rivista anarchica
anno 46 n. 412
dicembre 2016/gennaio 2017


Locandina dell'evento.
Grafica Cristina Francese

incontri

Massenzatico (Reggio Emilia) 30 settembre - 1/2 ottobre 2016
Circolo ARCI “Le cucine del popolo”

Le cucine dell'amore

di Joe Scaltriti / foto di Fabio Dolci



Tre giorni di amore, anarchia, gnocco, esodati, relazioni, bambine e bambini, musica, la Cuoca Rosso-Nera, libri, poesia, svizzeri, fraternità, amicizia, Malatesta, il barone rosso della Lunigiana, poster, dibattiti, viagra e altre cento cose.


Riuscita e partecipata la settima edizione delle Cucine del Popolo, in quel di Massenzatico dedicata, come già sapranno i lettori di A, al non scontato argomento delle Cucine dell'Amore.
Avevamo discusso nei due anni precedenti sul tema e alla fine del confronto, grazie anche all'importante contributo di Alberto Capatti, studioso della gastronomia, abbiamo scelto questo tema dedicato su tre direzioni: erotico, affettivo e solidale.


Locandine. Grafica Cristina Francese

Tanto per favorire pensieri e pance venerdì 30 settembre si sono aperti i lavori con una felice combinazione a base di aperitivo con prodotti locali, un vero e proprio rinfresco propiziatorio, con gli ospiti internazionali e la relazione di Pietro Bevilacqua, studioso di storia enogastronomica, su Veronelli negli anni '50. La relazione ha esplorato il rapporto tra l'opera del Veronelli e quel periodo di profonda mutazione delle abitudini alimentari, legato al diverso modo di produzione oramai pienamente agricolo-industriale e di distribuzione con i primi supermercati, dimostrando come il gastronomo bergamasco non si tirò indietro davanti alle sfide imposte dai tempi, anzi. Hanno portato i loro saluti Federico Amico, presidente regionale dell'ARCI e Daniele Catellani, presidente provinciale, ribadendo il forte sostegno dell'associazione al lavoro delle Cucine.


Performance degli Spavaldi dell'affetto

Dopodiché è avvenuta la vera e propria apertura del Convegno, con il brillante intervento di Carla Chelo, giornalista, che ha parlato del rapporto tra fame, gastronomia e cambiamenti sociali dal dopoguerra a oggi. Per concludere in bellezza la giornata si è proceduto con l'immancabile cena curata dal Barone Rosso della Lunigiana: pasta al pesto e frittata campagnola; con l'intervento di Pietro Braglia, del Coordinamento Lavoratori Esodati di Reggio Emilia, perché le Cucine del Popolo sono primariamente un evento dal profondo valore mutualistico; infine si è chiuso con le note di Fabio Bonvicini e Francesco Benozzo che hanno proposto il loro concerto “Gli amori difficili”: un percorso etnomusicale che parte da canti e sonate rinascimentali per andare fino al milleottocento, con il un filo conduttore costituito da canzoni d'amore che non sono canzonette, bensì espressioni politiche e sociali dei loro tempi.


Banchetto di produzioni naturali

E arriviamo al sabato. Per iniziare: colazione a base di “zabaione della mamma”, nuova trovata della Cuoca Rosso-Nera, che stimola i sensi al pari delle madeleines di Proust. A seguire un partecipato incontro con Paolo Pasi, giornalista e scrittore, che ha presentato il suo libro Cupidix e ci ha parlato e cantato del rapporto tra contemporaneità e amore.


Acqua d'orcio

Nella sezione invenzioni, esperimenti e laboratori ci sono stati vari assaggi di ottimo olio sicilano e una fumata collettiva di guseder. E poi il pranzo: pasta al cinghiale e pasta vegetariana, arrosti, insalate e melanzane al forno.
Nel pomeriggio si entra nel vivo del convegno di studi storici per approfondire le tematiche del convegno con le seguenti le relazioni:
La cucina dell'amore, tenuta da Silvia Fabbi; Cucina Afrodisiaca e viagra, di Alberto Capatti; Emigrazione, Amore e Gastronomia di Isabelle Felici; Una cucchiaiata e un passo indietro di Alfredo Gonzales.


Performance Fluxus di Philip Corner

E poi siamo passati direttamente al Veglione Rosso, che con il suo menù socialista del 1906 è stato uno degli eventi centrali della tre giorni, con duecentocinquanta commensali riuniti nel Teatro Artigiano: antipasti, cappelletti in brodo, bolliti e salse di campagna, zuppa inglese e la solita alternativa vegana, il tutto condito da abbondante Lambrusco rosso vivo. Per l'occasione le cuoche di Massenzatico hanno preparato 70 kg di cappelletti fatti a mano.


