rivista anarchica
anno 46 n. 412
dicembre 2016/gennaio 2017


migrazioni

Socialità e aiuto senza confini

di Daniela Lardieri e Giulio D'Errico


Ad Atene è nato il progetto Khora, punto di riferimento diurno per decine di migliaia di migranti, rifugiati e richiedenti asilo che risiedono o transitano per Atene. Una storia di migranti e attivisti nell'autunno europeo raccontata da chi vi prende parte.


Chora, o in questo caso Khora, dalla Grecia classica, passando per Platone e molti secoli dopo per Heidegger, Derrida e molti altri, è un termine che è stato al centro di numerose riflessioni. Per il nostro discorso, la descrizione più calzante è quella di un'alterità radicale che dà spazio all'essere. Dal 3 ottobre 2016 al centro di Atene, nel quartiere anarchico di Exarchia, Khora è il nome di uno spazio sociale autogestito, reinterpretato come “placeless place”, un posto senza posto, “uno spazio in cui i confini cessano di esistere e in cui tutte le persone sono quindi libere”1.
Khora é nata dall'esperienza di un gruppo di attivisti e volontari internazionali che si sono conosciuti sull'isola di Lesbo durante lo scorso inverno. Provenienti da tutta Europa e oltre, tra di loro vi sono studenti, tecnici informatici, architetti, lavoratori del sociale, scrittori, infondendo al gruppo e al nuovo spazio una grande varietà di competenze e potenzialità. In ognuno degli 8 piani della ex-stamperia in cui Khora ha sede, hanno preso vita uno o più progetti: reception, spazi educativi e di gioco dedicati ai bambini, spazi educativi per gli adulti, un'area riservata alle donne, cucina, caffetteria e sala da pranzo comune, grandi sale destinate a incontri, a ospitare momenti di socialità e offrire computer, supporto legale e un ambulatorio medico. Il sottoterra ospita il magazzino e laboratorio, centro dell'attività di ristrutturazione e manutenzione degli ultimi tre mesi.

Atene (Grecia) - “Benvenuti rifugiati”

A parte alcuni lavori all'impianto elettrico e idraulico, tutta la ristrutturazione dello spazio è stata eseguita dagli stessi volontari, per lo più con materiali donati e recuperati. Si lavora il legno e si costruiscono giochi per lo spazio bimbi; con i bancali abbandonati si reinventano sedie, tavoli, panche e divani; la cucina è stata messa a norma e tutti gli spazi rimessi a nuovo fino al giorno prima dell'apertura.
Khora è una cooperativa sociale. Si propone di offrire un punto di riferimento diurno per le decine di migliaia di migranti, rifugiati e richiedenti asilo residenti e transitanti per Atene e di facilitare l'utilizzo e la responsabilità collettiva dello spazio. Nata ufficialmente all'inizio dell'estate, Khora agisce da collegamento tra associazioni sparse su tutto il territorio Europeo, ONG, gruppi di attivisti, volontari, enti istituzionali e le comunità migranti. Avendo a disposizione i fondi necessari, la scelta è stata quella di affittare la futura sede. Scelta non scontata, che si accompagna da un lato alla volontà di dare sicurezza e stabilità al progetto e dall'altro a continui confronti e discussioni sulle modalità di finanziamento e sull'importanza di mantenere un'indipendenza progettuale.
Il gruppo che gestisce lo spazio varia a seconda dei momenti. Ad un nucleo più stabile si affiancano continuamente nuove e diverse forze: volontari che arrivano ad Atene dalle diverse parti del mondo, attivisti che trovano in Khora una sana attitudine libertaria e la volontà a non chiudersi nella dimensione di servizio, migranti che per diverse ragioni hanno deciso di (o sono costretti a) rimanere in Grecia per un lungo periodo.
Le decisioni sono prese in maniera orizzontale da tutti i partecipanti al progetto, durante lunghe e multi-lingue assemblee settimanali, con una cura particolare verso il coinvolgimento di quante più persone possibili, tramite facilitatori e traduttori che cambiano il più frequentemente possibile.
L'ambiente è rilassato e amichevole, ma si lavora sodo. Il cuore di Khora è la cucina che offre quotidianamente tre pasti gratuiti. I turni di lavoro (volontario) iniziano verso le 9.00 del mattino, dopo un'ampia colazione in comune, e finiscono verso le 7.00 o le 8.00 di sera, con la chiusura dello spazio.

