Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 1 nr. 7
ottobre 1971


Rivista Anarchica Online

Scacco al re
di Bruno Rizzi

La crisi del dollaro annuncia la morte del sistema capitalistico

Sulla crisi del dollaro presentiamo uno scritto di Bruno Rizzi. Il Rizzi non è anarchico, abbiamo però ritenuto utile la pubblicazione di questo articolo, anche se come anarchici non possiamo concordare a pieno con l'autore, perché riteniamo stimolante l'originale prospettiva da cui affronta il problema.
A petto di quanto abbiamo letto, sulla stampa di sinistra, della crisi del dollaro, delle sue cause e delle sue implicazioni (rimasticature di vecchie analisi marxiane obsolete), l'interpretazione del Rizzi è, a nostro avviso, feconda di spunti. Ha il pregio, inoltre, di non entrare nelle fumosità contraddittorie delle discussioni specialistiche ma di ricondurre l'episodio ai dati essenziali del fenomeno generale di cui la crisi del dollaro è, secondo il R. un aspetto: la progressiva estinzione del libero mercato ed il progressivo parallelo affermarsi di un nuovo rapporto di produzione, che non è più capitalistico, ma nemmeno socialista.
Il Rizzi, autore di numerosi saggi, tra cui "Il Collettivismo Burocratico", "Il socialismo infantile", "Il socialismo dalla religione alla scienza", è di scuola marxista seppure estremamente eterodosso, spregiudicato (tanto da citare frequentemente e con stima, unico fra i marxisti, Bakunin).
Il R. ebbe poco prima della seconda guerra mondiale una polemica con Trotzkij (che ebbe una certa risonanza nell'ambiente) sul significato della società bolscevica russa che T. definiva "Stato operaio degenerato" e R. "Collettivismo burocratico". La distinzione non era formale, ma sostanziata da analisi divergenti: per T. la società russa era, nonostante tutto, progressiva: i burocrati non erano una nuova classe dirigente, ma solo dei parassiti che frenavano il processo di transizione al socialismo e che il proletariato si sarebbe facilmente scrollato di dosso: per R. la società russa era regressiva, di tipo feudale, ed il burocrati una nuova classe di padroni nata e radicata su un nuovo rapporto di produzione, su una nuova forma di sfruttamento che ricorda per molti aspetti quella feudale. L'intuizione del R. venne ripresa e volgarizzata da un americano, James Burnhan, il quale ne ricavò un saggio divulgativo "La rivoluzione dei tecnici" che ebbe un grande successo editoriale.

Anni fa, polemizzando con "Se Marx tornasse..." di Galbraith facevamo notare che gli economisti americani (in realtà tecnici bancari e della circolazione) cantano vittoria troppo facilmente nell'imbrigliamento delle leggi economiche e delle crisi cicliche. Sono persuasi di poter dirigere l'economia a loro piacere. Vedono che crisi di superproduzione non ce ne sono quasi più e pretendono di aver trovato il toccasana capace di dominare le "forze cieche" dicono loro.
Spiegammo che il tutto era stato ottenuto al prezzo di una alterazione progressiva del sistema economico capitalista particolarmente intaccato dalle misure prese nella grande crisi 1929-1932.
Ci si spinse infatti ad un tale punto di snaturamento del sistema economico vigente, per cui non era più il caso di parlare di capitalismo vero e proprio.

Le crisi cicliche
Logico quindi che fossero scomparse le crisi cicliche perché veniva a mancare sempre più il capitalismo stesso. Secondo noi si trattava di una vittoria come quella di 2000 anni fa di Augusto a Roma: non più questione agraria o dei debiti, ma queste faccende che dilaniarono la Repubblica Romana erano scomparse semplicemente perché la Pax Romana rappresentò soprattutto il trapasso dall'economia mercantile schiavista antica all'economia feudale. Chiaro che i fenomeni politico-economici propri dell'ambiente mercantile antico fossero scomparsi e chiaro che ai nostri giorni siano quasi scomparse le crisi cicliche del capitalismo date le alterazioni economiche inferte ad esempio dal New Deal, dal fascismo e dal nazismo. Con la distruzione delle merci si rinnegò materialmente il sistema economico capitalista stesso.
Abbiamo accennato a quanto sopra perché la "crisi del dollaro" a nostro avviso, non è la semplice disfunzione di una moneta come successe per la sterlina o per il franco, ma lo scombussolamento di tutto il sistema monetario mondiale ormai ancorato al dollaro che da due anni (dal doppio mercato dell'oro) era l'effettivo "standard" sul quale si fondavano i sistemi monetari europei. Anche la finzione del gold standard è quindi finita.

