rivista anarchica
anno 47 n. 414
marzo 2017


razzismo

I nazisti e gli armeni

intervista a Enrico Ferri di Silvia Caputo


Tra storia, miti etnici e follia, una rilettura delle caratteristiche e delle incongruenze delle teorie razziste, a partire da un libro dell'intervistato - docente dell'Università “Niccolò Cusano” Telematica Roma - recentemente uscito negli Usa.


Da qualche settimana è uscito negli Stati Uniti, edito da Nova Science Publishers di New York, un libro di Enrico Ferri che ha per titolo Armenians–Aryans e per sottotitolo Il “mito del sangue”, le leggi razziali del 1938 e la comunità armena in Italia. La ricerca indaga un episodio misconosciuto degli anni Trenta dello scorso secolo, cioè il dibattito che si sviluppò in Germania, in Italia ed in altre nazioni europee, a proposito della “razza armena”: se gli armeni potessero o meno essere considerati “ariani”. Non si trattava solo di una discussione “scolastica”, interna a quella pseudoscienza che i razzisti chiamavano “dottrina della razza”, ma di stabilire se le comunità armene che vivevano in Germania ed in Italia potessero continuare a vivere, studiare, lavorare in questi due paesi, mentre all'orizzonte già si annunciava, in nome della razza, la gelida alba delle emarginazioni e delle persecuzioni.

Enrico Ferri Armenians – Aryans, The “ Blood Myth”, the Race
Laws of 1938 and the Armenians in Italy
, pp. XXIV-138, Nova
Publishers, New York. https://www.novapublishers.com

Parliamo di questa vicenda con l'autore del libro, chiedendogli innanzitutto il motivo del suo interesse per queste tematiche.
In questo libro affronto questioni differenti, interdipendenti e complesse, come ad esempio il dibattito che in Europa si svolse a cavallo del XIX e XX secolo sulle presunte origini ariane di popoli come i tedeschi e gli italiani, su cosa si intendesse con ariano e, di contro, chi fossero i non ariani e perché non potessero considerarsi tali. A partire da questo dibattito analizzo gli argomenti riportati tanto da coloro che erano propensi a considerare gli armeni di discendenza aria, che quelli di quanti li assimilavano ai semiti, cioè agli ebrei. Questa questione della razza, come si diceva in quegli anni, si inseriva nel contesto politico e storico dell'epoca ed era influenzata anche dal ruolo che avevano avuto gli armeni nel primo conflitto mondiale ed al genocidio di cui furono vittime, ma pure dal ruolo che gli armeni avrebbero potuto avere sul piano internazionale nel contesto medio-orientale, dove in quegli anni esisteva una Repubblica armena socialista e sovietica, parte dell'URSS, che però mal sopportava l'unione con l'URSS, a metà strada fra la federazione e l'occupazione. Mi occupo di tematiche come quelle ricordate da molti anni.

Nella tua presentazione in Armenians–Aryans c'è scritto che hai diretto per diversi anni un periodico armeno chiamato Zeithun.
Nel periodico non c'era un direttore e gli articoli non venivano firmati, ma di fatto ho diretto il periodico e scritto tutti gli editoriali e i testi di analisi e di commento politico. Nel corso degli anni ho scritto vari articoli sulla stampa italiana e su riviste accademiche come “Oriente moderno” e “Derechos y libertades”.

“Evoluzione della donna abissina”, secondo la propaganda fascista dell'epoca.
Nella terza immagine che rappresenta la donna abissina “civilizzata dal fascismo”,
persino i tratti somatici come le labbra appaiono più sfinati

Tante “dottrine della razza”

Quando parliamo di razzismo nazista e fascista il nostro pensiero va quasi automaticamente alla vicenda degli ebrei, alla discriminazione prima e alla persecuzione poi. Essere razzisti era qualcosa di diverso dall'essere antisemiti?
Essere razzisti non significava solo essere antisemiti, o anti-ebrei. Le leggi razziste promulgate in Germania ed in Italia negli anni Trenta del Novecento erano presentate come leggi “In difesa della razza”, a tutela della “razza ariana”, che andava protetta da influenze e contaminazioni nefaste, di razze diverse ed inferiori. Il vero discrimine, almeno sul piano “dottrinario” o teorico, era quello tra ariani e non-ariani. Questa linea di confine, nel giro di qualche anno, divenne quella tra l'accettazione e la discriminazione, la sopravvivenza e la persecuzione.

