economia
Il denaro “prescrittibile”
scritti di Felice Accame, Silvano Borruso, Luca Gallesi
Una moneta che durasse per un periodo, poi scomparisse. Da usare “a tempo”, quindi non accumulabile. È stata questa, oltre un secolo fa, l'idea di Silvio Gesell, un (autodidatta) economista tedesco. Nel primo dopoguerra fu tra i ministri del governo rivoluzionario bavarese, quell'esperienza consiliare e “sovietica” che accese grandi speranze,nel solco della (di poco precedente) rivoluzione russa. Troppo breve ne fu la durata perché la si potesse (provare ad) applicare. Fu poi ripresa altrove, in piccoli contesti, per brevi periodi. In questo dossier ne ripercorriamo la curiosa vicenda.
Valori, denaro e linguaggio
di Felice Accame
Una società basata sul “denaro a
tempo” è un'ipotesi che nessun Potere a noi noto
ha mai permesso né ci permetterebbe di verificare.
Domandiamoci il perché.
1.
Considerandolo come risultato di operazioni mentali il valore
– ogni valore – “si costituisce con il porre
una cosa in un rapporto, per la sua possibilità o meno
di soddisfarlo”. Silvio Ceccato – cui si deve la
semplicissima analisi – lascia implicito, allora, che
le cose in questione devono essere almeno due – se no,
addio rapporto – e che un'operazione mentale pregressa
abbia determinato le condizioni della cosiddetta “soddisfazione”.
Se l'acqua è valore, insomma, lo è in rapporto
alla sete, per esempio, o in rapporto alla composizione chimica
del nostro organismo e questo rapporto può andare a buon
fine soltanto in base ad un sapere pregresso (quella volta che
ho bevuto acqua ho soddisfatto la mia sete; l'acqua bevuta ha
rimediato agli effetti della disidratazione).
2.
Sembrerà strano, ma, nella storia del mondo, questa consapevolezza
è rara – rarissima – e contrastata –
contrastatissima. Ha avuto più successo la tesi che sostiene
la naturalità o l'assolutezza dei valori. In un caso
o nell'altro, la loro trascendenza, perché sia quando
si è invitati ad individuarli nel “gran libro della
Natura”, come quando si è invitati più semplicemente
a ottemperare ad una Tavola delle Leggi, sempre di una mediazione
si ha necessità (lo scienziato, il guru, lo stregone,
il prete, etc.). E nel momento in cui si sostiene l'origine
trascendente dei valori – di qualsiasi valore -, va da
sé che l'individuo ne venga espropriato. Con tutte le
conseguenze sull'ordine sociale che una tale condizione comporta.
3.
Dio, Patria e famiglia, il piercing sull'ombelico, il telefono
cellulare, i gerani sul davanzale, l'oro e la Bibbia, pertanto,
possono essere considerati per il valore di cui sono investiti
– da una, da una quindicina o da una miliardata di persone.
La loro diffusione dipende sia dalla forza delle agenzie ideologiche
che dalla predisposizione di coloro che li fanno propri o, meglio,
da quel lungo e durissimo processo educativo cui l'individuo
viene sottoposto prima di acquisire quel minimo grado di autonomia
che, nella struttura sociale, potrà permettersi. Il biologo
Richard Dawkins ci ha insegnato a vedere la diffusione delle
idee in termini di infezione da virus e, in fin dei conti, l'analogia
non risulta del tutto inutile. Le agenzie ideologiche, allora,
fungono da untori.
4.
Alla Borsa dei Valori, Dio patria e famiglia hanno i loro alti
e bassi, ma quotati lo sono sempre. Come i cibi e le bevande,
anche se, in certe circostanze, il caviale vale più del
pane (o viceversa) e il Moet&Chandon vale più della
gazzosa (o viceversa). Ma si dà anche il caso di valori
che, più o meno da un giorno all'altro, non vengono più
quotati: il flogisto nella storia delle scienze fisiche, l'hula
hop, la lettera 22 dell'Olivetti e l'abitino alla marinaretta
ne sono alcuni esempi – anche se, in certi casi, cambiano
semplicemente di listino: da valori d'uso a valori di scambio,
da cose a simboli, da simboli a simboli di simboli.
Da
tutto ciò emerge come problema quello del tempo. Per
quanto si diano da fare in questo senso le agenzie ideologiche
più potenti, nulla sembra tanto valorizzato da poter
resistere per l'eternità – come ogni altra attività
umana, i processi di valorizzazione hanno una durata e questa
durata è determinata anche – e, presumibilmente,
non solo – dalla concorrenza: Dio patria e famiglia sono
stati spesso considerati complementari e, pertanto, l'uno ha
dato una mano all'altro; Cattolicesimo e relativismo, invece
– almeno a sentirne la versione cattolica –, sembrerebbero
conflittuali (che poi lo siano, visti i mutamenti di rotta nella
storia della Chiesa, è tutto da dimostrare), come la
Coca-Cola e la Pepsi o come la bistecca di manzo con la dieta
vegana.
5.
La rivoluzione proposta da Silvio Gesell parte dalla constatazione
che il denaro è, al contempo, misura del valore delle
merci e investito di valore in quanto tale nonostante che il
rapporto tra il suo valore e il materiale di cui è costituito
(l'oro, l'argento, i vari metalli, la cartamoneta – chissà
come avrebbe penato se avesse saputo della sua riduzione a virtualità
elettronica) sia sempre più labile. Contro l'accumulazione
capitalistica e contro quella che oggi possiamo riassumere nel
concetto di “speculazione finanziaria”, pertanto,
Gesell propone il denaro deteriorabile – come una merce
qualsiasi. “Lasciamo che sia danneggiato dalle tarme e
dalla ruggine”, dice, “lasciamo che appassisca,
che si corroda; e, quando muore, lasciamo che il proprietario
si accolli le spese di sepoltura o incenerimento della carcassa”.
