antifascismo
Macchè all'armi, siam antifascisti
scritti di Giuseppe Ciarallo, Andrea Papi, Mimmo Pucciarelli
Abbiamo chiesto a tre compagni di scrivere qualcosa sulla nuova ripresa del neofascismo in salsa nazionalista e “sociale”. Un'esigenza comune, che condividiamo, pare essere quella di non cadere nella trappola della violenza, il loro terreno preferito, opponendo loro la nostra diversità anarchica, basata sulla costruzione di una nuova socialità più che sull'eliminazione fisica degli avversari e degli spazi di libertà. Dibattiamone, riflettendo sui modi più efficaci per essere antifa oggi. E sempre.
Per un antifascismo del terzo millennio
di Giuseppe Ciarallo
Checché ne dicano le istituzioni, la virulenza fascista è tutt'altro che alle spalle. Basta la cronaca delle ultime azioni dei camerati. E dell'atteggiamento delle autorità democratiche.
Secondo i principi della “notiziabilità” (orrendo termine mutuato dall'inglese “newsworthiness”), concetto usato in sociologia della comunicazione ma anche in ambito giornalistico e massmediologico, un evento deve avere determinate caratteristiche per ottenere la dignità di essere trasformato in notizia. Si racconta che nelle scuole di giornalismo old style, oltre alla magica formula delle cinque W (Who: chi? What: che cosa? When: quando? Where: dove? Why: perché?) si insegnasse anche che “un cane che morde un uomo non fa notizia, mentre un uomo che morde un cane è uno scoop sensazionale”.
Deve essere per questo motivo che l'aggressione subita tempo fa a Palermo da un militante di Forza Nuova (che per le modalità con le quali è avvenuta sembra più una vendetta in ambito “delinquenza comune” che un'imboscata di origine politica) abbia destato un grande scalpore e un'eco così forte, a dispetto delle innumerevoli azioni squadristiche perpetrate negli ultimi mesi da militanti di organizzazioni neofasciste. Di seguito mi limito a riportare solo le più eclatanti.
8 novembre 2017: Roberto Spada a Ostia sferra una testata in pieno volto al giornalista RAI Daniele Piervincenzi, reo di aver fatto una domanda circa i rapporti tra il clan malavitoso Spada e Casa Pound;
29 novembre 2017: un manipolo di skinhead di estrema destra fanno irruzione, interrompendo una riunione per leggere un delirante volantino, in un centro di accoglienza migranti a Como;
6 dicembre 2017: blitz di militanti di Forza Nuova davanti alla sede del quotidiano Repubblica, con lancio di fumogeni e petardi, per protestare contro la pubblicazione di reportage sull'universo dell'estrema destra nel nostro Paese;
15 gennaio 2018: Genova, giovane antifascista viene accoltellato nei pressi della sede di Casa Pound;
3 febbraio 2018: Macerata, 28enne neofascista (per paura di non essere immediatamente riconoscibile come tale si è fatto tatuare sulla fronte il “dente di lupo” simbolo di Terza Posizione) a bordo di un'auto spara una trentina di colpi di pistola all'impazzata contro alcuni giovani migranti, ferendone sei;
20 febbraio 2018: Perugia, durante un attacchinaggio due militanti di Potere al Popolo vengono accerchiati da squadristi di Casa Pound. Uno dei due viene accoltellato, l'altro viene colpito alla testa;
23 febbraio 2018: Brescia, un commando irrompe all'interno del centro sociale Magazzino 47, devasta la libreria, raggruppa alcuni libri al centro di una stanza e servendosi di taniche di benzina appicca il fuoco.
Bene, il ministro dell'Interno Marco Minniti (ex FGCI, PCI, PDS, L'Ulivo, Democratici di Sinistra, PD prima di e con Renzi), quello che vanta la diminuzione degli sbarchi di migranti sulle nostre coste grazie all'azione incisiva del governo (leggasi accordi con le istituzioni libiche per la costruzione di veri e propri lager ove i disperati che fuggono da guerre, fame e miseria subiscono le peggiori torture – e i cui responsabili meriterebbero di essere accusati di “crimini contro l'umanità”), il nostro ministro, dicevo, ha dichiarato che “il fascismo è morto per sempre”.
Ma la cosa non è nuova in quest'annacquatissima sinistra che di sinistra non ha più niente, ed evidentemente Minniti è totalmente in sintonia con l'antesignano del “scurdammece ‘o passato”, quel Luciano Violante, ex presidente della Camera, che durante il suo discorso d'insediamento, in un impeto di pacificazione nazionale ebbe il coraggio di mettere sullo stesso piano le ragioni dei partigiani e quelle dei “ragazzi di Salò”, che dei tedeschi erano alleati e cani da guardia e che si macchiarono di vere e proprie carneficine, definendoli “giovani animati di estremo amore per la Patria”).
