Ricordando Lazar Stojanovic/
C'è vita dopo la morte?
A questa domanda Lazar Stojanovic (1944-2017) avrebbe senza
dubbio ribattuto con un'altra domanda: “Ma c'è
vita prima della morte?” Per lui la parola non era solo
uno strumento di comunicazione a cui ci si doveva accostare
con la dovuta attenzione e cura, ma un continuo terreno di esercizio
per giocare, discutere, ricercare e superare i rigidi confini
della vita quotidiana. Il suo modo sostanziale di affrontare
la vita era fatto di movimento, di sperimentazione, di corsa
senza mai stancarsi, in difesa della dignità e dei diritti
di coloro che vogliono insistere nella ricerca, nel tentativo
di raggiungere almeno “qualcosa” se non “tutto”,
per uscire dall'immobilismo di una palude stagnante. Era un
attivista contro la guerra e la follia, eterno oppositore dell'autoritarismo
e del totalitarismo. Un pacifista disposto a rischiare, spesso
vittima della repressione politica, difensore della libertà
di parola e un artista nel senso più ampio della parola.
Di se stesso una volta disse: “Sono per la libertà
e per i diritti umani e, se vi va, sono uno di quegli anarchici
che crede nel primato della libertà degli individui e
non di una razza, di una classe o dell'umanità... La
libertà della persona è un valore che, qualche
che ne sia il prezzo, va sempre difesa: soprattutto perché
la sua perdita distrugge irreparabilmente tutte le altre cose
che contano”.
Il suo impegno si divideva tra cinema, teatro, critica, giornalismo,
insegnamento, traduzioni e cura di pubblicazioni. Era uno dei
più importanti intellettuali iugoslavi e serbi, cofondatore
del settimanale belgradese “Vreme” (Tempi).
Era un uomo di forte integrità etica e, come disse un
suo amico, “senza discussioni un gentiluomo di una inflessibile
dirittura morale, che, senza essere invadente, era chiaramente
visibile.”
Alla fine degli anni sessanta Lazar fu l'aiuto-regista di Sasa
Petrovic nei film “Ho incontrato anche zingari felici”
e “Piove sul mio villaggio”. Il suo incontro con
la repressione cominciò quand'era studente e redattore
della rivista “Vidici” (Vista), che fu più
volte censurata. Ma sarà ricordato, anche da chi non
l'ha conosciuto di persona, soprattutto per il film “Plastic¨ni
Isus” (Gesù di plastica), realizzato nel
1971 come tesi di laurea dell'Accademia di Cinema di Belgrado,
in collaborazione con Tomislav Gotovac di Zagabria. Il film
presentava una chiarissima critica al culto della personalità
e della propaganda bellica, e sosteneva la libertà di
espressione in una situazione dominata da un potere autoritario.
Fu immediatamente bollato come sovversivo, Lazar fu allontanato
dal servizio militare (all'epoca obbligatorio) per scontare
una condanna a tre anni di carcere. Quello fu l'unico film nella
storia della Iugoslavia il cui regista subì una condanna
al carcere. Molti anni dopo la pellicola fu tirata fuori dal
bunker e presentata con questo avvertimento: “Plastic¨ni
Isus fu filmato nen 1971, arrestato nel 1972, incarcerato nel
1973 e rilasciato nel 1990.” Il film fu proiettato prima
a Belgrado e a Zagabria, poi al festival di Montreal e in molte
altre città in tutto il mondo. Nell'aprile 2016 fu presentato
al MoMa di New York.
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Lazar Stojanovic (1944-2017) |
Oltre a opere teatrali, Lazar Stojanovic realizzo numerosi documentari
“Zdrav podmladak” (Prole sana), due film
sull'eminente intellettuale iugoslavo Vane Ivanovic, “Priblizno
Srbi” (Intorno ai Serbi), e poi tre documentari
sui criminali di guerra, i capi serbo-bosniaci Ratko Mladic
e Radovan Karadzic - “Uspon i pad generala Mladic»
(Ascesa e caduta del generale Mladic) e «Zivot i prikljuc¨enije
generala Karadzic» (La vita e le avventure del generale
Karadzic). Seguiti dal documentario “Škorpioni”.
