorandi brillantemente addottorati fuggiti dalle accademie in cerca di senso, finiti per scoprirsi calzolai (giuro!), operatori del sociale, agguerritissimi professori in istituti tecnici di periferia, apprendisti panettieri (questo sono io). Senza dimenticare tutti quelli che, titoli di studio a parte, ogni giorno fanno scelte difficili in nome della propria integrità morale, invece di accettare qualsiasi compromesso pur di “fare il lavoro per il quale si è studiato”, non vedere “il sogno dei padri crollare miseramente a terra” (frasi prese dall'articolo).
Rivendico il valore personale del percorso di chi ha deciso, potendo entrare in questo squallido terziario avanzato (avanzato in che?), di dedicarsi a lavori cosiddetti umili, adattandosi a situazioni di prolungata precarietà, integrandosi in ambienti sociali diversi dal proprio e spesso semi-sconosciuti, a volte affrontando non facili percorsi di apprendistato in età avanzata, sempre aggredendo di petto l'incomprensione quando non la netta disapprovazione di uno sguardo sociale pavido e conformista; rimettendo in discussione “il sogno dei padri” (sennò che anarchici saremmo?), fino a riconoscere che il percorso di formazione conseguito comprendeva una gran parte di lavaggio del cervello, teso ad asservire, avvilire, alienare.
Ma rivendico soprattutto il valore politico ed epocale di tali scelte, fatte nel segno della rivolta, della decrescita, dell'ecologia; dell'abolizione della distinzione classista tra lavoratori intellettuali e lavoratori manuali; dell'appropriazione e della difesa di tanti mestieri minacciati di estinzione da un capitalismo tecnologico e finanziario sempre più vorace, tossico e capillare. Scelte operate, oltretutto, nell'ambito che, in quanto anarchici, dobbiamo considerare eminentemente politico: quello del lavoro, della realtà individuale più pragmatica e quotidiana, in cui si realizzano le scelte morali più personali, impegnative, fertili di conseguenze.
Questi percorsi ritengo esemplari di un reale “ritorno all'intransigenza”, per parafrasare ancora il Fontana. In essi mi sembra di riconoscere il vero NO sbattuto in faccia al sistema.
Voglio ora provare a rispondere alla domanda posta in chiusura di articolo – “Che fare, dunque?” – con alcune proposte.
Non perdiamo l'occasione
Innanzitutto consiglio agli addetti ai lavori di prendere almeno in considerazione il fatto che, se nel settore terziario le condizioni contrattuali e le possibili gratificazioni personali sono degradate come mai in precedenza, negli altri settori (agricoltura, artigianato, piccolo commercio) c'è molto da fare, per il proprio bene e nel segno di una militanza più ampia e lungimirante. È questo il modo per trasformare la crisi economica e strutturale in un'imperdibile opportunità di trasformazione individuale e sociale.
Ritengo poi che si debba rivedere in modo più intransigente il senso delle parole formazione e apprendistato, per quei mestieri che, definendosi intellettuali, hanno a che vedere con la comprensione, la divulgazione e l'affermazione di senso. Non esiste, per il sedicente intellettuale, nessuna forma di professionismo che lo esima dalla responsabilità morale di quanto pubblica: se scrive bullshit è bullshit egli stesso, ed è bullshit anche il suo percorso di apprendistato. Il vero modo per non vedere “vanificata l'idea stessa di formazione” è non applicare le competenze acquisite al servizio di contenuti e direttive spregevoli.
Per finire, escludiamo dal dibattito la strategia di difesa sindacalista di questi bullshit workers: vogliamo sul serio indignarci e lottare perché gli operatori della disinformazione non sono pagati abbastanza, e per di più si sbranano tra di loro come bestie in gabbia?
Concludo quindi scrivendo a chiare lettere che no, non mi va proprio di schierarmi “dalla parte dei lavoratori del terziario avanzato”, quanto meno non di quelli descritti da Fontana.