Il fascismo è morto per sempre, dunque. Se così fosse non si spiega questo rifiorire di iniziative (aperture di sedi di partiti dell'estrema destra che dichiaratamente si richiamano al fascismo quando non addirittura al nazismo, convegni, comizi), questa massiccia partecipazione sui social alla ricerca di adepti nella fascia meno acculturata della società (così come in molte curve ultrà del tifo calcistico), questa oramai palese esibizione – senza neppure il timore di incorrere nelle sanzioni previste dalla legge – di simboli, parole d'ordine e saluti fascisti.
A questa inspiegabile tolleranza fa da contrappeso la violenza con cui le forze dell'ordine reprimono sempre più spesso le iniziative poste in essere dalla componente antifascista del Paese per impedire agibilità politica a coloro che per la loro scelta ideologica, per il loro inneggiare a Mussolini e alla sua dittatura, si sono posti al di fuori delle dinamiche che regolano la vita di una democrazia.
Ora, non è abbastanza chiaro – o forse lo è fin troppo – se l'ostinata negazione della pericolosità di questo rigurgito di fascismo in Italia sia da addebitare solo a superficialità e scarsa capacità di leggere la Storia e imparare dal passato – nel 1922 in molti sottovalutarono derubricandole a folklore le azioni squadristiche delle camicie nere – da parte di uomini cardine delle nostre istituzioni, oppure se essi stiano preparando, per scelta strategica, il ritorno in campo di quella “teoria degli opposti estremismi” che negli anni '70 fruttò enormi consensi a coloro che si presentarono allora come i paladini del ristabilimento dell'ordine.
Concludo con una considerazione semplice, ai limiti del banale. Se oggi ci sono giovani e meno giovani che si definiscono “fascisti del terzo millennio”, e come l'ideologia alla quale si rifanno, sono violenti, xenofobi, omofobi, razzisti, in tutta evidenza non è ancora arrivato il momento di mandare in pensione la pratica dell'antifascismo, ma di attualizzarla rendendola incisiva per le sfide che ci attendono. In pratica, serve un antifascismo del terzo millennio.
Giuseppe Ciarallo
Resistenza al fascismo di ritorno
di Andrea Papi
Non ha mai smesso di esserci. Ma la ripresa del neofascismo (Forza Nuova, CasaPound, ecc.) pone all'antifascismo il difficile compito di reagire senza scendere sul loro terreno, esclusivamente fisico e violento.
Leggendo del pestaggio di Massimo Ursino, responsabile provinciale di Forza Nuova, perpetrato intorno alle 19 di martedì 20 febbraio in una centrale via di Palermo, sono rimasto colpito dalle modalità e dal rituale con cui è stato aggredito e malmenato. Secondo la cronaca dei giornali sarebbe stato accerchiato e preso da almeno sei persone le quali, dopo averlo legato mani e piedi con nastro adesivo da imballaggio, lo hanno pestato. Tra gli aggressori, vestiti di nero e coi volti coperti da sciarpe, una ragazza ha ripreso il tutto con un cellulare per poi proporre la scena su Youtube. Modalità assimilabili ai vari squadrismi che la storia ci ha fatto conoscere.
Nella stessa serata, sempre riportato dai quotidiani, una rivendicazione anonima, oltre ad annunciare praticamente l'avvio di una guerra fisica al risorgente fascismo, ha sfidato in modo plateale il militantismo di estrema destra. I suoi estensori, fra l'altro, hanno dichiarato che non hanno timore di lottare “per bloccarlo e schiacciarlo, a partire da questi protagonisti del forzanovismo, guerrieri a parole, violenti nelle immagini che evocano forse, ma incapaci di proteggere la propria incolumità e di conquistare qualsiasi forma di potere politico.” Parole che mi suonano un po' ambigue, perché sembrano quasi rimproverare i forzanovisti di non essere fascisti all'altezza, violenti solo a parole e incapaci di difendersi e di prendere il potere. Trattandosi di antifascisti, che dovrebbero perciò rifarsi a un sistema valoriare antitetico al fascismo, mi suona strano che si pongano su un piano che appare “machista”, quasi equivalente a quello di coloro che vogliono combattere, addirittura criticandoli perché li giudicano troppo “mollicci” o giù di lì.