Questa opera fu dedicata all'omonima unità paramilitare
serba, nel quale inserì filmati d'archivio sull'assassinio
di sei mussulmani nel pressi di Trnovo, in Bosnia. Malgrado
la complicazioni e i frequenti disagi che accompagnano qualsiasi
oppositore di ogni sistema politico, Lazar amava le emozioni
dell'azione e dell'impegno sociale. Ma era non meno disposto
ad affrontare altre forme di vita. Era disponibile ad affrontare
ogni diversità e novità ancora ignota per lui.
Non si occupava esclusivamente di lavoro culturale. Una volta
uscito dal carcere, privato del passaporto (che gli fu restituito
solo nel 1977), non diventò assistente della sua Accademia,
ma imbianchino a Belgrado. Quando gli fu nuovamente permesso
di viaggiare, si trasferì in Inghilterra e lavorò
in un bar di Hammersmith, Dopo di che viaggiò in Oriente.
Nel 1978-79 si guadagnò da vivere vendendo pietre preziose
in India e in Indocina, prese casa a Ceylon e nel Tibet. Poi
negli Stati Uniti lavorò come agente immobiliare. Tra
un viaggio e l'altro fece sempre ritorno a Belgrado, lavorando
per qualche tempo nel Kossovo e continuando a esprimere le proprie
opinioni senza remore e irritando i potenti, dovunque fossero
al momento.
Ma di tanto in tanto fu preso dalla stanchezza. Alla fine del
secolo scorso scrisse su “Republika” (una rivista
di opposizione belgradese): “I dissidenti, che sono ancora
un buon numero, possiedono ancora risorse morali e qualche energia.
Può forse succedere, soprattutto se ci sarà una
sfida di massa all'attuale regime, che alcuni dissidenti decidano
di tradurre i sogni della loro giovinezza in una nuova missione
politica. Solo che i cambiamenti sono minimi, si coprono di
ruggine e le regole del gioco sono parecchio cambiate.”
Sulla stessa rivista gli rispondevo: “Le probabilità
erano sempre minime, la qualità del campo è sempre
la stessa e le regole del gioco non sono tanto diverse. Se anche
lo fossero, che cosa conterebbe? In ogni caso, io sono convinta
che i dissidenti abbiano ancora ‘un po' di energia'. Quelli
con trascorsi meno pesanti di sicuro ne hanno di più.
La questione è se vogliono investire quelle energie per
realizzare disegni incompleti. Perché se non si fa questo,
che altro resta?” In qualche modo, Lazar era d'accordo...
Uno dei più bei progetti sui quali lavorò come
consulente è il film di Pawel Pawlikowski “Epiche
serbe” del 1992 (secondo me il miglior film sui conflitti
nella ex Iugoslavia). Senza inutili commenti e lasciando che
i protagonisti (militari serbi e lo stesso Karadzic) si mostrassero
com'erano veramente (o, come ha detto Lazar, “dai a loro
una corda abbastanza lunga e si impiccheranno da soli”).
Il film mostra con chiarezza cristallina il profilo di quelli
che stavano sulle alture intorno a Sarajevo, scegliendo con
calma le case su cui puntare le armi. Il film fu presentato
in Olanda e durante la proiezione Lazar mi sussurrò con
un tono emozionato e senza nascondere l'orgoglio: “Guarda
questa scena: sono io.” La scena, ripresa con il teleobiettivo,
mostrava le vie di Sarajevo sotto i bombardamenti, la gente
che scappava in cerca di un riparo e, in primo piano, una donna
che era alla disperata ricerca di un rifugio... e un uomo che
la soccorreva... Era Lazar.
Su un piano più personale, posso tranquillamente affermare
che Lazar era un affascinante (non a caso) ribelle (a ragione),
sempre in cerca dei limiti di una vita sociale e personale,
amante dell'avventura (al quale nulla di umano era estraneo),
un maestro della parola e un ammiratore della fantasia. In una
parola, un artista... Lazar Stojanovic ha davvero avuto più
di una vita prima della morte...
Mira Oklobdzija
traduzione di Guido Lagomarsino
Modena/
Gli anarchici raddoppiano (le sedi)
Sabato
primo aprile, in una giornata di sole, abbiamo inaugurato
in centro a Modena, in via Ganaceto 96, una nuova sede
che ospiterà la biblioteca Unidea e la nuova sede
USI-AIT. Un'ottantina di compagne e compagni hanno attraversato
il nuovo spazio. Ottima la presentazione del libro “Il
lavoro contro la Guerra” e la chiacchierata sull'antifascismo
con Marco Rossi che è stato ancora con noi sabato
22 aprile a presentare il libro “Ribelli senza congedo”.
