rivista anarchica
anno 49 n. 431
febbraio 2019





Dimmi come va a finire

Proprio così, bianchi terrorizzati: gli zombie dalla pelle bruna sono a 1000 miglia dal confine sud. Vengono per curarvi il giardino, lavarvi le automobili, coltivare i campi, imballare la carne, crescere i vostri figli, lavarvi i pavimenti, pulirvi gli uffici, pagare le tasse.
(Post sul tema della “carovana dei migranti”, 23 ottobre 2018)

I primi sintomi d'estate avevano appena cominciato a raddolcire le giornate che sono apparsi i bambini dalla pelle bruna a riportare l'inverno nei cuori. Li abbiamo visti tutti, come in un incubo: piccoli, imprigionati in gabbie metalliche erette dentro un grande deposito senza finestre, terrorizzati da adulti in divisa di cui non capivano la lingua.
Quando ci siamo risvegliati, sudati, smarriti, i bambini non c'erano più, scomparsi dagli schermi e dai pensieri. La vita poteva andare avanti, le vacanze erano alle porte. Ma, almeno per qualche giorno, un'ondata di indignazione aveva attraversato il paese. Questa non è la nostra America, avevano tuonato semplici cittadini e celebrità, non siamo noi, non è il paese che conosciamo, la crudeltà non è il nostro mestiere. Invece era proprio l'America di sempre, ma coi riflettori accesi e il mondo a guardare: lo ha ricordato in un post, senza mezzi termini, il regista Michael Moore, invitando i suoi concittadini a scendere in strada per combattere l'ennesima ingiustizia.1
La novità dell'attuale presidenza, però, non sono le gabbie per migranti, che venivano utilizzate già ai tempi di Obama e forse ancor prima. Nuova è la Tolleranza zero voluta da Trump, la sospensione di fatto del diritto umanitario, l'introduzione della pratica crudele di separare i figli dai genitori. In autunno le immagini dei bambini prigionieri erano già un ricordo sbiadito, ma qualche giornalista in gamba le ha rispolverate quando un folle nazista ha fatto strage di innocenti in una sinagoga di Pittsburg2. Di fronte a quell'assurda carneficina, in un ottobre drammatico, segnato da altre sanguinose sparatorie, ci si è chiesti chi fosse il vero nemico degli americani. Questo paese è sempre a caccia di un nemico, sembra non possa esistere senza una minaccia incombente da combattere: nemici sono i latinos che attraversano illegalmente la frontiera sud eludendo muri e pattuglie. Il nemico si nasconde sotto un velo, veste una tunica, indossa un turbante. Il nemico è un incubo ricorrente che distrae dalle nefandezze della politica, dai lutti delle guerre, dalle lobby delle armi che dissanguano il bilancio federale e dai lupi di Wall Street, che costruiscono formidabili ricchezze sulla pelle della povera gente. Il nemico è sempre altro e diverso, ma le stragi nelle scuole, nelle chiese e nei centri commerciali sono quasi sempre opera di cittadini americani dalla pelle bianca, armati fino ai denti, spesso fascisti, qualche volta ex militari con la testa ancora piena degli incubi del fronte3.

New York, Spanish Harlem - Una rappresentazione di Afro Samurai, in realtà
un personaggio dei Manga giapponesi che ha raggiunto una vasta popolarità