A questo punto e soltanto a questo punto, come avrebbe voluto
Proudhon, denaro e merci saranno “perfettamente equivalenti”.
Che una società basata sul “denaro a tempo”
– un denaro che vale sempre di meno dal momento in cui
il cittadino se l'è guadagnato, un denaro che va fatto
circolare e circolare alla svelta – possa essere una società
più felice di quelle che conosciamo è un'ipotesi
– non più che un'ipotesi – ma è un'ipotesi
che nessun Potere a noi noto ci permetterebbe mai di verificare.
6.
Sia latente che esplicita, nelle formulazioni delle tesi di
Gesell è l'analogia tra circolazione del denaro nella
società e circolazione del sangue nell'organismo. Negli
anni Sessanta del secolo scorso, nel tentativo di applicare
schemi marxiani ai suoi studi sul linguaggio, Ferruccio Rossi-Landi
scrisse Il linguaggio come lavoro e come mercato
in cui in termini di quella categoria di “scambio”
che caratterizza il rapporto mercantile viene analizzata la
comunicazione umana. A Rossi-Landi ho rimproverato l'idea di
un potere “autorigenerativo” del linguaggio del
tutto autonomo dall'attività mentale che designa e, pertanto,
non ho mai potuto apprezzare le sue speculazioni sul “capitale
linguistico” e sul “plusvalore linguistico”.
Ho anche fatto notare che la prima obiezione alla sua analogia
gli proviene dallo stesso Marx che lui invoca. Infatti, “comparare
il denaro con la lingua”, dice Marx nei Grundrisse,
è “falso” – esattamente come falsa
è la comparazione tra circolazione del sangue e circolazione
del denaro: “Le idee nella lingua non vengono trasformate
in modo tale che la loro particolarità vada dissolta,
e il loro carattere sociale esista nella lingua accanto a loro,
come per i prezzi accanto alle merci. Le idee non esistono separate
dalla lingua. Le idee, in quanto devono essere tradotte dalla
loro madre lingua in una lingua straniera prima di aver corso,
in ordine a divenire scambiabili, offrono già una maggiore
analogia; l'analogia non sta allora però nella lingua,
ma nel suo esser straniera”. Tuttavia, va anche detto
che, dal momento che porre un rapporto tra due cose è
sempre possibile, un'analogia non è mai “falsa”
– può essere utile o meno, può condurre
in un vicolo cieco o ad una contraddizione (come l'analogia
tra sistema solare e struttura dell'atomo), può essere
tirata per i capelli, ma non “falsa”.
7.
Sentendomi libero analogizzante, allora, posso provarmi a riflettere
sul linguaggio in termini più o meno geselliani. L'impegno
semantico che prendiamo – il rapporto che poniamo fra
un designante e un designato -, infatti, è “a tempo”;
contratto una volta, non si può mai dire quanto dura.
Il linguaggio è drammaticamente geselliano. Un confronto
fra due dizionari della stessa lingua in epoca diversa lo testimonia
in modo inequivocabile: i significati scivolano, le parole si
metaforizzano – e, nell'uso, anche le forme della loro
espressione si modificano. Nella comunicazione, alle parole
scelte non viene riconosciuto soltanto il loro valore d'uso,
ma anche un valore di scambio (si pensi a quando qualcuno butta
lì una parola in lingua straniera o, più semplicemente,
alla funzione di una frase all'interno di un determinato contesto
– per esempio, alla funzione di far notare il potere di
qualcuno sull'interlocutore al di là del significato
esplicito e letterale di quanto effettivamente detto). Ma questi
valori hanno durata limitata – in linea di massima potremmo
dire che più aumenta il flusso di comunicazioni (che
ai giornali si aggiunga la radio, poi la televisione, poi internet
e poi i telefoni cellulari) e meno resiste il rapporto semantico
posto (e c'è anche il caso che, nel corso di una stessa
unità di conversazione la stessa parola finisca con l'essere
usata con più di un significato). Le parole subiscono
un processo inflazionistico. Rilevava già Quintiliano
che “novità e cambiamento riescono graditi nell'eloquio,
e più diletta ciò che è inatteso”,
ma occorre anche tenere ben presente che “ogni nuova creazione
sminuisce in qualche modo il valore del precedente conio”.
Come ben sa il narratore di barzellette, guai a raccontarne
una per la seconda volta allo stesso interlocutore e, come ben
sa chi vuol convincere di un'argomentazione, mai usare espressioni
che, dal tanto uso, sono ormai diventate “formule”.
Sul piano strettamente politico, i pericoli di questo stato
di cose, però, sono evidenti. La generalizzazione degli
impegni semantici implica la relazione sociale – la possibilità
di comunicare, in teorica parità, fra tutti e con tutti.
Dal parlante onesto e consapevole, ogni slittamento di significato
andrebbe dichiarato all'interlocutore, perché in caso
contrario l'asimmetria sociale che già li caratterizza
non potrebbe che aumentare. Ma questo – per tornare alla
base della mia argomentazione – non farebbe che impoverire
le alternative a disposizione di chi, invece, utilizzando il
veicolo del linguaggio, spaccia valori come qualcosa di dato,
trascendente la persona che, facendoli propri, deve comportarsi
di conseguenza.
Felice Accame
Nota
Per la definizione operativa del “valore”, cfr.
S. Ceccato, La mente vista da un cibernetico,
Eri, Torino 1972. Per il resto, cfr. S. Gesell, Il valore
del denaro, a cura di Luca Gallsi, Mimesis, Sesto San
Giovanni 2014. Cfr. F. Rossi-Landi, Il linguaggio come
lavoro e come mercato, Bompiani, Milano 1968. Cfr.