L'inaugurazione della nuova sede si inserisce nelle iniziative
del 13° ricordo dell'Eccidio di Piazza Grande del
7 aprile 1920. Le iniziative alla Libera Officina ovviamente
continueranno e così, mentre a Modena i fascisti
aprono una sede, noi raddoppiamo.
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Modena, 1 aprile 2017 - La nuova sede della biblioteca Unidea e della locale sezione dell'USI-AIT |
Per contatti, libera.mo@libero.it,
www.libera-officina.org,
facebook: spazio sociale libera.
Franco “Colby” Bertoli |
Porto Torres (Ss)/
Il sindaco americano e la fine del CSOA Pangea
Dopo mesi di incontri del tutto sterili, il Sindaco americano
di Porto Torres si è deciso a porre fine alla nostra
esperienza, giunta ormai al suo quinto anno.
Il 19 aprile Sean Wheeler mette la firma sull'ordinanza di sgombero
nei confronti del CSOA Pangea. Triste apprenderlo dai giornali
e non dal diretto interessato, con il quale più volte
ci si è incontrati per discutere la situazione in cui
versava lo stabile, anche prima che diventasse Sindaco, anche
dentro lo stesso Pangea.
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Porto Torres (Ss) - Il CSOA Pangea |
L'impegno del Collettivo nello studiare delle soluzioni tecnico-legislative
non è servito a molto, un po' come non serve a molto
parlare a chi non vuol sentire. Eppure studiare era il minimo
che potessero fare, lui e la sua Giunta. Ma se in una mano non
c'è stato il libro nell'altra c'è stata la pistola.
E così Tex spara dritto sull'ex bocciodromo, a brucia
pelo, dopo mesi in cui si è dichiarato deciso a salvare
l'attività nata con il Pangea.
“Non c'erano altre soluzioni – ripeterà,
sperando di convincersi – non mi siete venuti incontro!”.
Come se lui l'avesse fatto anche solo per un momento! No, “egregio”
sindaco, ci hai traditi e hai tradito te stesso e non usciremo
di nostra spontanea volontà, come ci hai chiesto, ma
usciremo poiché costretti.
Spiegateglielo ora ai cittadini di oggi e domani, con la vostra
trasparenza, che avreste tanto voluto uscirne da signori da
questa situazione, passando per i poveri innocenti che responsabilità
non hanno. Alla faccia del cambiamento che millantate.
Il Collettivo “Pangea”
Massenzatico (Re)/
Ottanta chili di cappelletti antifascisti
Le Cucine del Popolo ringraziano le oltre 1.000 persone che hanno partecipato a Massenzatico a 25 Aprile Sempre!, un evento costruito dal basso e in modo autogestito che vuole ricollegarsi alla migliore tradizione della Resistenza, quella degli Arditi del Popolo e delle donne e degli uomini che hanno combattuto contro ogni forma di fascismo in tutte le epoche, per la libertà nell'uguaglianza.
Vivace e di grande interesse il dibattito mattutino ed il confronto sulla Rivoluzione Spagnola che ha trattato molteplici aspetti di quell'esperienza ancora viva di lotta contro il fascismo ed i suoi mandanti. Decine i reggiani, sia anarchici che socialisti o comunisti, partiti per combattere per il successo della rivoluzione. Innumerevoli le forme di autogestione sperimentate e le esperienze per concretizzare l'emancipazione (si veda tra tutti l'esempio di mujeres libres), per la costruzione di una società libertaria, autogestita e solidale. Nel frattempo il Cecio e gli Spavaldi con la performance disinfestazione antifascista hanno portato forti effetti benefici a tutta l'area di Massenzatico.
Il momento della convivialità, dell'internazionalismo e dei canti ha accompagnato i trecentocinquanta palati, gli ottanta chili di cappelletti antifascisti, i bolliti e le salse di campagna, durante un abbondante pranzo sostenuto da buon lambrusco rosso vivo.