Alessio Lega (voce, chitarra), Guido Baldoni (fisarmonica),
Rocco Marchi (percussioni), Francesca Baccolini (contrabbasso)


Concerto di Francesco Benozzo e Fabio Bonvicini

Come consuetidine per la rubrica “Avvisi & Ricordi” abbiamo ricordato Gino Veronelli, Libereso Guglielmi, Edoardo Sanguineti e avvisato i convenuti che il prossimo convegno, nel 2018, sarà dedicato alle cucine dei popoli con cuochi internazionali e piatti da tutto il mondo.
A seguire l'esilarante perfomance di Stefano Enea Virgilio Raspini con lo “Sputnik del sentimento”: rilettura ironica della sovietica corsa allo spazio (con protagonisti emiliani innamorati del PCI).

Poi: recital d'amore per soprano e chitarra classica con Hernan Diego Loza e Daniela Veronesi.
Per chiudere la serata degustazione del tonificante latte d'amore, antica ricetta indiana.


La Cuoca Rosso-Nera in azione

Domenica, giorno da santificare per alcuni e da degustare per altri: di nuovo zabaione della mamma con marsala e laboratori: di nuovo olio e guseder, ma anche aceto balsamico, liquori proletari e, bicchiere forte, acqua d'orcio: antica e tradizionale bevanda reggiana a base di liquirizia di cui, per la prima volta dopo oltre trent'anni, riproponiamo la ricetta originale. Sempre in mattinata incontro con Stefano Scansani, direttore della Gazzetta di Reggio, che ha parlato a lungo di amori e disamori del mangiare reggiano, evidenziando le caratteristiche enogastronomiche della nostra terra.
Pranzo internazionale: cucina gitana, emiliana e falafel. Grande spazio hanno avuto le cuoche sinti che hanno proposto tagliatelle e riso alla gallina, carne alla griglia con verdure e altri piatti tipici gitani. Poi interessante incontro con Maurizio Maggiani sugli amori degli anarchici.


Il pubblico durante i Dialoghi sull'amore

Alle ore diciotto l'atteso incontro sul tema “Amore e dintorni” con i giornalisti Armando Torno, Carlo Gallo e con il filosofo Gianni Vattimo: si è pervenuti alla conclusione che sull'amore non si può pervenire a conclusione.
A seguire spettacolo Fluxus con Brindisi della Libertà – Contemporary Folklore e performance PH2 con Philip Corner, storico esponente del movimento artistico, e Phoebe Neville, grande coreografa e ballerina, che ha coinvolto il numeroso pubblico.
Per chiudere: gnoccata sociale con salumi genuini e grana di vacca rossa e bel concerto di Alessio Lega, Rocco Marchi, Francesca Baccolini e Guido Baldoni. Repertorio anarchico e sociale, canzoni di Alessio Lega e, infine, canto dell'Internazionale, come la tradizione delle Cucine vuole.
Erano presenti il Barone Rosso della Lunigiana, il gruppo di pedagogia libertaria, il Mago Nux, la Cuoca Rosso-Nera, gli Svizzeri e l'immancabile Cecio con la sua fantastica assistente Veruska che con la sua tenuta osè ha incantato grandi e piccini. E sopratutto tanti compagni e compagne che vogliamo ringraziare e abbracciare per la loro straordinaria partecipazione.

Joe Scaltriti



Anarchia e Amore

testi di Massimo Ortalli e Paolo Finzi


In vista della tre giorni sulle Cucine dell'amore, lo scorso ottobre a Massenzatico (Reggio Emilia), gli organizzatori hanno chiesto a Massimo Ortalli (Archivio storico della Federazione anarchica italiana) e a Paolo Finzi (redattore di “A”), un testo sulla relazione tra Anarchia e Amore.
Uno scritto essenziale e soprattutto urgente (tempi di consegna: quasi subito). Gli organizzatori ne hanno poi tratto uno scritto di presentazione, unico. Noi pubblichiamo i due scritti originari.


