Pisa/
Un convegno su Luciano Della Mea
La Biblioteca F. Serantini in collaborazione con l'Università
di Pisa, la Fondazione di studi storici “F. Turati”
di Firenze e l'Istituto E. De Martino di Sesto Fiorentino ha
organizzato lo scorso 29 settembre un convegno di studi su Luciano
Della Mea (1924-2003) “un inquieto intellettuale nell'Italia
del secondo Novecento”. Il convegno che si è tenuto
nella bella sede della Gipsoteca dell'Università ha visto
la partecipazione di un numeroso pubblico attento e appassionato
e relazioni di studiosi e ricercatori di buon livello che hanno
messo ben in evidenzia la vicenda politica e umana di Della
Mea. Tra queste relazioni due riguardavano il rapporto tra Della
Mea e il “caso” Serantini; in particolare quella
del professore Michele Battini ha ricostruito partendo dalle
carte di polizia e della Procura di Firenze, con un'indagine
approfondita e in buona parte originale e inedita, la giornata
del 5 maggio 1972 e quelle successive nelle quali Franco Serantini
venne, durante una manifestazione antifascista, massacrato di
botte da alcuni uomini del Primo raggruppamento celere di Roma
e poi ritrovato morto nel carcere del Don Bosco.
Ma chi era Della Mea? Come è risaputo, è stato
un uomo di quella generazione che attraverso i dolori della
guerra e della Resistenza ha fatto una scelta di campo antifascista
e socialista. Negli anni del Secondo dopoguerra è stato
un apprezzato scrittore e redattore di vari quotidiani e riviste
come l'«Avanti!», «Mondo operaio», «Mondo
nuovo», «Paese», «Quaderni rossi»,
«Nuovo impegno», ecc. Ha avuto intensi rapporti
di confronto e scontro con altri intellettuali e militanti del
suo tempo come Franco Fortini, Giovanni Pirelli e Raniero Panzieri.
La sua militanza all'interno del socialismo italiano è
sempre stata sofferta tanto che, ai primi segni della contestazione
giovanile, ha preferito immergersi nell'indefinito magma della
protesta sociale piuttosto che restare nelle sicure e garantite
stanze della politica “ufficiale”. Ha vissuto intensamente
la stagione della seconda metà degli anni Sessanta, ricoprendo
un ruolo da protagonista nella redazione del periodico toscano
«Il Potere operaio» (1966-1968) con Adriano Sofri,
Gian Mario Cazzaniga e altri. Di quella esperienza porterà
sempre il segno positivo di una fiducia verso l'autorganizzazione
di classe e la democrazia diretta. Il PCI accusò all'epoca
il gruppo di esprimere posizioni “anarchicheggianti”,
una scomunica con cui si intendeva punire chi rifiutava la disciplina
e l'egemonia di un partito che si autoproclamava unico rappresentante
politico della classe operaia. Della Mea, delle scomuniche del
PCI o del PSI, andava fiero pure se continuava, con vero spirito
laico e libertario, a mantenere relazioni con esponenti, anche
autorevoli, di entrambi i partiti. In realtà in quell'esperienza
politica de «Il Potere operaio», al di là
dei proclami ideologici di stampo rigidamente marxista leninista,
vivevano umori, atteggiamenti e analisi che, se anche non direttamente,
si richiamavano a certe posizioni di quella parte del movimento
operaio e rivoluzionario che, soprattutto in Toscana e in particolare
sulla costa tirrenica, erano state l'espressione di un ribelle
anarchismo, sociale e comunista che aveva lasciato segni profondi
nella cultura delle classi subalterne.