Allego i miei più sinceri complimenti a tutta la redazione, insieme ad un ringraziamento grande a Giorgio Fontana, per avermi fatto venir voglia di scrivervi. In bocca al lupo per la campagna abbonamenti.
Enrico Bonadei
Parigi (Francia)
...e
risposta/Terziario avanzato. Non sono tutti bullshit jobs
e bisogna combattere
Grazie mille a Enrico Bonadei per la sua lettera. Le sue osservazioni mi consentono di mettere a fuoco meglio alcuni punti che temo di non avere espresso con sufficiente chiarezza.
Comincio col dire che il pezzo non voleva essere descrittivo, ma anzi decisamente critico: stante una situazione problematica (analfabetismo delle lotte, individualismo spinto, l'autocommiserazione che ben notava Bonadei, eccetera) volevo proporre alcuni spunti per rieducare questo settore del lavoro anziché abbandonarlo a se stesso.
Ciò detto, sono totalmente d'accordo con l'idea della responsabilità personale legata a quanto si produce, che si tratti di parole od oggetti: e mi scuso se ho dato l'impressione di giustificare la produzione di contenuti indegni, o di inneggiare alla deresponsabilizzazione. Questo è contro tutto ciò in cui credo. E allo stesso modo, ritengo che un approccio più severo alla proliferazione dei bullshit jobs sia altrettanto importante: questo è uno degli aspetti che mancano nel mio articolo. Con il senno di poi, l'idea di una diserzione attiva andava senz'altro valorizzata di più.
Però non credo affatto che le professioni del “terziario avanzato” (giusto per dargli un'etichetta, criticabilissima) siano tutte bullshit jobs, per cui il settore “nel migliore dei casi, impegna i propri addetti nella produzione di stronzate”. Per questo la soluzione proposta da Bonadei del “fare altro” mi sembra riduttiva: c'è gente che ama quanto fa e cerca di farlo bene, ma è ridotta a condizioni di lavoro ingiuste o manca di fede nelle possibilità delle lotte — proprio come nel lavoro manuale, del resto. Anche per questo la fa meno bene di quanto potrebbe.
Mi sembra una resa
Se una persona ha studiato a lungo per tradurre, programmare, fare giornalismo e così via — e lo vuole fare bene, non come “operatore della disinformazione” — perché dovrebbe per forza cambiare mestiere solo alla luce del fatto che le condizioni sono diseguali?
Mi sembra una resa: anche perché così facendo probabilmente a occuparsi di tali professioni resteranno solo quelli che possono permettersi di farlo come hobby. Generando ulteriore diseguaglianza, e spesso risultati ancora peggiori. Poi magari un domani queste professioni non esisteranno più, o saranno per intero su base gratuita: è possibile. Ma finché esistono, penso sia giusto combattere affinché le loro condizioni siano migliori — e insieme combattere affinché migliorino la coscienza e la responsabilità del singolo lavoratore.
Credo che fra “applicare le competenze acquisite al servizio di contenuti e direttive spregevoli” e cambiare completamente professione ci sia una via di mezzo, che è quanto propongo.
Giorgio Fontana
Milano
L'anarchismo? Per me molto condivisibile
Un saluto a tutti coloro che collaborano alla realizzazione
di questa interessante, utile (e mi fermo qui) rivista. È
la prima volta che vi scrivo, leggo “A” già
da un po' di tempo, questo perché mi è gentilmente
offerta da un vostro abbonato, mio carissimo amico, che puntualmente
me la regala.
Devo dire che leggendo ho scoperto i lati anarchici del mio pensiero, e molte cose che non immaginavo del mondo che mi/ci circonda.
L'anarchismo è molto condivisibile per me, anche se alcuni
aspetti mi sono ancora oscuri, ancora troppo ignorante su certe
tematiche; nel frattempo cerco di colmare le mie lacune, e vi
scrivo proprio per ringraziarvi della opportunità che
ho avuto, grazie al vostro impegno divulgativo, di poter vedere
le cose da un altro punto di vista.
Ora vi seguo anche su Twitter, e mi è sorta una curiosità: come mai non siete anche su Facebook? Ho l'impressione che Facebook (con tutti i suoi limiti e lati anche negativi), sia più visibile di Twitter.
