Un
gigantesco murales sulla gigantesca fiancata di un palazzo
berlinese campeggia nella copertina di “A” 97 (dicembre
1981/gennaio 1982). All'interno corrisponde un resoconto di
4 dense pagine, scritto da Pierre Lipschutz e Ina L'Orange,
che entra bene nel merito dei movimenti radicali e alternativi
di una Berlino Ovest che per quasi altri 8 anni resterà
tagliata in due dal muro.
Ben quattro articoli sono scritti e variamente firmati da Gabriele
Roveda (nome de plume Palluntius): uno antimilitarista,
uno sull'anniversario dell'assassinio in questura di Giuseppe
Pinelli, uno sul lavoro e l'ultimo in morte di Georges Brassens.
Quest'ultimo cercammo – prima – di farlo scrivere
a Fabrizio De André, che proprio dalla traduzione di
alcune canzoni del poeta anarchico francese aveva preso le mosse.
Ma Fabrizio, da noi contattato, disse che non se la sentiva.
Forse per la stessa ragione per cui non aveva mai voluto andare
in Francia per conoscerlo. Temeva – disse – che
la conoscenza diretta avrebbe tolto qualcosa alla sua stima.
Morale, pubblicammo il più che dignitoso scritto del
nostro (allora) prolifico redattore.
Il numero si apre con il dossier “Quale pacifismo?”
con vari interventi. Franco Melandri pone la questione della
necessaria continuità della vasta mobilitazione popolare
degli ultimi mesi per la pace; Paolo Finzi denuncia il silenzio
dei pacifisti di fronte all'uso di armi chimiche da parte dell'Armata
Rossa in Afghanistan e sottolinea l'inaccettabile doppiopesismo
rispetto alle passate campagne contro l'uso del napalm in Vietnam
da parte degli USA. Una dettagliata cronaca di processi svoltisi
in vari tribunali militari dà conto della varietà
delle forme concrete di opposizione al servizio militare e anche
a quello civile e delle conseguenti repressioni giudiziarie.
“Stalin a San Vittore” è un articolo di critica
al comportamento dei brigatisti rossi nelle carceri e in particolare
in quello milanese. Tre detenuti accusati di terrorismo fanno
uno sciopero della fame, chiedono migliori condizioni, ecc.
Ed ecco che dai puri e duri della lotta armata parte la scomunica,
il “se ne vadano”, perché chi non sta alle
regole della direzione strategica è un traditore e via
discorrendo. Una logica autoritaria, verticistica, insensibile
alle diverse esigenze e modalità individuali. Siamo in
pieno e rivendicato stalinismo. Stalin a San Vittore, appunto.
Del sociale si occupa Luciano Lanza con un interessante analisi
(“Oltre la fabbrica”) della condizione operaia e
delle nuove strade che stanno di fronte all'anarco-sindacalismo.
E il Gruppo di studio “Vai mo'”, palesemente napoletano,
che si occupa dell'emergenza sociale nel capoluogo campano.
Maria Teresa Romiti – che per tutti gli anni '80 è
stata un'originale e mai banale autrice, oltre che una redattrice
– si interroga “A che serve un convegno?”
e fornisce riflessioni approfondite e nuove domande. Altra questione
sempiterna è quella del linguaggio in generale e in particolare
di quello di “A”: troppo difficile, intellettualistico,
non banalizzabile, oppure... “La trappola del linguaggio”
si intitola lo scritto dell'ergastolano Gianfranco Bertoli.
Undici pagine occupa un bel dossier sul lavoro (“Lavoro:
la necessaria schiavitù”), composto da numerosi
scritti brevi e di interviste, con anche una bella breve testimonianza
di Pio Turroni, muratore anarchico di Cesena, antifascista,
accorso in Spagna nel '36 e una delle nostre figure di riferimento
etico. Quando, nei primi anni '50 dello scorso secolo, nella
sua zona la crisi economica gli aveva offerto la sola possibilità
di costruire delle chiese, non ci aveva pensato due volte e
si era trasferito in Svizzera per costruire case.
Chiudono il numero uno scritto sul “fenomeno” Bukowsky,
due recensioni, quattro lettere, i soliti comunicati con le
sottoscrizioni, la ricerca di nuovi diffusori, le annate rilegate
in vendita, i nuovi punti-vendita, ecc.
In quarta di copertina, la foto di un operaio in corteo, con
baffi, fischietto e un bel tamburello rimanda al dossier sul
lavoro e anche all'articolo su classe operaia e prospettive
dell'anarco-sindacalismo.
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