ambiente
Il lago d'Aral
di Roberto Arciero
Un disastro tutto sovietico. La dottrina
stalinista secondo cui l'uomo poteva disporre dell'ambiente,
senza nessuna conseguenza reale, ha portato a un disastro ambientale
tra i più grossi e sconosciuti.
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Imbarcazioni poggiate sul fondo del lago d'Aral (tra Uzbekistan e Kazakistan) ormai prosciugato |
Nel 1960 il geografo russo Anuchin
pubblica la sua tesi di dottorato dal titolo Problemi Teorici
della Geografia. Sebbene le sue teorie siano tutt'oggi ancora
valide, e nonostante il fatto che in quegli anni godesse del
supporto di uno dei piu importanti geografi sovietici, Baransky,
la sua tesi non ebbe vita facile.
Nel 1961 fu respinta dalla commissione di dottorato in Scienze
Geografiche di Leningrado e l'anno seguente, di nuovo rifiutata
dai due terzi della commissione dell'Università di
Mosca. I problemi per Anuchin erano molteplici.
Non solo egli presupponeva un'unità teorica tra la
geografia economica e quella fisica, fino ad allora discipline
separate in Unione Sovietica, ma soprattutto affermava come
l'uomo avesse dovuto adattarsi all'ambiente e come quest'ultimo,
viceversa, avesse avuto un forte impatto sulle scelte umane.
Egli contestava le tesi pre-marxiste di un determinismo geografico,
proponendo una co-evoluzione dell'uomo con il proprio ambiente.
Al contempo criticava aspramente le tesi staliniste di una dicotomia
tra natura e società. Stalin, riprendendo Marx, dichiarava
quanto le leggi della natura fossero soggette a quelle dell'uomo
e quindi, ne derivava, che nei processi storici e produttivi
la natura non avesse avuto nessuna influenza sulle decisioni
umane. Per di più l'uomo, attraverso i mezzi e la tecnologia
poteva disporre e modificare l'ambiente a proprio piacimento.
Negli ultimi decenni, gli studi condotti dagli archeologi hanno
invece messo in luce come l'uomo sin dalla preistoria abbia
dovuto adattarsi al paesaggio circostante, modificandolo. Il
cambiamento ha da sempre comportato un processo di interazione
tra l'uomo e l'ambiente in cui l'uomo ha modellato il paesaggio
ma, allo stesso tempo, è stato oggetto di trasformazione
da parte di quest'ultimo. La dottrina stalinista in cui l'uomo
poteva disporre dell'ambiente senza nessuna conseguenza reale
ha portato a disastri ambientali senza precedenti nella storia
umana. È questo il caso del lago d'Aral, situato tra
l'Uzbekistan e il Kazakistan, in quelle che fino al 1991 sono
state la repubbliche Sovietiche dell'Asia Centrale. Da quarto
lago piú grande al mondo nel 1960, attualmente le acque
coprono poco più del 30% della sua estensione totale.
Questo disastro fu causato da molteplici fattori umani. Il primo
fu il faraonico progetto sovietico del canale artificiale del
Karakum. Questo enorme canale si estende nell'attuale Turkmenistan
per circa 1300 km (la distanza che separa Firenze da Berlino)
e preleva acqua da quello che era il maggiore affluente del
lago d'Aral, il fiume Amu Darya (l'antico Oxus). Il progetto
aveva un piano molto preciso. La mancanza d'acqua del delta
interno del fiume Murghab in Turkmenistan, unitamente al piano
di mettere nuovamente a coltura il delta, spinsero le autorità
sovietiche a progettare questo enorme canale. Iniziato l'anno
successivo la morte di Stalin - nel 1954 - e completato definitivamente
solo negli anni ottanta, il canale rappresenta attualmente il
piú grande corso d'acqua artificiale al mondo. Il principale
problema creatosi subito dopo la sua costruzione riguarda il
prelievo delle acque. Il canale del Karakum sottrae un quantitativo
eccessivo di metri cubi d'acqua dall'Amu Darya, molti dei quali
evaporano o si disperdono lungo il percorso a causa della poca
manutenzione degli argini. Inoltre, non si tenne conto che l'Amu
Darya era il principale affluente del lago d'Aral la cui mancanza
d'acqua, nel giro di cinquant'anni, ha portato all'enorme disastro
ambientale tuttora in atto.