Per l'anarchia, cioè per se stessi

di Massimo Ortalli

All'amore tuo fanciulla
Ben altro amore io preferia
È un'idea l'amante mia
A cui diedi braccio e cuor
Se tu vuoi fanciulla cara
Noi laggiù combatteremo
E nel dì che vinceremo
Braccia e cuore a te darò

Amor ritiene unti gli affetti naturali
e non domanda riti né lacci coniugali
noi dai profan mercati distor vogliam gli amori
e sindaci e curati ci chiamano malfattori

Or son vent'anni rinchiuso in questa cella
dimenticato da colei che io amo ancor
se ci ripenso io perdo la favella
oh nel pensare a quel mio soave amor

Ecco, è nei versi di questi tre differenti canti, che gli anarchici parlano di amore. O meglio, di amori, perché pur essendo lo stesso il sentimento che si evoca in questi versi, sono ben differenti le modalità, le espressioni, l'intensità con le quali l'emozione dell'amore viene a prendere corpo: c'è l'amore eroico e sconfinato che antepone alla personale gioia di una felicità corrisposta l'amore profondo e universale per l'idea; c'è l'amore sbattuto in faccia agli obblighi sociali, indifferente alle convenzioni e alle leggi e proprio per questo amore vero e naturale; e c'è l'amore perduto, abbandonato, disperso nell'esilio e nel carcere, là dove la repressione e la violenza del potere hanno confinato chi ancora vorrebbe amare. Sono questi gli amori anarchici, capaci di contenere nelle loro intensità espressive, apparentemente così distanti ma in effetti identiche, tanto di quello spirito interiore con il quale si manifesta la singolarità dell'idea. O meglio, dell'ideale.

Tra cuore e cervello tra sensi e pensiero

Ben altro amore io preferia dice il poeta, ed appare evidente che, se così effettivamente è, così, altrettanto effettivamente non è. E non può essere, perché l'amore per l'umanità oppressa e conculcata, che spinge l'anarchico a dare braccia e cuor è anche l'amore per la vita, l'amore per la felicità che deve concretizzarsi tanto nell'afflato sociale e nella lotta per l'emancipazione e la libertà, quanto nel trasporto affettivo per l'amata. E infatti, nell'attesa del gran giorno, nell'attesa del dì che vinceremo, c'è anche l'attesa – e la fondata speranza – di un amore carnale, reale, che solo allora potrà finalmente realizzarsi. La realizzazione nello stesso momento, con la stessa intensa aspettativa, di un intreccio fra cuore e cervello, fra sensi e pensiero, fra la dimensione materiale della lotta sociale e quella spirituale del trasporto emotivo: un vero e proprio inno quello racchiuso in questi versi forse ingenui, un inno alla bellezza dell'essere completo.
Amor ritiene uniti gli affetti naturali, è un grido di libertà, uno schiaffo alle convenzioni e alle convenienze, un'affermazione apodittica che non lascia spazio a tentennamenti o retromarcia. Il nostro amore è talmente forte che non ha bisogno di null'altro che di se stesso per esprimersi. Perché è un amore che si basa su un aspetto fondamentale dell'essere anarchico: il rispetto, il rispetto reciproco, un rispetto che porta ad apprezzare fino in fondo le qualità dell'altro e la sua capacità di donarti quello che tu gli doni, un rispetto che inizia e termina al proprio interno. Il rispetto che nasce dal fondamentale concetto di uguaglianza, quel concetto che è alla base stessa del nostro anarchismo, che ci vuole tutti sullo stesso piano, perché piani differenti presuppongono scale di valori, e scale di valori presuppongono l'autorità. Quante belle coppie, nella nostra storia, abbiamo visto, quanti rapporti solidali, duraturi, reciproci, intensi, mantenutisi fermi e forti anche nelle dure avversità che hanno segnato tanti destini. Quanto affetto e quanto amore, dati e ricevuti con identica partecipazione, possiamo trovare nelle biografie del nostro movimento. Non starò qui a ricordare alcuni fra i tanti esempi che possono venirci in mente, perché non solo sarebbe fare torto a chi potrebbe sfuggire dai nostri ricordi, ma soprattutto sarebbe far torto alla spontanea naturalezza con la quale questi rapporti sono nati, cresciuti, rafforzati nell'uguaglianza e nella solidarietà e che proprio per questo non hanno mai vacillato nemmeno di fronte alle prove più dure. E chi se ne importa, allora, dei lacci coniugali, e chi se ne importa, dunque, se ci chiamano malfattori!

Un amore che non si può spegnere

Oh nel pensare a quel mio soave amor. Pare un amore disperato, questo, disperato perché consapevole che non potrà più diventare un rapporto vero, materiale, un rapporto fatto di baci, di carezze, di corpi che si incontrano, di una condivisione assoluta. Il carcere, l'esilio, il confino, tutto concorre a rendere impossibile il sogno, tutto concorre a far scoppiare l'infinito rimpianto di chi tutto ha perduto. È un amore affranto, che pare non lasciare scampo a chi deve soffrirne, e infatti il canto prosegue lasciando presagire un esito tragico: vorrei morir per non sentir più niente sospira il recluso, abbattuto dalla pena corporale della carcerazione e dal dolore spirituale di un amore sconfinato che sa non poter più essere corrisposto. E invece ma poi mi pento, dico sarebbe una viltà, continua, ritrovando nella realtà del carcere o dell'esilio la forza di quelle idee e di quelle azioni che ve lo hanno portato.
L'amore dei sensi è finito, anche se sicuramente non rinnegato, l'amore per la libertà, per la lotta, per la costruzione di quel mondo nuovo che è nei nostri cuori è invece ancora tutto lì, presente e palpitante come il cuore di un innamorato. È un amore che non si può spegnere, infatti, perché l'amore per l'anarchia è, soprattutto, l'amore per se stessi.

