Nativi digitali
Individui nati insieme alle tecnologie digitali. Il termine vorrebbe individuare una generazione di persone a loro agio con queste tecnologie, in opposizione alle generazioni precedenti, definite immigrati digitali. Diffusa in ambito sociologico e giornalistico, la locuzione non ha valore scientifico dal punto di vista neuro-cognitivo.
Una questione di testa e di abitudini
I nativi digitali non esistono nel senso che persone nate insieme alla Tv (anni Quaranta del XX secolo) possono diventare abilissimi smanettoni, impegnarsi in relazioni interpersonali mediate dai dispositivi digitali, trovare più interessanti e coinvolgenti le realtà multimediali interconnesse rispetto alla quotidianità disconnessa. Ovvero presentare tutte le caratteristiche qualitative e quantitative di uso e abuso dei media digitali riconosciute come peculiari dei cosiddetti nativi.
Tutti gli esseri umani dotati di un cervello possono diventare nativi digitali perché il cervello è estremamente plastico e si modifica molto rapidamente nell'apprendimento di procedure, tanto più se gamificate. Questo non significa affatto che queste persone siano in grado di comprendere, analizzare, modificare e insegnare i meccanismi procedurali che ripetono! La presunta differenza generazionale fra nativi e immigranti digitali si basa sulla confusione fra diverse tipologie di apprendimento e memoria, in particolare fra memoria procedurale e memoria dichiarativa.
Ergonomia cognitiva
Grazie ai supporti digitali possiamo abbassare il nostro carico
cognitivo e, per esempio, delegare il compito di ricordare tutti
i numeri della nostra rubrica. Il lavoro che dobbiamo compiere
viene svolto dalla rubrica, che funziona attraverso regole precise.
Un aiuto indispensabile. Non abbiamo seguito nessun corso per
imparare a consultare la rubrica cartacea. E nemmeno quella
del nostro telefono, o della gestione dei contatti su una piattaforma
social. Forse abbiamo dovuto chiedere a qualcuno più
smanettone di noi, probabilmente non sappiamo esattamente come
funziona, però l'importante è che arriviamo all'obiettivo.
Per far questo, dovremo compiere una serie di azioni ripetitive,
ovvero ripercorrere una procedura. Seguiamo le tracce manifeste
nell'interfaccia della procedura algoritmica pensata da altri
per noi. La procedura coincide con i passi dell'algoritmo sottostante.
L'organizzazione
del nostro sistema cognitivo si basa principalmente sulle facoltà
intuitive e sul ragionamento.
Affidandoci all'intuizione, non facciamo altro che interpretare
un contesto attraverso schemi mentali che fanno già parte
del nostro bagaglio mnemonico inconscio. Lo sforzo cognitivo
e computazionale è minimo, dal momento che non dobbiamo
pensare a quello che stiamo facendo. Agiamo in maniera automatica.
Il ragionamento invece richiede uno sforzo cognitivo notevole,
dobbiamo soffermarci su un problema, fare ipotesi, seguire una
sequenzialità che impone un ritmo lento e un pieno coinvolgimento.
L'intuizione ci permette di agire e di usare uno strumento senza
essere in grado di spiegarne il funzionamento, mentre il ragionamento
può renderci in grado di spiegare esattamente come funziona
qualcosa senza essere in grado di usarlo.
Una virtuosa del violino può non avere idea di come funzioni
la propria muscolatura, ma sa usarla alla perfezione. Viceversa,
possiamo essere in grado di descrivere teoricamente i passaggi
per guidare un trattore leggendo un manuale, senza essere in
grado di guidarlo in pratica.
Memoria dichiarativa e memoria procedurale
La memoria dichiarativa (sapere che, sapere qualcosa) è distinta dalla memoria procedurale (sapere come). Tutte le attività che svolgiamo in modo automatico coinvolgono la memoria procedurale. Quando agiamo intuitivamente ci rifacciamo a procedure che abbiamo appreso in passato, simulando la strategia che ci sembra più adeguata per portare a buon fine il compito che dobbiamo svolgere. Non abbiamo bisogno di pensare: è una questione di ecologia delle risorse, non si sprecano preziose energie computazionali per pensare a come si guida una bicicletta se l'abbiamo già imparato. Se non c'è nessuna corrispondenza con le nostre esperienze pregresse, dobbiamo rifarci al ragionamento e analizzare le condizioni ambientali prima di agire: si è bucata una gomma, proviamo a smontarla e a ripararla... niente da fare, dobbiamo chiedere aiuto, oppure ingegnarci altrimenti, creare una procedura inedita.
Nella stragrande maggioranza dei casi, usare in maniera continuativa un medium digitale, come un'interfaccia Web, vuol dire apprendere progressivamente a usarla in maniera automatica. Se poi le interfacce stesse sono progettate per essere il più possibile intuitive e semplici da usare, si capisce come, attraverso la creazione di schemi mentali, si può dire che le usiamo “senza pensare”. Se cambiamo modello di cellulare e usiamo la stessa applicazione, ci basta identificare l'icona dell'applicazione per poterla usare in maniera automatica, scrivendo senza nemmeno guardare il tastierino.
Una volta addestrata, la mente è in grado di creare delle simulazioni interne precedenti all'azione che stiamo per compiere: la capacità intuitiva (se ci limitiamo al punto di vista cognitivo) è quindi la capacità di simulare una procedura nota e agirla in maniera automatica. L'automatismo coincide con l'esecuzione della procedura. Da cui derivano la gran parte degli apparenti equivoci sui benefici per l'apprendimento derivanti dall'uso di dispositivi digitali, e sulle presunte differenze cognitive tra nativi digitali e immigranti digitali.
Per esempio, smartphone e tablet vengono usati nella riabilitazione di patologie neuro-degenerative come la demenza semantica, sfruttando il fatto che la memoria procedurale è l'unico tipo di memoria a rimanere intatto. I pazienti sono in grado di apprendere parecchie funzioni e di farne un uso quotidiano appropriato nonostante non siano in grado di ricordare nozioni semplici.
Memoria dichiarativa e memoria procedurale sono entrambe necessarie per interagire con il mondo. Entrambe: ridurre gli organismi umani a pura memoria procedurale significa privarli della capacità di immaginare nuove modalità di interazione. Viceversa, limitarsi al solo ambito della memoria dichiarativa significa costringerli a domandarsi il perché di ogni cosa, senza poter mai lasciarsi andare, senza possibilità di fidarsi delle proprie competenze ed esperienze pregresse.
Non esistono immigranti e nativi digitali, ma solo organismi umani impegnati nel difficile ed esaltante compito di confrontarsi con organismi non umani, le macchine, con le quali condividiamo l'orizzonte del pianeta su cui viviamo.
Ippolita
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