Rivista Anarchica Online
Sempre quelli
senza autore
Nelle istruttorie contro gli anarchici, in tutte le iniziative repressive degli
ultimi tre anni, c'è sempre la
mano degli stessi figuri - membri delle tre specializzazioni repressive: polizia, magistratura e stampa.
Questi figuri rispondono ai nomi di:
LUIGI CALABRESI - Commissario di P.S.; Ha condotto praticamente in prima persona
tutte le indagini
ordinate dal Giudice Amati. È lui che malmena Faccioli durante gli interrogatori, è
sempre lui che
provoca Braschi a "buttarsi dalla finestra". È lui che in piena notte accompagna Faccioli per le
campagne
del circondario milanese, lo costringe a correre davanti all'automobile - che lui guida a fari spenti - e gli
grida "Confessa! Non vedi che potremmo farti fuori e far credere che è stato un
incidente?". È nel suo studio che viene ucciso il compagno Pinelli perché - secondo
la più attendibile ricostruzione dei
fatti - aveva capito qualcosa che poteva smascherare il complotto ordito contro Valpreda. È
sempre
Calabresi che preleva con l'inganno e la prepotenza Braschi dal carcere di S. Vittore e lo accompagna
in una cava del bergamasco pretendendo che ammettesse di avervi effettuato un furto di
esplosivi. Calabresi è un poliziotto molto protetto dall'alto, probabilmente dal
S.I.D. Condivide le responsabilità delle sue azioni con Panessa (picchiatore di Braschi e
Faccioli), promosso
Maresciallo dopo l'uccisione di Pinelli.
BENIAMINO ZAGARI - Vice Capo dell'Ufficio Politico. Nell'aprile del 1969, durante le
perquisizioni
delle abitazioni di Braschi e Faccioli, vengono sequestrati dei vetrini gialli,
ciò non vien fatto comparire
nei verbali di sequestro. Nel marzo 1970, dopo oltre tre mesi dalla strage di piazza Fontana, è
proprio
Zagari che consegna al P.M. Occorsio il famoso vetrino
giallo che asserisce di aver trovato nella borsa
che conteneva la bomba inesplosa alla Banca Commerciale!!! Pensate: questo vetrino
giallo fa la sua
comparsa in una borsa dopo tre mesi, dopo che questa era stata ispezionata, scrutata, rovistata,
chissà da
quanti poliziotti, senza averlo trovato, ecco che il solerte Zagari vi reperisce il
vetrino che costituisce la
"prova", la "firma", per così dire, di Valpreda all'attentato. Com'è noto - e com'era
noto soprattutto alla polizia - Valpreda avevo un negozio per la vendita delle
lampade Tiffany e faceva uso di quei vetri per la loro fabbricazione. Ecco perché Zagari ha la
brillante
idea di "scoprire" il vetrino nella borsa.
TEONESTO CERRI - perito balistico e amico stretto della Polizia e della Procura milanese.
È lui che
fece esplodere precipitosamente la bomba inesplosa della Banca Commerciale, facendo sparire
così un
importantissimo elemento da cui si poteva stabilire con certezza la
qualità dell'esplosivo, le capacità
tecniche di chi l'aveva confezionato, ecc. È lui che effettuò le perizie balistiche per gli
attentati attribuiti
ai compagni processati a Milano; "perizie" che non furono effettuate sui frammenti e sui reperti degli
ordigni esplosi ma sui... rapporti di polizia. È chiaro che su questa base classificò
micidiali tutti gli ordigni,
tranne che quelli della Fiera e della Stazione Centrale. È sempre Cerri che - esorbitando dai
compiti e
dalle funzioni proprie del perito balistico e trasformandosi in poliziotto, a forza di supposizioni,
congetture e fantasie personali, stabilisce che il furto dell'esplosivo "potrebbe essere avvenuto nel
bergamasco". Oggi Cudillo dice che Valpreda avrebbe usato il resto degli esplosivi provenienti da questo
inesistente furto.
GIORGIO ZICARI - Ex parà, giornalista del Corriere della Sera, è uno dei
migliori collaboratori della
Polizia. Nelle lettere della Zublena viene definito "Giorgetto squillo" e "Giorgetto della Procura". Ha reso
i migliori servigi alla Polizia facendo dei brillanti "colpi" giornalistici: fa finta di scoprire - in realtà
era
noto a tutti - Ivo della Savia in Belgio; poco dopo intervista il fascista Serafino Di Luia a Barcellona -
ma
pare che in realtà fosse in Italia -, e Nino Sottosanti in Sicilia. La sua specialità è
quella del terrorismo
giornalistico, dello scandalismo politico, della volgare manipolazione e distorsione delle notizie e dei fatti.
È un vero tecnico della campagna diffamatoria, e sembra che - giornalisticamente - non si occupi
d'altro.
In tutti i suoi articoli difende strenuamente le tesi di Amati, Occorsio e Cudillo.
ANTONIO AMATI - Capo dei Giudici Istruttori. Pare che in gioventù abbia
combattuto con le truppe
fasciste contro la Repubblica Spagnola. Nel dopoguerra lo ritroviamo Ufficiale dei Carabinieri, ed
è in
questo periodo che allaccia le sue migliori amicizie e guadagna le coperture politiche più valide.