15.000 soldati pronti a far fuoco

In autunno, durante la campagna per le elezioni di “midterm”, è apparsa all'orizzonte della frontiera meridionale la carovana dei migranti: migliaia di centroamericani in fuga da violenza e povertà, in cammino verso la Terra Promessa. Una manna dal cielo per i manager della comunicazione elettorale. La folla di straccioni in viaggio verso nord è finita al centro dell'agone politico, diventando il nuovo incubo dell'americano medio. Dai palchi i candidati paladini della protezione dei sacri confini elencavano i fantasiosi nemici che, a loro dire, si erano infiltrati nella carovana: membri delle gang criminali che infestano l'America Centrale, terroristi mediorientali, persino persone contagiate dalla rabbia che venivano per infettarci. È stata costruita così l'immagine di migranti-zombie da film horror. Per accogliere uomini, donne e bambini sfiniti da una lunga marcia il presidente non ha promesso medici, mediatori culturali ed esperti sul diritto d'asilo ma quindicimila soldati4 pronti a far fuoco al primo lancio di pietre.
Mentre le prime truppe raggiungevano il confine, coi tartari ancora lontani e invisibili nel deserto, il nemico, quello vero, colpiva qui ogni giorno: negli USA qualcuno resta vittima di un'arma da fuoco ogni quindici minuti, ma per distrarci da questo terrore, che potrebbe colpirci ad ogni angolo di strada, si diffonde la paura per la povera gente in fuga da Honduras, Guatemala ed El Salvador: il maledetto triangolo nord centroamericano.
Il confine col Messico corre lungo tremila chilometri dalla California al Texas e, nel corso della storia, è stato sempre piuttosto aperto, varcato ogni giorno da frontalieri e migranti più o meno regolari ma, con la firma, nel 1993, degli accordi di libero scambio, che hanno distrutto le economie centroamericane, gli arrivi da sud si sono intensificati. L'allora presidente Clinton lo aveva previsto: il famigerato muro di Trump lo aveva già cominciato a far costruire lui, in previsione di tale impatto.
Pochi ricordano oggi l'estate 2014, quando migliaia di minori non accompagnati si accalcarono improvvisamente alla frontiera. Nessuno lo aveva previsto e fu subito emergenza umanitaria. Molti americani si mobilitarono allora per la solidarietà, ma molti di più risposero con allarmate manifestazioni di protesta, chiedendo mano dura contro i piccoli migranti. I notiziari lanciarono titoli apocalittici, paragonando la crisi ad una piaga biblica, un'invasione di locuste messicane, contribuendo al panico generale che parve attraversare il paese. Nel libro Dimmi come va a finire, in cui racconta la sua storia di interprete volontaria presso il Tribunale Federale dell'Immigrazione di New York durante quella crisi, la scrittrice messicana Valeria Luiselli5 ricorda come, all'epoca, solo pochi provarono a calarsi nei panni di quei bambini, chiedendosi cosa li avesse spinti ad abbandonare case e famiglie per affrontare un viaggio pieno di pericoli verso un paese sconosciuto. È come se la frontiera fra le due nazioni rappresentasse un confine non solo fisico ma anche psicologico: quei bambini non ci appartengono, si disse la maggioranza, la loro disperazione non è un problema nostro, ricacciamoli da dove sono venuti.

Un murale su una casa abbandonata. Si vedono una donna con il terzo occhio
in mezzo alla fronte, simbolo di saggezza e conoscenza e un pezzo della
bandiera portoricana, largamente presente nel quartiere in varie forme

Le gravi responsabilità degli Stati Uniti

Penso che analizzare il linguaggio delle istituzioni sia utile per capire la psicologia di massa di una nazione e non credo sia un caso che la burocrazia americana usi il termine “alieno” per indicare lo straniero che si trovi, legalmente o meno, sul territorio nazionale; o che chiami “deportazioni” le espulsioni e “ritorno volontario” il respingimento in frontiera che un qualsiasi agente di polizia può eseguire, se si forma la convinzione6 che il migrante non sia a rischio di persecuzioni nel paese di provenienza.
È difficile capire cosa passi per la testa della gente quando migliaia di ragazzini poveri e soli arrivano, dopo aver subito abusi e violenze di ogni genere e, per tutta risposta, i miliardari texani, anziché offrire i loro ranch sterminati per accoglierli, mettono a disposizione i loro jet privati per riportarli indietro. Servirebbe un onesto studio della cultura della frontiera americana, per capire cosa spinga gruppi di normali cittadini ad organizzarsi in posse7 per andare nei deserti del New Mexico a caccia di migranti da abbattere senza pietà, per lasciare poi i cadaveri alla mercé dei predatori sotto il sole implacabile.8
Quando scoppiò la crisi dei bambini, nel 2014, l'allora presidente Obama si affrettò a stipulare accordi con il presidente messicano, finanziando il programma Frontera Sud, destinato ad arginare il flusso dal centroamerica a partire dal confine meridionale messicano. Il Messico è diventato così il gendarme degli Stati Uniti nella lotta all'emigrazione clandestina: una situazione che ricorda molto da vicino gli accordi dell'Italia con la Libia.
Ma nel triangolo nord imperversano i cartelli della droga, le donne sono vittime di continue violenze, i bambini vengono arruolati a forza dalle gang criminali che si contendono il territorio, la polizia è complice e la gente, disperata, continua a scappare verso nord. Visto dal balcone nordamericano, il problema sembra essere esclusivamente di quei paesi. È diffusa la convinzione che a sud del Rio Grande finisca la civiltà e cominci la barbarie. Ben pochi sembrano essere consapevoli di quanto gravi siano le responsabilità degli Stati Uniti in questa crisi umanitaria. In tutti quei paesi gli USA hanno impedito qualsiasi tentativo di riforma, imponendo decenni di feroci dittature favorevoli ai loro interessi; ne hanno impoverito le economie con le monoculture, le multinazionali e gli accordi di libero scambio; hanno rovinato gli agricoltori locali inondando i mercati di prodotti statunitensi sovvenzionati. L'industria bellica made in USA ottiene lucrosi profitti da un traffico di armi diretto a sud, mentre gli Stati Uniti sono il terminale della droga che viaggia verso nord. Quei profughi sono, in sostanza, il prodotto delle politiche del gigante nordamericano.