F. Accame, Il linguaggio come capro espiatorio dell'insipienza
metodologica, Odradek, Roma 2015. Per i Grundrisse
di Marx, si veda il capitolo 2, al paragrafo 14, nell'edizione
Dietz Verlag, Berlino 1974.
Da debito diffuso a debito nullo: prestidigitazione?
di Silvano Borruso
Come estinguere debiti per 600,00 euro con soli 100,00 euro. Senza trucco. Sulle tracce di Gesell.
Da un po' di tempo questa storiella circola in Rete.
Un turista appare dal nulla in una pensione sonnolenta di un paesino altrettanto sonnolento, dove i debiti non vengono pagati per mancanza cronica di contante. Dice di voler dare un'occhiata alla qualità dell'alloggio, lascia una caparra di 100 euro (due biglietti gialli da 50, che è la somma permessa nel Bel Paese nel 2016) e va ad esplorare la pensione.
Il cassiere-proprietario, in debito di 100 euro con il negozio di alimentari vicino, acchiappa i due biglietti e ne paga il gestore. Costui, ugualmente in debito per la stessa somma, si precipita dal macellaio al quale deve 100 euro ed estingue il debito. Il macellaio, che ha lo stesso debito con il veterinario fa lo stesso. Il quale si ricorda che deve la stessa somma alla “signora” residente più o meno stabilmente nella pensione, alla quale costei naturalmente deve l'affitto. E paga, depositando i 100 euro sul banco; al che ritorna il turista, si dichiara insoddisfatto della qualità dell'alloggio, acchiappa i biglietti gialli e se ne va.
Risultato: sei debiti vecchi di mesi estinti in poco più di un'ora. Chi racconta la storiella e chi la ascolta si fanno una gran risata come se si trattasse dell'ultima barzelletta.
Gesell
Il geniale inventore della storia non sembra aver sondato le profondità insospettate della sua invenzione, la quale, per chi ha letto (e capito) Gesell rivela tutto un mondo di teoria monetaria. Procediamo con ordine senza affrettarsi, così facilitando il capire questa realtà che ancora sfugge ai più da 27 secoli. Quali sono i punti da fissare permanentemente in mente?
Primo: per quell'ora in cui i due biglietti
circolavano da un utente all'altro essi avevano una funzione
portavalori nulla. A nessuno degli utenti venne in mente di
tesoreggiare una benché minima parte di quella somma
per estorcere tributo a chi la volesse in prestito. L'usura
è la grande assente dalla storiella.
Secondo: i biglietti si comportavano analogamente
a un pignone ruotante che spinge una cremagliera senza fine
rappresentante le specie di debito considerate.
Terzo: i 100 euro non li aveva emessi la BCE
a circolazione forzata, cioè con l'intenzione di farli
andare fuori corso dopo un mese dall'emissione a meno di pagare
una piccola tassa di magazzinaggio. Tutt'altro: era stata la
necessità ad accelerarne la circolazione.
Quarto: estrapolando dall'ora di circolazione
nella pensione sonnolenta, quanti beni e servizi avrebbe potuto
muovere quella stessa somma? Si calcoli: circolando tre volte
al giorno per un anno qualsiasi banconota è in condizioni
di muovere circa 1000 volte il suo valore facciale. Non lo fa
perché la sosta nelle tasche di chi la accaparra non
viene penalizzata. Quei 100 euro quindi, al ritmo di sei transazioni
giornaliere, farebbero muovere la rispettabilissima somma di
200mila euro in un anno. Quei due biglietti
gialli? Solo quei due biglietti gialli.
Quinto: Quale fu il ruolo del turista? Fu quello
del banchiere naturale, cioè che presta
contante che ha a chi ne ha bisogno ma non
ne ha. Ad essere costretto anche lui da una moneta a circolazione
forzata a sbarazzarsene prima della scadenza mensile (o bimestrale,
in ogni caso convenzionale) la barzelletta diverrebbe il modus
operandi normale di una economia fondata sul lavoro (vero,
non quello sbandierato dalla Costituzione Italiana).
L'Elefante in Stanza
Si parlava un giorno, tra amici, dei 100 euro che avevano estinto debiti per sei volte il loro valore facciale in un'ora circa, e facevo gli elogi del concetto di Freigeld a circolazione forzata di Gesell. “Ma ciò” intervenne uno, “è quel che fa il cassiere di una banca. Riceve contante e lo fa circolare da un cliente all' altro, in un giro senza fine.”
Un secondo interlocutore chiese: “Ma come può una società moderna fare a meno delle banche?”
Rimasi di sasso. Lo scenario non aveva fatto menzione alcuna
di banche, banchieri, credito e arnesi per l'uso, ma eccoti
l'elefante introdotto in stanza senza fartene accorgere: la
banca.
La banca
La banca: l'istituto che autorizza ad emettere
pezzi di carta con una cifra scrittavi su; che malchiama codesta
operazione “prestito”; che vi carica interessi indebiti;
che non permette di crearli mandando così centinaia di
piccoli imprenditori in bancarotta; che deruba i clienti di
ricchezza reale fatta servire da “garanzia” per
i “debiti”; che dichiara guerra al contante per
far deviare l'economia verso il credito così arricchendosi
a spese di chi lavora; che nasconde nel contratto clausole dirompenti
per farle esplodere al momento giusto così rovinando
chi si lascia abbindolare dal “credito facile”;
che da secoli usurpa il potere di emissione dal Governo; che
così facendo travolse l'istituto monarchico rendendo
impossibile il buon governo; che nega credito a chi produce
ricchezza ma lo irrora senza limiti a chi la distrugge in guerre
rovinose, così creando debiti inestinguibili per generazioni;
che forza lo Stato a far combutta con essa per impoverire il
popolo, e dulcis in fundo (si fa per dire) che distrugge
il denaro “restituito” per emetterne del nuovo così
ripetendo il ciclo infernale ad infinitum.
