Rivista Anarchica Online
Valpreda è innocente
di Guido Montana
L'istruttoria contro Valpreda non è solo sostanzialmente assurda, politicamente
pazzesca e giuridicamente inconsistente, ma anche formalmente contraddittoria e illogica
Scrive Wittgenstein: "Pensate gli strumenti della cassetta di un operaio:
ci sono martello, pinze, sega,
cacciavite, regolo, barattolo, colla, chiodi e viti. Le funzioni delle parole sono così diverse come
le
funzioni di questi oggetti". Non ho citato senza ragione il filosofo del neo-positivismo logico. Ad
onta della retorica degli uomini di
legge, le parole hanno un senso inequivocabile, sono strumenti per conoscere
la verità. Ma quante parole
sono a tal fine realmente utilizzabili, nei diciassette volumi (10 di atti e 7 di allegati) che il 26 settembre
1970 gli uscieri romani hanno depositato in cancelleria? Il processo verbale del caso Valpreda consta
di migliaia e migliaia di pagine. In moneta sonante,
fotocopiare l'intera istruttoria comporta la spesa di circa 3 milioni di lire. L'imputato povero è
sistemato,
dovrà affidarsi al buon cuore dello Stato, per prendere semplicemente conoscenza di ciò
che lo Stato
stesso ha preparato contro di lui. In quest'oceano cartaceo di parole inutili e di tortuosa sintassi
leguleia, la verità sulla strage di Milano
rischierebbe di affondare irrimediabilmente, se alla fine la parola inequivocabile, logica, non venisse
incontro all'imputato come un'ancora di salvezza. Rappresenta per lui lo strumento razionale
affinché "il
sonno della ragione (in questo processo) non generi mostri" e Valpreda eviti di divenir vittima di una
cavillosa e ingiusta procedura. In realtà si resta allibiti dinnanzi alla compunta sicurezza degli
inquirenti, quando parlano di prove o
comunque di serissimi indizi. Noi, al contrario, ci proponiamo di dimostrare che, solo a condizione di
capovolgere il senso logico dei fatti, si potrebbe giungere a una convinzione di colpevolezza degli
imputati. A lume di logica, la difesa degli imputati è implicita nelle stesse parole della
pubblica accusa, che
nell'intento di accusarli, in realtà ne conferma implicitamente l'innocenza. La montagna di parole,
dopo
avere partorito il suo bravo topolino, si sfalda a causa delle sue stesse contraddizioni logiche. Per
dimostrare questo, non è necessario svolgere ipotesi più o meno credibili; basta
ricondursi all'oggettività
delle parole. Innanzitutto, consideriamo la figura del principale imputato. Dunque, Pietro Valpreda,
per l'accusa, è
colpevole: è anarchico, quindi predisposto - secondo il P.M. - alla violenza, alle bombe. A parte
il fatto
che la violenza e il tritolo sono prerogativa innanzitutto dei fascisti, e di questo si è avuta ampia
dimostrazione in questi ultimi tempi, non si vede perché un anarchico violento, dinamitardo come
sarebbe
il Valpreda, perdesse il suo tempo (e molti chili di peso) a fare sciopero della fame davanti al palazzo di
giustizia a Roma, per protestare contro l'ingiusta detenzione preventiva di giovani compagni imputati
dell'attentato alla Fiera di Milano. Un anarchico carico d'odio e di bombe (secondo la tesi cara alla
pubblica accusa) non passa i suoi giorni e le sue notti all'addiaccio nutrendosi di acqua pura e di
vitamine. C'è inoltre da osservare che un attentatore incallito, come sarebbe il Valpreda, non
agirebbe nel modo
idiota in cui avrebbe agito, se realmente le bombe alla banca dell'agricoltura fosse stato lui a mettercele,
e non i fascisti e gli agenti dei servizi segreti come noi supponiamo. Se fosse realmente colpevole,
avrebbe
mancato alla regola principale di ogni dinamitardo: quella di operare nell'ombra, in modo anonimo, senza
mettersi in vista né dare spettacolo di sé. Valpreda si è "esibito", al contrario, per
giorni e giorni, lo hanno
fotografato in tutte le guise assieme ai suoi giovani compagni, favorendo così la crescita
dell'archivio
fotografico che lo riguarda nelle redazioni dei giornali e presumibilmente, in quello della squadra
politica. Ora, un atteggiamento simile, da parte di chi si prepara a compiere una strage di pacifici
cittadini, è
certamente assurdo e si giustificherebbe soltanto con la follia del protagonista. Ma il Valpreda è
mentalmente sanissimo, secondo la perizia. La nostra opinione, su questo punto, è meno
cervellotica di quanto non si immagini. In realtà, l'esibizione
del personaggio Valpreda dimostra solo una cosa: lo sciopero della fame, le proteste, ecc. - legittime per
qualunque altro cittadino - non lo sono per un anarchico, che così facendo si espone alla
cupidigia di
provocazione del potere costituito, di gruppi reazionari alla ricerca di capri espiatori. Mi spiego: se un