Guardando il personaggio Ursino si capisce però il motivo di quanto successo: nel 2011 fu arrestato per un'aggressione razzista del 2009 a danno di cinque ragazzi pakistani, che furono aggrediti da un gruppo di 15 persone armate di bastoni; inoltre è stato uno dei protagonisti delle “ronde” sugli autobus di Palermo, le note “passeggiate per la sicurezza” organizzate a suo tempo da Forza Nuova. Sul piano dell'esperienza personale questa volta ha provato direttamente cosa possa significare essere aggrediti e uscire malconci, situazione da lui finora solo procurata ad altri. Potrebbe essere visto come una specie di contrappasso dantesco.
Rigurgito fascista e squadrista
Siccome il mio sguardo si colloca consapevolmente sul versante dell'antifascismo e della resistenza, ciò che m'interessa veramente è riflettere sul significato politico dell'azione e sul significato del gesto. La prima domanda che mi pongo allora è se ha senso, da un punto di vista resistente e libertario, rispondere allo squadrismo con lo squadrismo. Si riesce a contrastare la guerra facendo a nostra volta la guerra? Si riesce ad avversare la violenza prepotente usando altrettanta violenza? Sono tutte questioni complesse e di soluzione non scontata. Lo squadrismo è un metodo che scaturisce da logiche fasciste ed è “naturalmente” coerente solo con queste. È perciò illogico e contraddittorio anche solo supporre di poterlo usare per porsi su un piano di rifiuto del fascismo. Se si usano metodi squadristi non si può che diventarne involontariamente emuli, anche se ideologicamente ci si colloca dall'altra parte. È superficiale e pericoloso pensare di poter essere antifascisti soltanto dichiarandosi tali e combattere i fascisti con metodi, mentalità e tipologia di azioni equivalenti alle loro.
Ma il problema è complesso e per affrontarlo non ci si può limitare a ciò che finora ho riportato. Stiamo vivendo una fase incalzante di rigurgito fascista e squadrista da parte di frange militanti dell'estrema destra, che in diverse occasioni han dimostrato di voler menare le mani e intimidire. Un ritorno, anche nostalgico, mai veramente sopito e che sta montando da qualche decennio con un progressivo aumento di virulenza, con una vera e propria impennata negli ultimi tempi. In questo momento, fra l'altro, sembra trovare un terreno favorevole perché diversi strati della popolazione, soprattutto deboli ed emarginati, si sentono afflitti da pulsioni e sentimenti xenofobi. La paura di essere invasi da forze e genti straniere alimenta deliri collettivi che richiedono “l'uomo forte”, la “mano ferma”, il rispetto “prima di tutto degli italiani”. In questo guazzabuglio confuso ed incazzato, branchi decisi di convinte camicie nere di ritorno trovano il loro humus naturale e rialzano la testa.
Risposte ferme e decise, anche violente
A questa tendenza montante è giusto opporsi e resistere. Non sarebbe sbagliato, per esempio, organizzarsi in strutture di difesa aperte a tutti coloro che pensano sia giusto attivarle. Il problema è trovare i modi efficaci e coerenti che siano in grado, da una parte di porre un argine forte e adeguato a questa canea crescente, dall'altra di lanciare messaggi di lotta e opposizione la cui qualità sia in grado di trasmettere atteggiamenti di liberazione, libertà e solidarietà sociale, opposti a quelli della sopraffazione prepotente dell'estrema destra.
Ma sarebbe oltremodo sbagliato supporre di poter sconfiggere e metter da parte il fascismo attraverso risposte di mera contrapposizione militare. Risposte ferme e decise, anche violente se risultano efficaci, è giusto darle purché non abbiano l'aria di scimmiottare i loro metodi, soprattutto per far comprendere loro che non si possono illudere di agire indisturbati e impuniti. Ma non ci si può accontentare di questo.
Se ci si limita a impedire e immobilizzare gli squadristi si lascia intatto il terreno che permette loro di trovar forza e coesione. Bisogna agire nel sociale portando testimonianza ed esperienza di un altro modo di vivere socialmente, offrendo alternative, modi d'essere e qualità della condivisione solidale. Se si inizia ad aiutarsi l'un l'altro, scambiandosi esperienze e soluzioni, si può cominciare a comprendere quanto sia importante non dover, né voler, dipendere da qualcuno più potente, da autorità che s'impongono, da mafiosi che ricattano, da prepotenti che ti sottomettono. Il fascismo si sconfigge soprattutto con la condivisione e la solidarietà sociali, quello che non tanto tempo fa chiamavamo “mutuo appoggio”.