Il teschio in varie forme è un elemento molto presente
nelle rappresentazioni murali, specie a Portorico

Corrente di crescente crudeltà

Passate le elezioni di midterm le carovane dei migranti sono scomparse dal discorso politico, come quei miraggi che si dissolvono quando il sole cambia inclinazione. Ma quando le prime avanguardie della marcia degli zombie sono arrivate in frontiera, alla fine dell'autunno, Trump ha tuonato che quei criminali non sarebbero entrati e l'esercito ha lanciato i primi lacrimogeni contro donne e bambini che, secondo gli esperti, hanno quasi certamente diritto di asilo.
Dei bambini in gabbia nessuno ha più parlato, ma la questione resta una ferita sanguinante: all'inizio dell'inverno i minori stranieri detenuti erano ormai più di 14.000, alcuni dei quali sistemati in tendopoli di fortuna. Fra questi vi sono almeno 2500 bambini sottratti alle famiglie in estate. A distanza di mesi dal loro arresto le autorità hanno ammesso di non avere tenuto traccia di spostamenti ed espulsioni e di non essere più in grado di rintracciare i genitori. Le separazioni in frontiera si sono così trasformate in veri e propri rapimenti, ma nessuna legge metterà sotto processo i sequestratori. Lisa Fortuna, direttrice del servizio di psichiatria infantile a Boston, ha denunciato la situazione nei centri di detenzione minorile definendoli “una minera d'oro per predatori sessuali e molestatori di bambini”.
Su tutta questa vicenda regna il caos e, comunque la si legga, appare indecifrabile e irrisolvibile ma, nella confusione, qualcuno ci guadagna: la criminalizzazione dei migranti va a tutto vantaggio di un sistema detentivo completamente privatizzato che costa allo Stato fino a 300 dollari al giorno per ogni straniero trattenuto nei centri, in condizioni spesso disumane. L'industria del settore ha aumentato a dismisura i profitti, raggiungendo il miliardo di dollari.
Le richieste di asilo o protezione vengono trattate in fretta da funzionari privi di formazione giuridica, nel corso di procedimenti sommari di orwelliana memoria. Lo ha raccontato alla rivista femminista MS9 l'avvocata newyorchese Lenni Benson, dopo un'estate trascorsa in Texas con l'associazione CARA10 a rappresentare pro bono le detenute. L'aula era un trailer posteggiato nel piazzale antistante il centro di detenzione; il “giudice”, un impiegato del Ministero della Giustizia, parlava dalla capitale e appariva agli imputati su un grande schermo. In genere non aveva avuto tempo o voglia di studiarsi i casi ed emetteva il verdetto in pochi minuti, decretando, senza diritto di appello, l'espulsione di donne che avevano fondati motivi di temere per la propria incolumità se fossero state rimandate nel loro paese. Sui figli pesava la minaccia della sottrazione. “Non ho mai visto tanto orrore, tanta disperazione e tanta insensibilità da parte della macchina burocratica: un vero e proprio assalto ai diritti di donne e bambini”, ha concluso la Benson.
“È un momento decisivo per il paese”, è la chiosa di Roxana Bacon, esperta di diritto dell'immigrazione, sulla stessa rivista: “o resisteremo a questa corrente di crescente crudeltà o finiremo per ritrovarci nella lista dei paesi che, nel corso dei secoli, hanno disumanizzato, isolato e distrutto interi gruppi umani il cui unico scopo era la sopravvivenza”.

Barbiere Cristo Rey. Nel quartiere i barbieri sono punto di ritrovo per gli uomini e sono
affollati a tutte le ore. Frequenti le vetrine con riferimenti religiosi, come in questo caso

