rivista anarchica
anno 47 n. 421
dicembre 2017/gennaio 2018




Con l'uscita di “A” 89 (febbraio 1981) si apre il secondo decennio di “A”. Tempo di bilanci: a tracciarlo è Nico Berti, con un denso saggio del significativo titolo “Dieci anni di A-pensiero”, in cui sottolinea il ruolo svolto dalla rivista sul doppio binario di una riaffermazione dei valori e delle scelte politiche fondanti, un secolo prima, l'anarchismo e – al contempo – il profondo rinnovamento del patrimonio storico-ideologico anarchico, grazie a un'attenzione e sensibilità orientate verso il nuovo che si muove nella società. Interessante che Berti, andando al di là del proprio identificarsi con i primi quattro anni di “A” - quelli della fase “iniziale”, particolarmente dedicata (anche tramite articoli dello stesso Berti) anche alla riaffermazione della netta distinzione pratica e teorica tra pensiero anarchico e pensiero marxista – colga positivamente l'inizio di quel lungo processo di apertura di “A” all'ecologia, al femminismo (e all'anarco-femminismo) e in genere a tendenze e movimenti non necessariamente anarchici ma sicuramente anarco-compatibili. Avremo modo di ritornarci, in questa rubrica.
Numerosi i temi di attualità che caratterizzano questo numero. La copertina e l'articolo di apertura sono dedicati alla campagna sulla strage di Stato, seguendo le vicende giuridico-politiche del processo a Valpreda ed altri, all'epoca a Catanzaro. “A” riferisce della vasta mobilitazione degli anarchici un po' in tutta Italia, mentre numerose forze che si erano mobilitate in passato ora stentavano a riprendere la battaglia.
I due interni di copertina sono dedicati a foto di macerie e distruzioni dopo il terremoto dell'Irpinia. Francesco Codello (“Dopo il terremoto... lo Stato”) analizza il post-terremoto in Campania e sottolinea la vitalità (e la nocività) dell'intervento della Chiesa. E il Centro redazionale della provincia di Napoli analizza la realtà del capoluogo e dell'economia di vicolo, sempre dopo le scosse telluriche.
Un anarchico spagnolo, Pep Castells i Casellas, analizza la situazione socio-sindacale iberica, rifiutando qualsiasi ipotesi di prospettiva di rivoluzione “operaia” ed entrando nel dibattito “organizzativo”. Visto a distanza, un approccio “iper-critico” che non aiutava a comprendere la realtà. E questo pone la difficoltà per noi, spesso, di trovare contributi sereni ed equilibrati per cogliere la presenza anarchica e libertaria in altri Paesi.
Una stimolante intervista a Giorgio Gaber è realizzata da Luciano Lanza all'indomani – in particolare – dell'uscita della canzone “Io se fossi dio”. Titolo dell'intervista: “Io se fossi Gaber”. Una bella chiacchierata, che conferma l'originalità del suo approccio ma anche la sua profonda sensazione di impotenza: che non è mai stata la nostra.
E poi droga, cinema, ecologia e autogestione.
In chiusura un piccolo dossier dedicato a Pietro Gori (Messina 1865 / Portoferraio – Isola d'Elba 1911) una delle figure più note e influenti del movimento anarchico di lingua italiana. Ne viene pubblicata un'arringa, una delle tante nella sua professione di avvocato. E Cesare Bermani, un ricercatore (e un amico) che spesso si è occupato di storia anarchica, scrive per “A” un articolo (“Anarchia in pentagramma”) che davvero segna lo stato dell'arte dell'influenza di Gori nella storia della musica e più in generale nella storia del movimento operaio e socialista, ben al di là dei confini dell'anarchismo.
Che è un po' anche il fine della nostra rivista: una rivista anarchica, ma non per sole anarchiche e anarchici. Una rivista che sappia parlare con “gli altri” e con loro dialogare. Compito che, come lo si voglia valutare, anche questo n. 89 ha inteso realizzare. E, se proprio vogliamo dirla tutta, anche questo n. 421 che hai tra le mani. E un po' tutta la serie dei 421 numeri finora usciti.