gruppo di anarchici fa un'azione clamorosa, che diviene centro di attenzione per l'opinione pubblica, se
protestano contro il sistema, contro lo stato, ecc., ciò vuol dire che per il perbenismo ognuno
può
aspettarsi tutto da loro, persino un attentato. E quando ciò accade, nessuno se ne
meraviglia. Questo vuol dire che un'eventuale provocazione, diciamo pure un complotto, organizzato
da tutt'altra
parte, può trovare subito pronte delle vittime, dei "colpevoli" da additare all'opinione pubblica
e
consegnare, senza eccessive proteste, alle forze repressive dello stato. Noi dimostreremo che i
"congiurati" della destra, e probabilmente gli stessi professionisti del crimine di stato, anche stranieri,
hanno prescelto un gruppo di anarchici semplicemente per precostituire degli imputati per un delitto
commesso invece da loro stessi. E hanno prescelto Valpreda e i suoi compagni, perché in quel
momento
essi rappresentavano il gruppo più battagliero, più irrequieto, più disponibile alla
protesta clamorosa,
esemplare. A questo proposito, quando il P.M. parla di "azione esemplare" teorizzata dal gruppo,
evidentemente
confonde la protesta clamorosa ma pacifica con l'uso della dinamite. Quando cita lo slogan "La prassi
nasce dalla azione", quasi a prova "ideologica" della loro colpevolezza, dimostra tra l'altro una notevole
ignoranza del pensiero anarchico. La prassi, cioè il comportamento, i modi di intervento nella
vita sociale,
politica, ecc., sono in effetti il risultato della concreta esperienza, e cioè dell'azione. Solo in
questo senso
deve essere interpretata la frase "incriminata". Ma il P.M., per comodità dialettica, rovescia il
pensiero
e in pratica dice: la prassi anarchica nasce dall'azione; quindi più l'azione è violenta,
distruttiva, più la
prassi e il comportamento sono anarchici. Così giunge alla facile e semplicistica conclusione che
una
bomba è la migliore dimostrazione dell'anarchia! Vediamo ora la questione del circolo XXII
Marzo. La storia di questo gruppo è abbastanza nota e
singolare. Alcuni giovani anarchici che frequentavano il circolo romano "Bakunin", cominciarono a
dissentire politicamente da esso, finché non costituirono un altro circolo. Il P.M., soprattutto
dopo la
pubblicazione di "Strage di stato", è giunto alla conclusione che in effetti fu il Merlino a condurre
il gioco,
nell'intento di costituire un centro di provocazione. Il Merlino, ex-fascista mascherato da anarchico, in
realtà attivista dei gruppi di destra e del sottobosco neofascista, era collegato ad alcuni elementi
provocatori, come per esempio Stefano Delle Chiaie (detto il "Caccola"), il quale - particolare curioso
ma significativo - dopo essere stato convocato dal giudice istruttore quasi a chiusura dell'istruttoria,
accusato di reticenza sui rapporti col Merlino, si rendeva latitante durante un intervallo
dell'interrogatorio... con la scusa di dover andare al gabinetto. Il fatto che Merlino fosse
probabilmente l'ispiratore dell'operazione "22 Marzo" non prova assolutamente
che i suoi compagni ne fossero consapevoli. Secondo il P.M. poiché Merlino era un noto
provocatore
(noto, ora, al P.M., non agli anarchici!), la posizione dei coimputati si aggraverebbe, in quanto sarebbe
dimostrata la concordanza esistente tra i vari aderenti al gruppo, riguardo alla prassi operativa, e
cioè alla
violenza. A parte che c'è violenza e violenza, tale convinzione dei P.M. è strabiliante,
solo se si pensi che
il Merlino fu fermato la sera del 12 dicembre, che fu il primo a subire l'interrogatorio in questura e ad
accusare i compagni, per dimostrare che non già lui bensì costoro erano i veri ispiratori
e istigatori degli
attentati. Dunque, la pubblica accusa, mentre da una parte accetta la tesi che Merlino fosse
l'istigatore e l'ispiratore
del gruppo, dall'altra ritiene attendibile le accuse del Merlino stesso contro i suoi compagni, che
dimostrerebbero l'esatto contrario: non lui ma gli altri avrebbero ispirato e "istigato" all'attentato
dinamitardo. Il che è una vera e propria contraddizione in termini, un bisticcio logico di cui solo
il P.M.
possiede la chiave per venirne a capo. Infatti delle due l'una: o il P.M. crede realmente a un Merlino
istigatore, e allora in questo caso deve
giudicare inattendibili le sue dichiarazioni contro gli altri imputati quali "istigatori" e "organizzatori"; o
crede invece alle dichiarazioni del Merlino, e allora costui, non è più l'ispiratore,
l'istigatore, ecc., e poiché
non vi sono né prove né accuse contro di lui, nemmeno da parte dei suoi ex-compagni,
dovrebbe essere
prosciolto dall'accusa di concorso in strage. Su quali elementi il P.M. basa la colpevolezza del Merlino?
