razzismo
I nazisti e gli armeni
intervista a Enrico Ferri di Silvia Caputo
Tra storia, miti etnici e follia, una rilettura delle caratteristiche e delle incongruenze delle teorie razziste, a partire da un libro dell'intervistato - docente dell'Università “Niccolò Cusano” Telematica Roma - recentemente uscito negli Usa.
Da qualche settimana è
uscito negli Stati Uniti, edito da Nova Science Publishers di
New York, un libro di Enrico Ferri che ha per titolo Armenians–Aryans
e per sottotitolo Il “mito del sangue”, le leggi
razziali del 1938 e la comunità armena in Italia.
La ricerca indaga un episodio misconosciuto degli anni Trenta
dello scorso secolo, cioè il dibattito che si sviluppò
in Germania, in Italia ed in altre nazioni europee, a proposito
della “razza armena”: se gli armeni potessero o
meno essere considerati “ariani”. Non si trattava
solo di una discussione “scolastica”, interna a
quella pseudoscienza che i razzisti chiamavano “dottrina
della razza”, ma di stabilire se le comunità armene
che vivevano in Germania ed in Italia potessero continuare a
vivere, studiare, lavorare in questi due paesi, mentre all'orizzonte
già si annunciava, in nome della razza, la gelida alba
delle emarginazioni e delle persecuzioni.
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Enrico Ferri Armenians – Aryans, The “ Blood Myth”, the Race Laws of 1938 and the Armenians in Italy, pp. XXIV-138, Nova Publishers, New York. https://www.novapublishers.com |
Parliamo di questa vicenda con l'autore del libro, chiedendogli
innanzitutto il motivo del suo interesse per queste tematiche.
In questo libro affronto questioni differenti, interdipendenti
e complesse, come ad esempio il dibattito che in Europa si svolse
a cavallo del XIX e XX secolo sulle presunte origini ariane
di popoli come i tedeschi e gli italiani, su cosa si intendesse
con ariano e, di contro, chi fossero i non ariani e perché
non potessero considerarsi tali. A partire da questo dibattito
analizzo gli argomenti riportati tanto da coloro che erano propensi
a considerare gli armeni di discendenza aria, che quelli di
quanti li assimilavano ai semiti, cioè agli ebrei. Questa
questione della razza, come si diceva in quegli anni, si inseriva
nel contesto politico e storico dell'epoca ed era influenzata
anche dal ruolo che avevano avuto gli armeni nel primo conflitto
mondiale ed al genocidio di cui furono vittime, ma pure dal
ruolo che gli armeni avrebbero potuto avere sul piano internazionale
nel contesto medio-orientale, dove in quegli anni esisteva una
Repubblica armena socialista e sovietica, parte dell'URSS, che
però mal sopportava l'unione con l'URSS, a metà
strada fra la federazione e l'occupazione. Mi occupo di tematiche
come quelle ricordate da molti anni.
Nella tua presentazione in Armenians–Aryans
c'è scritto che hai diretto per diversi anni un periodico
armeno chiamato Zeithun.
Nel periodico non c'era un direttore e gli articoli non venivano
firmati, ma di fatto ho diretto il periodico e scritto tutti
gli editoriali e i testi di analisi e di commento politico.
Nel corso degli anni ho scritto vari articoli sulla stampa italiana
e su riviste accademiche come “Oriente moderno”
e “Derechos y libertades”.
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“Evoluzione della donna abissina”, secondo la propaganda fascista dell'epoca. Nella terza immagine che rappresenta la donna abissina “civilizzata dal fascismo”, persino i tratti somatici come le labbra appaiono più sfinati |
Tante “dottrine della razza”
Quando parliamo di razzismo nazista e fascista il nostro
pensiero va quasi automaticamente alla vicenda degli ebrei,
alla discriminazione prima e alla persecuzione poi. Essere razzisti
era qualcosa di diverso dall'essere antisemiti?
Essere razzisti non significava solo essere antisemiti, o anti-ebrei.
