La parola mancante
Il ragazzo camminava sulla spiaggia quando notò la ragazza
che mangiava un gelato in riva al mare. Era accucciata su un
asciugamano, come infreddolita. Fu colpito dall'abbinamento
cromatico del cono che teneva in mano: il colore rosso sanguigno
faceva da contrappunto al giallo intenso che aveva sfumature
arancioni.
<Scusami, ma che razza di gusti sono?> le chiese un po'
sfacciatamente.
<Mango e lampone> rispose lei senza distogliere lo sguardo
dall'orizzonte.
<Mah...saranno anche esotici e buoni.... Per conto mio preferisco
i gusti cremosi. Che so? Pistacchio e cioccolato... quelli sì
che danno soddisfazione>
<Io
evito il latte e i suoi derivati. È una scelta di alimentazione>
<Tipo un'allergia?>
<Tipo...> annuì lei con un sorriso.
Lui ci pensò sopra, poi le chiese a bruciapelo: <Almeno
il caffè puoi berlo?>
<Certo, mi piace molto>
<Allora te ne offro uno>
Il ragazzo indicò il piccolo bar sulla spiaggia. Era
semideserto nonostante fosse ormai tardo pomeriggio. La giornata,
del resto, non era delle migliori. Il sole di giugno faticava
a fare breccia tra le nuvole, e l'umidità appassiva il
vigore dei suoi raggi.
Si sedettero a un tavolo esterno del bar e ordinarono due caffè.
<Mi porti anche un bacio di dama> disse il ragazzo al
cameriere.
Poi, rivolgendosi alla ragazza, aggiunse: <Tanto tu non puoi
mangiarlo, vero?>
<Esistono anche le eccezioni> rispose lei un po' piccata.
<Ma non preoccuparti. Ordino un cioccolatino fondente. Lo
abbino sempre al caffè>
<...come vuoi>
Alle parole adesso era subentrata una strana forma di reticenza.
Più che imbarazzo o timidezza, era la paura di esporsi,
di scoprire troppo presto le carte. Il ragazzo non sapeva chi
avesse di fronte, e lo stesso valeva per la ragazza. Era carina,
certo, ed era bello il contrasto tra il verde dei suoi occhi
e il viola del vestito. Ma temeva i rischi che sempre si accompagnano
a un incontro.
<Più conosciamo una persona, più arriviamo
a scoprire cose che non avevamo previsto nella nostra idealizzazione,
e che spesso non ci piacciono> disse rompendo il silenzio.
<È una possibilità> disse la ragazza. <Ma
perché mi dici questo?>
<Ha a che vedere con il mistero... quando cala, ci riconsegna
alla realtà> disse enigmatico.
<Continuo a non capire... Senti, forse è meglio che
me ne vada>
<No, aspetta>
Il sole era ormai scomparso dal cielo senza neppure regalare
l'illusione di un tramonto. Le tazzine vuote sembravano il segno
di una resa. I due ragazzi, adesso, non parlavano più.
Si limitavano a rimuginare a testa bassa i propri pensieri.
Poi il ragazzo riprese voce.
<Ho letto un libro strano, recentemente. S'intitola La
parola mancante. Parla di un uomo che accetta per scommessa
di scrivere un racconto che contenga una lista di parole scelte
dallo sfidante. Trenta in tutto per una lunghezza massima di
quattro pagine in trenta minuti. L'uomo è uno scrittore,
ed è talmente sicuro di sé da riderci sopra. È
una scommessa già vinta pensa. Man mano che procede
con la stesura, però, capisce di aver sottovalutato la
prova. Nelle prime tre pagine ha usato solo venti parole. Deve
farcene stare altre dieci nell'ultima parte della storia. A
fatica, piegando la trama e allungando il finale, riesce a sfoltire
la lista. Sette, sei, cinque... finché arriva a un'unica
parola mancante. Ha solo una riga a disposizione, quella che
chiuderà il racconto...>
La ragazza lo guardava stranita. Non le era facile seguire il
filo di quel discorso, eppure voleva ascoltarne il seguito.
<L'uomo> proseguì il ragazzo <comincia ad agitarsi,
scalpita, si dispera. Mancano solo due minuti e non trova la
collocazione giusta per quell'ultima, dannata parola. Un minuto
e mezzo. Un minuto. È un conto alla rovescia che moltiplica
l'ansia. Perché non gli hanno messo nella lista parole
degne di un gran finale? Amore, libertà, coraggio...
perfino principe azzurro. Tutto sarebbe meglio. Che se ne fa
di quell'unica parola mancante, difficile da piazzare come una
banconota strappata? Così il tempo scade, e lui finisce
per perdere la scommessa...>
<Che storia assurda...> commentò lei.
<Te l'avevo detto che è un libro strano>
<Mi resta la curiosità di sapere qual è la
parola mancante>
<Ah già... Raviolo>
<Raviolo?> ripeté la ragazza cominciando a ridere.
<Capisci che è un gran casino finire un racconto con
un raviolo, a meno di considerarlo come un indigeribile soprannome
tra innamorati. A questa stregua preferisco un racconto incompiuto>
disse lui.
<Certo che sei un tipo eccentrico...> disse la ragazza.
<Perché mi hai raccontato tutta questa storia?>
<Non so. Forse solo perché mi è venuta fame.
Qui vicino c'è un ristorante cinese. Ti va se ci andiamo
a cena?>
Paolo Pasi
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