Saluti.
Vito Albano
Locorotondo (Ba)
Parlando di Chiapas (magari con Orsetta)
Dal
n. 391 (estate 2014) al n. 403 (dicembre 2015/gennaio
2016), con la sola eccezione del n. 402 (novembre 2015)
la nostra rivista ha ospitato una serie di “lettere
dal Chiapas”, con testi e foto di Orsetta Bellani.
Queste corrispondenze costituiscono la base di un volume
edito dalla casa editrice anarchica siciliana La Fiaccola,
con il titolo Indios senza re. Conversazioni con gli
zapatisti su autonomia e resistenza (Ragusa, 2016,
pp. 120, € 13,00). Oltre alle sue “lettere”,
ci sono altri materiali inediti. Il libro si può
richiedere a info@sicilialibertaria.it.
A dicembre Orsetta è a Bergamo il 15, a Milano
il 16, a Novara il 18, in Val Susa il 19, e a Torino il
20.
Per ulteriori info su queste presentazioni e per concordarne
altre in gennaio scrivere sempre a
info@sicilialibertaria.it. |
I
nostri fondi neri
|
Sottoscrizioni.
Filippo Nizzoli (San Secondo Parmense – Pr)
10,00; Tony Gei (Piovene Rochette – Vi) 20,00;
Daniele Camilli (Viterbo) 10,00; Alberto Ciampi (San
Casciano Val di Pesa – Fi) 10,00; Massimo Torsello
(Miano) 20,00; Pietro Ghidoni (Borzano – Re)
per PDF, 10,00; Rolando Frediani (Livorno) 20,00;
Giuseppe Anello (Roma) 10,00; Daniele De Paoli (Novate
Milanese – Mi) 50,00; a/m Graziano Gamba (Rezzato
– Bs) gli anarchici bresciani ricordando Ettorina
“Etti” Amati, 250,00; Marco Pandin (Montegrotto
Terme – Pd) 30,00; Antonino Pennisi (Acireale
– Ct) 20,00; Associazione Urupia (San Marzano
di San Giuseppe – Ta) 300,00; Vito Mario Portone
(Roma) 60,00; Vincenzo D'Andrea (Trento) per versione
PDF della rivista, 5,00; Gianni Pasqualotto (Crespano
sul Grappa – Tv) 200,00; Aurora e Paolo (Milano)
ricordando Alfonso Failla a 31 anni dalla scomparsa,
500,00; Carlotta e Cesare (Gambolò –
Pv) 20,00; raccolte durante un incontro in trattoria
dopo i funerali di Agostino Perrini (Brescia) 40,00;
Antonio Ciano (Gaeta – Lt) 20,00; Rino Quartieri
(Zorlesco – Lo) 50,00; Roberto Palladini (Nettuno
– Rm) 10,00; Renzo Sabatini (Roma) 300,00. Totale
€ 1.945,00.
Ricordiamo che tra le sottoscrizioni registriamo
anche le quote eccedenti il normale costo dell'abbonamento.
Per esempio, chi ci manda € 50,00 per un abbonamento
normale in Italia (che costa € 40,00) vede registrata
tra le sottoscrizioni la somma di € 10,00.
Abbonamenti sostenitori.
(quando non altrimenti specificato, si tratta dell'importo
di cento euro). Marco Galliari (Milano); Daniele
Del Freo (Carrara – Ms) 150,00; Claudio Paderni
(Bornato – Bs); a/m Federico Denitto, Paola
Mazzaroli (Trieste); famiglia Tecchio (Vicenza) 200,00;
Benedetto De Paola (Prato Perillo – Sa) 200,00;
Gianni Pasqualotto (Crespano sul Grappa – Tv);
Marcella De Negri (Milano); Loriano Zorzella (Verona);
Giovanni Baccaro (Vittorio Veneto – Tv); Jean-Pierre
Nuenlist (Riva San Vitale – Svizzera) 200,00.
Totale
€ 1.650,00.
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