Le leggi razziste promulgate in Germania ed in Italia negli
anni Trenta del Novecento erano presentate come leggi “In
difesa della razza”, a tutela della “razza ariana”,
che andava protetta da influenze e contaminazioni nefaste, di
razze diverse ed inferiori. Il vero discrimine, almeno sul piano
“dottrinario” o teorico, era quello tra ariani e
non-ariani. Questa linea di confine, nel giro di qualche anno,
divenne quella tra l'accettazione e la discriminazione, la sopravvivenza
e la persecuzione.
Con razzismo, all'epoca, che cosa si intendeva? Con il
termine “ariano” quale tipo d'uomo si voleva definire?
Secondo i razzisti l'umanità si divideva in razze diverse
ed ognuna aveva delle sue caratteristiche specifiche, tanto
fisiche quanto psichiche. Una volta definito questo assunto
comune a tutti i razzisti, era difficile trovare una concezione
unitaria su quali caratteri contraddistinguessero l'una o l'altra
razza. Infatti esistevano una serie di “dottrine della
razza” assai diverse e spesso in contrasto fra di loro,
anche per ovvi motivi: gli italiani, ad esempio, non potevano
accettare un modello razziale forgiato sulle caratteristiche
fisiche ricorrenti tra i tedeschi e viceversa.
I razzisti, però, sostenevano che almeno a livello
di macro divisioni esistevano delle differenze inconfutabili
tra razza bianca, razza nera e gialla.
Solo apparentemente e se consideriamo la questione in modo superficiale.
Nessun teorico della razza, un Rosenberg o un Günther,
un Clauss o un Evola, avrebbero accettato l'idea che un tedesco
e un bulgaro, un norvegese o un turco si equivalevano perché
di razza bianca. Senza considerare che quelli che erano visti
come l'anti-razza per eccellenza, gli ebrei, erano di razza
bianca.
La differenza, infatti, era cercata non solo nel colore
della pelle, ma secondo il criterio dell'arianità. Lo
stesso criterio in base al quale furono valutati gli armeni,
come risulta pure dal titolo del tuo libro. Quali erano i criteri
per definire “ariano” un popolo?
In realtà si parlava di “razza ariana”, ma
pure di “razza indo-europea”, “indo-germanica”,
“indo-iranica” e via dicendo. Ogni divisione sottintende
un diverso criterio valutativo sulle origini e le caratteristiche
dei cosiddetti ariani.
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Una donna espone una scritta per testimoniare “l'arianità” del negozio, dopo le leggi razziali del 1938 |
Le due definizioni più diffuse erano però
quelle di “razza ariana” e “razza indo-europea”,
considerate come sinonimi. È così?
Si, con qualche precisazione da fare. Ario era un termine usato
nell'antichità presso alcuni popoli come sinonimo di
“signore”, “nobile”, “conquistatore”.
Ad esempio il re persiano Dario, della dinastia degli achemenidi,
si definisce di stirpe aria, come dire di nobili origini. Per
i razzisti gli ariani erano un popolo, o più popoli della
stessa razza, che conquistarono l'Europa con successive ondate,
fondendosi con i popoli conquistati e acculturandoli secondo
i proprio valori e modelli di vita.
L'altro modo tipico di definire gli ariani era quello
di “indo-europei”, che starebbe ad indicare il luogo
di provenienza, cioè l'India, e quello di arrivo, l'Europa.
Questa era una delle teorie più diffuse, almeno fino
a quando si affermò come modello razziale per eccellenza
il tipo tedesco, il “dolicocefalo biondo”, con gli
occhi azzurri e la pelle chiara, che mal si conciliava con il
tipo del subcontinente indiano.
Ma, in breve, gli ariani, o indo-europei che dir si voglia,
da dove erano venuti, erano esistiti o no in qualche parte del
mondo?
Poiché le teorie razziste sono in gran parte delle costruzioni
ideologiche, possono essere riempite dei contenuti più
diversi. Gli stessi razzisti parlano delle loro teorie come
di dottrine o di miti, riconoscendo che non hanno un riscontro
oggettivo. Si disse che gli Ariani erano venuti dall'India,
dal Caucaso, dall'alto Danubio, dal Polo Nord, dall'Isola di
Atlantide, dalla Groenlandia, dal nord della Germania e così
via...
