Un
bel gabbiano, con apertura alare... campeggia in copertina di
“A” 91 (febbraio 1981), che apre
il secondo decennio di “A”. E nei due interni di
copertina alcune foto del terremoto dell'Irpinia e la scritta
“dopo il terremoto, lo stato”: due scritti, all'interno
– rispettivamente di Francesco Codello e del centro redazionale
della provincia di Napoli – riferiscono delle consuete
vicende italiche dopo questi cataclismi, come sempre aggravate
dall'incuria del territorio in generale. E dall'ottusa burocrazia.
Niente di nuovo.
Le prime sei pagine del numero sono dedicate alla strage di
piazza Fontana, in seguito a una serie di vicende giudiziarie
e giornalistiche che l'avevano riportata all'ordine del giorno.
Il piccolo dossier in merito sottolinea la perdurante attualità
politica della vicenda di oltre dieci anni prima e dei suoi
successivi sviluppi politico-giudiziari.
Nel solco della particolare attenzione dedicata alla Spagna,
da pochi anni uscita dal quarantennio franchista, l'anarchico
spagnolo Pep Castells y Casellas firma una corrispondenza sulla
situazione politica in generale e in particolare sull'impegno
e le difficoltà degli anarchici e degli anarco-sindacalisti.
Nico Berti, nel suo saggio “Dieci anni di A-pensiero”,
analizza il ruolo della rivista “alla luce dello sforzo
teorico di aggiornamento del patrimonio storico-ideologico”,
riferendosi soprattutto ai primi anni (quelli in formato “giornalone”).
Luciano Lanza intervista Giorgio Gaber dopo il suo spettacolo
“Polli d'allevamento” e in particolare la canzone
“Io se fossi dio” (l'intervista si intitola “Io
se fossi Gaber”), di cui vengono riprodotti ampi stralci.
Una bella occasione di confronto con una delle menti più
critiche e sarcastiche della sinistra, da molti criticata per
la superficialità e l'auto-referenzialità di un
simile approccio. L'intervista ragiona anche su questo e fornisce
comunque numerosi spunti di riflessione.
“L'ago in testa”, di Gabriele Roveda (allora redattore
di “A”) analizza il problema delle tossicodipendenze.
Sempre di condizione giovanile si occupa una recensione cinematografica
di Massimo La Torre, a partire da un film dei fratelli Taviani.
E poi cronache di attività “storiche” del
movimento anarchico, un ricordo di Pietro Gori a Piombino, iniziative
sul 50° anniversario della morte di Malatesta previste per
l'anno successivo (1982) ad Ancona e a Napoli. E poi il bilancio
di un anno di attività di tre anarchici residenti a Milano,
in relazione alla loro regolare presenza settimanale di vendita
della stampa anarchica alla tradizionale fiera settimanale (milanese)
di Sinigaglia: considerazioni umane e politiche. Significative
e originali.
Ecologia e autogestione, due tematiche allora emergenti, affrontate
nel loro intreccio in un saggio dell'intellettuale anarchico
francese Yvon Bourdet, tradotto dalla rivista Autogestions.
È, questa delle traduzioni da pubblicazioni non in italiano,
una pratica molto frequente sulle colonne di “A”,
soprattutto (ma non solo) in quegli anni.
Oltre a qualche breve segnalazione editoriale, varie informazioni
sulla vita di “A”, ecc., chiude il numero un dossier
sul (prima citato) Pietro Gori, di sicuro l'anarchico più
cantato d'Italia: una biografia, un suo testo ma soprattutto
ci piace segnalare un'esaustiva scheda dell'etnomusicologo Cesare
Bermani, sempre attento al canto anarchico, che ricostruisce
il ruolo e l'importanza della poetica e dei canti goriani nella
storia del movimento operaio e socialista, ben oltre gli ambiti
anarchici. Amato da tanti militanti socialisti e comunisti,
disprezzato da Antonio Gramsci e da altri dirigenti comunisti.
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