Con razzismo, all'epoca, che cosa si intendeva? Con il termine “ariano” quale tipo d'uomo si voleva definire?
Secondo i razzisti l'umanità si divideva in razze diverse ed ognuna aveva delle sue caratteristiche specifiche, tanto fisiche quanto psichiche. Una volta definito questo assunto comune a tutti i razzisti, era difficile trovare una concezione unitaria su quali caratteri contraddistinguessero l'una o l'altra razza. Infatti esistevano una serie di “dottrine della razza” assai diverse e spesso in contrasto fra di loro, anche per ovvi motivi: gli italiani, ad esempio, non potevano accettare un modello razziale forgiato sulle caratteristiche fisiche ricorrenti tra i tedeschi e viceversa.

I razzisti, però, sostenevano che almeno a livello di macro divisioni esistevano delle differenze inconfutabili tra razza bianca, razza nera e gialla.
Solo apparentemente e se consideriamo la questione in modo superficiale. Nessun teorico della razza, un Rosenberg o un Günther, un Clauss o un Evola, avrebbero accettato l'idea che un tedesco e un bulgaro, un norvegese o un turco si equivalevano perché di razza bianca. Senza considerare che quelli che erano visti come l'anti-razza per eccellenza, gli ebrei, erano di razza bianca.

La differenza, infatti, era cercata non solo nel colore della pelle, ma secondo il criterio dell'arianità. Lo stesso criterio in base al quale furono valutati gli armeni, come risulta pure dal titolo del tuo libro. Quali erano i criteri per definire “ariano” un popolo?
In realtà si parlava di “razza ariana”, ma pure di “razza indo-europea”, “indo-germanica”, “indo-iranica” e via dicendo. Ogni divisione sottintende un diverso criterio valutativo sulle origini e le caratteristiche dei cosiddetti ariani.

Una donna espone una scritta per testimoniare
“l'arianità” del negozio, dopo le leggi razziali del 1938

Le due definizioni più diffuse erano però quelle di “razza ariana” e “razza indo-europea”, considerate come sinonimi. È così?
Si, con qualche precisazione da fare. Ario era un termine usato nell'antichità presso alcuni popoli come sinonimo di “signore”, “nobile”, “conquistatore”. Ad esempio il re persiano Dario, della dinastia degli achemenidi, si definisce di stirpe aria, come dire di nobili origini. Per i razzisti gli ariani erano un popolo, o più popoli della stessa razza, che conquistarono l'Europa con successive ondate, fondendosi con i popoli conquistati e acculturandoli secondo i proprio valori e modelli di vita.

L'altro modo tipico di definire gli ariani era quello di “indo-europei”, che starebbe ad indicare il luogo di provenienza, cioè l'India, e quello di arrivo, l'Europa.
Questa era una delle teorie più diffuse, almeno fino a quando si affermò come modello razziale per eccellenza il tipo tedesco, il “dolicocefalo biondo”, con gli occhi azzurri e la pelle chiara, che mal si conciliava con il tipo del subcontinente indiano.

Ma, in breve, gli ariani, o indo-europei che dir si voglia, da dove erano venuti, erano esistiti o no in qualche parte del mondo?
Poiché le teorie razziste sono in gran parte delle costruzioni ideologiche, possono essere riempite dei contenuti più diversi. Gli stessi razzisti parlano delle loro teorie come di dottrine o di miti, riconoscendo che non hanno un riscontro oggettivo. Si disse che gli Ariani erano venuti dall'India, dal Caucaso, dall'alto Danubio, dal Polo Nord, dall'Isola di Atlantide, dalla Groenlandia, dal nord della Germania e così via...