La giornata è continuata con l'accompagnamento dei gruppi Guzzi's Trio Band, Benza broi, HFL e di Dj Fox che hanno arricchito l'atmosfera distesa e fraterna di un pomeriggio assolato in compagnia di tante compagne e compagni.
Per concludere, la mitica pastasciuttata del partigiano e le poesie di resistenza di Giovanni Canzoneri hanno salutato una giornata che rimarrà nel cuore di tutti noi.
Un saluto dalla cuoca rossonera, un buon primo maggio di lotta a tutti e tutte e un abbraccio a coloro che hanno aiutato per la buona riuscita della giornata.
Le Cucine del Popolo
INFO // 340 7693229 // www.cucinedelpopolo.org
// fb Cucine del Popolo
Certaldo (Fi)/
Allo studio l'istanza per la riabilitazione dell'anarchico Guido Nencini
Il nuovo presidente dell'ANPI di Certaldo, Yuri Furiesi, nel
corso del suo intervento tenutosi il 25 aprile u.s. in piazza
Boccaccio ha citato, per la prima volta dopo oltre novant'anni
dalla tragica morte, l'anarchico Guido Nencini (Banda dello
zoppo) ucciso dai carcerieri fascisti il 28 ottobre 1926 nel
famigerato carcere dell'isola di Santo Stefano. Lo ha fatto
sottolineando che vi è “la necessità di
approfondire bene certi aspetti e personaggi della resistenza,
in special modo quello dell'anarchico Guido Nencini”.
Non poteva scegliere un modo migliore, Furiesi, per onorare
la memoria e l'opera di rivisitazione storica dell'antifascismo
certaldese del suo predecessore Marcello Masini, partigiano
della Brigata Spartaco Lavagnini, scomparso il 10 novembre 2016.
Marcello Masini, già sindaco di Certaldo e Presidente
della locale sezione dell'ANPI, seppur con notevole ritardo,
qualche anno prima di morire, con correttezza politica ed intellettuale,
nel suo lavoro dal titolo “Il Secondo Risorgimento a Certaldo”
riferendosi ai movimenti anarchici locali scrisse: “Peccato
però che tutte le ricerche storiche, o quasi tutte, abbiano
trascurato di studiare questi movimenti anarchici locali, spesso
liquidati, anche da storici di sinistra, quali atti di banditismo
senza importanza politica. Si sono trascurati, per motivi di
partito, questi movimenti del tutto particolari, che invece
hanno una loro interessante storia e la loro origine va il più
delle volte ricercata nelle insufficienze dell'azione politica
socialista”. E sulla vicenda del giovane anarchico Guido
Nencini, accusato ingiustamente di aver ucciso nel corso degli
scontri passati alla storia come i “Fatti della fiera”
il socialista Catullo Masini, forte delle testimonianze raccolte
dal CLN di Certaldo e da lui stesso negli anni successivi alla
Liberazione, si espresse così: “Di fatto a sparare
e provocare tutto e se poi questi volevano ammazzare il Masini
è un'altra faccenda, furono dapprima i due carabinieri,
e successivamente, presente il Masini stesso, due fascisti certaldesi
che si trovavano sul posto, e che, poco dopo, nelle vicinanze,
ferirono seriamente anche un loro camerata, scappando immediatamente
e lasciandolo nella strada”.
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L'anarchico Guido Nencini (Certaldo - Fi, 24 settembre 1896 – Carcere isola di Santo Stefano - Lt, 28 ottobre 1926) |
Ho avuto modo, negli ultimi cinque anni, di discutere telefonicamente
con Marcello Masini il quale più volte mi aveva raccontato
dei suoi colloqui avuti con Egisto Scarselli negli anni '70
e con altri protagonisti e testimoni oculari degli scontri di
quel terribile 28 febbraio 1921.
Ogni volta, concludendo le telefonate, ci incoraggiavamo a vicenda
auspicando che le nostre ricerche avrebbero contribuito al superamento
di tutti i motivi, compresi quelli di partito che, per tanti
decenni, hanno impedito di riscrivere con obiettività
la storia dei fratelli Scarselli, di Guido Nencini e dei componenti
del gruppo antifascista denominato con disprezzo “Banda
dello zoppo”.
