rivista anarchica
anno 48 n. 425
maggio 2018





Lo smartphone invisibile

Una normale mattinata in metropolitana. Come sempre negli orari di punta, i vagoni erano sovraffollati di passeggeri indifferenti l'uno all'altro, concentrati sull'oggetto dei loro desideri che, una volta acquistato, aveva generato il boomerang della dipendenza. Era un'umanità che procedeva a testa bassa, non per spirito ribelle, ma per guardare senza tregua il display del telefonino con il suo corredo di chat e contatti social. Solo pochi facevano eccezione. Tra questi un uomo ancora giovane, sulla trentina, abbigliato alla moda, in apparenza normale, ma con un tratto decisamente eccentrico. Era seduto e aveva lo sguardo abbassato sul palmo aperto della mano sinistra, mentre con l'indice della destra svirgolava l'aria come a imprimere scritte e dare comandi su una tastiera invisibile.
Accanto a lui sedeva un altro uomo, la cui capigliatura brizzolata tradiva l'insorgere della mezza età. Era chino sul suo smartphone, ma non appena sollevò la testa notò quello strampalato individuo e lo fissò con un misto di incredulità e paura. O era pazzo o voleva prendersi gioco di lui. In ogni caso, decise il brizzolato, era meglio stare alla larga da tipi così. Si scostò lentamente e fece per alzarsi, ma proprio quando la via di fuga sembrava aperta, l'altro gli si rivolse in modo affabile.
<Scusi, forse l'ho spaventata...>
<Che cosa... ehm... dice a me?>
<Non c'è motivo di avere paura. Le assicuro che non sono pazzo...>
<Ma io non ho detto niente...>
<È per via del telefonino vero? Lei non lo può vedere per il semplice fatto che è un modello all'avanguardia tecnologica. Questo è il primo esemplare di smartphone invisibile. Centocinquanta funzioni compattate, un microfono a bottoncino per le conversazioni, due lenti a contatto amichevoli per la visualizzazione dei dati... >
Nel parlare agitava le mani sotto gli occhi del vicino, sempre più inquieto e confuso: <Sì, sì, capisco... > disse quello prima di scomparire tra la gente accalcata sul vagone.
<Ma dove va? Dove va? Ah... la diffidenza ormai ci impedisce di guardare le cose belle della vita... > sospirò con aria scanzonata l'uomo, come di fronte a un pubblico immaginario. Poi ruotò l'attenzione di 180 gradi e iniziò a parlare con la giovane donna che stava alla sua sinistra. Una bella ragazza dai capelli neri a caschetto che non sembrava essere stata turbata fino a quel momento dalla situazione, tanto era concentrata sul suo display.
<Permette?> le disse. <Vorrei farle vedere le potenzialità di questo smartphone invisibile. Vede? Se io passo l'indice sull'impalpabile tastiera con super touch incorporato...>
La donna lo guardò spaventata. Mossa dal presagio di avere accanto un folle imbottito di tritolo, si alzò di scatto e approfittò della sosta del convoglio per scendere di corsa, lasciandosi dietro la borsetta.
<Guardi che si è dimenticata questa...> gridò l'uomo agitando la borsa. Ma le porte si erano già richiuse e il treno era ripartito. Fu a quel punto che la maggior parte dei presenti alzò gli occhi e prese contatto con la realtà del vagone.
<Aiuto, ha una bomba!!!> urlò un'anziana, e il suo richiamo fu sufficiente a scatenare la ressa. Gente calpestata, spintonata, ridotta a sgomitare per ricavarsi un'impossibile uscita. Era uno dei modelli meno recenti di metropolitana, con i vagoni non comunicanti. Così le persone si sentirono in trappola e si schiacciarono contro porte e finestrini, sperando di guadagnare il tempo sufficiente per la fermata successiva.
Come un imbonitore del futuro, quell'uomo dal comportamento così inquietante lasciò la borsetta su un sedile e ricominciò a decantare i benefici del suo prodotto immaginario, muovendo nel vuoto i polpastrelli che simulavano i gesti quotidiani del popolo connesso. La gente lo osservava con occhi sbarrati, posando talvolta lo sguardo sulla borsetta abbandonata, e quando il convoglio iniziò a rallentare la smania di uscire crebbe.
<Garibaldi! Fermata Garibaldi!> sentenziò la voce prefabbricata dell'annunciatrice. <Vi ricordiamo che questa fermata è sponsorizzata da Poppy, il mondo in una ciotola. Per il vostro cane un marchio di qualità...>
Indifferenti alla pubblicità, molti passeggeri puntarono verso le porte aperte, ma chi tentava di uscire dal vagone veniva risospinto dentro dalla pressione di quanti entravano.
Il treno ripartì. Furono altri momenti di panico, poi gradualmente le paure si affievolirono. L'uomo si limitava a digitare nell'aria e sul palmo della mano le sue astruse e innocue traiettorie. Sembrava comporre figure e cifre che stavano solo nella sua mente, impalpabili e misteriose. Parole sfuggenti, significati eterei, quasi inconsistenti. Una volta rientrato l'allarme, la gente si dispose a semicerchio intorno a lui, badando però a mantenersi a distanza di sicurezza.
<Vedete?> disse. <Non c'è nulla da temere. Tra qualche settimana avrete tutti questo gioiellino di tecnologia. Lo smartphone invisibile, dotato di simulatore acrobatico in 3D, ci avvicinerà ancora di più ai contatti preferiti. Basta solo strisciare il polpastrello sul display immateriale collegato ai visori di sistema incorporati nelle lenti virtuali e... oplà: le nostre connessioni saranno ancora più ricche e articolate. Volete provare?>
Nessuno rispose. Cessato l'allarme, restava il senso di insicurezza per quel tizio che continuava a parlare in modo strano e ad agitare le dita sopra il palmo della mano, come brandisse davvero un telefono inesistente. Sembrava un pazzo patentato che con il suo codice dell'irrilevanza stava sovvertendo il copione di una normale mattinata in metropolitana.
Tutti avevano ormai distolto lo sguardo dai loro smartphone, quasi fossero cimeli del passato, e tutti, ora, lo osservavano muti, tradendo la paura di chi si guarda allo specchio dopo una notte insonne. Finché, dopo tre fermate, un signore distinto in completo nero ruppe il silenzio con la domanda che i più avevano tenuto in sospeso: <Dica, ma quanto costa quell'aggeggio?>

Paolo Pasi