C'è un altro aspetto della questione su cui mi sembra importante fare un po' di chiarezza. Qual è il senso delle manifestazioni, che inevitabilmente si riducono a scontri con le forze di polizia senza in genere ottenere risultati veri, per impedire che organizzazioni come Forza Nuova e CasaPound facciano comizi, conferenze, aprano sedi, ecc.? C'è qualcosa di non chiarito a monte di questa questione ed io mi chiedo, senza riuscire ad avere una risposta convincente, se sia giusto fare i censori e voler vietare che si esprimano. Non sta a noi porre un divieto di parola. Gli anarchici non dovrebbero impedire di parlare per principio. Il problema non sta nel fatto che parlino. Il problema è che sono fascisti e vogliono esercitare la loro supremazia dittatoriale. Anche se riuscissimo a non farli parlare non riusciremmo a impedire la loro esistenza e il loro manifestarsi.
Andrea Papi
www.libertandreapapi.it
Fuori il fascismo dai nostri quartieri!
di Mimmo Pucciarelli
Anche in Francia i fascisti rialzano la testa, aprono nuove sedi, aggrediscono. Come reagire? A Lione, per esempio....
Qui a Lione, come in tantissime città europee, da diversi anni non solo tanti votano per i partiti dell'estrema destra, ma si aprono anche dei locali di attivisti che cercano di “conquistare una parte del territorio” e il consenso di giovani “ribelli”. L'ultimo, qui, si chiama Bastion social. I militanti-e che sono all'origine dell'apertura di questo nuovo locale tra le altre cose si sono ispirati alle attività “sociali e politiche” dei gruppi che si ritrovano nel movimento di CasaPound con i quali hanno intrecciato delle relazioni amichevoli incontrandosi a Roma o qui in Francia.
Da diverso tempo esiste un collettivo che osserva e denuncia le attività dei gruppi neofascisti e neonazisti. Ultimamente sta organizzando un'intensa campagna per far chiudere il Bastion social.
Oltre a diverse manifestazioni antifasciste, ho partecipato qualche settimana fa a una riunione su questo tema che si è tenuto nei locali municipali della prima circoscrizione di Lione, quella che corrisponde al quartiere della Croix-rousse dove vivo e che è conosciuto per essere un quartiere “alternativo”, o se volete piuttosto di sinistra.
Durante la riunione alla quale assistevano una sessantina di persone, per la maggior parte giovani, i relatori ci hanno spiegato come questi neofascisti e neonazisti si stanno organizzando, dimostrando i legami che hanno con le altre iniziative similari in altre regioni francesi, ma anche, come ho già detto, con l'Italia e altri paesi europei tra i quali la Grecia, e naturalmente hanno denunciato le loro teorie e pratiche violente, cosi come la necessità di non lasciar loro nessuno spazio “nei nostri quartieri”.
Alla fine della riunione gli organizzatori ci hanno chiesto di firmare una petizione per far chiudere il suddetto locale e di partecipare alla manifestazione del 3 marzo.
Ma quelle parole non ho avuto il coraggio...
Prima di andarmene avrei voluto dire qualcosa, ma non l'ho detto. Ecco cosa avrei detto: cari compagni e compagne, apprezzo il vostro impegno, la volontà e le energie che mettete a disposizione di una causa che ci accomuna. Ma io credo che per “sradicare” il fascismo e il nazismo, i fascisti-e e i nazisti-e, non basta impedire che non aprano una sede. Forse bisognerebbe far capire alla gente, le persone che incontriamo tutti i giorni nei “nostri quartieri”, che dobbiamo lavorare insieme – sia le persone che hanno a cuore la democrazia sia quelle che sono spinte verso ideali “rivoluzionari” che puntano all'emancipazione sociale. In altre parole avrei detto che dovremmo impegnarci quotidianamente nei “nostri quartieri” affinché si creino degli spazi e delle attività rivolte a vivere insieme senza violenza, o perlomeno far in modo che essa diminuisca sempre di più.
È da essa che mi sembra nascano il fascismo e il nazismo: violenza contro gli stranieri, contro i subalterni, contro tutte le persone che non accettano la sopraffazione, contro le donne, i bambini e le bambine, le persone anziane, coloro che pensano e vivono la sessualità secondo i propri desideri, violenza contro la cultura della libertà e della partecipazione, ecc.
Ma queste parole me le sono tenute dentro, forse perché non ho avuto il coraggio di dirle, o perché non era il momento?
Mimmo Pucciarelli
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