L'istanza di riabilitazione di Guido Nencini, corredata da testimonianze,
documenti e ricostruzioni storiche è stata presentata
al Sindaco di Certaldo, alla locale sezione dell'ANPI e all'assessorato
per la “Valorizzazione della memoria storica” nel
gennaio 2017 da Marco Capecchi, Angelo Pagliaro, Fabrizio Poggi
tutti e tre autori del libro “La Banda dello zoppo”.
Storie di resistenza armata al fascismo, dell'Editrice Coessenza.
Angelo Pagliaro
Città del Messico/
Quali anarchismi tra Messico, Usa e Canada
La calda primavera messicana ha regalato a Città del
Messico un evento che ha mostrato che frontiere e muri si possono
superare. Infatti, dal 28 al 30 di aprile si è svolto
il 7º incontro annuale della Rete del Nord America di Studi
sull'Anarchismo (NAASN per sua sigla in inglese, www.naasn.org).
Ospitati nella sede della storica Biblioteca Social Reconstruir,
fondata nel 1978 dall'esule spagnolo e militante della CNT-FAI
Ricardo Mestre Ventura, centinaia di anarchiche e anarchici,
ricercatori accademici e indipendenti, editrici anarchiche,
progetti autogestiti si sono confrontati su differenti temi
e problematiche sociali.
Nelle circa tredici sessioni e quasi cinquanta presentazioni abbiamo potuto ascoltare e vedere non solo come e che cosa si stia studiando sull'anarchismo, ma soprattutto conoscere come si vive e si fa la pratica anarchica nella regione nordamericana - che comprende Canada, USA e Messico. La maggioranza delle sessioni è stata d'indole storica e di filosofia della politica. Pur riconoscendo l'importanza di riscattare la nostra storia e le nostre lotte, il rischio è quello di far sembrare l'anarchismo come una pratica del passato, generalmente descritto in forma romantica, dove gli eroi erano giovani e belli o peggio ancora dove la principale attività degli anarchici sembra sia l'autorefenzialità sopra concetti come l'utopia, la bio-politica, il capitalismo.
Molto più interessante, dal nostro punto di vista, le sessioni dedicate all'analisi dei movimenti sociali contemporanei, a come i gruppi anarchici si organizzano nei differenti stati e quali problematiche devono affrontare. La panoramica generale emersa dalle presentazioni è che le principali lotte in cui sono coinvolti i diversi gruppi anarchici sono di carattere socio-ambientale: dalla difesa dei territori indigeni, alla difesa delle risorse naturali e culturali nelle città e nelle zone rurali. La pratica dei collettivi nordamericani non si discosta da quelli europei, e l'autogestione, l'assemblearismo, l'orizzontalità e il mutuo appoggio sono alla base delle attività svolte dai compagni. Rispetto alle esperienze messicane, dove dall'insurrezione zapatista le lotte delle comunità indigene sono appoggiate e legate alle esperienze di autogestione nelle città, in Canada e negli USA si riscontra una certa tensione tra determinati gruppi anarchici e comunità indigene soprattutto nelle pratiche.
Ci ha sorpreso invece, la assenza di relazione tra gruppi anarchici e il movimento per i diritti dei discendenti afro negli USA, come è stato il caso rilevante del movimento Black Live Matter.
Dal punto di vista degli anarchici nelle università, è interessante costatare come molti ricercatori stiano sviluppando nuove forme di relazioni alle diverse discipline, proponendo forme orizzontali, soggettive e non stato-centriche di studiare, insegnare a fare ricerca in campi diversi come, per esempio, la Geografia, la Psicologia, l'Ecologia e perfino l'Archeologia. Tra le varie presentazioni vogliamo distaccare quella di Michael Loadenthal della George Mason University che propone un originale ambito analitico anti-statale e anti-autoritario di studiare la violenza politica basato principalmente nella letteratura statunitense degli studi femministi.
Concludendo, l'incontro annuale della NAASA a Città del Messico ha messo in luce da una parte come lo studio dell'anarchismo nelle sue più diverse sfaccettature risulta ancora attivo e di qualità, dall'altra parte ha potuto far vedere come i problemi e le lotte che affrontano i diversi gruppi anarchici, per lo meno in Canada, USA e Messico, sono pressoché comuni anche se le pratiche vengono contestualizzate in funzione della propria cultura.
Tommaso Gravante e Alice Poma
TAP, fracking e sfruttamento/
Di chi è l'energia?
