Il diritto senza stato
L'assenza
di autorità centrali, di tribunali e di un codice scritto
non implica l'assenza di un diritto comune. Uno stato di diritto
non significa diritto di stato, gli antropologi lo sanno bene.
L'antropologia giuridica si è adoperata per far conoscere
anche ai giuristi la grande variabilità che caratterizza
il campo del diritto nella storia umana, la cui natura non dipende
assolutamente da uno stato, da una nazione, ma dalla logica
di organizzazione propria di ogni società, quindi anche
quella di una possibile società libertaria.
Queste sono le tematiche che Thom Holterman tratta nel suo testo
pubblicato dalla neonata casa editrice libertaria Les Milieux
Libres dal titolo Le “Regole” dell'anarchismo.
Considerazioni anarchiche sul diritto. Un testo, oserei
dire, perfetto nella sua forma; poche pagine, scritte in modo
molto semplice, senza rinunciare alla profondità e serietà
che queste tematiche richiedono. Un saggio che toglie dal campo
molti stereotipi che si hanno sull'anarchismo e cerca di rispondere
a quelle domande che ci siamo sentiti fare mille volte: una
società anarchica è senza regole, senza diritto?
Ma l'anarchia è caos?
Per rispondere a queste gettonate questioni che vengono usualmente
poste agli anarchici, il testo parte proprio da un'analisi accurata
delle ricerche etnoantropologiche sul diritto, affrontando tra
gli altri gli studi Micronesiani dell'antropologo del diritto
Brian Z. Tamanaha, di Malinowski nelle isole Trobriandesi e
quelli di Barton tra gli Ifugao delle Filippine. L'antropologia,
studiando le diverse culture del diritto e la strutturazione
delle norme che vi sono legate, scioglie il dilemma posto dai
giuristi in merito alla questione del diritto di stato.
Studiando il diritto nelle popolazioni indigene anteriori all'influenza
occidentale, l'elemento che ci colpisce è appunto che
non è assolutamente necessario collegare il diritto allo
stato. Holterman nel suo libro ci parla di un diritto consuetudinario
come un diritto autonomo, un prodotto della società stessa.
Sono le persone che fabbricano la consuetudine, questo spiega
perché si dice che il diritto statuale ha un carattere
eteronomo; in molte società senza stato la legge è
creata dalla comunità, nelle società statuali
invece la legge è paracadutata nella società da
un'autorità esterna che struttura il potere-dominio.
La ricerca della forma che il rapporto tra diritto e società
assume nei diversi contesti ha posto in luce che l'etichetta
di giuridico è applicabile a una molteplicità
di meccanismi di mantenimento e regolazione di un gruppo sociale
e di controllo dei valori essenziali per la riproduzione di
una società. Un concetto particolarmente interessante
è quello sul diritto interattivo, un diritto, secondo
l'autore, il più libertario possibile; seguiamo il suo
ragionamento.
Benché la costrizione non sia una categoria riconosciuta
all'interno del quadro anarchico, non possiamo tuttavia fare
a meno della regolamentazione per proteggerci dall'aspirazione
al potere. Dobbiamo dunque regolare il contrappeso contro il
desiderio di potere. Possiamo allora parlare della funzione
protettiva del diritto in una società libertaria, dove
la centralizzazione del potere è sostituita da un coordinamento
delle attività giuridiche e il diritto non sarà
la volontà dello stato, ma della comunità, un
diritto dunque non statuale.
Non si può pensare al fenomeno giuridico in modo universale,
ogni società ha le sue applicazioni pratiche del diritto,
il sistema giuridico è una codificazione delle relazioni
di potere e ogni società le regola in modo differente.
Una società libertaria può darsi delle regole
e un diritto creato dal basso proprio per evitare l'emergere
di un potere coercitivo.
Lo studio antropologico del diritto afferma l'esistenza di regole
giuridiche alternative applicabili a una stessa situazione e
spinge al riconoscimento di una molteplicità di forme
giuridiche operanti anche contemporaneamente; questo è
indice del pluralismo che caratterizza i contesti sociali e
che svela il diritto come un discorso storico e politico polifonico.
Andrea Staid
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