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Uzbekistan - Raccolta del cotone |
Enormi problemi ambientali
Il secondo fattore umano responsabile di questo disastro furono
i piani di coltura intensiva messi a punto in Unione Sovietica
negli anni cinquanta. La regione a sud del lago, chiamata anticamente
Corasmia, doveva servire, attraverso il ripristino di antichi
e nuovi canali, alla coltivazione di diverse piantagioni tra
cui, la principale, era la pianta del cotone (Gossypium
L.). Precedentemente, la zona era stata mappata e studiata dalla
spedizione geografica ed archeologica diretta da Tolstov (chiamata
Khorezmian Expedition) che mirava allo studio e alla
scoperta dei siti archeologici della regione ma anche, e soprattutto,
allo studio degli antichi canali di irrigazione.
In pochissimi anni, i piani di coltura intensiva del Centro
Asia fecero sì che Mosca divenisse la prima esportatrice
di cotone. Il costo da pagare fu però altissimo. I sovietici,
forti di quanto appena descritto, erano convinti che l'uomo
potesse intervenire sull'ambiente senza doverne subire nessuna
conseguenza. Le autorità sovietiche pur avendo previsto
la diminuzione, o la quasi scomparsa del lago, erano convinte
di potervi coltivare il riso nell'acquitrino formatosi dal ritiro
delle acque. Purtroppo la manipolazione forzata dell'ambiente
non ha prodotto i risultati perfettamente pianificati da Mosca.
Le popolazioni che ancora abitano nell'area attorno al lago
d'Aral continuano ad affrontare enormi problemi ambientali che
difficilmente troveranno una soluzione immediata.
Quello che i sovietici non avevano previsto, o che avevano volutamente
non considerato, era l'effetto che la diminuzione delle acque
poteva avere sul fragile ecosistema dell'enorme lago. Le acque,
ritirandosi, hanno lasciato una vasta pianura salata che ha
completamente annientato la flora e la fauna. Inoltre, le sostanze
tossiche e i diserbanti utilizzati per le coltivazioni del cotone
lungo il corso dell'Amu Darya e che confluivano successivamente
nel lago, una volta ritirate le acque sono rimasti sul suolo
rendendo qualsiasi altra coltivazione impossibile. Come se non
bastasse i forti venti, sollevando sabbia ed agenti tossici,
hanno reso l'aria irrespirabile ed aumentato a dismisura i casi
di malattie respiratorie tra la popolazione. Con un ecosistema
ormai devastato, la fiorente attività di pesca del lago
ha cessato di esistere dalla metà degli anni '80, per
riprendere, in piccole zone e con l'introduzione di nuove specie
ittiche, solo recentemente.
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Il lago d'Aral nel 1989 (sinistra) e 2014 (destra) |
L'impatto dell'uomo sull'ambiente
A questo va aggiunto che le autorità delle nuove repubbliche
centro asiatiche, con una piccola eccezione del Kazakistan,
dopo la dissoluzione dell'URSS non hanno fatto nulla per recuperare
questo importantissimo ecosistema. Lo stesso ex presidente dell'Uzbekistan,
Islom Karimov, negli anni novanta ha incentivato ancora di più
le coltivazioni del cotone. Inoltre, a destare preoccupazione
è proprio quello che accade alll'interno dei campi. In
autunno il cotone viene raccolto in regime di semi-schiavitù
da donne e uomini, spesso giovanissimi, tra i 6 e 15 anni che
vengono cooptati con la forza dalle autorità uzbeke per
la raccolta.
Da anni l'agenzia Human Rights Watch denuncia il caso
come una delle più atroci violazioni dei diritti dell'uomo.
Per pochissimi euro al giorno, i giovani uzbeki sono costretti
a turni massacranti sotto il sole cocente nelle enormi distese
di cotone. Negli ultimi anni diversi sono stati i progetti idrici
per ripristinare il lago alla sua grandezza naturale (prima
degli anni '60) e bonificare la zona, ma finora tutto
è rimasto sulla carta. Intanto, quello che continua a
ripetersi è lo sfruttamento su una popolazione sempre
più inerme, debole e malata.
In conclusione, il caso del lago d'Aral è un importantissimo
esempio di come minimizzare, o peggio ancora ignorare, l'impatto
dell'uomo sull'ambiente, può avere delle conseguenze
disastrose sulle nostre vite. Tornare indietro ove possibile
si può, ma ciò comporterebbe alti costi economici
e temporali.
Chissà se le teorie di Anuchin per una geografia diversa,
boicottate e mai considerate dall'allora regime Sovietico, avrebbero
potuto salvare uno dei più importanti ecosistemi dell'Asia
Centrale.
Umberto Arciero
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