migrazioni
Socialità e aiuto senza confini
di Daniela Lardieri e Giulio D'Errico
Ad Atene è nato il progetto Khora, punto di riferimento diurno per decine di migliaia di migranti, rifugiati e richiedenti asilo che risiedono o transitano per Atene. Una storia di migranti e attivisti nell'autunno europeo raccontata da chi vi prende parte.
Chora, o in questo caso Khora,
dalla Grecia classica, passando per Platone e molti secoli dopo
per Heidegger, Derrida e molti altri, è un termine che
è stato al centro di numerose riflessioni. Per il nostro
discorso, la descrizione più calzante è quella
di un'alterità radicale che dà spazio all'essere.
Dal 3 ottobre 2016 al centro di Atene, nel quartiere anarchico
di Exarchia, Khora è il nome di uno spazio sociale autogestito,
reinterpretato come “placeless place”, un posto
senza posto, “uno spazio in cui i confini cessano di esistere
e in cui tutte le persone sono quindi libere”1.
Khora é nata dall'esperienza di un gruppo di attivisti
e volontari internazionali che si sono conosciuti sull'isola
di Lesbo durante lo scorso inverno. Provenienti da tutta Europa
e oltre, tra di loro vi sono studenti, tecnici informatici,
architetti, lavoratori del sociale, scrittori, infondendo al
gruppo e al nuovo spazio una grande varietà di competenze
e potenzialità. In ognuno degli 8 piani della ex-stamperia
in cui Khora ha sede, hanno preso vita uno o più progetti:
reception, spazi educativi e di gioco dedicati ai bambini, spazi
educativi per gli adulti, un'area riservata alle donne, cucina,
caffetteria e sala da pranzo comune, grandi sale destinate a
incontri, a ospitare momenti di socialità e offrire computer,
supporto legale e un ambulatorio medico. Il sottoterra ospita
il magazzino e laboratorio, centro dell'attività di ristrutturazione
e manutenzione degli ultimi tre mesi.
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Atene
(Grecia) - “Benvenuti rifugiati” |
A parte alcuni lavori all'impianto elettrico e idraulico,
tutta la ristrutturazione dello spazio è stata eseguita
dagli stessi volontari, per lo più con materiali donati
e recuperati. Si lavora il legno e si costruiscono giochi per
lo spazio bimbi; con i bancali abbandonati si reinventano sedie,
tavoli, panche e divani; la cucina è stata messa a norma
e tutti gli spazi rimessi a nuovo fino al giorno prima dell'apertura.
Khora è una cooperativa sociale. Si propone di offrire
un punto di riferimento diurno per le decine di migliaia di
migranti, rifugiati e richiedenti asilo residenti e transitanti
per Atene e di facilitare l'utilizzo e la responsabilità
collettiva dello spazio. Nata ufficialmente all'inizio dell'estate,
Khora agisce da collegamento tra associazioni sparse su tutto
il territorio Europeo, ONG, gruppi di attivisti, volontari,
enti istituzionali e le comunità migranti. Avendo a disposizione
i fondi necessari, la scelta è stata quella di affittare
la futura sede. Scelta non scontata, che si accompagna da un
lato alla volontà di dare sicurezza e stabilità
al progetto e dall'altro a continui confronti e discussioni
sulle modalità di finanziamento e sull'importanza di
mantenere un'indipendenza progettuale.
Il gruppo che gestisce lo spazio varia a seconda dei momenti.
Ad un nucleo più stabile si affiancano continuamente
nuove e diverse forze: volontari che arrivano ad Atene dalle
diverse parti del mondo, attivisti che trovano in Khora una
sana attitudine libertaria e la volontà a non chiudersi
nella dimensione di servizio, migranti che per diverse ragioni
hanno deciso di (o sono costretti a) rimanere in Grecia per
un lungo periodo.
Le decisioni sono prese in maniera orizzontale da tutti i partecipanti
al progetto, durante lunghe e multi-lingue assemblee settimanali,
con una cura particolare verso il coinvolgimento di quante più
persone possibili, tramite facilitatori e traduttori che cambiano
il più frequentemente possibile.
L'ambiente è rilassato e amichevole, ma si lavora sodo.