Atene (Grecia), spazio sociale autogestito Khora - In questa e
nelle altre foto, attività tenute all'interno del centro Khora

Superare l'emergenzialità

Già da prima dell'estate il gruppo che poi avrebbe dato vita a Khora ha iniziato a intessere relazioni umane e politiche con le realtà locali presenti ad Exarchia e ad Atene che lavorano con i rifugiati: squat e centri sociali, scuole autogestite e non, associazioni, comitati e organizzazioni non governative. Relazioni che si sono declinate in diverse forme: dal fornire aiuto concreto alle più disparate situazioni di “emergenza”, al dare quotidiano supporto all'attività degli spazi occupati e portare solidarietà in caso di sgomberi o attacchi fascisti; dal partecipare all'organizzazione di manifestazioni in sostegno dei rifugiati e di protesta per le loro condizioni di vita, all'ospitare assemblee di comitati e collettivi. Il circuito di squat e centri sociali greci ha affrontato nell'ultimo anno una profonda trasformazione, in quanto diversi nuovi edifici sono stati occupati da attivisti e migranti insieme e gli spazi già esistenti si sono riorganizzati per offrire svariate forme di supporto. Ad oggi la grande maggioranza della popolazione migrante nella città di Atene vive in edifici occupati e si sono sviluppati esperimenti di scuole e mense autogestite.
In particolare si è creata una rete di supporto che lavora in stretto contatto con il campo rifugiati di Elliniko, in quello che è stato il villaggio olimpico costruito per i giochi del 2004 e – neanche a dirlo – rimasto in disuso per anni fin da allora. Il campo ospita circa 3500 persone, per un totale di oltre 700 famiglie, principalmente di origine afgana. È un hub di smistamento di esseri umani come tanti altri all'interno del territorio greco ed europeo, considerato uno tra quelli con le peggiori condizioni sanitarie e di sicurezza. Chi vive ad Elleniko é isolato dalla città. Situato all'estrema periferia meridionale, è privo di servizi e i mezzi di trasporto con Atene sono scarsi e spesso troppo costosi per i residenti del campo.

Le forniture per la doccia

Il contesto circostante è cambiato rispetto allo scorso inverno. L'emergenzialità dei continui arrivi dalla Turchia ha permesso la costruzione di una serie di centri e campi di accoglienza e di meno noti centri di reclusione su tutto il territorio dell'Unione e in particolare alle frontiere della Fortezza Europa. Sin dall'inizio dell'anno invece i numeri degli arrivi in Grecia sono stati in costante diminuzione. Questo dato, sbandierato come positiva conseguenza dell'accordo sui respingimenti tra UE e Turchia del marzo 20162, ha dato il la ad altri accordi, su diversi livelli. L'Italia ne ha stretti con Egitto e Sudan, il secondo a livello di forze di polizia e non di governo, per il fermo e il rimpatrio diretto e forzato dei migranti, spesso senza alcun controllo delle motivazioni alla base della loro richiesta d'asilo. Il sistema di smistamento e ricollocamento dei rifugiati tra i diversi paesi dell'Unione lavora precisamente sull'annullamento dell'autodeterminazione delle persone. Al momento dell'accoglimento della domanda, i richiedenti vengono assegnati ad un paese a caso, indipendentemente dalle loro volontà o dai legami che li connettono ad altri luoghi. Lo svilimento di qualsiasi possibilità decisionale dei migranti è alla base dell'intero discorso pubblico istituzionale sviluppato in questi ultimi anni, che sia moderato, progressista o reazionario, intrinsecamente connesso al concetto di integrazione.
Una riduzione ad esseri umani di serie B – figurarsi cittadini – che diventa ancora più atroce nelle pratiche delle forze dell'ordine. A voler e saper ascoltare, le notizie sono quotidiane: arresti arbitrari, pestaggi, violenze, separazioni forzate di famiglie. Arriva proprio tramite Khora la notizia delle sevizie usate dalla polizia di Atene verso un gruppo di bambini e ragazzi siriani, tra i 9 e i 14 anni, che lì si recavano per mettere in scena uno spettacolo teatrale sulla loro vita prima dell'arrivo in Europa. Colpevoli di avere con sé divise e pistole giocattolo (materiale di scena per lo spettacolo), i bambini e gli adulti che li accompagnavano, sono stati fermati, portati in questura e interrogati per diverse ore. Oltre alla stupidità della motivazione iniziale, i bambini sono stati separati dagli adulti e un gruppo di agenti li ha fatti forzatamente spogliare e mostrare ogni angolo del proprio corpo, li ha perquisiti, minacciati e picchiati, impedendo ovviamente a legali e genitori di vederli e sabotando qualsiasi immediato tentativo di fermare gli interrogatori o di sporgere denuncia.3 Se da un lato le brutalità della polizia non sono una novità, l'aumento dei casi riportati e la piatta accettazione di queste notizie è un segnale pericoloso.