Non era un caso, infatti, che il gruppo pisano de “Il
Potere operaio”, come più volte ha ricordato lo
stesso Della Mea, trovò ospitalità per le proprie
riunioni nella sede storica degli anarchici pisani, al n. 48
di via San Martino, sopra la Pubblica assistenza. Un'ospitalità
fatta di affetto e comprensione da parte dei vecchi militi dell'anarchismo
pisano da Cafiero Ciuti a Italo Garinei, da Armando Ghelardoni
a Otello Bellini, solo per ricordarne alcuni. Il gruppo degli
anarchici pisani, pur distinguendo tra la tradizione anarchica
e quella dei nuovi gruppi dell'estrema sinistra, non mancò
all'epoca di solidarizzare con Della Mea e i giovani del “Potere
operaio pisano”, soprattutto in occasione delle iniziative
antifasciste. Della Mea rispettava gli anarchici, forse per
quel forte e autentico sentimento che lo portava istintivamente
a sentirsi vicino a ogni “ribelle dell'idea”, a
ogni “proletario senza partito” o “emarginato”,
o come lui stesso amava definire “i senza storia”,
quelli emarginati dalla storia con la S maiuscola. Quella stagione
è ricordata dallo stesso Della Mea nel suo volume Una
vita schedata (Milano, Jaca book, 1996).
Dopo la divisione del gruppo del “Potere operaio”,
Della Mea s'impegnò nella costituzione della Lega dei
comunisti, polemizzando con i compagni che intrapresero altre
strade come Lotta continua e il Centro K. Marx. Della Mea uscì
presto anche dalla Lega non condividendo la scelta di un “leninismo
settario” che la giovane organizzazione aveva inalberato
come propria bandiera, avvicinandosi per un breve periodo a
Lotta continua e scegliendo una propria strada, non facile,
di riflessione personale e politica, non rinunciando alla sua
amicizia con gli anarchici, rafforzata poi dalla tragica vicenda
di Franco Serantini.
L'impegno di Della Mea nella denuncia dell'assassinio di Serantini
è stato immediato e costante nel tempo e sicuramente
si deve anche a lui se, ancora oggi, la memoria del “ragazzo
sardo” è così forte nel territorio pisano.
Della Mea ha scritto articoli e saggi, ha promosso e contribuito
sostanzialmente ad alcune pubblicazioni, come quella del Comitato
“Giustizia per Franco Serantini” del 1973 e quella
successiva edita a cura della Amministrazione provinciale pisana
nel 1974, ha collaborato alle ricerche di Stajano che poi sono
confluite nel volume, Il sovversivo. Vita e morte dell'anarchico
Serantini, (Torino, Einaudi, 1975 ora nuova edizione Pisa-Milano,
BFS-A rivista anarchica, 2008), ha sostenuto, infine, il progetto
e l'installazione del monumento in ricordo del giovane anarchico
ed è stato un amico sincero della biblioteca che porta
il nome del giovane anarchico.
Franco Bertolucci
La memoria di Pino Pinelli/
“Una storia soltanto nostra, una storia di tutti”
Da tempo il Centro Studi Libertari e Archivio Giuseppe Pinelli
di Milano aveva l'intenzione di dare una forma più strutturata
e fruibile alla documentazione riguardante la persona cui l'archivio
stesso è intitolato. Tuttavia, non ci sembrava sufficiente
proporre una semplice aggregazione ordinata di documenti: questi,
da soli, non sono in grado né di recare la testimonianza
di una vita, né di riallacciare con la storia quel dialogo
attivo e partecipativo indispensabile a mantenere vivo nel presente
il senso politico e umano degli eventi passati. Abbiamo intenzione
di porre rimedio a ciò con l'avvio del progetto documentario
denominato “Una storia soltanto nostra, una storia di
tutti”.
Questo titolo, che fa eco a quello del libro di Licia Pinelli
“Una storia quasi soltanto mia”, ci sembra infatti
significativo per riassumere l'idea da cui muoviamo. In primo
luogo, la rivendicazione dell'identità di Pino, non solo
come militante anarchico, ma anche come uomo; non come vittima,
ma come parte agente di questo mondo. In secondo luogo, per
tratteggiare la dimensione allargata di partecipazione che vogliamo
dare a questo nostro sforzo; la storia di Pino, direttamente
o meno, ne ha toccate tante altre e il senso di quanto accaduto
dovrebbe essere patrimonio dell'intera società.