Un colpo di benna al capitalismo
Questi tecnici bancari che sono giunti al punto di inventare l'oro-carta, troveranno certamente una nuova soluzione e magari grideranno vittoria sempre pretendendo di avere ammansite le forze brute della Natura. Ma noi in questa "crisi del dollaro" vediamo qualche cosa di diverso di un semplice inceppamento dell'apparato circolatorio mondiale. Secondo noi, il sistema capitalista riceve un altro gran colpo di benna come nel 1929. Prosegue insomma la fase di seppellimento del capitalismo ed oggi si manifesta nientemeno che nel tallone di scambio. Caspita, l'han preso per un arnese a tutto fare. In casa si stampa moneta a volontà di governo; per gli scambi internazionali si è messo da gran tempo l'oro in cantina e ci si è serviti di un paio di valute, talmente buone, dicevasi, da poter essere considerate come oro. Ma l'economia a lungo andare porta sempre i nodi al pettine e si dovette convenire, ad un certo momento, che la sterlina proprio non meritava tanta fiducia. Ora è la volta del dollaro; questo però rappresenta l'ultima difesa della moneta come tale ed il suo crollo è mondiale. Oltre il dollaro non resta che la carta o l'oro. Addio Bretton Woods col suo exchange, addio valute pregiate, addio a tutti i precedenti artifici e addio ai diritti di prelievo. Dove andranno ad attaccarsi i nostri banchieri e tecnici della circolazione per rimettere in piedi quella internazionale? Stavolta la faccenda si presenta alquanto difficile.
Non si tratta di curare la malattia di una moneta secondaria. Qui si è dato scacco al Re. Il dollaro rappresentava la moneta per eccellenza e si è arreso perché, traviato com'è, non ce la fa più nella funzione di tallone monetario. Un'altra moneta sana come ad esempio il marco, non può neanche sostituirlo perché lo snaturamento del sistema economico capitalista è arrivato al punto in cui qualsiasi moneta cartacea non è più tallone di scambio e la caduta delle Re-dollaro conferma il fatto. Poco per volta, di snaturamento in snaturamento, la moneta cartacea dei sistemi economici Occidentali si è ridotta ad una moneta di conto anche dove le riserve auree esistono, ma risultano immobilizzate.

Dal mercato all'autarchia
In questo crollo della moneta principale noi rileviamo dunque l'acme dello snaturamento del settore valutario del sistema economico capitalista. Da decenni si procedeva dal mercato verso l'autarchia e dopo tanti rattoppi, siamo al punto in cui il denaro finisce di essere tale. La snaturata banconota si rivela incapace di svolgere oltre il ruolo di tallone di scambio e diventa un buono di consumo, un'unità di tempo-lavoro come il rublo in Russia. Il dollaro sta per abbracciare il fratello nemico senza rivoluzione e senza intervento di carri armati in virtù del principio di sovranità limitata. Passiamo il valico. Finora la moneta si snaturava; attualmente è preminentemente snaturata dando inizio alla discesa più o meno rapida verso l'autarchia. Senza moneta, crolla il mercato; questo è il senso dell'attuale "crisi del dollaro" secondo il nostro modesto avviso di economisti e non di tecnici della circolazione.
Il fatto che rimangano ancora in piedi sistemi mercantilmente "sani" come il tedesco od il giapponese non è di grande significato perché sono circondati da un ambiente "malato" e finiranno per subirne il contagio. Non possono sopravvivere se i loro partners si trovano nell'impossibilità di comprare o di vendere e se il mercato internazionale si arresta. Insomma, lo scacco al dollaro inizia la fase discendente di eliminazione del sistema economico mercantile nel mondo.
Quaranta o cinquanta anni fa avremmo salutato con gioia questo avvenimento, ma dopo aver constatato che i socialisti di tutte le scuole sono incapaci di creare un'economia socialista e dopo aver toccato con mano che lo Stato programmatore nonché nazionalizzatore porta il mondo alla barbarie, ci troviamo nell'infelice condizione di essere afflitti per questo decesso capitalista! Incredibile per socialisti della nostra fatta, eppure estremamente logico.