Su quali basi si credeva che fosse esistito un popolo
di ariani e da dove si ricavavano le caratteristiche di questo
popolo?
La teoria razzista è costruita su basi linguistiche.
Già nel XVIII secolo alcuni linguisti avevano scoperto
che quasi tutti i popoli europei avevano delle parole, degli
aggettivi e dei verbi simili. Da questa osservazione si sostenne
che ci sarebbe dovuta essere una lingua originaria comune e,
di deduzione in deduzione, si arrivò ad affermare che
sarebbe dovuto esistere anche un popolo originario che parlava
questa lingua e, di conseguenza, un luogo in cui viveva...
Quali e quante sono le prove su cui sostenere queste ipotesi?
Ad esempio, ci sono documenti, testi letterari o di altro tipo
che testimoniano l'esistenza di questa “lingua-indoeuropea”?
Reperti archeologici che ci permettono di risalire ad un insediamento
di questi presunti ariani?
Non esiste niente di tutto ciò. Non ci sono testi, documenti
o iscrizioni che ci permetterebbero di risalire a questa presunta
lingua originaria. Per non parlare di reperti archeologici.
Dove si sarebbero dovuti localizzare? Nel Polo Nord, sull'Isola
di Atlantide o sulle montagne del Pakistan?
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Mito del Sangue, di Julius Evola, uno dei più fanatici razzisti dell'epoca |
“Gli ebrei? Un cancro da estirpare”
Negli anni trenta del Novecento, prima in Germania e
poi in Italia si pose il problema, in base alle “Leggi
in difesa della razza” di stabilire se gli armeni erano
ariani. Perché era importante questa distinzione e su
quali basi fu fatta?
Era importante perché, come dichiarava il nome stesso
della legislazione razzista, si trattava di individuare i non
ariani per difendere gli ariani da ogni possibile contaminazione,
da ogni possibile mescolanza di sangue e culture. La legislazione
razzista, infatti, proibiva innanzitutto i matrimoni, ma pure
i rapporti sessuali, tra ariani e non ariani, come pure la libera
circolazione di scritti o opere di autori non ariani, ma proibiva
pure ai non ariani di insegnare o svolgere attività di
tipo intellettuale o artistico, di occupare posti di rilievo
nello stato, nelle banche, nell'esercito, nelle università.
Verso quelli, come gli ebrei, che furono considerati non ariani
si applicò una politica di apartheid, di separazione
e di esclusione. Si equipararono ad un virus, a qualcosa di
malefico e contaminante. In base a questa logica si applicò
prima una politica di separazione, di isolamento del virus e
poi, conseguentemente – sempre in base a questa logica
aberrante – di sterminio.
Nel tuo libro riporti l'affermazione di un medico nazista,
al quale chiesero come giustificava la persecuzione degli ebrei
dal punto di vista di una professione che aveva come compito
principale di salvare le vite. Il medico razzista rispose che
estirpare un cancro da un corpo sano era un'attività
conforme al giuramento ippocratico.
Gli ebrei, infatti, in un primo tempo furono depredati ed espulsi
dalla Germania; dopo qualche anno i meno fortunati furono depredati,
segregati e poi eliminati.
La questione dell'arianità, pertanto, era una questione
di vita o di morte?
Nei suoi esiti estremi sì, ma subito apparve evidente
che sulla base di questa distinzione si stabiliva una discriminazione,
che non avrebbe portato a nulla di buono.
Nel tuo libro c'è un capitolo dal titolo “Armeni-Semiti”.
Quali furono gli argomenti, nel dibattito dell'epoca, di coloro
che assimilavano gli armeni agli ebrei?
Parlare di un dibattito è un pò eccessivo; si
trattava spesso di accenni o considerazioni da parte dei vari
“studiosi della razza”, personaggi come Günther
o Clauss in Germania e Evola in Italia che nelle loro classificazioni
razziali mettevano gli armeni accanto agli ebrei per alcune
loro presunte caratteristiche religiose o di altro tipo. I due
argomenti principali erano: gli armeni sono un popolo diasporico
ed un popolo di commercianti.
Era vero?