Su quali basi si credeva che fosse esistito un popolo di ariani e da dove si ricavavano le caratteristiche di questo popolo?
La teoria razzista è costruita su basi linguistiche. Già nel XVIII secolo alcuni linguisti avevano scoperto che quasi tutti i popoli europei avevano delle parole, degli aggettivi e dei verbi simili. Da questa osservazione si sostenne che ci sarebbe dovuta essere una lingua originaria comune e, di deduzione in deduzione, si arrivò ad affermare che sarebbe dovuto esistere anche un popolo originario che parlava questa lingua e, di conseguenza, un luogo in cui viveva...

Quali e quante sono le prove su cui sostenere queste ipotesi? Ad esempio, ci sono documenti, testi letterari o di altro tipo che testimoniano l'esistenza di questa “lingua-indoeuropea”? Reperti archeologici che ci permettono di risalire ad un insediamento di questi presunti ariani?
Non esiste niente di tutto ciò. Non ci sono testi, documenti o iscrizioni che ci permetterebbero di risalire a questa presunta lingua originaria. Per non parlare di reperti archeologici. Dove si sarebbero dovuti localizzare? Nel Polo Nord, sull'Isola di Atlantide o sulle montagne del Pakistan?

Mito del Sangue, di Julius Evola,
uno dei più fanatici razzisti dell'epoca

“Gli ebrei? Un cancro da estirpare”

Negli anni trenta del Novecento, prima in Germania e poi in Italia si pose il problema, in base alle “Leggi in difesa della razza” di stabilire se gli armeni erano ariani. Perché era importante questa distinzione e su quali basi fu fatta?
Era importante perché, come dichiarava il nome stesso della legislazione razzista, si trattava di individuare i non ariani per difendere gli ariani da ogni possibile contaminazione, da ogni possibile mescolanza di sangue e culture. La legislazione razzista, infatti, proibiva innanzitutto i matrimoni, ma pure i rapporti sessuali, tra ariani e non ariani, come pure la libera circolazione di scritti o opere di autori non ariani, ma proibiva pure ai non ariani di insegnare o svolgere attività di tipo intellettuale o artistico, di occupare posti di rilievo nello stato, nelle banche, nell'esercito, nelle università. Verso quelli, come gli ebrei, che furono considerati non ariani si applicò una politica di apartheid, di separazione e di esclusione. Si equipararono ad un virus, a qualcosa di malefico e contaminante. In base a questa logica si applicò prima una politica di separazione, di isolamento del virus e poi, conseguentemente – sempre in base a questa logica aberrante – di sterminio.

Nel tuo libro riporti l'affermazione di un medico nazista, al quale chiesero come giustificava la persecuzione degli ebrei dal punto di vista di una professione che aveva come compito principale di salvare le vite. Il medico razzista rispose che estirpare un cancro da un corpo sano era un'attività conforme al giuramento ippocratico.
Gli ebrei, infatti, in un primo tempo furono depredati ed espulsi dalla Germania; dopo qualche anno i meno fortunati furono depredati, segregati e poi eliminati.

La questione dell'arianità, pertanto, era una questione di vita o di morte?
Nei suoi esiti estremi sì, ma subito apparve evidente che sulla base di questa distinzione si stabiliva una discriminazione, che non avrebbe portato a nulla di buono.

Nel tuo libro c'è un capitolo dal titolo “Armeni-Semiti”. Quali furono gli argomenti, nel dibattito dell'epoca, di coloro che assimilavano gli armeni agli ebrei?
Parlare di un dibattito è un pò eccessivo; si trattava spesso di accenni o considerazioni da parte dei vari “studiosi della razza”, personaggi come Günther o Clauss in Germania e Evola in Italia che nelle loro classificazioni razziali mettevano gli armeni accanto agli ebrei per alcune loro presunte caratteristiche religiose o di altro tipo. I due argomenti principali erano: gli armeni sono un popolo diasporico ed un popolo di commercianti.