Poi viene
incaricato di entrare nella Magistratura. Diventa Giudice Istruttore. È il responsabile della
montatura
organizzata ai danni di Braschi, Pulsinelli, Faccioli, della Savia. È lui che interviene ogni volta
che le
indagini si orientano verso i fascisti per bloccarle. È lui che convoca Valpreda a Milano - per
interrogarlo
su un procedimento per oltraggio proprio, guarda caso, il 12 dicembre. Valpreda va a Palazzo di
Giustizia
nello studio di Amati, ma questi non si fa trovare. È sempre Amati che mezz'ora
dopo l'esplosione di
Piazza Fontana - quando ancora non si sapeva con certezza se la deflagrazione era stata causata dallo
scoppio di una caldaia o da altro - telefona alla Polizia per esortarla a dare la caccia agli anarchici.
È lui
che urla a Valpreda - come poterono ascoltare i giornalisti all'esterno dello studio - che gli anarchici "...
sono dei pazzi e si inebriano alla vista del sangue...". È lui che si
rifiuta di allegare agli atti istruttori il
"rapporto P." trafugato dalla resistenza greca e che attribuisce agli agenti dei colonnelli greci la
responsabilità degli attentati alla Fiera e alla Stazione. È lui che archivia l'inchiesta su
Pinelli decretando
che è stato un "suicidio". È lui che archivia la denuncia per diffamazione presentata dai
congiunti di
Pinelli contro il Questore fascista Guida che aveva dichiarato alla stampa "... Pinelli si è ucciso
perché
ormai era alle corde... avevamo le prove della sua partecipazione alla strage...", calunnia delle più
bieche
poiché l'alibi fornito da Pinelli ha retto e regge tutt'oggi! C'è da dire che Amati
procede a tutte queste archiviazioni in pochi mesi... mentre è lento come una
lumaca nell'istruttoria sugli attentati del 25 aprile e costringe i compagni innocenti a 2 anni di carcere
preventivo! Pare che Amati si sia occupato dell'inchiesta giudiziaria che nel 1965 prese avvio dopo
il crack finanziario
di 1500 milioni della SFI. In questo affare erano implicati Junio Valerio Borghese, J.M. Gil Robbes,
A. Spataro (figlio del
vicepresidente del Senato ed ex Ministro degli Interni) e Rafael Truijllo junior, figlio dell'ex dittatore
dominicano. Per quanto ci è dato sapere questo processo è stato insabbiato e ancora oggi
non è stato
"celebrato". È sempre Amati che conduce l'istruttoria per il cosiddetto sequestro di
Trimarchi. È ancora Amati che si occupa dell'istruttoria per le rapine e la sparatoria di
Milano del 1967. In questo
caso Amati rende uno dei più grossi servizi alla Polizia che - per recuperare e riconoscere alla
Banca una
decina di milioni - non esitò ad aprire il fuoco e a sparare all'impazzata in piena città.
Amati si è sempre
opposto e sempre si opporrà a che si effettuino le perizie balistiche per accertare da quali armi
- quelle
della Polizia o quelle di Cavallero e soci - partirono i colpi mortali. Perché? È Amati
che qualche mese fa incarcera tre antimilitaristi e pur di negar loro la libertà provvisoria arriva
a definirli "elementi socialmente pericolosi". Sull'onda del risultato del processo per gli
attentati del 25 aprile, ove è crollata la montatura perpetrata
da Amati e dopo gli sbalorditivi sviluppi del processo Calabresi - Baldelli ove è chiaramente
crollata la
tesi del "suicidio" sostenuta da Amati, dopo tutto questo Amati - a rigor di logica - dovrebbe essere
perlomeno sospeso dal servizio. Invece siamo convinti che rimarrà al suo posto, un posto di
estrema
delicatezza ed importanza, posto che ha saputo tenere "brillantemente" salvaguardando sfacciatamente
gli interessi dell'establishment. Amati è il deux ex machina e il più ligio esecutore della
volontà
dell'apparato statale, di cui tutela integrità e interessi, è l'uomo protetto che protegge ogni
infamità o
crimine della Polizia: per l'uccisione di Pinelli e per le bombe della Fiera ha protetto onorevolmente
Calabresi e il "giro" dell'Ufficio Politico di Milano. Amati come Calabresi agisce con ogni
probabilità protetto dal S.I.D.
... ma c'è chi li difende L'Avvocato Massimo De Carolis
(capogruppo DC a Palazzo Marino, nonché sostenitore delle
manifestazioni fasciste della "maggioranza silenziosa", nonché giovane civilista arricchitosi al
servizio
della Curia) e il suo degno collega Avv. Lodovico Isolabella hanno inviato a "tutti i magistrati e a tutti gli
avvocati di Milano" (esclusi quelli di sinistra) un documento di cui riportiamo qualche frase al solo fine
di mostrare la levatura intellettuale e politica degli ultimi difensori di Amati e Calabresi. I suddetti si
scagliano contro la "reiterata" pubblicazione sull'Espresso del 13, 20, e 27 giugno, della lettera aperta
sottoscritta nei giorni scorsi da un gruppo di uomini politici e di cultura, sdegnati per quanto sta
accadendo al processo Calabresi-Baldelli. I "Nostri" scrivono testualmente che Amati e camerati hanno
agito "seguendo l'imperativo della verità alla luce della loro coscienza". (Quanto alla "luce della
loro
coscienza" non avevamo dubbi!) Caizzi invece, iniziati gli accertamenti preliminari "li ha conclusi con
fulminea rapidità, accurati, meticolosi, complessi". Il decreto di Amati, ci dicono, consta di 55
cartelle
"per consentire a qualunque interessato ogni più completa conoscenza ed ogni eventuale e
conseguente
determinazione o rimedio: istanze, reclami, critiche e censure". Amati, Caizzi e Calabresi sarebbero,
secondo la lettera, "persone libere e oneste che giorno per giorno spendono
la loro esistenza nella tutela
di un sistema... che si regge su ossatura pregna di autentici valori e che rivendica sicure
grandezze".
(!)
|