Per raggiungere questi obiettivi stiamo affiancando, ad un'attività
di raccolta documentaria più classica, una ricognizione
che interroghi l'impatto della vicenda e delle mobilitazioni
che ne sono scaturite in ambito sociale, politico, artistico,
unitamente ad una campagna di interviste video nel segno di
una “storia popolare” che permetta di colmare quelle
lacune che sfuggono alle maglie di documenti e resoconti. Ne
è un esempio la forte presenza lasciata nell'ambiente
di lavoro in ferrovia, mantenuta ben viva dai colleghi e trasmessa
ai più giovani, come testimoniato da Pippo Gurrieri,
che proprio in quell'ambiente si trovò alcuni anni più
tardi.
Tutto il materiale che verrà in questo modo raccolto
andrà a comporre un database digitale online liberamente
accessibile e consultabile. Nelle intenzioni questo database
dovrà servire anche a raccogliere informazioni su altri
lavori esistenti riguardanti l'ambito del progetto (come l'opera
di completa digitalizzazione degli atti processuali, effettuata
alcuni anni or sono), in modo da metterli più facilmente
in relazione.
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Milano, 1989 - Manifestazione davanti alla Questura. Sfila anche una sagoma gigante di Pinelli, realizzata da Enrico Baj |
Al momento attuale, il progetto può contare sul fondo
dedicato a Piazza Fontana e Giuseppe Pinelli conservato presso
il Centro Studi e in parte digitalizzato, articolato in diverse
sezioni, tra cui da segnalare una libraria che raccoglie circa
150 volumi in gran parte donati da Claudio Crotti, una consistente
raccolta di ritagli stampa comprendente circa 30 faldoni, i
materiali preparatori e di ricerca utilizzati da Luciano Lanza
per la stesura del libro “Bombe e segreti” e affidati
a noi, nonché un archivio fotografico digitale contenente
circa 2000 immagini provviste di didascalia tra fotografie e
manifesti d'epoca, frutto del lavoro di Roberto Gimmi e messo
a disposizione del Centro Studi.
È in corso anche un'importante collaborazione con Licia
Pinelli finalizzata alla digitalizzazione del suo archivio personale,
costituito da fotografie, carteggi e ritagli stampa.
Il Centro Studi Libertari è sempre stato una realtà
finanziata dal basso, filosofia che abbiamo intenzione di mantenere
anche in questo caso sostenendo il progetto mediante una campagna
di crowdfunding online.
Per seguire gli sviluppi e per tutte le informazioni vi invitiamo
a seguirci sul nostro sito www.centrostudilibertari.it
o a scriverci all'indirizzo email centrostudi@centrostudilibertari.it.
Non solo, ma più fortemente vi invitiamo a dare il vostro
contributo: sia nel caso di documentazione che ritenete interessante
segnalare, sia per lasciare la vostra testimonianza, non esitate
a contattarci.
Roberto Viganò
Salonicco (Grecia)/
Cronache dalla Vio.Me, fabbrica autogestita (e attiva nel sociale)
Abbiamo già parlato della VIO.ME di Salonicco, la fabbrica
occupata, riconvertita ed autogestita dai lavoratori (“A”
404, febbraio 2016). Un recente viaggio nella città
greca ha consentito di avere qualche aggiornamento di prima
mano sulla situazione.
I terreni ed i macchinari sono sempre soggetti alle aste giudiziarie.
Ad oggi la base d'asta resta di 30 milioni e non è stato
ancora trovato nessun acquirente. C'è il timore, però,
che la prossima asta possa partire da una base inferiore ai
20 milioni e si vocifera che i vecchi proprietari potrebbero
ripresentarsi sotto altra veste per riacquistare la proprietà.