E
c'è riuscita così bene da convincere i più
(inclusi i due amici interlocutori) che la banca è un
istituto indispensabile per l'umanità invece di uno malevolo
e parassitario come descritto nel paragrafo precedente.
Ma ritorniamo alla barzelletta. Quello che descrive non è
che il modus operandi della Freigeld di Silvio
Gesell, proposta da costui sin dal 1906 e messa in opera solo
due volte: a Schwanenkirchen, Baviera, nel 1930 dal proprietario
di una miniera di carbone in bancarotta e a Wörgl, Tirolo
austriaco, nel 1932-33 dal borgomastro.
Nel 1918 Gesell aveva predetto che a meno di cambiare il sistema
monetario sarebbe scoppiata un'altra guerra in meno di 25 anni,
e così fu. La guerra l'avrebbe sventata l'adozione di
Freigeld, sola vera moneta-sangue, da parte di Mussolini
e/o Hitler, che invece tentarono di combattere con le stesse
armi usuro-democratiche, rimanendone sconfitti.
Sorvolando sulle distruzioni belliche, analizziamo quelle delle
forze della natura: il terremoto, che è di casa in Italia
da sempre. Concentriamoci su come avrebbe funzionato Freigeld
se la si fosse messa in opera in seguito al terremoto del Belice
nel 1968.
Per sanare i danni di quel terremoto, vennero “stanziati”
12 mila miliardi di lire (circa 6 miliardi
di euro), dimostratisi incapaci di completarne la ricostruzione
in 40 anni e rotti. Lo hanno impedito i sottoprodotti
dell'usura: sprechi, peculato, malversazione, incompetenza,
prurito di novità, immobilità burosaurica, cattive
leggi, pizzi, corruzione, eccetera. È deprimente che
la popolazione della Valle del Belice sia rimasta praticamente
quella che era quasi mezzo secolo fa.
Ma non è tutto. Non fu lo Stato italiano ad emettere
quei 12 mila miliardi. Fu l'elefante in stanza: la banca, con
cui lo Stato contrasse un debito che lo costringe tutt'ora a
tassare e tartassare i cittadini per pagarne gli interessi.
Cosa sarebbe successo invece con la Freigeld della barzelletta?
I Comuni dei paesi colpiti l'avrebbero emessa
a terremoto finito, in ragione, diciamo, di
1000 lire x 100mila persone = 100 milioni. Circolando 400 volte
in un anno (più realisticamente delle 2000 volte dei
100 euro della barzelletta), quei 100 milioni avrebbero finanziato
lavoro e materiali locali per 40 miliardi.
In due anni, gli stessi 100 milioni, continuando
a circolare, avrebbero finanziato 80 miliardi
di ricostruzione. Il tutto senza indebitare nessuno, e ricostruendo
gli abitati dov'erano e com'erano, invece di
farli deturpare da “furasteri” entusiasti ma su
lunghezza d'onda culturale diversa. Ogni famiglia avrebbe ricostruito
la propria abitazione secondo desideri proprî e canoni
tradizionali. E non vi sarebbe stata emigrazione.
Dalle idee alla realtà
La Freigeld, libera da debito e da interesse com'è, non prevede “fondi”, “riduzione di costi”, “analisi costi-benefici”, “risparmi di tempo”, e altri termini usurari ai quali siamo tanto abituati da non riflettere quanto siano assurdi. Il costo di un'opera viene misurato in ore di lavoro, non in unità monetarie. Qualsiasi pagamento avviene in contanti e alla consegna, senza scadenze di “fine mese”. Si risparmia esclusivamente depositando Freigeld in banca (il turista di passaggio, non l'usuraio), che la riimmette immediatamente nel circolo sanguigno dell'economia reale. E non vi si può speculare su.
Cambiando i parametri, nulla osterebbe a che si applicassero le misure suddescritte al terremoto che ha appena colpito il centro Italia.
Nulla? Non proprio. I summenzionati sottoprodotti dell'usura sono vivi e vegeti: sprechi, peculato, malversazione, incompetenza, prurito di novità, immobilità burosaurica, cattive leggi, pizzi, corruzione, eccetera.
Perché allora scrivere tutto ciò? La speranza è dura a morire, così che la possibilità di imbattersi in un sindaco con gli attributi di Michael Unterguggenberger di Wörgl o di un Herr Hebecker di Schwanenkirchen potrebbe, miracolosamente, tramutarsi in realtà.
Silvano Borruso
silvano.borruso@gmail.com
Economista autodidatta
e ministro fugace
di Luca Gallesi
Quattro anni fa è uscito presso Mimesis
nella collana “Oro e Lavoro” il volume “Il
valore del denaro” di Silvio Gesell, a cura di Luca Gallesi.
Ne riproduciamo ampia parte dell'introduzione.
Sono molti i profeti e gli utopisti che in Europa, all'inizio
del Novecento, condannano l'industrializzazione e criticano
allo stesso modo il comunismo e il capitalismo. In Germania
e nell'Impero austro-ungarico riscuotono particolare successo
i riformatori che esaltano i valori rurali, predicando il ritorno
alla terra, che deve diventare patrimonio comune del popolo.
La questione agraria diventa una priorità, e, in mezzo
a tanti visionari e qualche lunatico, emerge una personalità
brillante e concreta, che diffonde con successo le sue idee:
Silvio Gesell.