Lezioni di inglese al porto

Le grandi organizzazioni non sono innocenti

Il mondo dell'accoglienza umanitaria e delle grosse organizzazioni non governative non è al contempo privo di colpe e contraddizioni. Lo spostamento, per la prima volta in anni, dell'emergenzialità sul suolo Europeo ha reso evidente il fallimento delle iniziative di sostegno umanitario. Se prima era possibile fare appello a una lista della spesa di scuse, grazie alla quale sentirci felicemente esentati da ogni colpa: guerre e conflitti continui, governi corrotti, dittature, povere infrastrutture, scarsi finanziamenti, mancanza di supporto locale e divergenze valoriali attribuibili qui e là a tutto il Sud del mondo, ora queste giustificazioni mancano. Ora siamo in Europa.
Rispetto ad altri contesti, la situazione odierna in Grecia è tutt'altro che emergenziale. La popolazione migrante presente nel paese è di circa 60000 persone, i fondi stanziati sono molto più alti di qualsiasi altra situazione in cui le stesse organizzazioni abbiano mai lavorato, il contesto di sicurezza e stabilità è decisamente migliore, eppure il fallimento è conclamato. Si fallisce quotidianamente nel rispettare i bisogni minimi delle persone, nel ridurre le violenze, nell'essere trasparenti sulle proprie attività. Riprendendo le parole di anonimi cooperanti, apparse in una serie di articoli che raccolgono denunce interne sul mondo della cooperazione e pubblicate sul sito del quotidiano britannico The Guardian, i rappresentanti delle ONG e dell'UNHCR sono costantemente impegnati in interminabili riunioni di coordinamento su qualsiasi problema dove, sorseggiando i loro cappuccini, prendono furiosamente appunti, pur di non prendere alcuna decisione significativa4.
Incompetenza e disinteresse, o forse entrambe, ormai senza più scuse, sono ancora più evidenti se comparate a chi con molto meno ottiene decisamente di più: le diverse manifestazioni di solidarietà dal basso che nascono sui vari territori o esperienze di incontro tra il mondo dell'attivismo e quello del volontariato come Khora.

È possibile contattare Khora tramite email o facebook, per organizzare un periodo di lavoro volontario ad Atene, fare donazioni o semplicemente chiedere più informazioni.
Khora
Tsimiki 21, Atene, Grecia
www.khora-athens.org
www.facebook.com/KhoraAthens
khora.athens@gmail.com

Daniela Lardieri
Giulio D'Errico

Note
  1. Dalla pagina facebook di Khora.
  2. Particolarmente interessante è la verifica dei fatti pubblicata in italiano da Melting Pot Europa: http://www.meltingpot.org/Verifica-dei-fatti-l-Accordo-UE-Turchia-ha-diminuito-il.html#.WADFDbUvCk2.
  3. La notizia è stata ripresa in seguito su diverse testate giornalistiche, purtroppo non in Italia: http://www.independent.co.uk/news/world/europe/syrian-refugee-children-arrested-toy-gun-greece-detained-beaten-strip-naked-amnesty-international-a7341206.html.
  4. https://www.theguardian.com/global-development-professionals-network/series/secret-aid-worker.