Il cuore di Khora è la cucina che offre quotidianamente
tre pasti gratuiti. I turni di lavoro (volontario) iniziano
verso le 9.00 del mattino, dopo un'ampia colazione in comune,
e finiscono verso le 7.00 o le 8.00 di sera, con la chiusura
dello spazio.
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Atene (Grecia), spazio sociale autogestito Khora - In questa e nelle altre foto, attività tenute all'interno del centro Khora |
Superare l'emergenzialità
Già da prima dell'estate il gruppo che poi avrebbe dato
vita a Khora ha iniziato a intessere relazioni umane e politiche
con le realtà locali presenti ad Exarchia e ad Atene
che lavorano con i rifugiati: squat e centri sociali, scuole
autogestite e non, associazioni, comitati e organizzazioni non
governative. Relazioni che si sono declinate in diverse forme:
dal fornire aiuto concreto alle più disparate situazioni
di “emergenza”, al dare quotidiano supporto all'attività
degli spazi occupati e portare solidarietà in caso di
sgomberi o attacchi fascisti; dal partecipare all'organizzazione
di manifestazioni in sostegno dei rifugiati e di protesta per
le loro condizioni di vita, all'ospitare assemblee di comitati
e collettivi. Il circuito di squat e centri sociali greci ha
affrontato nell'ultimo anno una profonda trasformazione, in
quanto diversi nuovi edifici sono stati occupati da attivisti
e migranti insieme e gli spazi già esistenti si sono
riorganizzati per offrire svariate forme di supporto. Ad oggi
la grande maggioranza della popolazione migrante nella città
di Atene vive in edifici occupati e si sono sviluppati esperimenti
di scuole e mense autogestite.
In particolare si è creata una rete di supporto che lavora
in stretto contatto con il campo rifugiati di Elliniko, in quello
che è stato il villaggio olimpico costruito per i giochi
del 2004 e – neanche a dirlo – rimasto in disuso
per anni fin da allora. Il campo ospita circa 3500 persone,
per un totale di oltre 700 famiglie, principalmente di origine
afgana. È un hub di smistamento di esseri umani come
tanti altri all'interno del territorio greco ed europeo, considerato
uno tra quelli con le peggiori condizioni sanitarie e di sicurezza.
Chi vive ad Elleniko é isolato dalla città. Situato
all'estrema periferia meridionale, è privo di servizi
e i mezzi di trasporto con Atene sono scarsi e spesso troppo
costosi per i residenti del campo.
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Le forniture per la doccia |
Il contesto circostante è cambiato rispetto allo scorso
inverno. L'emergenzialità dei continui arrivi dalla Turchia
ha permesso la costruzione di una serie di centri e campi di
accoglienza e di meno noti centri di reclusione su tutto il
territorio dell'Unione e in particolare alle frontiere della
Fortezza Europa. Sin dall'inizio dell'anno invece i numeri degli
arrivi in Grecia sono stati in costante diminuzione. Questo
dato, sbandierato come positiva conseguenza dell'accordo sui
respingimenti tra UE e Turchia del marzo 20162,
ha dato il la ad altri accordi, su diversi livelli. L'Italia
ne ha stretti con Egitto e Sudan, il secondo a livello di forze
di polizia e non di governo, per il fermo e il rimpatrio diretto
e forzato dei migranti, spesso senza alcun controllo delle motivazioni
alla base della loro richiesta d'asilo. Il sistema di smistamento
e ricollocamento dei rifugiati tra i diversi paesi dell'Unione
lavora precisamente sull'annullamento dell'autodeterminazione
delle persone. Al momento dell'accoglimento della domanda, i
richiedenti vengono assegnati ad un paese a caso, indipendentemente
dalle loro volontà o dai legami che li connettono ad
altri luoghi. Lo svilimento di qualsiasi possibilità
decisionale dei migranti è alla base dell'intero discorso
pubblico istituzionale sviluppato in questi ultimi anni, che
sia moderato, progressista o reazionario, intrinsecamente connesso
al concetto di integrazione.