Era vero?
L'Armenia è una piccola enclave tra le montagne del Caucaso, sempre circondata e spesso sopraffatta da potenze continentali che apparivano giganti al suo confronto: Persiani, Romani, Bizantini, Arabi, Mongoli, Turchi selgiuchidi e ottomani, Persiani safavidi, Russi... In ricorrenti occasioni hanno dovuto scegliere tra l'esilio e la morte, tra la perdita dell'identità o la diaspora. Questa realtà è stata una costante nella trimillenaria storia dell'Armenia.

Con quali argomenti si sostenne la tesi che gli armeni erano un popolo di mercanti?
Con gli stessi fragili argomenti con cui si trasformarono più di dieci milioni di ebrei in un popolo di mercanti. Per alcuni secoli, nel corso del rinascimento ed oltre, gli armeni ebbero un ruolo importante nel commercio tra alcune nazioni europee e il Medio-Oriente, anche per la presenza di colonie e comunità armene in diverse località. In Italia, ad esempio, fra l'XI e il XVI secolo si contavano decine e decine di insediamenti armeni lungo tutta la penisola; in particolare in città come Livorno, Venezia, Pisa, Genova, con floride attività di import-export. Tutto questo ha poco o nulla a che vedere con l'immagine di un armeno mercante, speculatore ed usuraio, ricalcata sullo status, altrettanto mistificatorio, che in genere si attribuiva agli ebrei.

Una copertina del periodico quindicinale “La difesa della razza”
che fu l'organo ufficiale del fascismo sulla razza

Alla fine furono considerati “ariani”

Quali furono, invece, gli argomenti di quanti sostenevano che gli armeni erano ariani?
Argomenti di tipo religioso, culturale, storico e politico. Si ricordò che gli armeni erano di religione cristiana, il primo popolo ad adottare il Cristianesimo come religione di Stato; si disse che gli armeni parlavano una lingua del ceppo indo-europeo e che avevano altri tratti culturali che li avvicinavano agli europei, piuttosto che agli orientali. Un argomento di rilievo di tipo storico-politico fu che gli armeni avevano spesso avuto gli stessi nemici dell'Italia e dell'Europa e che nel 1915 furono sterminati anche e soprattutto per le loro posizioni filo-occidentali ed anti-turche.

Il principale argomento, come emerge dal tuo libro, fu l'identificazione armeno-cristiano. È così?
Sì, ma si tratta di un argomento contraddittorio, utilizzabile in un contesto come l'Italia, ma assai meno in Germania. Molti razzisti tedeschi consideravano il cristianesimo come una religione semitica.

Anche il ruolo storico degli armeni nel Novecento era considerato in Germania da una prospettiva diversa da quella italiana!
La Germania era stata alleata della Turchia nel primo conflitto mondiale e l'esercito dell'impero tedesco era presente in modo consistente nei territori dove avvenne lo sterminio degli armeni. Non mossero un dito per salvarli considerando la cosa una innertürkische Angelegenheit, cioè una questione interna turca. Recentemente anche il Bundenstag in più occasioni ha riconosciuto questa storica responsabilità.

Alla fine gli armeni furono riconosciuti ariani e fu loro risparmiata la sorte riservata agli ebrei.
Si, per motivi diversi, a partire dalla loro ristretta presenza sul territorio italiano, non più di 2000 persone e per la simpatia che ispirava questo “popolo-martire”. Senza considerare gli storici legami dell'Italia con l'Armenia e gli armeni.

Nello studio della vicenda che analizzi, cosa ti ha più colpito, a prescindere dalle considerazioni sul razzismo e i razzisti?
Il servilismo e la viltà di moltissimi intellettuali che per anni discussero di pseudo teorie fondate sul nulla, con argomenti che sembravano poter avere qualche valore, solo perché conformi ai postulati politici dei vari dittatori dell'epoca. Non solo il sonno della ragione genera mostri, ma pure il sonno della riflessione e la morte del libero pensiero generano mostruosità che non devono essere dimenticate. Non solo per le conseguenze che ebbero, ma pure in considerazione dei meccanismi che generarono tali processi.

Silvia Caputo