L'arcivernice 2.0
A proposito di tipi eccentrici, sicuramente strampalati, ce
n'era uno protagonista di un fumetto degli anni Trenta pubblicato
sul Corriere dei Piccoli. Si chiamava Pier Cloruro de'
Lambicchi, era pelato con il naso lungo e rosso, simile a un
clown. Aveva inventato l'arcivernice, che aveva il potere di
rendere reali personaggi raffigurati nei disegni e nei quadri.
Bastava una pennellata, ed ecco che tornavano in vita –
che so? – Guglielmo Tell o Monna Lisa. Le avventure dell'inventore
finivano quasi sempre con il classico degli imprevisti che lo
mettevano nei guai. Ad esempio una pennellata sull'autoritratto
portava in vita il suo doppio che lo buttava fuori di casa.
Fu
una striscia di successo per tanti anni, ma poi ha finito per
impallidire negli archivi. Chi si ricorda più oggi di
Pier Cloruro de' Lambicchi? Sicuramente uno c'è: Pier
Arturo de' Lambicchi, bisnipote del suddetto, deciso a seguirne
le orme. Ha infatti inventato l'arcivernice 2.0. A differenza
della prima versione, non dà vita a raffigurazioni umane,
ma nasconde la vita a chi già la possiede. È infatti
una vernice che rende invisibili. E adesso Pier Arturo de' Lambicchi,
dopo una bella spalmata, si appresta a uscire di casa completamente
nudo: tanto nessuno lo potrà vedere.
Ma la realtà si presenta subito diversa da quanto immaginato.
Per prima cosa deve imparare a schivare i corpi che procedono
in linea retta verso di lui. È un slalom defatigante,
un pesante addestramento alla vita da invisibile. Se accade
che qualcuno lo urti violentemente, e magari lo faccia cadere,
deve rialzarsi in fretta per evitare di essere calpestato da
decine di pedoni frenetici. Attraversare la strada, poi, è
un'impresa. Non può nemmeno fidarsi del semaforo verde,
perché un'auto potrebbe investirlo vedendo la strada
libera.
Ebbene, dopo solo due isolati, Pier Arturo de' Lambicchi è
un uomo terrorizzato, cammina rasente ai muri, ma neppure questo
lo rassicura. E allora si ferma, paralizzato dalla paura, pensando
alle vane fantasie maschili sui presunti privilegi dell'essere
invisibile: entrare nella camera da letto di una donna da sogno,
per esempio, violare la sua intimità...
Adesso intorno a sé c'è solo gente che non lo
considera, ma mentre è perso nella sua angoscia, Pier
Arturo de' Lambicchi viene investito dal getto d'acqua di un
camion del lavaggio stradale, che lo restituisce agli occhi
esterrefatti dei passanti. Nudo, le mani a coppa sulle parti
intime. In quel momento – imprevisto ancora più
feroce – si ritrova davanti la sua donna reale, Zoe, che
lo fulmina con uno sguardo e gli annuncia l'immediata fine della
loro convivenza. Poi lo lascia in balia di tanti sguardi maligni
ed estranei.
Mentre viene portato in questura per accertamenti, Pier Arturo
de' Lambicchi riflette sul senso di questa storia strampalata,
così simile a quella del bisnonno. L'essere invisibile
l'ha condotto nudo alla meta, ridotto alla sua pura essenza:
senza più una casa da condividere con la dolce metà.
È un lieto fine, dopo tutto.
Paolo Pasi
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