Rivista Anarchica Online
«Non è l'ora di spegnere, Eva?»
«Non è l'ora di spegnere, Eva?». Una voce, la solita di sempre, le colpisce le orecchie, fredda e ostile come il sibilo di un
serpente. «Si, mamma!». La solita risposta. La luce si spegne. Ma Eva non dorme: pensa, pensa nel buio fissando i suoi occhi contro quel
soffitto buio, arido, troppo vicino per i suoi pensieri, per la sua immaginazione. Già,
l'immaginazione! Quante volte glielo avevano detto! «Tu pensi troppo! Ma non vedi quanto è
bello il mondo? Eppoi! Prova ad uscire, no?!». Ma quale mondo? Eva non conosceva quel
mondo, non ci viveva: ci passava attraverso, giorno dopo giorno, in un paradossale gioco di
realtà e di «finzione». Certo che il mondo era bello! Lo era veramente! Dalla sua finestra, in quella camera così
diametralmente nota, poteva vedere un albero e un prato, nel cortile del palazzo vicino. L'albero
si contorceva, si annodava e si snodava verso l'alto e porgeva i suoi rami più alti a quel cielo
lontano e irraggiungibile, ma non per questo si arrendeva: continuava, giorno dopo giorno,
stagione dopo stagione ad alzarsi, a snodarsi verso l'azzurro. Ed Eva? Eva guardava l'albero e ne gioiva, godeva delle sue foglie sempre nuove e sempre uguali,
godeva delle stagioni che si avvicendavano, godeva del cinguettio degli uccelli che vi si
posavano. Ed in quei momenti era felice, già ... felice. E come le sembravano lontani quegli
enormi palazzi grigi e meschini, con i loro occhi vuoti, con le loro monotone e rigide pose!
Così con la sua mente cercava di uscire, di tuffarsi in ogni granello di terra, in ogni germoglio,
in ogni goccia di linfa di quel grande albero, in un gioco sempre diverso, notte dopo notte. Era estate ed era caldo. L'albero era pieno di verdi foglie cariche di vita e il vento caldo le
faceva ondeggiare emettendo un fruscio sottile, quasi impercettibile. Ma non per Eva, lei aveva
imparato a stare in silenzio, respirando il meno possibile, ed ascoltava. Riusciva a sentire in
inverno la stanchezza della linfa e la pesantezza dei rami; in primavera il desiderio di luce dei
nuovi germogli, ed anche quel fruscio ad Eva pareva chiaro. Stava così con la sua mente tesa e i suoi occhi carpirono un messaggio. Un messaggio che non
aveva mai udito. Sbarrò gli occhi e li volse verso la finestra. Si, era sempre più chiara: le foglie
la stavano chiamando. Non si fece meraviglia, solo un po' di indecisione. Poi si alzò, una figura
magra e velata contro il buio della parete. Un fruscio più forte la scosse: l'albero era impaziente,
la desiderava, la attirava a sé con la forza delle sue mani nodose, del suo tronco potente ed
amico. Due passi ed è alla finestra: un perimetro di luce debole, aprì la finestra! Il primo
uccellino si è svegliato, Eva è rinata. Eva rinasce ogni giorno dentro di noi, sempre più forte,
ad indicarci che nascerà sempre un fiore lungo il cortile di una prigione, e che nessun secondino
potrà impedirci di vederlo.
Dario G. (Lastra a Signa)
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