L'Armenia è una piccola enclave tra le montagne del Caucaso,
sempre circondata e spesso sopraffatta da potenze continentali
che apparivano giganti al suo confronto: Persiani, Romani, Bizantini,
Arabi, Mongoli, Turchi selgiuchidi e ottomani, Persiani safavidi,
Russi... In ricorrenti occasioni hanno dovuto scegliere tra
l'esilio e la morte, tra la perdita dell'identità o la
diaspora. Questa realtà è stata una costante nella
trimillenaria storia dell'Armenia.
Con quali argomenti si sostenne la tesi che gli armeni
erano un popolo di mercanti?
Con gli stessi fragili argomenti con cui si trasformarono più
di dieci milioni di ebrei in un popolo di mercanti. Per alcuni
secoli, nel corso del rinascimento ed oltre, gli armeni ebbero
un ruolo importante nel commercio tra alcune nazioni europee
e il Medio-Oriente, anche per la presenza di colonie e comunità
armene in diverse località. In Italia, ad esempio, fra
l'XI e il XVI secolo si contavano decine e decine di insediamenti
armeni lungo tutta la penisola; in particolare in città
come Livorno, Venezia, Pisa, Genova, con floride attività
di import-export. Tutto questo ha poco o nulla a che vedere
con l'immagine di un armeno mercante, speculatore ed usuraio,
ricalcata sullo status, altrettanto mistificatorio, che in genere
si attribuiva agli ebrei.
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Una copertina del periodico quindicinale “La difesa della razza” che fu l'organo ufficiale del fascismo sulla razza |
Alla fine furono considerati “ariani”
Quali furono, invece, gli argomenti di quanti sostenevano che gli armeni erano ariani?
Argomenti di tipo religioso, culturale, storico e politico. Si ricordò che gli armeni erano di religione cristiana, il primo popolo ad adottare il Cristianesimo come religione di Stato; si disse che gli armeni parlavano una lingua del ceppo indo-europeo e che avevano altri tratti culturali che li avvicinavano agli europei, piuttosto che agli orientali. Un argomento di rilievo di tipo storico-politico fu che gli armeni avevano spesso avuto gli stessi nemici dell'Italia e dell'Europa e che nel 1915 furono sterminati anche e soprattutto per le loro posizioni filo-occidentali ed anti-turche.
Il principale argomento, come emerge dal tuo libro, fu l'identificazione armeno-cristiano. È così?
Sì, ma si tratta di un argomento contraddittorio, utilizzabile in un contesto come l'Italia, ma assai meno in Germania. Molti razzisti tedeschi consideravano il cristianesimo come una religione semitica.
Anche il ruolo storico degli armeni nel Novecento era considerato in Germania da una prospettiva diversa da quella italiana!
La Germania era stata alleata della Turchia nel primo conflitto mondiale e l'esercito dell'impero tedesco era presente in modo consistente nei territori dove avvenne lo sterminio degli armeni. Non mossero un dito per salvarli considerando la cosa una innertürkische Angelegenheit, cioè una questione interna turca. Recentemente anche il Bundenstag in più occasioni ha riconosciuto questa storica responsabilità.
Alla fine gli armeni furono riconosciuti ariani e fu loro risparmiata la sorte riservata agli ebrei.
Si, per motivi diversi, a partire dalla loro ristretta presenza sul territorio italiano, non più di 2000 persone e per la simpatia che ispirava questo “popolo-martire”. Senza considerare gli storici legami dell'Italia con l'Armenia e gli armeni.
Nello studio della vicenda che analizzi, cosa ti ha più colpito, a prescindere dalle considerazioni sul razzismo e i razzisti?
Il servilismo e la viltà di moltissimi intellettuali che per anni discussero di pseudo teorie fondate sul nulla, con argomenti che sembravano poter avere qualche valore, solo perché conformi ai postulati politici dei vari dittatori dell'epoca. Non solo il sonno della ragione genera mostri, ma pure il sonno della riflessione e la morte del libero pensiero generano mostruosità che non devono essere dimenticate. Non solo per le conseguenze che ebbero, ma pure in considerazione dei meccanismi che generarono tali processi.
Silvia Caputo
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