Una riduzione ad esseri umani di serie B – figurarsi cittadini
– che diventa ancora più atroce nelle pratiche
delle forze dell'ordine. A voler e saper ascoltare, le notizie
sono quotidiane: arresti arbitrari, pestaggi, violenze, separazioni
forzate di famiglie. Arriva proprio tramite Khora la notizia
delle sevizie usate dalla polizia di Atene verso un gruppo di
bambini e ragazzi siriani, tra i 9 e i 14 anni, che lì
si recavano per mettere in scena uno spettacolo teatrale sulla
loro vita prima dell'arrivo in Europa. Colpevoli di avere con
sé divise e pistole giocattolo (materiale di scena per
lo spettacolo), i bambini e gli adulti che li accompagnavano,
sono stati fermati, portati in questura e interrogati per diverse
ore. Oltre alla stupidità della motivazione iniziale,
i bambini sono stati separati dagli adulti e un gruppo di agenti
li ha fatti forzatamente spogliare e mostrare ogni angolo del
proprio corpo, li ha perquisiti, minacciati e picchiati, impedendo
ovviamente a legali e genitori di vederli e sabotando qualsiasi
immediato tentativo di fermare gli interrogatori o di sporgere
denuncia.3 Se da un lato le brutalità
della polizia non sono una novità, l'aumento dei casi
riportati e la piatta accettazione di queste notizie è
un segnale pericoloso.
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Lezioni di inglese al porto |
Le grandi organizzazioni non sono innocenti
Il mondo dell'accoglienza umanitaria e delle grosse organizzazioni non governative non è al contempo privo di colpe e contraddizioni. Lo spostamento, per la prima volta in anni, dell'emergenzialità sul suolo Europeo ha reso evidente il fallimento delle iniziative di sostegno umanitario. Se prima era possibile fare appello a una lista della spesa di scuse, grazie alla quale sentirci felicemente esentati da ogni colpa: guerre e conflitti continui, governi corrotti, dittature, povere infrastrutture, scarsi finanziamenti, mancanza di supporto locale e divergenze valoriali attribuibili qui e là a tutto il Sud del mondo, ora queste giustificazioni mancano. Ora siamo in Europa.
Rispetto ad altri contesti, la situazione odierna in Grecia
è tutt'altro che emergenziale. La popolazione migrante
presente nel paese è di circa 60000 persone, i fondi
stanziati sono molto più alti di qualsiasi altra situazione
in cui le stesse organizzazioni abbiano mai lavorato, il contesto
di sicurezza e stabilità è decisamente migliore,
eppure il fallimento è conclamato. Si fallisce quotidianamente
nel rispettare i bisogni minimi delle persone, nel ridurre le
violenze, nell'essere trasparenti sulle proprie attività.
Riprendendo le parole di anonimi cooperanti, apparse in una
serie di articoli che raccolgono denunce interne sul mondo della
cooperazione e pubblicate sul sito del quotidiano britannico
The Guardian, i rappresentanti delle ONG e dell'UNHCR sono costantemente
impegnati in interminabili riunioni di coordinamento su qualsiasi
problema dove, sorseggiando i loro cappuccini, prendono furiosamente
appunti, pur di non prendere alcuna decisione significativa4.
Incompetenza e disinteresse, o forse entrambe, ormai senza più scuse, sono ancora più evidenti se comparate a chi con molto meno ottiene decisamente di più: le diverse manifestazioni di solidarietà dal basso che nascono sui vari territori o esperienze di incontro tra il mondo dell'attivismo e quello del volontariato come Khora.
È possibile contattare Khora tramite email o facebook, per organizzare un periodo di lavoro volontario ad Atene, fare donazioni o semplicemente chiedere più informazioni.
Khora
Tsimiki 21, Atene, Grecia
www.khora-athens.org
www.facebook.com/KhoraAthens
khora.athens@gmail.com Daniela Lardieri
Giulio D'Errico
Note
- Dalla pagina facebook di Khora.
- Particolarmente interessante è la verifica dei fatti
pubblicata in italiano da Melting Pot Europa: http://www.meltingpot.org/Verifica-dei-fatti-l-Accordo-UE-Turchia-ha-diminuito-il.html#.WADFDbUvCk2.
- La notizia è stata ripresa in seguito su diverse
testate giornalistiche, purtroppo non in Italia: http://www.independent.co.uk/news/world/europe/syrian-refugee-children-arrested-toy-gun-greece-detained-beaten-strip-naked-amnesty-international-a7341206.html.
- https://www.theguardian.com/global-development-professionals-network/series/secret-aid-worker.
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