VIO.ME punta sempre sulla mobilitazione dei suoi sostenitori
per far saltare le aste, impedendo eventuali offerte d'acquisto
(l'ultima asta, relativa ai soli macchinari, è stata
fatta saltare in questo modo il 2 novembre 2017). Come risarcimento
parziale per gli arretrati non pagati, viene chiesta l'assegnazione
ad affitto agevolato del magazzino. Un'eventuale legalizzazione
parziale potrebbe anche ostacolare la stessa vendita dei terreni
e il sequestro dei macchinari; consentirebbe inoltre di aumentare
la produzione e, in seguito, di ampliare la gamma di prodotti,
comprendendovi anche i cosmetici.
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Salonicco (Grecia) - L'esterno dell'ambulatorio nella fabbrica autogestita Vio.Me. |
In questi mesi VIO.ME si è impegnata a migliorare le
prime ricette: è stata inaugurata una nuova linea di
prodotti biodegradabili al 100%. Purtroppo non sempre la cooperativa
riesce ad acquistare solo da piccoli produttori locali, come
avveniva all'inizio dell'attività, sia perché
la produzione di questi non è regolare e non garantisce
una fornitura costante, sia perché i loro prezzi sono
più elevati rispetto ad altri produttori.
Attualmente l'attività riesce a garantire un salario
mensile di 400 € che, considerata la deflazione, corrisponde
a circa 650 € del periodo antecedente la crisi. Il salario
è uguale per tutti (a parte gli extra per le trasferte
in Grecia e all'estero e per i turni notturni di vigilanza).
A tutti viene anche garantito il versamento dei contributi assistenziali
e previdenziali.
Ma, come abbiamo a suo tempo raccontato, VIO.ME non è
solo autogestione produttiva; è anche militanza politica
ed impegno sociale. Vale la pena riportare due esempi significativi.
In Grecia, come conseguenza delle misure di austerità
imposte dalla Troika, chi perde il lavoro è coperto dall'assicurazione
sociale solo per un anno; poi si deve pagare ogni cura, con
costi cresciuti esponenzialmente. In una tale situazione, disoccupati
e migranti si trovano spesso senza alcuna possibilità
di accedere all'assistenza sanitaria. È per questo che
VIO.ME ha aperto nel gennaio 2016 un ambulatorio sociale gratuito
(chiamato “Centro Medico dei Lavoratori”, Ergatikó
Iatreío) nei locali adibiti, prima dell'occupazione,
a laboratorio chimico.
L'ambulatorio è gestito, in collaborazione con il “Centro
Medico di Solidarietà Sociale” (Koinonikó
Iatreío Allilengýi, KIA) di Salonicco, con
un'assemblea generale, affiancata da un “Health Team”.
Gli appuntamenti possono essere presi tutti i giorni e le visite
si effettuano tutte le settimane, il mercoledì e il giovedì.
I servizi erogati (medicina generale, ortopedia, psichiatria,
infermeria e dispensario farmaceutico) sono ispirati ai principi
della medicina olistica: la prima visita di “chi viene”
(chiamato proprio così, “proserchómenos”,
non paziente) può durare fino a due ore per ricostruire
la storia clinica complessiva: non solo lo stato di salute,
ma lo stile di vita, le condizioni di lavoro, le problematiche
personali o familiari. La presenza di una psico-terapeuta è
considerata indispensabile proprio in quest'ottica ed è
stata utile anche per affrontare il disagio che spesso prova
chi resta privo di tutto, senza lavoro, senza casa, in una situazione
difficile anche dal punto di vista personale ed umano (spesso
con separazioni, senso di frustrazione e di fallimento personale...).
Sul piano internazionale, VIO.ME partecipa al coordinamento
delle fabbriche recuperate, che tiene periodicamente incontri
sulla “Economia dei lavoratori”. L'ultimo si è
tenuto a Buenos Aires (28 agosto - 2 settembre 2017) e VIO.ME
ha proposto due importanti iniziative all'insegna del mutualismo
e della solidarietà internazionale:
1.la costituzione di un Fondo di Solidarietà Internazionale,
finanziato dalle stesse aziende recuperate, per sostenere le
attività dei lavoratori auto-organizzati;
2.la costituzione di una Rete logistica della solidarietà
internazionale per il trasporto, lo stoccaggio e la distribuzione
dei prodotti delle diverse realtà autogestite, in modo
che in ognuna di esse sia possibile trovare i prodotti di tutte
le altre.