Seguace del socialismo di Proudhon e delle teorie economiche
di Henry George, diffuse in Germania da Michael Fluerscheim
e Adolf Damaschke, Gesell è un convinto fautore della
nazionalizzazione della terra, e si fa promotore di un ritorno
all'”economia naturale” all'insegna del denaro libero
in terra libera, ovvero l'eliminazione dell'interesse dal denaro
e l'affrancamento della terra dall'ipoteca. Nella sua Freiwirtschaft,
il denaro va regolato da un ente centrale che deve favorire
i produttori della nazione, eliminando l'egemonia dei gruppi
predatori che invece sfruttano a proprio vantaggio l'economia
nazionale.
Il proposito di liberare i popoli dalla “schiavitù
dell'interesse” ha origini lontane, collegandosi idealmente
alla tradizionale lotta contro l'usura che in Europa aveva caratterizzato
la Cristianità medievale, e che era diventata patrimonio
comune di numerosi riformatori moderni, a partire dai populisti
e dai bimetallisti degli Stati Uniti d'America per arrivare
ai socialisti gildisti della Gran Bretagna, realizzandosi concretamente
negli efficaci esperimenti con la moneta statale, per altro
poco conosciuti, effettuati dal governo dell'Isola di Guernsey
sin dal 1820.
Nato il 17 marzo 1862 a Sankt Vith, una cittadina vicino a Liegi,
allora in terra tedesca, Silvio Gesell è il settimo dei
nove figli di Ernesto, impiegato prussiano e protestante, e
di Jeanette Talbot, vallone e cattolica. A causa delle non floride
condizioni economiche della sua famiglia, Silvio interrompe
gli studi per iniziare quella che sarà una lunga e varia
esperienza lavorativa. Disponibile e brillante, supplisce alla
mancata carriera scolastica con un'intelligenza vivace che gli
permette, cambiando rapidamente impieghi, di raggiungere una
posizione di indipendenza lavorativa nel ramo delle esportazioni.
Nel 1887 si stabilisce in Argentina, lavora in tutto il Sud
America e si sposa, in Uruguay, con una moglie tedesca, Anna
Boettger da cui, tra il 1888 e il 1915, ha quattro figli, a
cui ne seguirà un quinto, nato in Germania da Jenny Blumenthal.
In Argentina comincia a interessarsi di economia a causa della
crisi causata dall'introduzione del gold standard negli
scambi internazionali. Il susseguirsi di deflazione e inflazione,
causate rispettivamente da scarsità di metallo prezioso
e conseguente, eccessiva abbondanza di banconote, permette di
arricchirsi rapidamente a chi, come Gesell, oltre che di intuito
è dotato anche di fortuna. Negli anni Novanta comincia
a scrivere saggi dedicati ai problemi monetari, seguendo il
filone tracciato da Proudhon; il suo primo opuscolo, intitolato
La riforma del sistema monetario come ponte verso lo stato
sociale è pubblicato a Buenos Aires nel 1891, e pochi
mesi dopo esce Nervus Rerum, opere che contengono in
nuce la tematica che svilupperà per tutta la vita, ovvero
la certezza che la soluzione della questione sociale non risiede
nella proprietà dei mezzi di produzione come crede Marx,
bensì nel ruolo contraddittorio giocato dal denaro, che
è contemporaneamente strumento di misurazione del valore
delle merci e valore in se stesso.
Nel 1919 l'anarchico Gustav Landauer
Lo stesso denaro può diventare, quindi, una merce, ma
con degli immeritati vantaggi rispetto agli altri beni: è
tesaurizzabile, al contrario della forza lavoro umana, e, mentre
produrre e trasportare le merci costa lavoro e fatica, il denaro
può essere trasportato ovunque senza sforzo e senza subire
deperimenti. In più, garantisce ai suoi possessori un
indebito privilegio, quello di poter fruttare un rendere un
interesse a prescindere dal fatto che il suo utilizzo sia indirizzato
verso attività produttive o semplicemente speculative,
oppure essere addirittura tolto dalla circolazione, interrompendo
il circolo di acquisti e vendite che rende possibile l'economia
di una nazione.
Il denaro, per Gesell, corrisponde alla circolazione sanguigna
della società; e, come l'organismo muore se il sangue
viene tolto, così, se il denaro viene immobilizzato in
attività speculative, la società viene soffocata
dal ristagno e dalla disoccupazione. Una soluzione al problema
si può trovare, secondo le parole di Gesell, nelle “banconote
che si arrugginiscono”, ovvero in una riforma organica
del denaro che, non deve più essere un corpo estraneo
alla società, ma diventarne il fulcro, prodotto, gestito
e finalizzato al bene della comunità. Il suo La Cuestion
Monetaria Argentina, pubblicato nel 1898, è stato
definito “la più concisa ed efficace esposizione
gli effetti nocivi della politica deflazionaria mai pubblicato”.
Nel 1900, Silvio Gesell può finalmente permettersi di
vivere di rendita: affida al fratello Paul la sua attività
commerciale e si ritira in Svizzera, dove compra una fattoria
e si dedica allo studio approfondito dei problemi economici.
Pochi anni dopo, nel 1907, la morte del fratello lo costringe
a ripresentarsi oltreoceano, dove si ferma fino al 1911, quando
può lasciare nuovamente l'attività in mani famigliari,
questa volta del figlio maggiore. Tornato in Europa si stabilisce
a Oranienburg – Eden, tra Berlino e Potsdam, interessandosi
ai vari movimenti di riforma agraria molto attivi a quel tempo,
avvicinandosi a Franz Oppenheimer e pubblicando, insieme con
Georg Blumenthal il giornale “Physiocrat”, dove
propone che il sostentamento delle madri di famiglia sia a carico
della comunità, grazie alla rendita delle terre agricole
nazionalizzate. Le autorità prussiane fanno chiudere
il suo giornale come “sovversivo”, e Gesell torna
in Svizzera, a Berna, dove pubblica nel 1911 la prima edizione
del suo capolavoro, Die natürliche Wirtschaftsordnung
durch Freiland und Freigeld, in attesa di quella che inaspettatamente
sarà la sua unica, breve avventura politica, nella repubblica
socialista bavarese.