Una brutta storia

Un focolare di resistenza c'è, formato da decine di piccole associazioni che forniscono assistenza legale, organizzano presidi, denunciano abusi e raccolgono fondi. Quando, in estate, sono arrivate nelle case le immagini dei bambini in gabbia, una non-profit texana, il Refugee and Immigrant Center for Education and Legal Services, ha ricevuto in pochi giorni 30 milioni di dollari in donazioni da privati cittadini, in gran parte destinati a cercare di rintracciare i genitori dei bambini rapiti e pagare i viaggi per restituirli alle famiglie.
Fra cowboy a caccia di migranti nel deserto e cittadini indignati pronti a metter mano al portafogli si interpone però la massa degli indifferenti e il mio smarrimento si fa più grande. Prova a illuminarmi Michelle, bibliotecaria colta e argutissima, discendente degli schiavi africani portati dagli inglesi nelle Isole Vergini: “La gente preferisce non pensarci, altrimenti dovrebbe fare i conti con i sensi di colpa. I latinos sono comodi, perché fanno i lavori più umili e malpagati, ma devono restare ombre. Se si organizzano in carovane, se diventano visibili, nasce il problema politico e non possiamo più far finta di non sapere che le banane che compriamo sono quelle delle multinazionali che hanno espropriato le loro terre, gettandoli nella disperazione, che li hanno spinti nelle grinfie dei cartelli della droga e poi costretti a lasciare le loro case per salvarsi la vita”.
Quando alla sera tornava a casa dopo una giornata trascorsa in tribunale, Valeria Luiselli raccontava alcune di quelle storie terribili ai figli che, invariabilmente, le chiedevano come sarebbe andata a finire per quei bambini.
Con l'inverno le carovane stanno arrivando e al confine sale la tensione. È una brutta storia e nessuno può dire come andrà a finire.

Santo Barezini

  1. Vedi il post di Moore nel box qui sotto.
  2. Il 27 ottobre 2018, durante le celebrazioni del sabato, Robert Bowers, esponente di estrema destra, ha fatto irruzione in una sinagoga di Pittsburg, in Pennsylvania, uccidendo undici fedeli e ferendone sette. Sembra che nel mirino di Bowers ci fossero, in particolare, gli attivisti dell'HIAS Hebrew Immigration Aid Society, associazione nata alla fine dell'ottocento per assistere gli ebrei in fuga dai pogrom in Russia, oggi fra i gruppi maggiormente impegnati nell'accoglienza di migranti e rifugiati.
  3. Nello stesso ottobre 2018 un ex marine ha aperto il fuoco con una colt 45 in un bar in California uccidendo dodici persone, prima di togliersi la vita con la stessa arma.
  4. Più di quanti siano di stanza oggi in Afghanistan.
  5. Tell me How it Ends, 2017. Pubblicato in Italia da La Nuova Frontiera. La Luiselli vive a New York.
  6. Sulla base di quali elementi, se spesso l'agente non parla nemmeno la lingua del migrante?
  7. Posse: gruppo di privati cittadini armati che si riunisce in genere con l'intento di dar la caccia a qualcuno resosi resonsabile di reati.
  8. Per questa e altre notizie qui riportate v. Valeria Luiselli, op. cit.
  9. Roxana Bacon: “Una politica migratoria fatta di crudeltà, misoginia e abuso di minori”, MS, Autunno 2018.
  10. Il “CARA - Family Detention Pro Bono Project” è stato fondato nel 2015 dalla convergenza di quattro gruppi: Catholic Legal Immigration Network, American Immigration Lawyers Assciation, Refugee and Immigrant Center for Education and Legal Services e American Immigration Council. L'acronimo CARA deriva dalla prima lettera del nome di ciascuna associata ma significa anche “volto” in spagnolo.

Andate, circondate gli edifici

Il post di Michael Moore, 24 giugno 2018

Ah, America! Siamo passati dal separare i bambini indigeni dai loro genitori (per poi sterminarli), al rubare i bambini agli schiavi (per poterli poi rivendere a loro volta come schiavi), al costruire un paese grazie al lavoro minorile (coi bambini di 8 anni che lavoravano in fabbrica), al rinchiudere i giovanissimi figli dei giapponesi-americani nei campi di internamento, al consentire ai preti di abusare dei bambini per decenni, al costringere i nostri figli ad ingurgitare quantità indescrivibili di sciroppo di mais, così ricco di fruttosio che oltre la metà sono divenuti affetti da una pericolosa epidemia di obesità infantile, fino a trasformare le scuole in campi di sterminio, perché amiamo le armi più dei figli.
E adesso chi vogliamo prendere in giro? Smettetela di mostrarvi scioccati e sorpresi che Trump rapisca i bambini ispanici separandoli dai genitori, come se questo non fosse “ciò che davvero siamo”. Siamo sempre stati questo! Non dite: “Trump sta violando i valori americani”. La storia dei valori americani è intrisa dell'abuso dei bambini. Sii orgogliosa America: Trump è tutti noi!
Se vogliamo fermare questa follia dobbiamo anzitutto smetterla di raccontarci le favole sul passato e affrontare il presente mettendo i nostri stessi corpi in prima linea per questi bambini. Ciascuno di noi deve individuare i luoghi dove sono stati rinchiusi i bambini che le autorità di frontiera hanno rapito (...). Andate, circondate gli edifici e rifiutatevi di andar via fino a quando i bambini saranno stati riuniti con le rispettive famiglie. Perché questo è esattamente ciò che fareste se si trattasse dei vostri figli.

Michael Moore