Il collettivismo burocratico
Finché il capitalismo teneva duro noi speravamo di mettere a punto il sistema economico socialista per poterlo poi applicare ovunque. Oggi il capitalismo crolla e noi non siamo pronti a sostituirlo positivamente. Anzi, il collettivismo burocratico (1) ostenta già quasi ovunque i suoi infausti successi sostituendo lo Stato alla classe capitalista. Indifferenti assistiamo alla farsa tragica di sentire uomini politici ragionare seriamente di misure economiche e dar disposizioni produttive. In certo qual modo ci siamo già abituati ad un nuovo mondo natoci sotto il naso nella nostra assoluta incoscienza. Presto i mandarini statali fungeranno quasi da feudatari ed i lavoratori di Stato figureranno come loro asserviti. Per il momento, tra i "comunitari", la regola "unitaria" è che ognuno fa per conto suo, ma si dovrà salvare la faccia e si addiverrà ad una comune intesa nella scelta di qualche palliativo economico del genere dei "prelievi speciali".
Di soluzioni più durature per la salvezza del sistema capitalistico ne vediamo due soltanto. 1) Ritornare al tallone aureo lasciandone libero il corso in modo che l'aumento del valore del metallo pregiato supplisca la scarsità lungamente lamentata probabilmente per giustificare l'invenzione dell'oro-carta. Ciò comporterà però una forte riduzione del credito, proprio l'atout che, secondo noi, ha vivificato la produzione mondiale negli ultimi decenni. Diversamente, 2) bisognerebbe costituire una Banca d'Emissione Internazionale che garantisca le banconote sulla produzione. Se bene organizzata, potrebbe evitare in un larghissimo settore l'uso dell'oro come tallone monetario, ma chi può credere che gli Stati siano capaci di tanto? Dovemmo constatare che tutte le buone intenzioni comunitarie regolarmente sfoderate sulla stampa mondiale e messe persino nello Statuto costitutivo di Roma, vennero brutalmente messe da parte non appena l'interesse nazionale apparve minacciato. La Francia della grandeur non fece neppure onore alla sua firma (alla clausola che dopo dieci anni le decisioni spettavano alla maggioranza). Oggi, nella presente crisi, chacun fait pour soi ed ogni Stato prende le sue proprie nonché peculiari decisioni. Di più, oggi la soluzione della crisi non è soltanto europea, ma mondiale.
Ecco quindi che, trovato un momentaneo riassetto dello scambio internazionale grazie alla fantascienza economica dei nostri tecnici bancari, non si farà che scendere ulteriormente verso la china autarchica e prossimamente un altro colpo di benna, chissà in quale settore, ci porterà ancora più lontano dal mercato finché di quest'ultimo ne resterà soltanto il ricordo.
Sia chiaro che in tutte queste vicende dal 1914 in poi, i più colpevoli di tutti siamo noi socialisti dimostratici incapaci di opporre il proletariato internazionale ai maledetti nazionalismi di tutte le risme, ed incapaci di attuare quel sistema economico non sfruttatore e progressivo del quale ciarliamo da quasi due secoli.
I capitalisti naturalmente hanno fatto tutto il possibile per mantenere in piedi l'economia di mercato, ma ora respirano sotto la tenda ad ossigeno. Intoneremmo volentieri il De Profundis se nel contempo sorgesse il Sole dell'Avvenire, ma purtroppo è la barbarie che si presenta in un'alba spettrale. L'avete vista iniziarsi con i Duci e con i Fuehrer; Stalin l'ha addirittura proprio barbaricamente cristallizzata. L'Africa liberatasi dal giogo coloniale ricade nel servaggio di una nuova classe politica pretenziosa, ma economicamente e tecnicamente incapace. L'America del Sud è in mano ai militari e la democratica Europa è ridotta a tre nazioni soltanto nonché democraticamente vacillanti.

Socialismo o barbarie
Centoventi anni fa e più Proudhon profetizzò che senza Federazione Europea il secolo ventesimo sarebbe stato un macello. Non pare che quel grande intuitore si fosse sbagliato. Beh, seguendo il suo pensiero, ci è facile intravedere che nel mondo del ventunesimo (e più probabilmente a cavallo del secolo) ci sarà qualcosa di peggio di un semplice macello. Lasciate che si preparino gli attuali cinque grandi del mondo e poi vedrete come ve lo conceranno. Solo l'Internazionale poteva evitare un tale immane disastro. Cento anni fa i nostri nonni ne crearono almeno l'emblema, noi ne abbiamo perse persino le tracce.

"Proletari di tutti i Paesi, come siete disuniti"!

Bruno Rizzi