Nell'aprile 1919, a guerra finita, Gustav Landauer, ebreo anarchico
e non violento, ed Ernst Niekisch, che, prima di diventare il
teorico di riferimento del nazionalbolscevismo, è Presidente
del Comitato centrale dei Consigli degli Operai, dei Contadini
e dei Soldati di Baviera, lo chiamano a ricoprire il ruolo di
Ministro delle Finanze nella Repubblica dei Consigli di Monaco.
Gesell era un autore letto e apprezzato nei circoli tedeschi
anticonformisti della Rivoluzione Conservatrice., come testimonia
il suo opuscolo Flugschrift der Freiland – Freigeld
Bewegung.
Il governo dura un paio di settimane, e, secondo la vulgata,
è spazzato via dai Corpi Franchi, che uccidono Landauer
e arrestano Gesell, poi assolto dalla magistratura che lo lascia
tornare in Svizzera a elaborare le sue teorie economiche.
In realtà la “repubblica sovietica” bavarese
proclamata da Kurt Eisner il 7 novembre 1918 dichiara la sua
lontananza dal bolscevismo e difende la proprietà privata.
Quando Eisner viene assassinato, il 21 febbraio 1919, scoppiano
disordini che incoraggiano comunisti e anarchici alla conquista
del potere. Il 6 aprile viene proclamata la Repubblica Sovietica
Bavarese, che nonostante il nome, è governata da socialisti
indipendenti come il proudhoniano Gesell, il socialista indipendente
Niekisch e da anarchici comunitari come Landauer, acerrimo avversario
del materialismo marxista, che vedeva incarnato da un inaccettabile
centralismo autoritario, e propugnava un sistema di leghe rurali
e comunitarie. L'esperimento, a cui partecipa Gesell, dura solo
6 giorni, e viene posto al termine dai comunisti comandati da
Eugen Levine, il “Lenin tedesco”. Gesell, che nei
pochi giorni a disposizione era riuscito a stampare della “moneta
prescrittibile” che non venne mai messa in circolazione
viene da loro arrestato, processato e amnistiato o assolto.
Solo dopo, il 3 maggio, quando le Guardie Rosse hanno cominciato
a giustiziare prigionieri contro-rivoluzionari, i Freikorps
conquistano Monaco e rovesciano il governo comunista della seconda
Repubblica dei Consigli. È di quel periodo la conoscenza
di Gesell con un altro intellettuale anticonformista, Rudolf
Steiner, che era in predicato di diventare Ministro delle Finanze
del Wuerttenberg.
L'incontro di Gesell con la politica concreta è dunque
traumatico e di breve durata, anche se lascia anche in Germania
un'eredità importante. Werner Sombart, in un contributo
al volume collettaneo che inaugura la collana della Scuola di
scienze corporative dell'Università di Pisa, La crisi
del capitalismo, intitolato “Correnti sociali della
Germania di oggi”, cita tra i gruppi che vivacizzano l'ambiente
politico tedesco prima dell'avvento del nazionalsocialismo,
i teorici del “freies Geld”, raccolti carismaticamente
attorno a Silvio Gesell, che nel frattempo aveva continuato
a criticare la Repubblica di Weimar in nome di un'economia di
mercato vera, ossia senza capitalismo. La sua proposta di una
patrimoniale molto consistente prendeva di mira il latifondo
e il grande capitale, che facevano ricadere sulla popolazione
il costo delle riparazioni dei danni di guerra. La politica
inflazionistica adottata dai numerosi e deboli governi repubblicani
colpiva le classi medie e basse, a favore dei ricchi possidenti.
Nel 1924, il mercante-filantropo torna per qualche mese in Argentina,
per rientrare definitivamente in Europa, dove, a Oranienburg-Eden
muore di polmonite l'11 marzo 1930, lasciando un'eredità
ideale che ha interessato alcuni tra i più importanti
economisti del secolo scorso e che non si è ancora esaurita,
e anche una testimonianza materiale, cioè la città
argentina di Villa Gesell, splendida cittadina turistica fondata
dal figlio di Silvio, Carlos.
Uno “strano” profeta?
Lord John Maynard Keynes, nei quasi quaranta volumi delle sue opere complete, non cita mai Proudhon, che pure apprezzava e da cui trasse ispirazione; menziona invece più volte, nella sua Teoria generale dell'occupazione, dell'interesse e della moneta, Silvio Gesell, che del socialismo anti-marxista di Proudhon era un appassionato estimatore. Nella prima, curiosa citazione, Keynes parla, del “problema della domanda effettiva”, che “poté soltanto sopravvivere nel mondo sotterraneo di Karl Marx, di Silvio Gesell e del Maggiore Douglas”, accomunando due economisti quantomeno originali e sicuramente eterodossi con il teorico del comunismo, che è indiscutibilmente un classico, difficilmente confinabile in un “mondo sotterraneo” in compagnia di sconosciuti. All'economista bavarese, argentino d'adozione, Keynes torna nel libro VI, dedicandogli, nel capitolo 23, l'intero paragrafo VI, che inizia qualificando Gesell come uno “strano e immeritatamente trascurato profeta, la cui opera contiene sprazzi di profonda penetrazione e che soltanto per poco ha mancato di giungere al nocciolo dell'argomento”. Keynes in qualche modo si scusa per non aver colto immediatamente il merito di Gesell, accomunandolo ai molti fanatici allora in circolazione, e “siccome è probabile che pochi fra i lettori di questo libro siano a conoscenza del significato dell'opera di Gesell, gli concederò uno spazio che sarebbe altrimenti sproporzionato”. Seguono alcune note bio-bibliografiche non sempre precise, da cui emerge il ritratto di un Gesell autodidatta, che si è dedicato allo studio della moneta come strumento di riforma sociale, e che, “attirando a sé il fervore semi-religioso che una volta si era accentrato attorno a Henry George, divenne il profeta riverito di un culto con molte migliaia di discepoli in tutto il mondo”. L'accostamento al carismatico riformatore Henry George non è casuale: per esempio, l'edizione americana del 1936 di The Natural Economic Order, che riprende la traduzione di Philip Pye del 1929, è dedicata “Alla memoria di Mosè-Spartaco Henry George e di tutti coloro che hanno combattuto per creare un'adeguata base economica per la pace e la buona volontà tra gli uomini e le nazioni”. È questa, anche, l'edizione consultata da Frank Lloyd Wright, che nella sua Autobiografia cita con gratitudine Gesell, le cui idee traspaiono in molte sue opere, e alle quali fu introdotto a San Antonio.