Si tratta di strutture considerate indispensabili per garantire
un supporto materiale alla battaglia che viene svolta quotidianamente
dalle aziende autogestite; una battaglia inquadrata in una più
ampia prospettiva, come hanno affermato gli stessi lavoratori
della VIO.ME all'incontro di Buenos Aires: “Crediamo fermamente
che il nostro obiettivo sia radicale: impossessarsi dei mezzi
di produzione. Farli funzionare sotto l'autogestione dei lavoratori
stessi. Produrre, distribuire e condividere prodotti e servizi
- non merci - per i bisogni della comunità, non per le
necessità del profitto capitalista e della borghesia.
Un passo avanti verso un'ampia autogestione della società.
Ciò può essere ottenuto solo se il mirino delle
nostre armi sia puntato sul sistema capitalista nel suo complesso.
Quindi combattiamo una battaglia anticapitalista. Ecco perché
concepiamo la presa di possesso delle fabbriche e delle aziende
non come una pratica parallela al mercato capitalista, ma come
un passo verso un più ampio movimento contro il mercato
capitalista. Perché se non distruggiamo le cosiddette
“leggi di mercato” adesso, presto o tardi le stesse
“leggi” distruggeranno noi.
Massimiliano Barbone
emmebi@inventati.org
Buchmesse 2017/
Segnali di decrescita ma non per la bibliodiversità
Il rapporto annuale dell'Associazione Internazionale degli
Editori è dedicato quest'anno alle fiere mondiali del
libro, la cui importanza viene spiegata così: “Le
fiere del libro svolgono un ruolo sociale importantissimo. Mentre
quelle aperte al pubblico promuovono libri e letture, spesso
le loro equivalenti professionali permettono agli editori, agli
agenti, ai distributori e ai librai di incontrarsi e concludere
concretamente affari. Inoltre richiamano l'attenzione dei media
e del pubblico sull'industria del libro e offrono occasioni
di incontro tra autori e lettori. Le fiere sono un momento in
cui convergono molte professioni creative. In un'epoca in cui
le attività si svolgono spesso a distanza, i professionisti
del libro credono ancora che le fiere non abbiano perso la loro
importanza. Al contrario, le trattative che si svolgono alle
fiere del libro garantiscono una migliore qualità e la
dimensione umana di questi scambi rappresenta un vincolo di
fiducia.”
Mentre la fiera di Francoforte si è da tempo affermata
come il principale luogo di incontro tra editori di tutto il
mondo, solo poche altre – Londra, Bologna, Guadalajara
– hanno una dimensione davvero internazionale.
Se fino a qualche anno fa vi partecipavano soprattutto editori,
agenti e scout, la diversificazione del settore editoriale,
con l'accesso di contenuti multimediali, oggi richiama un universo
variegato di soggetti che offrono strumenti avanzati per la
composizione, la stampa, l'archiviazione di dati e immagini,
e cento diavolerie futuribili. Così si può notare
il paradosso di un mondo al tramonto, quello del libro, che
coabita con numerose proposte alternative di conservazione e
trasmissione di “contenuti”.
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Francoforte sul Meno (Germania), ottobre 2017 - L'accogliente padiglione dell'Ungheria, alla Buchmesse (la Fiera del libro). In linea con l'atteggiamento di accoglienza per i migranti espresso dal governo ungherese |
A Francoforte quest'anno questo fenomeno si riflette in due
dati: il numero degli espositori è aumentato mentre si
è ridotta la superficie espositiva, il fatturato dell'editoria
è leggermente cresciuto, ma il numero di nuovi titoli
in uscita è calato o è rimasto uguale. Parallelamente,
la scelta delle case editrici presenti è andata nel senso
di limitare lo sfoggio di ricchezza e potere con stand faraonici,
evidente per esempio negli spazi riservati agli editori americani,
dove risultava prevalente la presenza di case editrici indipendenti.