Massimo Ortalli


Ma l'anarchia senza amore, no

di Paolo Finzi

Mi vengono in mente tre persone, così, d'acchitto, se metto accanto queste due parole: anarchia e amore.
La prima è, scontata per chi mi conosca, Errico Malatesta. Per una precisa ragione, che ho colto appieno solo recentemente, dopo qualche decennio di frequentazione con la lettura dei suoi scritti. E cioè che nessuna/o, tra le madri e i padri dell'anarchismo (almeno quello di lingua italiana), ha più di lui utilizzato le due parole, accostandole. Credo si possa dire che per Malatesta (e non solo per lui) l'anarchia non sia che la realizzazione progressiva di un ordine sociale basato sull'amore. Persona pudica della propria vita privata, com'era in parte nella sensibilità dell'epoca, Malatesta resta sempre sulle generali, non fa riferimenti personali. Ma utilizza il termine “amore” nella sua piena accezione, si comprende che lo fa volentieri, affidando alle ragioni del cuore, del sentimento, della sensibilità una fondatezza e un'importanza che non stanno mai al di sotto della sua concezione logica e vorrei dire “scientifica”, o per lo meno rigorosamente laica, della vita associata e quindi dell'anarchia che ne è, a suo avviso, la migliore forma realizzabile.
La seconda persona è Emma Goldman, la militante anarchica lituana, vissuta a cavallo degli scorsi due secoli, eccezionale figura di donna, con una concezione dell'anarchia abbastanza simile – nei suoi valori etici di fondo – a quella malatestiana. Ma, come già si evince dalla lettura dei suoi scritti e in particolare della sua densa autobiografia, con una estensione stravolgente dell'amore da mero sentimento “generale” a concreta, quotidiana, anche squassante modalità di relazione, compresa la “parte” (se così si può connotarla) specificamente relazionale e sessuale, “Non è proprio necessario che le donne tengano sempre la bocca chiusa e la vagina aperta”. Difficile pensare queste parole nei pur validi scritti del rivoluzionario campano.
Così come è impossibile pensare a Goldman con in bocca le parole di un altro cultore dell'amore come ambiente naturale dell'anarchia, quel Pietro Gori – la terza persona che mi viene in mente – che, tra le sue poesie/canzoni, scrisse versi come questo “Al tuo amor fanciulla mia, ben altro amor io preferia, è un'idea l'amante mia, a cui detti braccia e cor”. Malatesta non scrisse mai cose simili, Goldman scrisse l'opposto.

Piacere, danzare, sensualità, sessualità

Nella sua rivendicazione pubblica del piacere, del danzare, della sensualità e della sessualità come patrimonio e finalità come individuo prima ancora che come anarchica, Goldman per decenni fu vista con circospezione e anche con profondo dissenso da quegli anarchici che ritenevano che fosse a dir poco sconveniente teorizzare ma soprattutto raccontare con chi era andata a letto, magari mentre il suo compagno “ufficiale” era in galera. E non pochi negli ambienti libertari la consideravano una puttana.
Anarchia e amore. Se non si prestasse a stupide malevole criminalizzazioni, direi che ci troviamo davanti e dentro a due parole esplosive. Io credo che possa benissimo esistere l'amore, e sia sempre esistito, anche senza anarchia. Ci mancherebbe.
Ma l'anarchia senza l'amore, no. Anche ci fosse, non può essere l'anarchia “nostra”. E credo davvero che la lunga, complessa, anche contraddittoria storia dell'anarchismo sia anche leggibile come una lunga, complessa, anche contraddittoria storia d'amore. Una storia d'amore per la libertà.
Amore con la “A” maiuscola, dalla parte degli sfruttati, degli oppressi, degli emarginati., ecc. ecc.. E anche con la “a” minuscola, con l'amore quotidiano, concreto, solidale, anche fisico.
E se è vero che il mezzo è il fine, che il seme prefigura la pianta che sarà, allora è proprio vero che per noi amore e anarchia tendono a sovrapporsi. Sono quasi sinonimi.

Paolo Finzi