Nonostante il fervore para-religioso dei suoi seguaci, secondo Lord Keynes: “il libro principale di Gesell è scritto in linguaggio freddo e scientifico (...). In complesso lo scopo del libro può definirsi l'instaurazione di un socialismo anti-marxista, una reazione al laissez-faire costruita su fondamenti teorici totalmente diversi da quelli di Marx poiché basati sul ripudio, invece che sull'accettazione, delle ipotesi classiche, e sulla liberazione della concorrenza da ogni vincolo, invece che sull'abolizione della concorrenza”.
Quei piccoli (e pochi) tentativi
Per giungere, infine, ad affermare quello che, successivamente,
molti suoi critici gli rimprovereranno:
“Ritengo che l'avvenire avrà più da imparare
dallo spirito di Gesell che da quello del Marx. La prefazione
a The Natural Economic Order indicherà al lettore,
se vorrà leggerla, la classe morale di Gesell. Io penso
che la risposta al marxismo debba trovarsi seguendo le linee
di questa prefazione”.
Una
delle idee principali di Gesell, o, comunque, quella che più
è stata discussa, criticata e, qualche volta, messa in
pratica riguarda il cosiddetto Schwungeld, in inglese
Stamp scrip, cioè il “denaro prescrittibile”
o, secondo i traduttori della Teoria keynesiana, la “moneta
stampigliata”.
Tra i problemi affrontati dall'economista autodidatta troviamo
innanzitutto la tesaurizzazione del denaro non per fini produttivi
ma esclusivamente a scopo speculativo. Tale sottrazione dal
mercato della moneta, in altre parole, dello strumento indispensabile
per il funzionamento del mercato stesso, può causare
delle difficoltà effettive nella circolazione reale delle
merci. Come, curiosamente, nello stesso tempo si era accorto
anche un altro economista eretico, Francesco Avigliano, che,
tra l'altro, negli anni Venti del secolo scorso aveva pure anticipato
l'idea della moneta prescrittibile:
“L'idea di risparmio, sorta da reali e sante disposizioni
dello spirito alla parsimonia e alla previdenza, è diventata
strumento supremamente ingannevole, perché si ammanta
della più bella delle virtù umane, per giustificare
fenomeni di arricchimenti che col risparmio non hanno nulla
a che vedere”.
Sono molte e sorprendenti le similitudini tra le idee del nostro
Avigliano e le teorie gesellite: nella dedica al suo L'enigma
sociale, Francesco Avigliano critica l'idea di ricchezza
intesa come abbondanza di denaro e di accumulazione di titoli,
con un paragone efficace e fulminante:
“Di certo, tutti i titoli del mondo (la nuova ricchezza
finanziaria della plutocrazia) non varrebbero a produrre un
solo chicco di grano, se questo chicco non esistesse già.
Gli è che, come la strada e il viandante sono bensì
gli elementi necessari all'azione del transitare ma non sono
sufficienti senza il beneplacito del prepotente che impone la
taglia, così oramai la esistenza nel mercato dei coefficienti
naturali di produzione continua bensì a essere necessaria
per poter produrre, ma non è più sufficiente senza
il beneplacito dell'artificio del capitalismo finanziario.
Come, cioè, senza pagare la taglia al prepotente,
il viandante non può transitare, così, senza la
possibilità di poter assicurare un super-guadagno
all'artificio del capitale finanziario, i coefficienti naturali
di produzione non possono produrre e si sperperano nel mercato”.
La moneta prescrittibile, o stampigliata che dir si voglia,
aveva colpito la mente di Avigliano quando l'aveva incontrata
in uno scritto di Achille Loria, “che dava notizia di
un avvenimento strano verificatosi in questo dopo guerra, cioè
che essendosi in un paese, se non erro, della Czeco-slovacchia,
proceduto alla “stampigliatura” dei biglietti monetari,
questo livellamento aureo della moneta cartacea non commosse
il mercato con i suoi prezzi”. Il curatore di questa edizione
di Avigliano ha rintracciato la fonte in Achille Loria, Le
peripezie monetarie della guerra. Lezioni tenute all'Università
Commerciale Luigi Bocconi aprile 1919, Milano, Fratelli
Treves Editori, 1920, dove si legge, alle pagine 97-98:
“In ogni caso però è assolutamente necessario
di obbligare i possessori di moneta delle regioni liberate a
farla immediatamente stampigliare e di limitare il cambio, al
pari fissato, alla moneta stampigliata; poiché in caso
diverso i cittadini dello Stato vinto, la cui moneta ha fin
dapprima, o scende bentosto ad un valore minore di quello delle
regioni liberate, la spediscono a queste per lucrare il pari
più alto”.