Le vicende di questi ultimi mesi, ed in particolare il dispositivo che abbiamo visto dispiegato in Puglia per arginare la resistenza salentina agli espianti di ulivi, sono paradigmatiche di un sistema globale di sfruttamento in cui natura e territorio sono le prime vittime designate.
Approvvigionamento, stoccaggio e distribuzione dell'energia sono tra i cardini su cui si regge la civiltà dei consumi. Per questo motivo impianti ed infrastrutture assumono un carattere profondamente politico nei programmi dei loro promotori e nell'agenda dei contestatori: di chi è l'energia? A quali condizioni il privato acquisisce le materie prime dal pubblico? A quali fonti ci abbeveriamo per produrre energia? Chi risana i danni causati alla salute e alla biodiversità? E chi paga in caso di ulteriori problemi?
L'energia è stata ed è necessaria per rendere la forza lavoro più produttiva, per controllarla e sfruttarla, è insomma fondamentale nel calcolo dell'estrazione di profitto. Nella lunga stagione dell'industrializzazione, e in buona parte ancora oggi, questa energia era figlia di fonti fossili, fonti non rinnovabili, e quindi destinate da un lato all'esaurimento dei bacini estrattivi, dall'altro ad una ricerca di nuovi metodi estrattivi e di remoti bacini di coltivazione. Con la finanziarizzazione dell'economia si va anche un passo oltre. Le grandi imprese che si occupano di energia sono perlopiù società di carattere finanziario, quotate in borsa. Le concessioni, ovvero i permessi che gli stati nazionali danno a questi soggetti per poter esplorare il terreno in cerca di fonti di energia fossile, hanno un valore di per sé, permettono l'innalzamento del valore del titoli, al di là della reale portata dei giacimenti stessi. Lo scollamento tra l'economia reale e quella virtuale legata alla finanza è, anche in questo caso, un dato incontrovertibile e le principali azioni delle multinazionali che agiscono sullo scenario energetico sono legate per la maggior parte all'aspetto virtuale e non alla ridotta economia reale connessa con le materie prime o con gli impianti.
La vicenda del TAP, quello che coinvolge il territorio pugliese, non fa eccezione. Non si ha la certezza che il pozzo azero da cui si vuole estrarre gas abbia una portata tale da poter affrancare l'Europa dal gas russo, come spesso sentiamo ripetere. Esattamente come per il mercato della benzina, il gas viene quindi scambiato sui mercati finanziari il cui legame con l'origine fisica del prodotto è più labile di un tempo. Addirittura non si ha certezza che il giacimento azero sarà ancora attivo quando sarà terminato il gasdotto. Quel che è sicuro è che la società Tap, con sede in Svizzera, grazie alla partenza del progetto riuscirà a garantire la circolazione di ingenti capitali, in parte di provenienza pubblica. La Bei ha infatti stanziato 2 miliardi di euro per il progetto di gasdotto, il cui costo complessivo si aggira sui 40 miliardi. Il restante importo dovrà essere investito dalle società private, che non mancheranno di chiederlo indietro all'utenza e ai paesi forniti.
Con buona pace degli ulivi nostrani, dei contadini espropriati per pochi euro al metro quadrato in Albania e della lunga filiera di soprusi che conduce alla fonte del gas, le condotte accompagneranno il gas ai magazzini di stoccaggio nostrani dove verrà espletata una e una sola funzione: la speculazione sulle oscillazioni dei prezzi di mercato. Apertura dei rubinetti quando il prezzo di alza, chiusura quando i prezzi sono troppo convenienti. Né interesse strategico per i consumi del paese (più probabile l'interesse di Erdoan a consolidare con questa infrastruttura il suo potere) né produzione di alcun tipo di valore aggiunto.
Diversi sono i casi di corruzione legati al progetto emersi negli ultimi anni. Riguardano in modo democratico ogni livello del processo decisionale e realizzativo, dalla decisione sul tracciato alle opere di realizzazione delle pipe-line, e coinvolgono direttamente i politici degli stati coinvolti. Infine occorre ricordare il grande problema dello stoccaggio, che riguarda numerosi territori e altrettante popolazioni.