Sul fatto che sarebbe l'ispiratore, lo stratega lucido, diabolico dell'attentato. Ebbene, in questo caso le
accuse di Merlino contro Borghese, Mander, ecc., sono logicamente false. Costoro non possono averlo
sollecitato a partecipare agli attentati e soprattutto non possono averne ottenuto un rifiuto (come ha
dichiarato il Merlino). Avrebbe rifiutato ciò che egli stesso istigava gli altri a fare? E i suoi
compagni, si
sarebbero dunque lasciati "ispirare" dal Merlino, quando lui stesso si rifiutava? Non ha senso, e il P.M.
dovrebbe convincersene. La logica vuole che Merlino non poteva né rifiutare, né
tanto meno ispirare, ma solo provocare, come
in effetti sembra aver fatto. E la prova della provocazione - cosciente o no, da parte del Merlino, non
sappiamo - è data dal fatto che Merlino è stato interrogato per primo. Dunque, la base
dell'inchiesta
contro il "22 Marzo" si è costituita, è anzi stata provocata dalle risposte da lui date agli
inquirenti, e cioè
sin dal primo momento delle indagini. Ma se le dichiarazioni di Merlino sono inattendibili, tutta
l'istruttoria Valpreda - 22 Marzo ha un vizio d'origine, sul quale non è lecito sorvolare. Chi
aveva interesse agli attentati del 12 dicembre 1969? Il P.M. fa in pratica questo discorso: gli attentati
maturarono nel circolo "22 Marzo", che sarebbe stato per lui una specie di centro del tritolo, in cui
confluirono elementi anarcoidi e un "suggeritore" neofascista camuffato da anarchico (Merlino). Il P.M.
in sostanza ritiene che Merlino non prese parte alla esecuzione materiale dell'attentato, non volendo
probabilmente partecipare alla fase più pericolosa del piano; gli sarebbe bastato "ispirare" gli
anarchici. L'indagine ha stabilito che Merlino, mentre partecipava alle riunioni del circolo "Bakunin"
e poi al "22
Marzo", era in contatto col gruppo neofascista di Delle Chiaie. Ciò è stato del resto
ampiamente
documentato dal libro "La strage di Stato"; stupisce anzi il fatto che solo dopo l'uscita del libro il P.M.
e il giudice istruttore se ne accorgessero. Questo servirebbe a dare una patina di credibilità alla
tesi degli
"opposti estremismi", che alla fine dell'istruttoria viene accettata, per soddisfare le esigenze d'ordine della
società italiana e dei partiti. Ciò non soddisfa, però, l'esigenza di
obbiettività; soprattutto se si considera il diritto dell'imputato, che
dovrebbe sussistere indipendentemente dall'utilità politica della tesi d'accusa. La sinistra
istituzionalizzata
sembra d'accordo sulla piega presa dall'istruttoria Valpreda; evita così di porsi la domanda sui
motivi che
hanno consentito al "Caccola" di rendersi uccel di bosco con tanta facilità. In tal modo l'aggancio
diretto
tra Merlino e i neofascisti viene sottratto all'approfondimento della verità riguardante sia i veri
mandanti
che i loro strumenti. La conclusione della requisitoria del P.M. è infatti esplicita: è vero,
ci sono dei
colpevoli ancora "ignoti", che però sono dei complici, anziché dei mandanti. Gli "opposti
estremismi",
farebbero quindi parte solo di un gioco pericoloso, criminale, senza alcuna responsabilità dei
vertici e di
eventuali mandanti! L'establishment è salvo il sistema assolto. Una requisitoria di questo
genere sembra fatta apposta per mettere in pace la coscienza dei benpensanti:
Merlino, fascista e finto anarchico, ispiratore, istigatore ma non esecutore materiale degli attentati (con
un po' di fortuna se la caverebbe con una semplice condanna per istigazione a delinquere); Gargamelli,
esecutore materiale ma solo per l'attentato meno grave (quello alla banca in cui lavorava suo padre);
Borghese, complice ma già giudicato seminfermo mentale, nonostante il P.M. lo ritenesse il
"cervello"
degli attentati romani! Il vero colpevole, il "mostro" da chiudere in un carcere per tutta la vita,
sarebbe dunque Valpreda, il
massacratore di innocenti, il bieco dinamitardo, il rottame umano che nessuno potrebbe mai compatire
o cercar di salvare. Valpreda: la vittima designata da dare in pasto al perbenismo ipocrita e alle cosiddette
istituzioni democratiche.
Guido Montana
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