Anche nello spazio destinato all'Italia era palese la scelta
di tante case editrici che hanno rinunciato a un proprio stand,
accontentandosi di esporre le proprie novità sugli scaffali
dello spazio collettivo dell'Associazione Italiana Editori,
mentre i principali gruppi, Mondadori-Rizzoli, GEMS, Giunti,
De Agostini hanno optato per spazi più discreti. Una
nota a parte merita la scelta del padiglione ungherese, che
metaforicamente esprimeva con il suo recinto di lamiera, la
politica di chiusura all'esterno del governo di Budapest.
Il padiglione Uno ospitava il paese invitato d'onore, che quest'anno
era la Francia, e anche qui si notava la sorpresa di una rinuncia
alla grandeur: le “conquiste” della cultura transalpina
erano esposte su modesti tralicci di legno grezzo.
In questo clima dimesso, è risultato ancor più
evidente il ruolo dell'editoria indipendente. Così, all'interno
della fiera, si sono svolti incontri di partnership solidale
tra editori e sulla libertà di pubblicazione (un'iniziativa
della International Alliance of independent publishers), c'è
stato uno spazio dedicato all'editoria indipendente in America
Latina (iniziativa della rete di lingua spagnola dell'Alliance),
incontri tra editori delle aree francofone (organizzati dal
Bureau International de l'édition Française -
BIEF), e perfino un Indie Time Party, (un'iniziativa di ODEI
e IPG in collaborazione con la Fiera). Trova così sempre
più spazio la bibliodiversità.
Guido Lagomarsino
San Giovanni Valdarno/
Inaugurata via Otello Gaggi
Sabato 11 novembre 2017 si è svolta a San Giovanni Valdarno
(Ar) la cerimonia ufficiale per l'inaugurazione di una via intitolata
a un operaio della Ferriera, all'antifascista anarchico Otello
Gaggi (1896-1945) morto nel gulag sovietico. L'iniziativa, a
cui hanno partecipato oltre settanta persone, è stata
promossa dal Comitato “Un ricordo per Otello Gaggi”
insieme al Comune. Erano presenti i familiari di Otello e anche
delegazioni di compagni provenienti da altre parti della regione
(Firenze, Arezzo, Empoli, Livorno, Lucca).
L'evento è stato seguitissimo dalla stampa e dalle emittenti
locali. Sono intervenuti per l'occasione il sindaco Maurizio
Viligiardi, lo storico Giorgio Sacchetti, il cantautore Alessio
Lega con il suo repertorio di canti della tradizione popolare
e libertaria. La strada, collocata alla periferia sud della
cittadina valdarnese in una zona destinata a ulteriore sviluppo
urbanistico, costituirà memoria perenne per un antimilitarista
anarchico, per un combattente contro tutti i totalitarismi.
|
San Giovanni Valdarno (Ar), 11 novembre 2017 - Giorgio Sacchetti durante il suo discorso e (alla sua sinistra) Alessio Lega |
Inaugurazione, servizio tv locale:
http://www.valdarno24.it/2017/11/11/san-giovanni-dedica-strada-otello-gaggi-antifascista-morto-nel-gulag-sovietico/
Barletta/
Ritorna Carlo Cafiero. In busto
Il 28 settembre il busto di Carlo Cafiero, situato sulla facciata
della sua casa natale a Barletta, è stato riesposto dopo
lavori di restauro completamente autofinanziati. Il progetto
vuole dare continuità alla commemorazione del 170esimo
anniversario della nascita di Cafiero organizzata lo scorso
anno da diverse realtà territoriali. Un'iniziativa che
cerca di andare oltre “la rimozione di polvere dal manufatto”,
fino a rispolverare la figura dell'anarchico rivoluzionario
dall'oblio, restituendola alla cittadinanza attraverso una percorso
di acquisizione collettiva di memoria storica e consapevolezza
sociale.
Alla cerimonia erano presenti gli studenti del Liceo “C.