I siti di stoccaggio del gas (il gas si stocca sotto terra, viene iniettato nel terreno e poi riaspirato, talvolta attraverso composti chimici di cui non conosciamo gli effetti a medio e lungo termine sul suolo e le acque di falda) sono ad elevato rischio ambientale, tanto che non sono rari i casi di incendio. La sismicità indotta non è stata esclusa, anzi in alcuni casi è stata ammessa dalle stesse imprese realizzatrici degli impianti… salvo poi dimenticarsi di confermarlo nelle Valutazioni di Impatto Ambientale. E infine non si hanno notizie certe sull'inquinamento atmosferico derivante dal trasporto del gas, ma i bilanci dei volumi dicono chiaramente che all'arrivo un bel po' di gas manca all'appello. Non c'è bisogno di scomodare il fracking nord americano o le istantanee da podio dei più gravi incendi occorsi su pozzi, stoccaggi e piattaforme nell'ultima decade. La tubazione della colonna vertebrale dello stivale ha le sue stazioni di arrivo proprio in Lombardia.
La lotta contro gasdotti e stoccaggi non è quindi una semplice battaglia contro la devastazione di un territorio, ma una lotta più grande contro un sistema economico, energetico e di sfruttamento che oppone pochi soggetti, che controllano enormi capitali, a intere popolazioni e territori che subiscono una devastazione ed un impoverimento massiccio, spesso senza avere consapevolezza della tremenda struttura economica e politica nascosta alle spalle di un tubo.
Mario Vitiello
Primo
Maggio 2017
Milano/
In quartiere
Diverse migliaia di lavoratori hanno animato il corteo che ha percorso le strade di popolosi quartieri a nord della città. L'iniziativa ha raccolto molte adesioni sull'appello proposto dalla Federazione Anarchica Milanese per un Primo Maggio internazionalista, antimperialista, antimilitarista, antirazzista, antisessista, contro la repressione. Presenti sindacati di base conflittuali come SI Cobas, USI-AIT, SGB, alcune federazioni della CUB, la Comunità Curda, il CS Vittoria, alcuni gruppi internazionalisti e un consistente spezzone rosso-nero.
Federazione Anarchica Milanese
Piove di Sacco (PD)/
Cantando
La festa del primo maggio è diventata una costante tra
le tante iniziative che l'Ateneo degli Imperfetti organizza
da molti anni, dal 1997 in modo discontinuo e in luoghi diversi
da circa 10 anni in modo continuato. La scelta del luogo ha
una grande importanza, per cui da diversi anni si utilizza un
piccolo parco tutto a disposizione dei compagni-amici e delle
loro famiglie, con annesso un vecchio casone, reperto abitativo
della campagna veneta; c'è spazio per tutti in quella
zona tranquilla dove ognuno si sente a casa propria, fondamentale
che ognuno porti e condivida qualcosa da mangiare e da bere.
L'Ateneo mette a disposizione pane, vino, salame, formaggio
e bibite e organizza concertini di musica blues o revival per
rallegrare e ballare tutti insieme. Viene allestita una bancarella
con i libri sull'Anarchia.
La presenza del coro “Gli Imperfetti” con canti
di lotta e popolari ci porta a rivolgere il nostro pensiero
ai momenti di lotta e battaglia degli operai che in qualche
caso hanno pagato con la vita la testimonianza della lotta contro
la schiavitù e per la libertà.
Anche quest'anno la presenza di compagni, simpatizzanti, imperfetti
è stata cospicua, forse 280 persone e e questo, oltre
al fatto di incontrare e stare insieme a molte persone, dà
un grande valore alle attività dell'Ateneo degli Imperfetti.
Diego Gastaldi
Torino/
Al manganello
Piove a dirotto. Autorità, sindacati di Stato e PD in
testa al corteo, dietro i centri sociali, i No Tav e gli anarchici.
La Questura schiera l'antisommossa. I settori più radicali
del corteo non devono entrare in piazza durante i comizi.
La polizia carica quattro volte. Teste e braccia rotte, lividi
e contusioni.
Dopo le cariche ci siamo ricompattati e siamo entrati nella
piazza del Primo Maggio, nel segno della lotta per un mondo
senza Stati, padroni, eserciti, frontiere. Un segnale forte
e chiaro per sindacati di Stato, governo del paese e della città.
Il resoconto della giornata su www.anarresinfo.noblogs.org.
Federazione Anarchica Torinese
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