Di Avigliano e di Gesell, in Italia, si accorge, negli Anni
Trenta, Odon Por, un giornalista e scrittore ungherese con un
passato di sindacalista vicino al socialismo gildista, che A.R.Orage
aveva fondato prima della Grande guerra attorno alla sua rivista
“The New Age”. (...)
I tentativi di adottare moneta prescrittibile, dopo quello fallito
della Repubblica dei Consigli di Monaco, riguardano tutti l'Europa
centrale: uno in Baviera, a Schwanenkirchen e un altro in a
Wörgl, in Tirolo, che è stato molto discusso per
il suo successo, bruscamente interrotto da un intervento della
Reichsbank. Nel 1932, la cittadina aveva poco più
di 4000 abitanti, compreso vecchi, donne e bambini, di cui 1500
erano disoccupati per la chiusura di alcune fabbriche. Le tasse
non venivano pagate, i lavori pubblici non potevano essere effettuati
e il Comune era sull'orlo del fallimento. Invece di strangolarsi
accendendo prestiti –come oggi, purtroppo, sta accadendo
con il suicida ricorso ai derivati- le autorità decidero
di stampare moneta prescrittibile dopo aver avuto l'assicurazione
preventiva che sarebbe stata accettata da operai e commercianti.
Furono stampati 32.000 scellini, con biglietti da 1, 5 e 10
con una griglia sul retro.
Ogni biglietto completo di bolli o “marchette di rivalutazione”
applicate mensilmente veniva riscattato dal Municipio alla fine
dell'anno, e le emissioni erano regolate dai bisogni reali,
tenuti costantemente monitorati dalle autorità cittadine
che all'uopo predisponevano tabelle appositamente aggiornate.
Il deprezzamento periodico della moneta ne causò la rapida
circolazione, e sembra che l'emissione originaria risultasse
addirittura eccessiva, dato che solo una parte dell'emissione
fu tenuta in circolazione attraverso remissioni, mentre il resto
rimase nelle casse cittadine. Il potere d'acquisto della nuova
moneta rimase alla pari con lo scellino austriaco, e tutti gli
impiegati della città, a partire dal Sindaco, ricevevano
una parte del loro stipendio in questa moneta, prima il 50%,
e poi il 75%, mentre gli operai assunti dal Comune venivano
pagati col 100% di moneta nuova, che veniva accettata da tutti
gli esercizi del paese.
Le tasse poterono finalmente essere pagate, e una Cassa Comunale
d'Emissione, appositamente costituita, poteva ricevere sotto
forma di risparmio il nuovo denaro, che non era più necessario
affrancare, e che veniva rimesso in circolazione dal Comune,
rendendo impossibile la sua tesaurizzazione. La Tesoreria municipale
veniva così ad essere arricchita dalla moneta legale
che gli arrivava dalle imposte federali rimesse dallo Stato,
dalla ritenuta del 2% sul cambio o riscatto in moneta legale
della moneta nuova, dagli interessi del denaro dato in prestito
fuori dal territorio comunale e dalla tassa mensile dell'1%
prelevata su ogni scellino di moneta nuova.
La moneta legale di proprietà comunale serviva come copertura
al 100% della moneta nuova, che aveva riacceso i motori dell'economia
cittadina e incuriosito i paesi vicini che cominciavano ad accettare
la moneta di Wörgl, che era uno dei pochi comuni dal bilancio
attivo in piena crisi economica. L'esperimento ebbe tale successo
che la Banca Centrale si allarmò e fecero cessare d'autorità
l'esperimento il 10 settembre 1933.
La riscoperta di Gesell
L'idea del denaro prescrittibile attira, in Italia, l'attenzione di un altro straniero naturalizzato italiano, l'inglese James Barnes, che, in un suo pamphlet pubblicato verso la fine dell'ultima guerra, Giustizia sociale attraverso la riforma monetaria, dedica un intero capitolo, il VI, al “Denaro prescrittibile”, dove, in termini semplici e chiari, descrive come funzionerebbe praticamente l'applicazione delle marche da bollo, e quali sarebbero i benefici di un tale sistema.
Innanzitutto, sostiene Barnes, lo Stato guadagnerebbe un cospicuo reddito senza gravare troppo sul contribuente, poi, incoraggerebbe il risparmio in forme non legate al denaro contante, che verrebbe invece usato solo per la trattazione degli affari, aumentando la produzione, e infine, stimolerebbe la velocità dei pagamenti, con un possibile effetto di rincaro dei prezzi, misura controbilanciabile dalle Autorità con adeguate nuove emissioni. (...)
Dopo una lunga pausa, oggi l'eredità ideale di Gesell viene nuovamente presa in considerazione e apprezzata a livello internazionale, purtroppo a causa della grande crisi che colpisce tutto il mondo globalizzato. Una edizione scientifica delle sue opere complete in 18 volumi è stata pubblicata una decina di anni fa a cura di Werner Onken e il recente aggravarsi della situazione economica mondiale rende sempre più attuali le parole di Keynes, che di Gesell apprezzava l'esser parte di “coloro che, seguendo le loro intuizioni, hanno preferito vedere oscuramente e imperfettamente la verità piuttosto che persistere in un errore, ch'era stato raggiunto bensì con chiarezza e coerenza e facile logica, ma su ipotesi inadatte ai fatti”.
Chissà se, a quasi ottant'anni da queste parole, la verità vista da Gesell non sia più tanto oscura né imperfetta.
Da allora sono molte le traduzioni in molte lingue, di cui la maggior parte è disponibile liberamente su Internet.
Luca Gallesi
gallesi.luca@gmail.com
Questo testo è costituito dalla quasi totalità della prefazione al volume di Silvio Gesell, “Il valore del denaro”, a cura di Luca Gallesi (Mimesis, Milano 2014). Ringraziamo l'autore e l'editore per la disponibilità.
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