Cafiero” di Barletta a cui è stata donata una copia
autoprodotta dello scritto “La Rivoluzione”. La
giornata è continuata in piazzetta “Della Sfida”
con la proiezione de «La Libertà», un cortometraggio
di Carlo Pisani e Mimmo De Ceglia, ospite dell'evento, su anarchici
e rivolte contadine nella Puglia dell'800.
L'iniziativa curata dal Collettivo Exit, si è
posta come obiettivo quello di attualizzare il pensiero di Cafiero,
anarchico che ha cercato di sollevare il popolo contro l'autorità
statale nella seconda metà del XIX secolo, nella certezza
che oggi questo grande uomo sarebbe impegnato contro la diseguaglianza
sociale, contro il modello imperante di sfruttamento del lavoro,
contro un modello economico che inquina e ammala Barletta, come
Taranto ed altre città, attraverso percorsi di auto-organizzazione
politica e di autogestione lavorativa.
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Barletta - Il busto di Carlo Cafiero |
Parallelamente a queste iniziative, il Collettivo Libertario
“Rivoltiamo La Terra” ha svolto un lavoro di
ricerca bibliografica sulla lapide commemorativa di Carlo Cafiero
a Barletta. Diverse sono state le informazioni che ignoravamo,
a causa di un vuoto generazionale che ci ha impedito di acquisire
di prima mano, storia e curiosità sul movimento anarchico
locale.
Grazie alla validissima collaborazione di Giampiero Landi della
Biblioteca Libertaria “Armando Borghi” di
Castel Bolognese (RA), abbiamo scoperto che la lapide era già
pronta nel 1922 ma che, probabilmente a causa della presa del
potere fascista, rimase nascosta in una cantina fino al 1946
quando fu finalmente installata sulla facciata della casa natia
in Corso Vittorio Emanuele n. 111, dal Gruppo Anarchico “Carlo
Cafiero” di Barletta in una grande manifestazione,
a cui partecipò anche Armando Borghi, che tenne un comizio
nel Teatro Dilillo, l'11 settembre dello stesso anno per commemorare
il centenario dalla nascita dell'anarchico barlettano.
Di quella manifestazione rimangono ora preziosissime fonti disconosciute
a Barletta: foto, articoli locali e comunicati del gruppo anarchico
per rendere conto dei contributi economici arrivati a sostegno
dell'iniziativa e delle spese affrontate. Nomi, volti ed immagini
vanno ad arricchire quella memoria storica negata e la consapevolezza
dell'esistenza di un grande desiderio libertario popolare del
passato.
Tutto ciò oggi costituisce un punto fermo da cui ripartire
per costruire il sogno della società anti-autoritaria
per il quale Carlo Cafiero si era tanto battuto.
Francesco Scatigno
Simona Spadaro
Collettivo Libertario “Rivoltiamo La Terra” (Barletta)
Regala
un abbonamento annuo ad “A”.
La tua amica/o, parente, figlio/a, ecc. ti penserà almeno 9 volte in un anno...
“A”
esce 9 volte l'anno. E 9 volte all'anno il postino la
porterà a casa sua. Non puoi immaginare la gioia
che proverà, la gratitudine con la quale ti penserà,
la delicatezza con cui la riporrà in verticale
nella sua libreria, accanto al gruppo di riviste che a
mano a mano avrà ricevuto. Si parla tanto di “regali
intelligenti”, queso lo è davvero. Un periodico
in cui non si loda il signor Bergoglio, in cui si leggono
interviste decisamente diverse, in cui non si parla del
ministro della “giustizia” Orlando e c'è
una rubrica gestita dall'ergastolano Carmelo Musumeci,
in cui non c'è il borsino immobiliare e si dà
voce a chi le case le occupa, niente foto del salottino
del Frecciarossa ma appassionati racconti delle lotte
No-Tav, in cui non si ricordano Lenin, Trotsky o Stalin
ma Emma Goldman e i marinai di Kronstadt, in cui i “fondi
neri” sono in realtà tutti bianchi e registrati
uno per uno.
Una
rivista decisamente diversa. Anarchica.
Pensaci bene. C'è un regalo più bello da
fare? |
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